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L'UOMO È COME UN ALBERO
di Alessandro Conti Puorger

ALBERI NELLA BIBBIA
La mia attenzione è stata presa di nuovo dai messaggi che la Bibbia pone con gli alberi che cita sul cammino degli uomini e sulla svolta portata da parte di Gesù di Nazaret, pietra angolare della storia, con l'albero della croce, le cui rivelazioni sono tutte inserite nelle Sacre Scritture dell'Antico Testamento e il Nuovo Testamento le completa con l'annuncio della venuta del tempo finale delle vicende umane.

In queste pagine cerco di chiarire come vi siano delle strette volute analogie con gli uomini e le vicende umane che sono cogliibili, utili per comprendere i messaggi di quei sacri testi.
Negli articoli, tutti in questo mio Sito, che riportano gli sviluppi di personali approcci meditativi con le Sacre Scritture giudeo cristiane, più volte, infatti, mi sono interessato di alberi, incuriosito da "l'Albero sefirotico" assomigliato della tradizione ebraica all'"Adam Kadmon", accennato in "Tensione dell'ebraismo ad una Bibbia segreta" e con "Per ricordarsi dove sono le nostre radici", ove ho cercato il perché nell'ebraismo è data tanta importanza agli alberi, sì da dedicar loro un giorno di festa, il Tu Bishevat ossia il 15 del mese di "Shevat", metà - fine Febbraio, quando in Israele inizia la fioritura.
(Il "Tu" = per 9 + 6 = 15 evita con rispetto 10 + 5 l'inizio del Tetragramma sacro di IHWH).

Del resto gli alberi sono i veri primi abitanti del nostro pianeta e quasi tutte le feste ebraiche comportano anche una menzione agli alberi e ai raccolti, infatti:
  • Tu Bishvat, capodanno degli alberi, si celebra mangiando tutte le sette specie di frutti della terra per i quali è lodata nella "Torah" la Terra d'Israele, ossia, frumento, cereali, uva, fico, melograno, ulivo, dattero;
  • Sukkot, festeggia il raccolto della frutta, col rito del "Lulav", iniziano le piogge;
  • Chanukkah festeggia la fine del raccolto delle olive;
  • Pesach, si miete l'orzo e si semina;
  • Shavuot, celebra la raccolta di grano e frutta estiva;
  • Tu Be Av, festa della vite e dell'amore;
  • Rosh ha Shana, compleanno della creazione, il capodanno ebraico quando i melograni sono divisi tra i commensali augurantisi che le buone azioni siano numerose nell'anno come i semi di quei frutti.
Tutto ciò è certamente connesso a quanto ho scritto sul "Mangiare dell'albero della vita".

Nel procedere nella trattazione userò il mio metodo di regole di decriptazione per ottenere pagine di 2° livello sull'epopea del Messia di cui è detto in "Parlano le lettere" e in "Le 22 sacre lettere, appunti di un qabalista cristiano" con i significati grafici delle lettere ebraiche riportati sulle schede che s'ottengono cliccando sui loro simboli indicati sulla colonna a destra delle pagine di questo mio Sito.

Al riguardo, in quanto utili sull'argomento, segnalo anche:
Nella Tenak, il testo in ebraico dei libri tutti accolti nella parte definita Antico Testamento della Bibbia cristiana, sono nominate varie piante, non tutte ricordate nel Nuovo Testamento.
Per l'utilità mia e del lettore inizio con il presentare una minima nomenclatura in ebraico delle varie parti di un albero:
  • le radici, "shoroesh", ;
  • il fusto o tronco, "geza'", (per tagliato - segato) o "qorah" (come trave);
  • il germoglio, "chotoer", o "tsoemach" ;
  • il virgulto, "netsoer", ;
  • la ramificazione, fronde, chioma, "sea'pah", ;
  • un ramo, "mattoeh", o "dalit" ;
  • foglia, fronda, frasca, fogliame "a'loeh" o "a'naf" ;
  • fiore, "tsits", ;
  • frutti, "peri", ;
  • seme, "zoera'", .
Per ciascuna delle principali piante che sono citate nella Bibbia di seguito, con questa progressione, indico:
  • il nome usuale e quello scientifico;
  • come è chiamata e si scrive in ebraico;
  • il numero delle volte che si trova nel testo ebraico dell'Antico Testamento;
  • ove è più spesso ricordata;
  • la prime volte che è menzionata;
  • quante volte si trova nel libri del Nuovo Testamento.
Questi sono i nomi degli alberi che si trovano ricordati più di 20 volte nell'Antico Testamento e almeno 5 volte nel Nuovo Testamento:
  • Fico, "ficus carica", in ebraico "t'enah", , 36 volte, di cui 8 in Geremia, prima volta in Genesi 3,7, ricordato nel Nuovo Testamento 20 volte;
  • Ulivo, "olea europea", "zit", , 36 volte, Genesi 8,11, nel Nuovo Testamento 11 volte come monte degli Ulivi;
  • Vite, "vitis vinifera", "goefoen", , 53 volte, di cui 20 in Levitico e 19 in Deuteronomio, prima citazione in Genesi 15,13, nel Nuovo Testamento 7 volte.
Ecco gli alberi ricordati meno di 20 nell'Antico Testamento e meno di 5 volte nel N.T:
  • Palma, "phoenix dactylifera", "tamar", , 12 volte di cui 2 nel Cantico dei Cantici, prima volta in Esodo 15,27, nel Nuovo Testamento 2 volte, nel Talmud un suo ramo verde si chiama "lulav" , ma indica anche tutto il mazzetto di rametti gli ebrei si portano in processione a Sukkot "Dio, il Signore è nostra luce. Ordinate il corteo con rami frondosi fino ai lati dell'altare" (Salmo 118,27).
  • Sicomoro, "ficus sycomorus", "shiqemah", , 7 volte di cui 2 in 2Cronache, 1Re 10,27, nel Nuovo Testamento 1 volta in Luca 19,4 nell'incontro di Gesù con Zaccheo.
    (Il suo legno era usato dagli Egizi per i sarcofagi. Produce un frutto povero a forma di piccole pere, più scadenti dei fichi comuni, mangiabili se la buccia viene circoncide quando acerbi per far emanare il gas etilene e accelerarne crescita e maturazione. Amos 7,15 era addetto a tale incombenza. Alludono all'utilità della circoncisione del cuore e alla conversione.)
Questi poi sono alberi, importanti richiamati almeno 5 volte nei testi ebraici dell'Antico Testamento, ma che non sono citati nel Nuovo Testamento:
  • Cedro del Libano, "cedrus libani", "'oeroez", , 70 volte, 18 volte in 1Re, prima volta Levitico 14,4, il suo frutto è detto "'etrog" nel Talmud;
  • Melo, "malus pupila", "tapu'ach" , 6 volte, di cui 4 nel Cantico dei Cantici, prima volta Proverbi 25,11;
  • Cipresso, "cupressus sempervirens", "gofoer" da intendersi quale albero resinoso, usato solo una volta per l'arca di Noè in Genesi 6,14, poi per 20 volte come "birosh" , 5 volte in 1Re e 5 in Isaia, prima volta 2Samuele 6,5;
  • Acacia, "acacia nilotica", "shittah" , per l'arca dell'alleanza in Esodo 25, usato per 27 volte di cui 25 in Esodo;
  • Melograno, "punica granatum", "rimmon" , 26 volte, 6 nel Cantico dei Cantici, 5 in Esodo, prima volta in Esodo 28,33;
  • Salice, "salix alba", "oe'oeab" , 5 volte, 2 in Isaia, prima volta Levitico 23,40;
  • Mandorlo, "amygdalus communis", "luz" in Genesi 30,37 e "shaqed" 10 volte di cui 6 in Esodo con inizio Esodo 25,33;
  • Leccio, "elce", Quercia, "quercus", "'oelon" 17 volte di cui 5 in Genesi con inizio in 12,6, "tirzah" in Isaia 44,14.
Questi alberi, pure importanti, sono citati meno di 5 volte nell'Antico Testamento, ma non sono menzionati nel Nuovo Testamento:
  • Noce, "yugklans regial", "'oegoz" , 1 in Cantico dei Cantici 6,11;
  • Platano, "platanus orientalis", "a'rmon" , 2 volte in Genesi 30,37 e Ezechiele 31,8;
  • Gelso, "morus nigra", "baka'" , 3 volte di cui 2 volte ricordato come località Becaim e la valle del pianto di Salmo 84,7;
  • Pioppo, "populus alba", "libenoeh" 2 volte Genesi 30:37 e Osea 4,13;
  • Mirto, "myrtus communis", "hadas" , citato una sola volta in Neemia 8,15;
  • Tamerisco, "Tamarix", "a'ra'r" , citato una sola volta in Geremia 17,6.
  • Il carrubo, "ceratonia siliqua", non è menzionato nell'Antico Testamento ed è ricordato solo in Luca 15 nella parabola detta del "figlio prodigo".

    DAGLI ALBERI A CRISTO
    Per la proprietà di icone insita nelle lettere dell'alfabeto ebraico di trasmettere anche dei messaggi grafici, molti dei termini sopra presentati per gli alberi si prestano a tratteggiare vicende del Crocifisso e a sostenere la questione che poi affronteremo dell'uomo simile a un albero.
    Comincio con "frutto", "peri", , le cui lettere spiegano il perché in ebraico di quel termine; infatti:
    • la "pe" , 17a lettera dell'alfabeto ebraico, valore numerico di 80, è visivamente una "bocca", appunto "poeh", volto - - una faccia con la bocca aperta, in cui sono in evidenza le narici;
    • la "rosh" , la 20a dell'alfabeto ebraico, valore numerico 200, indica un corpo - testa di profilo, .


