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DECRIPTAZIONE BIBBIA...

 
L'UOMO È COME UN ALBERO

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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TORNIAMO AL FICO
Abbiamo visto che appena ci fu la rottura del primo patto matrimoniale tra Dio e la coppia dei progenitori questi si coprirono di foglie di fico, "t'anah" .
Tra queste lettere, come abbiamo notato, si trovano le lettere del radicale del verbo "incontrare", per cui abbiamo detto quelle foglie di fico di cui si cinsero i progenitori indicarono che avevano fatto un incontro.
Si erano appartati, da soli, con qualcuno mentre erano fidanzati col Signore!

Era accaduto che "avevano scelto per primo l'angelo del mondo ".
Quelle foglie di fico "t'enah" , di fatto, costituivano la prova:

  • "il segno per l'Unico che all'angelo (ribelle) avevano aperto ";
  • "il segno che dell'Unico l'energia usciva ";
  • "il segno di unirsi con l'angelo (ribelle) nel mondo ";
  • "il segno che iniziavano i lamenti ".
In "Lo sposo dell'Alleanza - il Messia" tra l'altro ho parlato di come in Genesi 3 con il fatto delle foglie di fico s'intraveda la causa della rottura del fidanzamento tra la prima coppia e il Signore per il fatto che questa contrattò col serpente.

Si trova scritto, infatti, in Genesi 3,7: "Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture."
È sorprendente tale commento e certamente quel "intrecciarono foglie di fico" allude anche ad altro che è da cercare di comprendere, comunque fu un segno che qualche cosa di strano era accaduto.

Vediamo il testo in ebraico quanto suggerisce con la lettura delle lettere relative.



Procedo alla decriptazione integrale e riporto il risultato giustificato.
"Portò a finire il Verbo di riversare la grazia . Entrò la rovina ; l'angelo (ribelle) fu in entrambi . Entrando la vita portò a essere impedita dal peccare (). La rettitudine spazzò via (); fu un verme () nei viventi . Entrato , la vita portò a essere al termine . Il soffio nei corpi recato dall'alto , uscì . Finì dell'Unico l'energia a entrare e furono nell'agire simili () al serpente . Entrò nella midolla da straniero - ospite completo ."

È una descrizione efficace degli effetti del peccato nella vita della coppia e della futura umanità.

Quel "intrecciarono foglie di fico" in questa descrizione degli effetti dell'aver rotto l'alleanza in pratica corrisponde alla parte di costatazione che ho evidenziato in rosso che riporto tutta di seguito.

"Portò a finire il Verbo di riversare la grazia.
Entrò la rovina; l'angelo (ribelle) fu in entrambi.
Entrando la vita portò a essere impedita dal peccare.
La rettitudine spazzò via; fu un verme nei viventi.
Entrato, la vita portò a essere al termine.
Il soffio nei corpi recato dall'alto, uscì.
Finì dell'Unico l'energia a entrare
e furono nell'agire simili al serpente.

Da quel momento gli uomini furono come alberi di fico che portavano solo foglie "a'loeh" e ciò per il fatto che "in azione il serpente entrò" e non facevano più frutti e "Entrato, la vita portò a essere al termine" ossia entrò nel mondo la morte. che, appunto è "vita portata a terminare".

In ebraico il verbo morire è retto dal radicale da cui "mavoet" "morte" che, appunto, è "vita portata a terminare ", ma grazie alla morte e risurrezione di Cristo questi ha portato all'uomo la Sua Vita immortale e le lettere di "morte" cambiano radicalmente senso e riguardano "la Vita portata dal Crocefisso ", cioè vita eterna.

Nei tre Vangeli sinottici - Matteo, Marco e Luca - pur se narrato in modo diverso, si trova l'episodio detto "del fico sterile".

Il Vangelo di Matteo propone succintamente il fatto come avvenuto la mattina dopo l'ingresso trionfale sul dorso di un asino di Gesù di Nazaret a Gerusalemme quando i suoi discepoli l'avevano accolto come Messia, quindi, scacciati i mercanti dal tempio, trascorse la notte a Betania.

