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RACCONTI A SFONDO BIBLICO...

 
ABRAMO PONTE TRA IL PRIMO E L'ULTIMO ADAMO

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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ADAMO, PRESENTE E FUTURO »

DALLE STELLE ALLE STALLE
Del resto l'aver creato la coppia Adamo "dalla polvere della terra" non esclude l'evoluzione della vita animale e che la creazione dell'uomo consistesse nel fatto che Dio avesse dotato un primate di anima speciale, propria di Lui, quindi, divina.

Giovanni Paolo II in un discorso su "Fede cristiana e teoria dell'evoluzione", nel 1985, affermava: "Una fede rettamente compresa nella creazione e un insegnamento rettamente inteso della evoluzione non creano ostacoli... L'evoluzione suppone la creazione, anzi la creazione si pone nella luce dell'evoluzione come un avvenimento che si estende nel tempo, come una 'creatio' continua".

Benedetto XVI, nell'omelia della messa inaugurale del suo pontificato, il 24 aprile 2005, ebbe a dire: "Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell'evoluzione. Ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario".

I due pensieri non sono in opposizione, ma non è da disgiungere dalla evoluzione una scelta specifica dell'intervento di Dio per ogni anima.
Non c'è solo un automatismo fisico ed è confermata una creazione in divenire. In definitiva al concepimento di ogni uomo Dio opera la creazione e ciascun è trattato da Dio proprio come fosse il primo uomo; l'ha pensato, l'ha voluto, lo intende formare e desidera che scelga bene per arrivare volontariamente a Lui.
Dio certamente ha in serbo una strategia nel caso che accadesse ciò che la Sacra Scrittura racconta che avvenne al primo Adamo, ossia il diniego al Suo progetto da parte di quella Sua creatura che aveva posto al sommo della vita.
In sintesi lo intende assistere nel mondo per rifornirlo dell'energia specifica di figlio di Dio, visto che da solo non riesce a liberarsi dall'istinto che lo rende peccatore e incompatibile proprio con la natura che Dio gli vuole dare per aiutarlo nella vita a vincere l'istinto animale in cui è prigioniero e si attui la somiglianza desiderata.

Il pensiero, quindi, in termini di lettere ebraiche si può così sintetizzare:

"l'Unigenito entri ad aiutare i viventi: ".
Ciò porta a guardare a questa sequenza di lettere .
Quelle lettere, peraltro, implicano che "dall'Unigenito esca il sangue ".
Nei vocabolari ebraici, peraltro, si trova una parola "hadom" costituita dalle tre lettere , e tale termine significa "sgabello", sempre unito con la parola "piedi" "regalim" e correlativo di trono "kisse'" .
Si trova nei seguenti passi:

  • Isaia 66,11 - "Così dice il Signore: Il cielo è il mio trono, la terra lo sgabello dei miei piedi."
  • Salmo 99,5 - "Esaltate il Signore, nostro Dio, prostratevi allo sgabello dei suoi piedi. Egli è santo!"
  • Salmo 110,1 - "Di Davide. Salmo. Oracolo del Signore al mio signore: Siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi."
  • Salmo 132,7 - "Entriamo nella sua dimora, prostriamoci allo sgabello dei suoi piedi."
  • Lamentazioni 2,1 - "Come il Signore ha oscurato nella sua ira la figlia di Sion! Ha scagliato dal cielo in terra la gloria d'Israele. Non si è ricordato dello sgabello dei suoi piedi nel giorno del suo furore."
  • 1Cronache 28,2 - "Davide si alzò in piedi e disse: Ascoltatemi, fratelli miei e popolo mio! Io avevo deciso di costruire una dimora stabile per l'arca dell'alleanza del Signore, per lo sgabello dei piedi del nostro Dio. Avevo fatto i preparativi per la costruzione..."
L'Arca della Testimonianza che conteneva le due Tavole del patto dell'alleanza "berit" di Dio con l'uomo, originariamente nel Tempio di Gerusalemme, era considerato lo sgabello dei Suoi piedi mentre Lui sedeva tra i cherubini che stavano sul coperchio dell'Arca.
Guardiamo con attenzione le lettere del testo ebraico della prima parte della citazione di Isaia 66,1:

"Così dice il Signore:
Il cielo è il mio trono,
la terra lo sgabello dei miei piedi."

La relativa decriptazione, in moto nitido, senza alcuna forzatura, fornisce il seguente pensiero: "La rettitudine , uscita dall'Unico per il ribelle con la perversità entrato, si riaccenderà nei viventi . Sarà un vivente di rettitudine riempito dall'Unico che sarà a portarsi di un primogenito nel corpo . Giù aprirà la somiglianza (); nei corpi a scorrere la potenza risarà ."

Ecco un'altra lettura di la rettitudine di Dio con l'Unigenito entrerà nel sangue dell'uomo... come un cambiamento del DNA.