    • la "iod" , 10a lettera, valore numerico 10, è quella dell'essere e di una forza.

      In ebraico la jod ha la forma di un pugno:

      .
    Ne consegue che le lettere di "peri", , suggeriscono "per la bocca il corpo è " e questa perifrasi ben si accosta alla funzione del frutto che in genere può essere mangiato.
    La lettera "pe" figurativamente essendo un volto con la bocca aperta indica anche il soffio e la parola che esce, quindi, per traslato è la Parola perci , Cristo, il Verbo, che con il Suo corpo è il frutto buono da mangiare, che contiene la Sua benedizione; "La terra ha dato il suo frutto. Ci benedica Dio, il nostro Dio, ci benedica Dio e lo temano tutti i confini della terra." (Salmo 67,7-8)
    Sul tema del "mangiare di Lui" del resto è denso il Vangelo di Giovanni.

    Si pensi poi a "ulivo", "zit", , albero comune attorno a Gerusalemme; si ricordi, infatti, il Monte degli Ulivi e l'orto del Getsemani, in ebraico ossia "frantoio dolio" "get soemoen", ricordati nei Vangeli.

    Al riguardo, è interessante ricordare che i 4 principali frammenti della Santa Croce ritrovata nel 326 a Gerusalemme da Sant'Elena, madre dell'imperatore Costantino, conservati in Roma a Santa Croce in Gerusalemme, a Parigi in Notre Dame, a Pisa nel Duomo e Firenze in Santa Maria del Fiore, sono stati identificati come schegge di legno di ulivo.

    Sappiamo poi di un uomo crocifisso fra il 6 ed il 65 d.C., di cui furono trovati i resti in un sepolcro rinvenuto nel 1968 a "Giv'at ha-Mivtar", vicino Gerusalemme, con un chiodo infisso nel calcagno ove sono stati trovati particelle di legno di ulivo come da immagine che qui sotto riporto.
    Per cui l'ipotesi che la Santa Croce fosse di legno di ulivo si fa concreta.

    Ecco che le lettere "zit", , di ulivo cominciano a parlare e dicono:
    • con un attrezzo - tagliata - segata fu la croce , (in corsivo è una +);
    • di questo sarà la croce ;
    • su questa fu crocefisso .
    Propongo poi alcuni esempi di come vari altri termini degli alberi si prestano bene a essere letti con pensiero profetico sulle vicende che conosciamo dai Vangeli.
    Tutti i seguenti termini sono riferibili a Gesù Cristo e ricordati in Isaia 11,1 proprio nella famosa profezia sul Messia che viene dal tronco di Iesse padre di Davide "Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici.":
    • tronco, "geza'", "scorrere dal colpo - ferita si vide " l'acqua e il sangue da Gesù;
    • virgulto, "netsoer", "l'energia scende dal corpo " e ricorda il termine di "Natzer" - Nazareno, dato a Gesù che si trova anche sulla croce;
    • germoglio, "tsoemach" , "scese l'acqua dal chiuso " o "si rialzò vivo dalla tomba .
    Ancora su tale argomento si presentano i termini:
    • fronda - chioma, "sea'pah", "da un foro in azione dal Verbo usci ";
    • ramo, "mattoeh", , "acqua dal cuore uscì ";
    • per ramo c'è anche "dalit" , ove è il radicale di "attingere acqua", infatti, il "deli" è un secchio, per cui, "attinta acqua (), fu dal Crocifisso e nel Vangelo di Giovanni uscì acqua dal Suo costato trafitto;
    • il termine foglia, fogliame "a'loeh" poi viene dal radicale formato da quelle tre lettere che significa innalzare, alzare, da cui innalzato e olocausto, in quanto, questo, bruciato, va con il fumo in alto;
    • le radici, ma anche ceppo, stirpe, sono "shoroesh", , "sorge un corpo alla luce " o "alla luce reca un corpo che sorge ";
    • "Vite", ossia "goefoen", "scorre dal Verbo l'energia " o "in cammino dal Verbo gli apostoli ", ossia, da Gesù viene l'energia e anche gli apostoli, che sono i suoi inviati, la Sua energia rimasta sulla terra in attesa del suo ritorno glorioso.
    • "vigna" "karoem" ove si trova la lettera "kaf" che allude a una coppa e il bi-letterale = che suggerisce "alto", come luogo ove si produce ciò che riempie le coppe, vale a dire il vino e riferito al Cristo per "karoem" si ha "la rettitudine nel corpo vive ", "l'agnello - l'ariete vive " e la vigna è la Chiesa di Cristo - "Io sono la vite, voi i tralci", dice Gesù in Giovanni 15,5 -"un retto corpo di viventi ";
    Il legno della croce con sopra Gesù crocefisso, quindi, si presta idealmente a essere paragonato a un albero con fronde e frutti.
    Su tale discorso torneremo.

    L'ALBERO CHE CAMMINA
    Vari e tanti, peraltro, sono i paralleli tra alberi e uomini che si rinvengono nei libri che compongono la Bibbia.
    Del resto complessivamente nelle traduzioni i termini "albero - alberi, pianta - piante e piantare" si trovano per oltre 200 volte e frutto - fruttii o fruttificare per 290, il che rende ampio il campo che è da investigare.
    Per le loro varie forme e per specifiche qualità, con la variabilità dei frutti e delle foglie, per la presenza di spine o di resina, per altezza o per forma delle chiome e delle radici, gli alberi, si prestano a commenti e similitudini con le caratteristiche di certi uomini, fruttiferi o non, alti e superbi, come i cedri del Libano o umili come gli arbusti spinosi, ecc..
    Si pensi ad esempio al rito del "Lulav", ramo verde di palma, che gli ebrei agitano nella festa di Sukkot.

    Per il comandamento in Levitico 23,40-43 "Il primo giorno prenderete frutti degli alberi migliori, rami di palma, rami con dense foglie e salici di torrente e gioirete davanti al Signore, vostro Dio, per sette giorni... Dimorerete in capanne perché le vostre generazioni sappiano che io ho fatto dimorare in capanne gli Israeliti, quando li ho condotti fuori dalla terra d'Egitto" gli ebrei osservanti, nel primo di quei giorni, in sinagoga fanno una processione con in mano quattro specie di rami che la tradizione talmudica in connessione con quel disposto del Levitico indica che debbono essere:
    • "frutti degli alberi migliori", "e'ts hadar" , interpretano un ramoscello con frutti di cedro, allude al cuore dell'ebreo;
    • "rami di palma", "kapet tamarim" , ossia di palma da datteri, allude alla spina dorsale;
    • "rami con dense foglie", "a'naf e'ts a'bot" , e propongono un ramoscello di mirto hadas con foglie a spighetta, che secondo tradizione rappresenterebbe l'occhio;
    • "salici di torrente", "a'rvi nachar" , pioppo di fiume, un ramoscello che dicono stia per la bocca.
    Quegli avvicinamenti di quei rametti con organi umani starebbero a dire che nel loro immaginario l'ebreo ideale ha un cuore buono, una spina dorsale che non viene piegata dalle vicende umane, è sempre decorosamente coperto con indumenti particolari e ha una bocca pronta alla preghiera.

    Ecco poi che in un "midrash" quei rami rappresentano quattro tipi di uomini:
    • il cedro, l'albero migliore, bello e con frutto, lo "'etrog", saporito e profumato, è come chi studia la "Torah" e compie opere buone;
    • il ramo di palma, il "lulav", dà un frutto dolce, il dattero, ma senza profumo, come un sapiente di Torah, ma che non compie buone azioni;
    • il mirto, ramo con dense foglie che ha profumo, ma non ha sapore, come chi fa buone azioni, ma non studia la "Torah", generoso, ma non sapiente;
    • il salice, non ha né sapore, né odore, rappresenta chi non ha buone azioni e neppure studia la "Torah".
    Poi il pensiero si porta alla prima teofania in cui Mosè fu spettatore, riferita in Esodo 3, ove il Signore non lo chiamò da un albero elevato, ma "...apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto", un cespuglio spinoso e ardente, con ci ebbe a dare l'insegnamento che lo Spirito Divino sta in esseri umili.

    Cito di seguito alcuni paragoni con gli alberi che si trovano in quei libri:
    • Giobbe 19,10 - "Mi ha disfatto da ogni parte e io sparisco, mi ha strappato, come un albero, la speranza."
    • Giobbe 24,20 - "Il seno che l'ha portato lo dimentica, i vermi ne fanno la loro delizia, non se ne conserva la memoria ed è troncata come un albero l'iniquità."
    • Ezechiele 31,3 - "Ecco, l'Assiria era un cedro del Libano, bello di rami e folto di fronde, alto di tronco; fra le nubi era la sua cima."
    • Osea 14,5-8 - "Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò di vero cuore, poiché la mia ira si è allontanata da loro. Sarò come rugiada per Israele; esso fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano, si spanderanno i suoi germogli e avrà la bellezza dell'olivo e la fragranza del Libano."
    • Geremia 17,5-8 - "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo... Egli sarà come un tamerisco nella steppa. Benedetto l'uomo che confida nel Signore... Egli è come un albero piantato lungo l'acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi; nell'anno della siccità non intristisce, non smette di produrre i suoi frutti." Un commento merita questo "tamerisco nella steppa" "a'ra'r ba'rabah" cui Geremia paragona l'uomo che non confida nel Signore, le lettere spiegano l'esempio, "vi si vede un cattivo tra i molti nemici che abitano nel mondo ".
    Celebre poi è il parallelo tra l'uomo e l'albero nel Salmo 1,1-3: "Beato l'uomo che non entra ne consiglio dei malvagi... È come un albero piantato lungo corsi d'acqua, che dà frutto a suo tempo; le sue foglie non appassisco e tutto quello che fa, riesce bene."
    (come in Geremia 17,8 e Ezechiele 47,12)

    L'eremita Sant'Agatone d'Egitto, uno dei "Padri del deserto" vissuti nel IV secolo nelle steppe di Palestina, Siria ed Egitto, ebbe a dire: "L'uomo è come un albero, la fatica del corpo sono le foglie, la custodia del cuore il frutto. Ora, poiché com'è scritto: 'Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco' (Matteo 7,19), è chiaro che tutto il nostro impegno deve tendere al frutto, cioè a custodire il nostro spirito. Ma è necessaria anche la protezione e l'ornamento delle foglie, cioè la fatica del corpo."