Matteo 21,18-20 - "La mattina dopo, mentre rientrava in città, ebbe fame. Vedendo un albero di fichi lungo la strada, gli si avvicinò, ma non vi trovò altro che foglie, e gli disse: Mai più in eterno nasca un frutto da te! E subito il fico seccò. Vedendo ciò, i discepoli rimasero stupiti e dissero: Come mai l'albero di fichi è seccato in un istante?"

È stato notato come sia strano che uscito dal suo ritiro a Betania, a meno di 3 Km da Gerusalemme (Giovanni 11,18), fatta poca strada, avesse già fame e non si fosse premunito mangiando prima di partire, ma evidentemente come abbiamo compreso il racconto tende a ben altro; i discepoli rimasero stupiti.

Il Vangelo di Marco presenta l'episodio in due tempi.
Tra il dire di Gesù e il seccare del fico inserisce l'episodio della cacciata dei mercanti dal Tempio e una intera nottata.
Aggiunge poi che Gesù doveva sapere bene come tutti gli altri che comunque non avrebbe trovato frutti, perché, annota l'evangelista Marco, non era la stagione adatta, il che sottolinea che il significato dell'evento è ben altro, infatti:

Marco 11,12-14 - "La mattina seguente, mentre uscivano da Betania, ebbe fame. Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. Rivolto all'albero, disse: Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti! E i suoi discepoli l'udirono."

Marco 11,20-21 - "La mattina seguente, passando, videro l'albero di fichi seccato fin dalle radici . Pietro si ricordò e gli disse: Maestro, guarda: l'albero di fichi che hai maledetto è seccato."

Il Vangelo di Luca non riporta l'episodio, ma Gesù presenta questa parabola:

Luca 13,6-9 - "...Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest'albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno? Ma quello gli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l'avvenire; se no, lo taglierai."

Quel proprietario rispettava strettamente la "Torah" che dispone che si possono raccogliere frutti soltanto dopo il terzo anno e proibisce di mangiare frutti prodotti nei primi tre anni di vita di un albero, infatti, Levitico in 19,23-25 recita: "Quando sarete entrati nel paese e vi avrete piantato ogni sorta di alberi da frutto, ne considererete i frutti come non circoncisi; per tre anni saranno per voi come non circoncisi; non se ne dovrà mangiare. Ma nel quarto anno tutti i loro frutti saranno consacrati al Signore, come dono festivo. Nel quinto anno mangerete il frutto di quegli alberi; così essi continueranno a fruttare per voi. Io sono il Signore, vostro Dio."

Gli alberi da frutto prima di tre anni sono da considerare, proprio come uomini "non circoncisi", "'erelim" , ossia impuri, per questo motivo questa regola di non mangiare dei frutti degli alberi troppo giovani è ricordata nell'ebraismo come regola dell'"o'rlah" .
Quel fico però era particolare, frutti non ne dava.

Il senso che pare potersi cogliere da tale parabola è che si parla di quel particolare fico, piantato nel 3° giorno della creazione, che nel 6° servì a coprire l'uomo peccatore con le sue foglie, ma il Signore tra quelle foglie non trovò frutto, allora, la terra attorno l'albero verrà zappata ancora nel 7° giorno e nell'8°, il giorno eterno della nuova creazione, grazie all'opera degli zappatori, gli annunciatori del Vangelo che operano in tale ultimo giorno e il Signore aspetta che dia un frutto buono, altrimenti lo taglierà per sempre.

Del resto nel libro dell'Apocalisse 6,12s nel giorno dell'ira divina in prossimità dell'ultimo giorno si trova: "Quando l'Agnello aprì il sesto sigillo, vidi che vi fu un violento terremoto. Il sole divenne nero come sacco di crine, la luna diventò tutta simile al sangue, le stelle del cielo si abbatterono sopra la terra, come quando un fico, sbattuto dalla bufera, lascia cadere i fichi immaturi."

Il Vangelo di Giovanni parla del fico soltanto in occasione dell'incontro di Gesù con Natanaele in Giovanni 1,47-51 quando si verificò quanto segue:

"Gesù intanto, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità. Natanaele gli domandò: Come mi conosci? Gli rispose Gesù: Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l'albero di fichi. Gli replicò Natanaele: Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele! Gli rispose Gesù: Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l'albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste! Poi gli disse: In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo."