Ne consegue l'idea che dal sangue del Messia, il Figlio di Dio, verrà la salvezza.
Dio re dei cieli deve scendere e prendere dimora in un uomo.

Ecco la "Kenosis" o svuotamento che ha compiuto Gesù Cristo, il Messia, Figlio di Dio che seduto allegoricamente su un trono alla destra del Padre prende sulle spalle l'umanità e si siede su uno sgabello.
Appunto, dalle stelle alle stalle, ed ecco che il Vangelo di Luca segnala che Gesù nacque in una grotta nella mangiatoia di una stalla!

Da "I bambini del Messia" in particolare il paragrafo "I "Midrash" sulla voce dei piccoli riporto alcuni pensieri" sulla voce dei piccoli riporto alcuni pensieri.

Racconta il libro dell'Esodo che il Faraone d'Egitto nell'ambito della persecuzione verso gli ebrei aveva tra l'altro anche ordinato: "Gettate nel Nilo ogni figlio maschio che nascerà, ma lasciate vivere ogni femmina." (Esodo 1,22)

Mosè, ciò nonostante, miracolosamente fu salvato e fu adottato dalla figlia del Faraone, ma crebbe anche con gli insegnamenti della tradizione trasmessagli dalla famiglia ebrea d'origine.
Divenuto adulto, quanto di ebreo ebbe il sopravvento sulla parte egiziana e Mosè, come si legge in quel libro, dovette fuggire dall'Egitto, perché aveva ucciso un inserviente egiziano che angariava un lavoratore ebreo.
Dopo che Mosè fuggi in Madian, nel libro dell'Esodo, alla fine del secondo capitolo, si legge: "Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì a Dio. Dio ascoltò il loro lamento, Dio si ricordò della sua alleanza con Abramo, Isacco e Giacobbe. Dio guardò la condizione degli Israeliti, Dio se ne diede pensiero." (Esodo 2,23-25)

Inizia, quindi, il capitolo 3 che presenta Mosè ai piedi del monte Oreb e da un roveto, che ardeva senza consumarsi, gli parlava il Signore.
Tra le prime cose che gli disse il Signore mise in evidenza: "Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze." (Esodo 3,7)

Chi aveva gridato e stava gridando verso Dio?
Certamente il popolo sofferente, tra cui non sono da dimenticare i neonati ebrei uccisi per ordine del Faraone, neonati che se avessero potuto parlare avrebbero mandato grida fisiche al Signore che comunque le sente egualmente, perché la voce del loro sangue sale a lui dal suolo come ricorda il racconto di Genesi 4 dell'uccisione di Abele da parte di Caino.

C'è un passo del libro della Sapienza che collega la voce di bambini all'evento del momento della nascita del popolo d'Israele, vale a dire quando uscì dalle acque del Mar Rosso: "Fece loro attraversare il Mar Rosso e li guidò attraverso acque abbondanti; sommerse invece i loro nemici e li rigettò dal fondo dell'abisso. Per questo i giusti depredarono gli empi e celebrarono, o Signore, il tuo nome che è santo, e lodarono concordi la tua mano che combatteva per loro, perché la sapienza aveva aperto la bocca dei muti e aveva reso chiara la lingua dei bambini." (Sapienza 10,18-21)

Dal Talmud sulle sofferenze degli ebrei oppressi dai sorveglianti Egizi dice:
  • "Uomini, donne e bambini dovevano impastare l'argilla." (Pirke' Derabbi Elie'zer 48)
  • "Ciascuno doveva fabbricare 400 mattoni ogni giorno." (Shem Olam)
  • "Per colmare il vuoto di mattoni mancanti costringevano gli ebrei a murare i propri bambini" (Sanhedrin 101b)
Rashi ben Eliezer, Rabbino francese dell'XI secolo d.C., uno dei più famosi commentatori medievali della Tanak, o Bibbia ebraica, "padre" di tutti i commentari talmudici, parla di un mattone di zaffiro che fa da sgabello a Dio sul suo trono nei cieli, quello che è così descritto: "Essi videro il Dio d'Israele: sotto i suoi piedi vi era come un pavimento in lastre di zaffìro, limpido come il cielo" (Esodo 24,10) versetto che i testi ebraici, (esempio: Esodo Shemot edizione Avishay Namdar da Mamash 2010) traducono in questo modo "Videro il Dio d'Israele, sotto i suoi piedi vi era qualcosa di simile a un mattone di zaffiro e dall'aspetto limpido come quello del cielo."

Il Rashi riferisce poi il "midrash" che racconta di una donna ebrea incinta che, percossa mentre lavora dall'aguzzino, abortisce e il feto di questa donna cade nel fango ove viene impastato per fare mattoni, ma accade che l'Angelo porta il mattone dinanzi a Dio e il Signore lo tiene sempre presente, a sgabello dei suoi piedi, onde nelle ore più dure dell'esilio e della sofferenza del popolo che ha eletto lo porta a decidere d'intervenire.

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