    In definitiva, ciò chiarisce la base delle regole monastiche "Ora et labora", per cui occorre, nutrire il corpo e spirito.
    Quel pensiero di Sant'Agatone che l'uomo è come un albero è proprio dell'ebraismo che lo considera come un enunciato della Torah, dedotto oltre che dai vari paragoni da una lettura particolare del versetto Deuteronomio 20,19 che la C.E.I. 2008 traduce in questo modo: "Quando cingerai d'assedio una città per lungo tempo, per espugnarla e conquistarla, non ne distruggerai gli alberi colpendoli con la scure; ne mangerai il frutto, ma non li taglierai: l'albero della campagna è forse un uomo, per essere coinvolto nell'assedio?" ove è data una diversa interpretazione che non prevede il "forse", ma un "perché", quindi quanto in grassetto diviene "...perché l'albero della campagna è un uomo..." e allora si trasgredirebbe al comandamento di "non uccidere" visto che non è un nemico specifico da assediare.

    Alcuni commentatori ne traggono che addirittura un albero da frutto non si può tagliare per usare il suo tronco come ariete in un assedio.

    Levitico 19,23-25 prescrive: "Quando sarete entrati nel paese e vi avrete piantato ogni sorta d'alberi da frutto, ne considererete i frutti come non circoncisi; per tre anni saranno per voi come non circoncisi; non se ne dovrà mangiare. Nel quarto anno tutti i loro frutti saranno consacrati al Signore, come dono festivo. Nel quinto anno mangerete il frutto di quegli alberi; così essi continueranno a produrre per voi. Io sono il Signore, vostro Dio".

    Per quel "...ogni sorta d'alberi da frutto" la prescrizione si applica anche alla vite, quindi, all'uva e al suo vino.
    Gli ebrei osservanti in analogia alla suddetta prescrizione non tagliano i capelli del loro bambino fino a che compie tre anni.
    Del resto nel capitolo 1 del libro del Genesi i 6 giorni - tempi - tappe che portano alla creazione dell'uomo si possono dividere in due serie di 3 e porli in relazione tra loro nel seguente modo:
    • il 1° creazione della luce con il 4°, presentazione degli astri;
    • il 2° firmamento con il 5°, creazione dei pesci e degli uccelli;
    • il 3° crescita degli alberi con il 6°, formazione dell'uomo.
    I racconti biblici, nel primo del rotolo della Torah o Pentateuco, dopo i primi due capitoli del libro del Genesi dedicati alla "creazione", presentano, infatti, un episodio, ritenuto un "midrash" (dall'ebraico DRSh "ricercare") vale a dire un racconto istruttivo, in cui avviene una svolta radicale per la storia dell'umanità, quando, la prima coppia dei progenitori, figli di Dio, in quanto, "...il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente" (Genesi 2,7), mangiò di un albero che non doveva mangiare, per cui l'uomo s'è radicato sulla terra, mentre le sue radici erano il cielo.
    Da Dio, padre e madre, al primo uomo, infatti, veniva lo Spirito che è linfa vitale, ma l'uomo scelse di alimentarsi di altra linfa, vale a dire dagli istinti "educati" dalla "ragione", ma senza Dio, quindi, esasperati al massimo livello; insomma scelse di evolversi in un animale perfetto e si radicò nella terra.
    L'uomo, che fu creato come un albero che cammina, con le radici che attingevano al cielo e spingeva i rami verso la terra, ove doveva portare frutti, invece scelse di capovolgersi, fu così che le radici le impiantò nella terra e innalzò e innalza verso il cielo il proprio orgoglio portando frutti terreni.


    Ciò detto, a rafforzare quel paragone uomo - albero un particolare miracolo di Gesù pare confortare quel pensiero.
    Si trova nel Vangelo di Marco in 8,22-25, e solo in questi, senza paralleli nei Vangeli sinottici di Matteo e di Luca.
    L'esegesi suggerisce che la guarigione in tale episodio è un gesto profetico di Gesù che schiude gradualmente gli occhi dei discepoli sulla Sua messianicità. Questo è il breve racconto: "Giunsero a Betsàida, dove gli condussero un cieco pregandolo di toccarlo. Allora preso il cieco per mano, lo condusse fuori del villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: Vedi qualcosa? Quegli, alzando gli occhi, disse: Vedo gli uomini, poiché vedo come degli alberi che camminano. Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente e fu sanato e vedeva a distanza ogni cosa."
    Questo miracolo, come quello della creazione, si sviluppa nel tempo come a significare che la fede è un cammino in cui Dio opera sull'uomo in fasi progressive e porta l'illuminazione sulla vita per tappe.

    In ebraico "fusto o tronco" di un albero è "geza'" , (come in Giobbe 1,8; Isaia 11,1 e 40,24) e in quelle lettere la prima, la "ghimel" , pare proprio uno che cammina e quel termine ebraico suggerisce proprio quanto dice quel cieco nel riavere i primi bagliori di vista, "camminare questo vedo ", ma anche "a scorrere l'attrezzo (sega) ha agito ", ossia uno segato.
    Di questo albero, che è l'uomo, infatti, furono, segate le radici del cielo e fu radicato in terra come si evince da Genesi 3, che cercherò di chiarire.
    A Dio in quel momento non restò che porre in evidenza la situazione con parole che paiono una condanna "...polvere tu sei e in polvere ritornerai!" (Genesi 3,19), ma sono solo constatazione del dove aveva portato la scelta volontaria dell'uomo, cui Dio stesso non poteva sottrarsi, perché lo voleva creare simile a sé, quindi, libero, oltre che perfetto e iniziò il tentativo di recupero.

    IL PROGETTO HA INIZIO
    L'insieme dei libri chiamato Bibbia, che per i credenti giudeo-cristiani contiene la rivelazione di Dio agli uomini, esordisce attribuendo in 7 fasi o giorni "la creazione" di tutto ciò che esiste al "Creatore", chiamato dal testo ebraico di Genesi 1,1 "'Eolohim", , termine che viene tradotto "Dio", le cui lettere suggeriscono quale "Origine della potenza per l'apertura dell'esistenza della vita ".

    La descrizione della "creazione" viene proposta in questo modo: "In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque." (Genesi 1,1-2)
    Sinteticamente con quei due primi versetti il testo afferma come avvenuta da parte di tale Ente Primo la "creazione" di quanto è definito il "cielo" - "shamaim", la "terra" - "'arets", ma ricoperta di "acque" - "maim" in un abisso tenebroso su cui aleggiava lo "spirito = vento", "ruach" di Dio.

    In effetti questi due versetti sono la prima parte della descrizione della creazione del 1° giorno, fase che termina al versetto 5 in cui "Dio disse: Sia la luce! E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: giorno primo." (Genesi 1,3-5)

    Tra quei 7 giorni si trova che nel:
    • 1°, 4° e 5° viene detto che Dio "vide che... era cosa buona";
    • 2° tale valutazione è omessa;
    • 3° il "vide che era cosa buona" è detto per l'asciutto e poi ripetuto per gli alberi, quindi, per due volte come nel giorno 6°;
    • 6° esprime il "vide che era cosa buona " per l'aver fatto gli animali (Genesi 1,25) e per aver creato l'uomo si trova ancora "Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno." (Genesi 1,31) come nel giorno 3°, ma in tale seconda volta aggiunge "molto".
    • 7°, il giorno di Dio e del Suo riposo, in cui "benedisse" e "consacrò" il lavoro che aveva fatto. (Genesi 2,1-3)
    Quel "vedere da parte di Dio" che in ebraico è , in definitiva si ripete 7 volte in Genesi 1 ai versetti 4, 10, 12, 18, 21, 25 e 31.
    Nessuna parola in questo testo è a caso, quindi, senza dubbio c'è differenza sostanziale tra "Dio creò" del versetto 1 e "Dio disse" del versetto 3.
    Creò lì è "bar'a" e le lettere spiegano: "dentro - da dentro corpi originò " e in Genesi il "creò" è usato solo 5 volte, per:
    • il cielo e la terra, versetto 1;
    • i mostri marini, i pesci e gli uccelli, versetto 21;
    • 3 volte quando creò l'uomo, versetto 27.
    Tale versetto 27 recita in questo modo:
    "E Dio creò l'uomo a sua immagine"... qui ha valore di "umanità"; "a immagine di Dio lo creò"... la coppia è immagine di Dio "maschio e femmina li creò"... quindi li creò separati.