Nel nome Natanaele, "donato da Dio", si trovano suono e lettere, sia pure traslate, di "fico" e serve a Gesù per iniziare un discorso amichevole con quello che i Sinottici chiamano Bar -Tolomeo.

Riporto il commento su tale brano da parte di Sant'Agostino: «Quanto abbiamo ascoltato come detto dal Signore Gesù Cristo a Natanaele, se vogliamo intenderlo in senso pieno, non riguarda soltanto lui personalmente. Di certo sotto l'albero di fico il Signore Gesù vide appunto l'intero genere umano. Si capisce come in questo passo l'albero di fico sta a significare il peccato. Non in tutti gli altri passi ha questo significato, ma in questo passo, come ho detto, per quella corrispondenza allusiva al fatto a voi noto che il primo uomo, quando pecc , si fosse cinto di un perizoma di foglie di fico. Con queste foglie infatti coprirono le parti vergognose quando arrossirono del loro peccato; e di quelle che Dio dette loro come membra, fecero parti di cui vergognarsi. Non c'è infatti da arrossire dell'opera di Dio: ma la causa del peccato fu anteriore al sentimento di vergogna. Se in precedenza non ci fosse stata la colpa, la nudità non arrossirebbe mai. Erano, infatti, nudi e non si vergognavano, poiché non avevano commesso di che essere turbati. Ma a che scopo ho detto questo? Affinché intendiamo che il fico sta a significare il peccato. Che vuol dire allora: "Quando eri sotto il fico io ti ho visto?" Quando eri sotto il dominio del peccato io ti ho visto. E proprio rifacendosi a quel che aveva fatto, Natanaele si ricordò di essere stato sotto il fico, dove Cristo non era presente. Ma non si trovava là presente con il corpo; in realtà, dove egli non è per cognizione dello spirito? E Natanaele, poiché aveva coscienza di essere stato da solo sotto il fico, dove Cristo Signore non era presente, nel sentirsi dire: "Quando eri sotto il fico io ti ho visto", riconobbe la sua divinità e gridò: "Tu sei il re di Israele".» (Discorso 122,1)

Accade anche che "albero di fichi" in ebraico è "e'ts let'enim" e le lettere suggeriscono "sentirai giù dal Potente l'indicazione io sono vivente ".

Lo stesso albero di fico si può poi accostare proprio anche al comandamento di "Non commetterai adulterio", in ebraico "l'o tinaf" in Esodo 20,14 e Deuteronomio 5,18 in quanto tra le lettere di questo comandamento scritte in ebraico, come ho evidenziato in rosso, si trovano anche quelle che definiscono il fico, "tena'ah" () a meno della lettera "he" = - spazio aperto - che può essere sostituita dallo spazio con la lettera che separa dalla successiva.

Ne conseguono questi pensieri per quelle lettere di "l'o tinaf" :
  • "il serpente venne () dalla bella a parlare " com'è narrato nel "midrash" di Genesi 3 ove il serpente parla con la donna;
  • "non il fico () in bocca - mangiare " il che spiega i Vangeli del fico sterile; Gesù stava accusando Gerusalemme di essere stata adultera.
Altri spunti che completano il quadro di quanto evocano le lettere di "fico" sono:
  • Giudici 14,4 - ove c'è un "to'anah" come "motivo di scontro" ossia un "pretesto";
  • Giobbe 33,10 - in cui si trova un "te'nu'ot" ancora per "pretesto";
  • Isaia 29,2 e Lamentazioni 2,5 - un "taniiah" per lamento, gemiti, pianto, cordoglio;
  • Ezechiele 24,12 - un "t'unim" per fatica, stanchezza;
  • Geremia 2,24 - un "t'anah" per passione lascivia, andare in calore.
Termino riportando il versetto Numeri 14,34 in cui il Signore condanna gli Israeliti che avevano mormorato dopo il ritorno degli esploratori della terra promessa in e li accusa di ribellione "Secondo il numero dei giorni che avete impiegato per esplorare la terra, quaranta giorni, per ogni giorno un anno, porterete le vostre colpe per quarant'anni e saprete che cosa comporta ribellarsi a me", ove quel "ribellarsi" è "tenu'ah" dal radicale del verbo "rifiutare", le cui lettere salvo la centrale "waw" sono quelle di fico."

a.contipuorger@gmail.com

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