    In definitiva il creare da parte di Dio riguarda:
    • l'universo sensibile;
    • la vita animale che inizia;
    • la coppia dei progenitori che, oltre la vita animale, avevano una particolare impronta del Creatore, a sua immagine e somiglianza, dice nel precedente 26. Per tutto il resto che c'è in cielo e in terra le azioni promosse dal Creatore in Genesi 1 si esplicano con i verbi del "dire" e del "fare" che stanno ad indicare uno sviluppo voluto da Dio con le leggi che ha inserito nell'universo.
    Per l'uomo, essere particolare, il testo usa tutti e tre i verbi, dire, fare, creare:
    • 26 - Dio disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza..."
    • 27 - "E Dio creò l'uomo..."
    Disse - Ben 10 volte, come le 10 "parole" del Decalogo, Dio "disse", in ebraico , vale a dire "inizi vita al corpo ...", precisamente ciò si verifica nei versetti seguenti, quando chiamò all'esistenza:
    • 3, la luce, nel 1° giorno;
    • 6, il firmamento, nel 2° giorno;
    • 9, raccolse le acque e apparve l'asciutto, nel 3° giorno;
    • 11, la terra dia germogli, nel 3° giorno;
    • 14 fonti di luci nel firmamento, nel 4° giorno;
    • 20 le acque brulichino e uccelli volino, nel 5° giorno;
    • 24 esseri viventi, animali, nel 6° giorno;
    • 26 l'uomo, nel 6° giorno;
    • 28 siate fecondi e moltiplicatevi, nel 6° giorno;
    • 29 ancora nel 6° giorno, "Dio disse: Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo."
    Fare - Quattro, volte invece il testo attribuisce a Dio il verbo "fare", tre volte come "fece" "iaa's" e una volta come "facciamo" "naa'soeh" e ciò avviene nei seguenti versetti per:
    • 7 il firmamento nel 2° giorno;
    • 16 i due grandi luminari nel 4° giorno;
    • 25 ogni animale della terra nel 6° giorno;
    • 26 l'uomo nel 6° giorno.
    Altri verbi che nel testo descrivono l'agire del Creatore sono i seguenti:

    chiamò "iqera'", ripetuto 5 volte
    • luce = giorno, al versetto 5;
    • tenebre = notte, pure al 5;
    • firmamento = cielo, al versetto 8;
    • asciutto = terra, al 10;
    • massa delle acque = mare, pure al 10.
    separò , "iaveddel", ripetuto 2 volte
    • la luce dalle tenebre al versetto 4;
    • le acque di sotto da quelle di sopra al versetto 7.
    benedì , "evaroek", ripetuto 2 volte
    • la prima vita animale al versetto 22, la coppia umana al versetto 28
    pose , "itten", parla delle fonti di luce che "Dio pose nel firmamento..." (Genesi 1,17)
    • il 4° giorno e le lettere dicono che "ci fu il segno dell'energia " o "fu ad indicare gli emettitori ".
    Dal versetto 3, con cielo e terra creati, nel testo di Genesi 1 prosegue la narrazione dei sette "giorni - tempi - fasi" della "creazione" e inizia la descrizione di come fu fatta nascere la vita sul pianeta che ci ospita.
    La terra, che le tenebre ancora coprivano, è detta "'arets" e le lettere spiegano che è da lei che poi... "iniziano corpi ad alzarsi ".
    Le tenebre che la coprivano, ecco che iniziano a essere squarciate dall'aleggiare del vento di Dio che lascia trapelare qualcosa di nuovo.

    Nel 1° tempo, infatti, per esplicita Sua volontà, la "luce", "'or" , pronunciata dalla Sua Parola, "disse" "'omoer" , "iniziò la vita dai corpi ", forò quell'alone tenebroso e questa "luce" che da Lui proviene, nel cielo che aveva creato finalmente "bar'a" "dentro si vide ()", ossia divenne esplicita e da "dentro dei corpi iniziò ", era la luce emessa dagli astri che iniziò a operare con la propria energia sulla terra in formazione, coperta da acque e da caligine.

    Nel 2° giorno ecco che parve acceso il firmamento per cui "disse e fece", nascosto dalle nubi del cielo fisico che incombevano sulla terra e definì un sopra e un sotto separando e distinguendo le acque della terra, "maim", da quelle del cielo, "shamaim" ove si trovano anche le lettere di acque, e si può leggere, nel Suo Nome ( = ) ci sono le acque quelle di una madre che genera, acque del suo utero di misericordia.

    A questo punto i primi esseri che spuntarono sulla terra, furono erba e alberi e ciò avvenne nel 3° dei sette "giorni" della creazione.
    Alberi o legno in ebraico sono definiti come "e'ts" e le lettere suggeriscono il perché: questo "si vede alzarsi ".
    Gli alberi che sono generati da un seme, con le loro radici piantate nelle tenebre che sono certamente sotto il suolo nella terra e con le loro chiome slanciate verso il cielo parlano di un desiderio, quello di tendere alla luce, quindi, al Creatore che gli alberi esprimono alzandosi verso il cielo.
    Gli alberi in questo capitolo sono ricordati tre volte, ai versetti 11,12 e 29.

    Dal racconto sembrerebbe che questi fossero a spuntare prima del sole e la luna di cui è detto nel 4° giorno, in modo irreale rispetto alle nozioni scientifiche. A spiegazione di tale apparente incongruenza fisica si può argomentare che gli astri, in effetti, furono fatti assieme al primitivo cielo nel 1° giorno e definitivamente furono definitivamente formati col firmamento del 2° giorno, ma a causa della caduta di meteoriti, delle eruzioni vulcaniche sulla terra e ai gas e ai vapori per il calore della lava eruttata nei primi giorni della creazione non erano percepibili, perché l'atmosfera formatasi era densa di pulviscolo e vapori le cui nubi coprivano sole, la luna e stelle e non facevano intravedere la loro luce che comunque nel 3° giorno cominciò a filtrare e questa fu vita per la vegetazione.
    Del resto "...le tenebre ricoprivano l'abisso..." (Genesi 1,1) per cui il Signore iniziò a far diradare la coperta tenebrosa che impediva il passaggio della luce creata appunto nel 1° giorno e nel 4° giorno dissipò in modo definitivo quelle spesse coltri ed accadde che gli astri che interessano più da vicino la vita sulla terra, in effetti, parvero come creati in quel tempo, infatti, li "pose" , ossia "furono il loro segno a inviare ".
    In quel 4° giorno, insomma, divennero soltanto visibili e poterono esplicare a pieno tutta la loro funzione ed ecco che in quel giorno furono creati quelli come segni, ma gli emettitori erano stati già fissati in cielo.

    Il testo per questi astri al versetto 16 non dice Dio creò, ma fece "iaa's" e questo dire preso alla lettera porta a pensare: "furono visti sorgere ".
    C'erano nel 3° giorno, insomma, bagliori tra le nubi, ma non era visibile l'emettitore principale, nella fattispecie il sole, purtuttavia per l'energia solare che filtrava cominciò a nascere la vegetazione sulla terra che poi col diradarsi della caligine e l'affermarsi dei cicli dei giorni - notte e delle stagioni ebbero il loro definitivo sviluppo.

    Il testo in 1,9-13, infatti, precisa che: "Dio disse: Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un unico luogo e appaia l'asciutto . E così avvenne. Dio chiamò l'asciutto terra, mentre chiamò la massa delle acque mare. Dio vide che era cosa buona. Dio disse: La terra produca germogli , erbe che producono seme e alberi da frutto, che fanno sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la propria specie. E così avvenne. E la terra produsse germogli , erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie, e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno."

    "Rashbam", acronimo di Rabbi Shmuel Ben Meir (1085-1158), commentatore della "Torah", scrive " la terra era stata creata il primo giorno, ma non era né visibile, né asciutta finché non fu comandato alle acque di radunarsi nei luoghi a essa designati."

    In quei versetti ho evidenziato alcuni termini in cui appare evidente l'azione dell'illuminazione e del calore che traspare di "shin" iniziale in ebraico della parola "sole" "shoemoesh" lettera che si rinviene nei termini di:
    • asciutto, "iebashah" , "fu dentro il sole a entrare ";
    • germogli, "doesh'oe" , "l'aiuto del sole originò ";
    • erbe, "e'shoeb" , "agì il sole dentro ".
    Ecco che appaiono gli alberi da frutto in ebraico "e'ts peri" letteralmente "albero frutto" e precisa "albero frutto per fare frutto". Attenzione, tutto è al singolare, ogni albero ha un solo tipo di frutto.

    Poi al versetto 29 alla coppia dei progenitori "Dio disse: Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo."

    Il capitolo 1 della "creazione" si arricchisce del "midrash" del capitolo 2.
    Da questo si apprende che il Signore formò "iiatser", l'uomo, lo modellò come un vaso perché quello è il verbo usato dal vasaio, infatti, commenta Rashi: "Ciò ricorda l'opera di un modellatore d'argilla che prima versa l'acqua e poi lavora l'impasto".

    Adamo, insomma, da Dio fu formato "iiatser" , ossia "fu sull'esistenza a crescergli - alzargli la mente - testa ", e tale formazione implicava una scuola, un posto separato e protetto rispetto al circostante mondo in evoluzione ancora arido, incolto e pieno di pericoli d'ogni genere su cui Adamo doveva essere istruito.

    Il Creatore, inoltre, voleva che l'uomo divenisse a Lui simile per cui doveva anche lasciargli la libertà di scegliere di rifiutarlo e di aderire al contrario di Dio, in estrema sintesi a un non essere.
    Dio, quindi, in 2,8 piantò "itta'" un giardino in Eden, "gan ba'doen", e "'doen" vuol dire "delizie", infatti, si legge in Genesi 2,9 che "Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ("'adamah" ) ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare ("tob le maa'ka"l )" e "l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male."

    In definitiva, gli alberi erano tutti buoni da mangiare, anche l'albero della conoscenza del bene e del male, e questi stava... con l'albero della vita in mezzo al giardino!

    Nella visioni dell'Apocalisse di San Giovanni della nuova Gerusalemme del cielo, ove entra l'uomo di nuovo radicato in Dio, non si trova più l'albero della conoscenza del bene e del male, ma solo quello della vita.
    Se ne deduce che era l'albero che serviva per la scuola dell'uomo e perché l'uomo facesse scelte oculate, potendo avere effetti diversi a seconda del soggetto che ne mangiava?
    Era necessario per far esercitare il dono della libertà e guidarla sulla via dell'amore, quindi, al bene.
    Per l'uomo ben radicato in Dio la conoscenza del bene e del male è necessaria per restare attaccato alla vita che da Lui proviene, ma alla fine è superata quando sarà per l'eternità a stare con Lui, ma se l'uomo è radicato alla terra, il mangiarne comporta l'eventualità di assorbire l'erronea valutazione del male come buono.

    L'uomo era ancora in sospeso, era un fuscello tenero che stava crescendo, un neonato che doveva ancora cibarsi del latte della madre e non poteva ancora digerire cibi solidi che la madre avrebbe sconsigliato e che gli avrebbe più avanti cucinato come doveva per renderli digeribili.

    Ciò fatto "Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse." (Genesi 2,15) il che fa rilevare che l'uomo non era destinato a essere radicalizzato, ossia piantato nella terra, perché, di fatto, aveva le sue origini nel cielo.

    In Midrash Kohelet Rabba VII-28 si trova che in tale occasione: "...Dio disse all'uomo: guarda le mie opere come sono belle e degne di lode, tutto quanto l'ho creato per te, ma stai attento a non rovinare o distruggere il mio mondo, perché se farai così non ci sarà dopo di te chi potrà porre rimedio ai tuoi danni..."

    Ed ecco che subito dopo ai versetti 2,16-17 il patto di alleanza che Dio, ossia suo padre e sua madre, fece con Adamo, il maschio e la femmina di 1,27: "Il Signore Dio diede questo comando all'uomo ("'Adam"): Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire."

    Il testo invero dice "Dio comandò", in ebraico è "itsav" "fu a sollevare il bastone ", cioè con autorità genitoriale disse ciò che disse.

    Ragioniamo: l'uomo doveva coltivare e custodire tutti quegli alberi compresi gli ultimi due anche quello della conoscenza, poteva mangiare di tutti, ma dell'albero della conoscenza non doveva mangiare.
    Adamo, insomma, pur se doveva coltivare l'albero della conoscenza, non ne doveva mangiare; perché?

    La conoscenza era necessaria e doveva essere coltivata, ma se fosse stata mangiata senza discernimento, avrebbe potuto portare anche al male.
    Quel giardino, appunto, era una scuola e chi avrebbe modellato l'intelletto e riempito il cuore dell'uomo voleva essere lo stesso vasaio, il Creatore che avrebbe istruito Adamo sulla conoscenza che pur doveva avere, visto che l'albero era stato piantato, ma la conoscenza doveva essere utile e non nociva. Dio stesso, in definitiva, gli avrebbe dato i rudimenti necessari per la conoscenza ossia gli avrebbe dato da mangiare di quella pianta in Sua presenza, perché Adamo era destinato a essere a immagine e somiglianza del Signore che tutto conosce.

    Il capitolo Genesi 3 racconta come ci fu il momento in cui Adamo fu chiamato a esprimere la propria scelta volontaria.
    Accolse i suggerimenti della "altra parte", favorendo motivi dell'istinto animaleschi - il serpente - ma erronei per acquisire la sapienza senza l'aiuto di Dio di cui scelse di fare a meno, quindi, uscì dal cammino con Lui.
    Iniziò a vivere senza l'Eterno che non poté che rispettare la volontà di Adamo pur sperando nella sua resipiscenza e preparando i piani per il ritorno.

    La scelta di Adamo fu proprio di radicarsi in terra assorbendo tutto da questa come gli animali nati su di lei, ed ecco che subito dopo appare il nome di un albero, non ricordato prima, il "fico", "t'enah" , delle cui foglie i progenitori si coprirono.
    Erano diventati come un albero della terra, coperti di foglie, ossia interpretarono in tal modo la loro esistenza, non erano più esseri pensati per essere del cielo e "termino - fini dell'Unico l'energia a entrare ", così si possono interpretare le lettere "t'enah" di fico.
    L'uomo aveva fatto un incontro, è il radicale di "incontrare", che l'aveva sradicato, segato dalla origine e trapiantato in terra, destinato, quindi, a morire.


    Poi, fino all'evento del "diluvio", in cui con i suoi 3 figli e le mogli, 8 persone in tutto Noè, nuovo Adamo, diviene il progenitore di una nuova umanità, s'incontrano i seguenti alberi:
    • il cipresso, "gofoer" , il legno che Dio in 6,14 comandò a Noè per fare l'arca;
    • l'ulivo, "zait" , che in 8,11 la colomba portò a Noè che stava nell'arca;
    • la vite, "goefoen" (Genesi 15,13), in quanto, in 9,20, "Noè , coltivatore della terra, cominciò a piantare una vigna", ossia un "karoem" .
    Con quei termini, "coltivatore" e "piantare", è volutamente sottolineata una continuità tra quanto era stato comandato ad Adamo in 2,15 e quanto aveva fatto Dio in 2,8 preparando un giardino. Vediamo com'è scritto quel versetto in ebraico che provo a decriptare in base ai significati grafici suggeriti dalle icone delle lettere:



    Ma si era nascosto il serpente . L'energia aveva racchiuso . Dell'Unico era la luce uscita dall'uomo . La perversità () era nel cuore ; aveva rovinato la vita .

    Questo del decriptato è un commento che tende a spiegare come, nonostante ogni buona intenzione l'uomo metta nelle proprie azioni, accade che compie il male, come del resto scrive San Paolo in Romani 7,21-23: "...io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti, nel mio intimo acconsento alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che combatte contro la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato, che è nelle mie membra."

    Prima e dopo l'evento del "diluvio" si trova, infatti, nel libro del Genesi:
    • Genesi 6,5 - "Il Signore, vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra, e che ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male, sempre."
    • Genesi 8,21 - "Il Signore ne odorò il profumo gradito e disse in cuor suo: Non maledirò più il suolo a causa dell'uomo, perché ogni intento del cuore umano è incline al male fin dall'adolescenza; né colpirò più ogni essere vivente come ho fatto."
    Viene perciò a risultare che il diluvio, invero, fu una pioggia di grazia che non sanciva ancora un cambiamento nell'uomo, ma intendeva far presente l'intenzione di Dio verso l'umanità, il Suo impegno, tradotto in alleanza di Dio verso l'uomo salvato dall'arca, per portarlo a ri-innestare in cielo.

    Ci fu l'arco nel cielo, un "qoeshoet" , la promessa che s'attuerà la Sua alleanza: "verserà la risurrezione alla fine " il cui valore è = 100, = 300, = 400, totale 800, onde viene ad alludere all'8° giorno e alla vita centuplicata, ossia all'eternità, ma si può anche leggere "verserà la risurrezione da uno in Croce ".

    L'ALBERO DELLA CROCE GLORIOSA
    L'uomo fu formato con elementi terreni - la polvere del suolo - ed elementi celesti - acqua e soffio di Dio, quindi, era proteso verso la terra e verso il cielo; doveva scegliere e scelse la terra.
    Il nostro modo di pensare cerca, infatti, di evitare i sogni e pragmaticamente a chi sogna troppo diciamo "stiamo con i piedi per terra".
    Ciò la dice lunga sul nostro radicamento, stante la costatazione che l'uomo, formato di atomi d'elementi della terra di fatto a questa torna, com'è detto in Genesi 3,19 e non intende pensare, non volendo credere ai sogni, che Dio certamente conserva il suo spirito.
    Eppure la fede cristiana, contro ogni logica terrena, annuncia al mondo tramite i suoi fedeli, cioè la sua sposa, la Chiesa, che un uomo, Gesù di Nazaret, condannato a morte senza colpa alcuna, passò per il supplizio orrendo della croce, su cui morì, con ferite di ogni tipo, poi gli aprirono il fianco con un colpo di lancia, quindi, fu sepolto, ma dopo tre giorni risorse dai morti e il suo corpo non subì la corruzione, vale a dire i suoi atomi non sono tornati alla terra, ma con il corpo divenuto glorioso, anima e divinità sono saliti in "Cielo", perché era il Figlio di Dio, il Messia atteso dagli ebrei.
    Il che conferma che le radici pensate da Dio per l'uomo erano il cielo e che il corpo terreno è solo un involucro di quello glorioso celeste che Dio gli ha preparato, una tunica di pelle di cui è cenno in Genesi 3,27.

    Tale fatto del Crocefisso in pratica dice che il Creatore e Signore ha indicato all'umanità chi seguire per entrare nella vita eterna cui l'uomo aspira; infatti, " disse Gesù: Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me." (Giovanni 14,6)

    Quella croce con il "Crocefisso" si può pensare come un albero il cui tronco, la croce stessa, si coprì di foglie, "a'loeh" , infatti, su questa fu innalzato, in ebraico pure , in olocausto "o'lah", ancora , il Crocifisso stesso, da cui venne il frutto, "peri" , "il Verbo con il corpo stava ".

    Quella croce fu così albero di benedizione, il contrario esatto dell'albero della conoscenza del bene e del male che per la disobbedienza portò la maledizione. È albero di redenzione in quanto il cielo, che era stato chiuso all'umanità dalla scelta di Adamo, è riaperto, e questa è la benedizione.
    Del resto Gesù porta la vera e unica conoscenza necessaria, quella di Dio Padre, "Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato." (Giovanni 1,18)

    Certamente, per l'uomo con i piedi piantati per terra l'albero della croce è in odio e ne ha paura, eppure fu il carro di fuoco con cui Dio portò in Cielo Gesù, il Messia, che tornerà nella gloria.
    Certamente proprio l'albero della "Croce Gloriosa" con il suo prezioso frutto di Gesù Cristo morto per l'amore nei riguardi dell'umanità per riportare pace con Dio, rende veri questi versetti del Salmo 85,11-14: "Amore e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno. Verità germoglierà dalla terra e giustizia si affaccerà dal cielo. Certo, il Signore donerà il suo bene e la nostra terra darà il suo frutto; giustizia camminerà davanti a lui: i suoi passi tracceranno il cammino."

    La croce per chi radicato in terra è un'atroce condanna, ma con gli occhi del Cielo, riconoscendo di incontrarvi il frutto della salvezza di Cristo risorto, diviene gloriosa trasformandosi in scala che introduce in un mondo nuovo ed eterno.
    Dio con la croce di Suo Figlio ha inteso piantare un nuovo albero radicato in cielo di cui il frutto si può mangiare in terra.

    La 18a lettera dell'alfabeto ebraico, la "tsade" = , graficamente si presenta come una valle con una via che sale o che scende e significa un salire - alzarsi - su o scendere - giù, ma ecco che guardando dalla terra, la parola "e'ts" , in ebraico "albero - legno", viene spontaneo leggere: "vedo alzarsi ".

    Dice il profeta Isaia 55,7-8: "L'empio abbandoni la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona. Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore."

    Il Signore chiede la conversione, il tornare indietro da pensieri fatti, da vie viziate ed errate, la Sua parola va presa in modo diverso da quelle del mondo ed allora ecco che va pensata la croce quale albero che viene dal cielo.

    A questo punto proviamo a leggere quel bi-letterale di "albero" da Lui pronunciato in modo diverso "vedo scendere ", del resto "Cielo" è il luogo spirituale che sovrasta il mondo terreno fatto di cielo e terra ove dalla tradizione è collocato il trono del Creatore da cui tutto proviene.

    Si trova nel libro dell'Apocalisse 21,1-2: "E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c'era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo."
    Questo versetto porta all'immagine del meraviglioso mosaico absidale della Chiesa di San Clemente a Roma.



    La mano di Dio fora il firmamento e reca la corona sul legno su cui s'è immolato e offerto come frutto Suo Figlio Unigenito, incarnatosi in Gesù di Nazaret. Ivi, la Croce Gloriosa pare come sospesa tra cielo e terra e con lei scende sulla terra la Chiesa, la sposa, e la colombe, gli apostoli che portano lo Spirito Santo.
    Gesù, come riferisce il Vangelo di Giovanni, ebbe a dire, quanto in appresso:
    • Giovanni 3,31 - "Chi viene dall'alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti."
    • Giovanni 6,53-57 - "Gesù disse loro: In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno."
    • Giovanni 8,23 - "E diceva loro: Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo."
    ADAMO DÀ IL FRUTTO
    Per la fine dei tempi nel Nuovo Testamento il libro dell'Apocalisse riporta:
    Apocalisse 6,12 - "E vidi, quando l'Agnello aprì il sesto sigillo, e vi fu un violento terremoto. Il sole divenne nero come un sacco di crine, la luna diventò tutta simile a sangue, le stelle del cielo si abbatterono sopra la terra, come un albero di fichi, sbattuto dalla bufera, lascia cadere i frutti non ancora maturi."

    Il fico "t'enah" ha abortito!
    Finirà l'Unico l'angelo (ribelle) nel mondo.
    . Nascono i figli di Dio!

    Il verbo "essere simili, essere somiglianti" in ebraico ha il radicale in cui spiccano le due lettere "dam" che significano "sangue" (ove = ), per cui in quella lingua all'essere somigliante è associato il concetto di avere il medesimo sangue.

    Passiamo ora al termine uomo, in ebraico "'adam" .
    Questi termine si può spezzare in + in cui spiccano le lettere di "sangue" "dam" ed è formato dalle seguenti lettere dell'alfabeto ebraico:
    • "'alef" - 1a lettera che allude all'Unico, valore numerico 1;
    • "dalet" - 4a lettera, che è una mano, un aiuto, valore numerico 4;
    • = "mem" - 13a lettera, valore numerico 40, lettera della vita e dei viventi. È, infatti, da ricordare che nel 6° giorno della creazione "Dio disse: Facciamo l'uomo... secondo la nostra somiglianza..." (Genesi 1,26).
    Quanto ho riportato in grassetto... "secondo la nostra somiglianza "... è "kidemutenu" in cui la prima lettera, la "kaf" , sta per un "come", poi c'è la parola "demut" , quindi il pronome "nu" "per noi" e la parola "demut" vuol dire "somiglianza, copia, ritratto, modello" e deriva da , radicale di "essere somiglianti", ossia dello stesso "sangue reca il segno - indicazione ".

    Ma c'è di più, quella parola "demut" grazie alla simbologia insita nella grafica delle lettere implica una serie di significati riferibili al Cristo:
    • "per aiutare i viventi si porterà in croce ";
    • "il sangue recherà dalla croce ";
    • "aiuterà col morire ";
    • "impedirà la morte ".
    Ciò tra l'altro, porta a una lettura della parola "kidemutenu" in modo radicale con i segni ove, tenendo conto che la lettera "kaf" significa palmo della mano essendo - bianca, senza peli, una coppa, liscia all'interno, pulita e polita - sta a indicare un essere retto e la rettitudine, per cui ne risultano questi pensieri:
    • "un retto per aiutare i viventi portato in croce l'energia recherà ";
    • "la rettitudine col sangue recherà dalla croce ; l'energia recherà ".
    L'energia che reca è la vita angelica, la natura divina!
    Ecco, che la lettura delle lettere della parola "uomo", "'adam" implica da una parte il rosso del sangue assieme all'essere somigliante a un modello che il Creatore aveva in mente.
    Dio col plurale "Facciamo", da molti ritenuto come un "plurale maiestatis", che il cristianesimo prende in modo radicale, propone la profezia dell'incarnazione. Quel dire, insomma, prospetta l'intenzione da parte della SS. Trinità - Padre, Figlio e Spirito Santo - di prendere la natura umana, per cui poi la persona del Figlio venne realmente nel sangue dell'uomo Gesù di Nazaret.

    Solo dopo l'incarnazione, del resto, si può leggere "'Adam" , Adamo, come colui che ha "dell'Unico il sangue ", quindi, "all'Unico simile ()".

    Nella lettera 1Giovanni 3,1-3 si trova questo pensiero: "Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente ! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto Lui. Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo perché quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è".

    Se ne evince che l'autore ispirato di questo scritto vede "essere simili" a Dio come un futuro sperato, pur se concreto, un fatto in fieri, che si completerà e sarà sigillato quando "egli si sarà manifestato" a tutti, vale a dire nell'ultimo giorno in cui Cristo, nostro Signore, verrà nella gloria e risorgerà vivi e morti.
    Ora, il tempo futuro di un verbo in ebraico in genere si ottiene con una lettera "alef" davanti al radicale per cui quel pensiero della lettera 1Giovanni suggerisce una lettura delle lettere di Adamo come + (), quindi, un "sarà simile" che si attuerà grazie al dono della manifestazione della natura divina donata dal Figlio che si è fatto uomo, "'adam" con la seconda risurrezione che per gli eletti seguirà la "...prima risurrezione. Beati e santi quelli che prendono parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo." (Apocalisse 20,5-6)

    Seguendo tali pensieri il nome Adamo si presta a essere letto con le lettere tutte separate + + come "l'Unico + 4 + viventi".
    Penso che questa lettura di Adamo sia alla base della visione dei 4 esseri viventi attorno alla figura del Figlio di uomo sul carro di fuoco, la "merkabah" di Ezechiele 1, ripresa dal libro dal Nuovo Testamento in Apocalisse 4.

    "Quanto alle loro fattezze , avevano facce d'uomo; poi tutti e quattro facce di leone a destra, tutti e quattro facce di toro a sinistra e tutti e quattro facce d'aquila. Le loro ali erano spiegate verso l'alto; ciascuno aveva due ali che si toccavano e due che coprivano il corpo." (Ezechiele 1,10s)

    In primo luogo, si coglie il riferimento di quei versetti di Ezechiele a quello del libro della Genesi 1 che si riferisce alla somiglianza di Dio con l'uomo, infatti, "demut" è la parola che in ebraico definisce quanto là nel brano di cui sopra è stato tradotto col termine "fattezze" nel descrivere i personaggi che si scorgevano attorno a chi aveva il posto d'onore, uno ancora con "sembianze" "demut" (Ezechiele 1,26) umane.

    Le quattro facce, che poi la tradizione cristiana considera profezia dei 4 evangelisti, sono di:
    • uomo "'adam" (Matteo, che inizia con la genealogia terrena di Gesù);
    • leone "'arieh" a destra (Marco inizia col Battista che ruggisce come un leone);
    • toro "shior" a sinistra (Luca, inizia con Zaccaria che offre sacrifici nel Tempio);
    • aquila "noeshoer" (Giovanni, che vola alto).
    Quei personaggi tetramorfi, di fatto, alludono a cambiamenti che portano la figura centrale per arrivare dall'uomo primitivo delle origini all'uomo pensato da Dio, quello, infatti, diverrà un "leone" "'arieh" perché "l'Unico nel corpo sarà a entrare " lo farà diventare "toro" "shior" in quanto "la risurrezione recherà al corpo " e sarà "aquila" "noeshoer" "un angelo sorgerà con il corpo ", quindi, sarà l'UOMO figlio di Dio.
    Adamo, nel disegno divino è un essere indivisibile con il Signore, il Dio Unico , in un'alleanza eterna, la "berit" , per cui il Figlio di Dio per tale alleanza conclusa per amore verso la pupilla della Sua creazione, l'uomo, "dentro il corpo fu in croce ".

    Nella visione finale in tale essere, il "Cristo e la Sposa" della rivelazione o Apocalisse, l'umanità redenta vi sono 4 vite unite indissolubilmente, una terrena e una celeste, una morte e una risurrezione per l'uomo e per Lui in quello incarnatosi; muore l'uomo Adamo, muore in croce Gesù Cristo, risorge Gesù Cristo e risorge a nuova vita l'uomo; in definitiva si presenta come un'Unità con 4 vite rappresentate dal sangue "dam" , che infatti allude alle 4 = vite , che li unisce e sancisce la somiglianza che pervade i due alleati contraenti.

    A questo punto possiamo introdurre la visione dell'Apocalisse in 7,2-4; 9-14 detta dei 144.000 e proviamo a vedere se non si potesse trovare una spiegazione a quel numero: ne riporto il testo C. E. I. 2008: "E vidi salire dall'oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente . E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio. E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: 144.000 segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d'Israele... Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all'Agnello. E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli . Amen. Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono? Gli risposi: Signore mio, tu lo sai. E lui: Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell'Agnello. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro."

    Certamente questa spiegazione deve alludere all'ebraico, perché poi quel numero è riferito a un 12.000 per ciascuna delle 12 tribù d'Israele. La spiegazione dei 144.000 è semplice come l'uovo di Colombo:


    In analogia a Isacco che "...fece una semina in quel paese e raccolse quell'anno il centuplo. Il Signore infatti lo aveva benedetto." (Genesi 26,12)

    Del resto "Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami. Un'altra parabola disse loro: Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti." (Matteo 13,31-33)

    Adamo è passato attraverso la grande tribolazione, in ebraico "tsar" , un qualcosa che "scende sul corpo", come se fosse stato anche lui in Egitto; gli egiziani e l'Egitto, infatti, dagli ebrei sono chiamati "mitsraim" in cui spiccano le due lettere di tribolazione e alludono "alla vita tribolata che furono a vivervi " e anche Adamo come gli ebrei in occasione dell'esodo è stato liberato dalla schiavitù della morte e del peccato nella notte di Pasqua del Cristo.

    Adamo è divenuto Santo come Lui, il Signore, è Santo; si è avverata la profezia del Levitico: "...siate santi, perché io sono santo..." (Levitico 11,44; 19,1; 20,7)

    Il libro dell'Apocalisse che riprende quella visione di Ezechiele oltre che parlare per ben 13 volte di quei "quattro esseri viventi" (4,6.8-9; 5,6.8.11.14; 6,1.6; 7,11; 14,3: 15,7 e 19,4), assieme a questi, per 6 volte cita "ventiquattro anziani" (4,4 per 2 volte; 4,10; 5,8; 11,16; 19,4) e 7 volte li chiamati solo "anziani", sempre assieme a primi.

    Ora, gli anziani che conosciamo dai racconti della "Torah" sono però i settanta citati in Esodo 24,1.9 e Numeri 11,25.
    L'interpretazione allora che propone la tradizione cristiana è che per quegli anziani si possano intravedere i rappresentanti delle 12 tribù dell'antico Israele e i 12 apostoli del nuovo Israele.

    Come, abbiamo visto, in grazia della somiglianza con Dio, la "demut" l'idea dei 4 viventi può essere nata dalle lettere di sangue che si trovano in Adamo, così ritengo che quei 24 alludano proprio a quella parola come si trova scritta in Genesi 1,26 "kidemutenu" e precisamente alle prime tre lettere, infatti = 20 e = 4 per cui essendo = vita, pare alludere a 24 viventi.

    Ad esempio si trova in Apocalisse 4,4 "Attorno al trono c'erano ventiquattro seggi e sui seggi stavano seduti ventiquattro anziani avvolti in candide vesti con corone d'oro sul capo" e corone, in ebraico è "keter" , parola che inizia proprio con la lettera "kaf" che è una coppa e allude alla rettitudine dono aureo del Messia agli uomini.

    Quei 24 anziani starebbero così a indicare la rettitudine entrata nel sangue ossia l'inizio della parola "kidemutenu" .

    Poi prosegue quel brano prosegue in 4,6-11: "Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo. In mezzo al trono e attorno al trono vi erano quattro esseri viventi, pieni d'occhi davanti e dietro. Il primo vivente era simile a un leone; il secondo vivente era simile a un vitello; il terzo vivente aveva l'aspetto come di uomo; il quarto vivente era simile a un'aquila che vola. I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi; giorno e notte non cessano di ripetere: Santo, santo, santo il Signore Dio, l'Onnipotente, Colui che era, che è e che viene! E ogni volta che questi esseri viventi rendono gloria, onore e grazie a Colui che è seduto sul trono e che vive nei secoli dei secoli, i ventiquattro anziani si prostrano davanti a Colui che siede sul trono e adorano Colui che vive nei secoli dei secoli e gettano le loro corone davanti al trono, trono, dicendo: Tu sei degno, o Signore e Dio nostro, di ricevere la gloria, l'onore e la potenza, perché tu hai creato tutte le cose, per la tua volontà esistevano e furono create."

    NON COMMETTERE ADULTERIO
    È adulterio il rapporto sentimentale - sessuale consenziente fra una persona sposata e altra che non sia il coniuge.
    Il termine "adulterio" deriva dal latino, "ire ad alterum", "andare da un altro", e con tale concetto si allude al rompere un patto, mancare alla fede data, ossia un "corrompere", un adulterare.

    Nell'Antico Testamento, in cui traspare un inveterato atavico maschilismo, era proibito a un uomo avere relazioni sessuali con una donna sposata o fidanzata che non fosse la propria moglie, mentre l'incontro di uno sposato o fidanzato con una donna non sposata consenziente non era classificato adulterio. Nell'ebraismo, infatti, circa l'adulterio è c'è una differenza fra uomini e donne.
    La donna, sposata, infatti, risulta proibita a tutti eccetto che a suo marito, quindi, uomo sposato non è punito con la stessa gravità se ha relazioni con una donna nubile, anche se tale fatto è comunque non lecito.
    La maggiore libertà dell'uomo è messa in relazione con l'antica concessione alla poligamia, formalmente proibita nell'ebraismo solo tra X e XI secolo, solo dopo che fu stigmatizzata dal commentatore biblico Rabbenu Ghereshom Meor ha-Golah.

    Il libro del Deuteronomio, infatti, oltre ai vari casi di parentela, tale grave trasgressione incombe su un marito che ha rapporti fuori dal matrimonio solo se si avventura con una donna fidanzata o una sposata: "Quando un uomo verrà trovato a giacere con una donna maritata, tutti e due dovranno morire: l'uomo che è giaciuto con la donna e la donna. Così estirperai il male da Israele. Quando una fanciulla vergine è fidanzata e un uomo, trovandola in città, giace con lei, condurrete tutti e due alla porta di quella città e li lapiderete a morte: la fanciulla, perché, essendo in città, non ha gridato, e l'uomo perché ha disonorato la donna del suo prossimo. Così estirperai il male in mezzo a te." (Deuteronomio 22,22-24)

    La donna trovata sola in campagna, in assenza, quindi, di possibili soccorsi, era una preda, difesa solo dalla Legge, infatti, questa prescrive: "...se l'uomo trova per i campi la fanciulla fidanzata e facendole violenza giace con lei, allora dovrà morire soltanto l'uomo che è giaciuto con lei, ma non farai nulla alla fanciulla. Nella fanciulla non c'è colpa degna di morte: come quando un uomo assale il suo prossimo e l'uccide, così è in questo caso, perché egli l'ha incontrata per i campi. La giovane fidanzata ha potuto gridare, ma non c'era nessuno per venirle in aiuto." (Deuteronomio 22,25-27)

    Ecco che, note le debolezze umane, nella "Halakhah" o legge tradizionale ebraica riportata nel Talmud proibisce ad un uomo di appartarsi con donne esterne alla sua famiglia (Qiddushin 80b-81b), è stata sentita la necessita della proibizione detta dello "issur yichud" o "isolamento", per cui, ad evitare sospetti e gelosie che potrebbero insorgere, è inopportuno e inammissibile che un uomo e una donna non sposati tra loro s'appartino in luogo separato.

    Jose Maria Escrivà, fondatore dell'Opus Dei del resto ebbe a dire, "C'è un proverbio molto eloquente: tra santa e santo, un muro di cemento. Dobbiamo custodire il cuore e i sensi, stando sempre alla larga dall'occasione. È necessario evitare la passione, per quanto santa ci sembri!"

    In ebraico il radicale che riguarda il verbo "commettere adulterio" è lo stesso di "essere infedele" e si trova usato circa 30 volte nei testi in ebraico dell'Antico Testamento, di cui 6 volte nei libri della Torah, precisamente:
    • due volte nelle "Tavole delle dieci parole" o "Comandamenti" in Esodo 20,14 e in Deuteronomio 5,18 ove è scritto "Non commetterai adulterio", in ebraico "l'o tinaf" ;
    • quattro volte, di cui due come participio maschile "adultero" "no'ef" e femminile "adultera" "no'afoet" in Levitico 20,10 ove dice, "Se uno commette adulterio () con la moglie del suo prossimo, l'adultero e l'adultera dovranno esser messi a morte".
    Provo a interpretare le lettere del radicale nel seguente modo:
    • con energia iniziare a soffiare ;
    • con una bella () soffiare - parlare ;
    • emettere in eccitazione - ira .
    Mentre nell'ebraismo quel comandamento è posto come 7°, nel Catechismo di San Pio X è riportato al 6° posto e recita "Non commettere atti impuri", pertanto, nell'ambito della Chiesa Cattolica, l'oggetto di tale comandamento è stato ampliato rispetto alla dizione dell'Antico Testamento in forza anche ad altri cenni nell'Antico Testamento, ai successivi insegnamenti dei Vangeli e degli altri scritti del Nuovo Testamento nonché, infine, dalla tradizione patristica, in quanto il fedele è chiamato a superare il mero aspetto istintuale e preservare l'atto sessuale per rinsaldare il vincolo matrimoniale, della alleanza a tre, tra gli sposi e il Signore, unico ambito ove quella sfera assume la suo lecita esplicitazione.

    Torniamo alle due famose Tavole dell'Alleanza.
    Secondo la tradizione ebraica sulla prima tavola, che chiamo A, vi erano i comandamenti riguardanti Dio e nella cui esposizione si trova la parola Dio, mentre sulla seconda tavola, la B, si trovavano i comandamenti riguardanti ciò che non si deve fare al prossimo.
    La sintesi di A+B è "ama Dio e il prossimo".

    Prima Tavola A
    1. A - "Io sono il Signore, tuo Dio..."
    2. A - "Non ti farai idolo... non ti prostrerai davanti a loro..."
    3. A - "Non pronunzierai invano il nome del Signore, tuo Dio..."
    4. A - "Ricordati del giorno di sabato per santificarlo..."
    5. A - "Onora tuo padre e tua madre, come il Signore Dio ti ha comandato..."
    Seconda Tavola B
    1. B - "Non uccidere."
    2. B - "Non commettere adulterio."
    3. B - "Non rubare."
    4. B - "Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo."
    5. B - "Non desiderare la casa del tuo prossimo. Non desiderare la moglie..."
    Con tale ripartizione l'ebraismo fa notare una stretta corrispondenza e analogia tra i comandamenti della tavola A e quelli della B.
    1. "Io sono il Signore Dio Tuo" è così posto in parallelo a "Non uccidere", perché chi veramente crede che Dio è creatore della vita non può ergersi a padrone della vita altrui.
    2. "Non ti farai idolo... non ti prostrerai davanti a loro..." è nei riguardi del prossimo nella posizione di "Non commettere adulterio", in quanto, l'infedeltà a Dio è, a tutti gli effetti, un adulterio.
    3. Al "Non pronunzierai invano il nome del Signore, tuo Dio..." si fa corrispondere il "Non rubare", in quanto, chi ruba, se incolpato, giurerà il falso in nome di Dio!
    4. Al "Ricordati del giorno di sabato per santificarlo..." in parallelo c'è "Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo", in quanto la mancanza di santificazione del Sabato testimonia la mancanza di fede al prossimo e gli può essere di scandalo.
    5. Lo "Onora tuo padre e tua madre" porta a meditare su "Non desiderare la casa del tuo prossimo . Non desiderare la moglie...", in quanto, i genitori che ciascuno ha sono stati scelti da Dio per cui desiderare un'altra storia è disonorare sia Dio, sia i genitori.
    PROGENIE DI ADULTERI
    Il matrimonio ebraico fin dalla prima fase, quella del fidanzamento, implica una promessa, quindi, è un patto di alleanza e l'adulterio è un'infedeltà ossia una lacerazione di quel patto fatto con l'altra persona davanti a Dio, come lo è la rottura dell'alleanza con Dio stesso.
    L'infrazione matrimoniale, purtroppo comune anche a quei tempi, dai profeti d'Israele, quindi, fu presa come paragone per chiarire la gravità dell'infedeltà verso Dio - si pensi che gli adulteri erano passibili di lapidazione - considerato che Israele era la sposa del Signore legata a Lui dal documento scritto della Legge, che rappresentava la "Ketubah" matrimoniale che lo sposo consegna alla sposa in ogni matrimonio ebraico.

    II profeta Geremia in 3,6-9 accusa Israele e Giuda di adulterio verso Dio e di prostituzione con gli idoli: "Il Signore mi disse al tempo del re Giosia: Hai visto ciò che ha fatto Israele, la ribelle? Si è recata su ogni luogo elevato e sotto ogni albero verde per prostituirsi... e la sua perfida sorella... sorella Giuda non ha avuto alcun timore. Anzi, anche lei è andata a prostituirsi, e con il clamore delle sue prostituzioni ha contaminato la terra; ha commesso adulterio davanti alla pietra e al legno."

    Nel libro del profeta Ezechiele il capitolo 16 è tutto dedicato al paragone che fa Dio di Israele con una donna divenuta sua sposa, ma che è poi divenuta adultera e s'è prostituita:
    • Ezechiele 16,8 - "Passai vicino a te e ti vidi. Ecco: la tua età era l'età dell'amore. Io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità. Ti feci un giuramento e strinsi alleanza con te - oracolo del Signore Dio - e divenisti mia..."
    • Ezechiele 16,15 - Tu però, infatuata per la tua bellezza e approfittando della tua fama, ti sei prostituita...
    • Ezechiele 16,31-32 - "Quando ti costruivi un giaciglio a ogni crocevia e ti facevi un'altura in ogni piazza, tu non eri come una prostituta in cerca di guadagno, ma come un'adultera che, invece del marito, accoglie gli stranieri!"
    Nel libro del profeta Isaia in 57,3-5 è inveito conto gli idolatri come degli adulteri: "Ora, venite qui, voi, figli della maliarda, progenie di un adultero e di una prostituta. Di chi vi prendete gioco? Contro chi allargate la bocca e tirate fuori la lingua? Non siete voi forse figli del peccato, prole bastarda? Voi, che spasimate fra i terebinti, sotto ogni albero verde, che sacrificate bambini nelle valli, tra i crepacci delle rocce."

    La Bibbia inizia presentando in Genesi 1,22-23 a chiusura della pagina della "creazione" un solo uomo e una sola donna legati tra loro dallo stretto vincolo di un matrimonio monogamico voluto e avvenuto alla presenza dello stesso Creatore, che fa parte del patto stesso, un patto a tre.

    Tutta l'umanità, per , secondo la Bibbia, è nata dopo che tale alleanza era stata rotta per cui dice il Salmo 51,7 "Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre", insomma risulta che gli uomini sono figli di adulteri rispetto a Dio essendo nati dopo la cacciata dal paradiso terrestre, quando il Suo Santo Spirito, stante il peccato, non era più in loro.

    Mentre la prima coppia formata direttamente da Dio in termini umani si poteva definire "figlia di Dio" i figli che poi nascono da quei progenitori sono ormai frutto della sola coppia in quanto dotata come gli animali di capacità di riproduzione, ma in senso stretto sono soltanto creature di Dio essendo i progenitori usciti dal patto con Lui.

    Il patto di alleanza della coppia con Dio era "non mangerai dell'albero della conoscenza..." e sappiamo che in ebraico con il "conoscere" si definisce il rapporto intimo della coppia, tanto che in Genesi 4 si ha:
    • Genesi 4,1 - "Adamo conobbe Eva sua moglie, che concepì e partorì Caino";
    • Genesi 4,17 - "Ora Caino conobbe sua moglie, che concepì e partorì Enoc";
    • Genesi 4,25 - "Adamo di nuovo conobbe sua moglie, che partorì un figlio e lo chiamò Set".
    In sintesi, quindi, l'alleanza consisteva nell'essere tra loro fedeli ed essere fedeli con Dio, ma la coppia invece andò dietro ad un altro, "ire ad alterum", "andare da un altro", ossia fu infedele, quindi, di fatto fu adultera.

    Si legge in Genesi 2,22-23: "Il Signore Dio formò una donna e la condusse all'uomo." e quel dire che Dio "la condusse all'uomo " suggerisce un momento festoso dedicato a sancire un qualcosa di importante e denso di significato alla presenza di Dio che fu un partecipante al patto e non solo testimone.
    A questo punto "...l'uomo disse: Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall'uomo è stata tolta." (Genesi 2,23) e appare un nome ancora mai usato in quel testo, "'ish" , che in ebraico vuol dire "uomo" e che si può intendere come "uno che esiste ", "uno che è alla luce ".

    Dopo quel matrimonio perfetto, ecco appare che Adamo, la coppia dei progenitori, si da un nome nuovo rispetto a maschio e femmina di prima, nome che in ebraico si traduce sia "uomo", come ho evidenziato in grassetto, ma significa anche "marito".
    I due uniti tra loro ruppero quel patto con Lui per cui "'ish" e "'isha" , marito e moglie nel senso pieno inteso da Dio la coppia Adamo, mancò di esserlo e restarono solo il maschio e la femmina, una coppia umana, due "compagi", non due sposi.
    Furono marito e moglie fino alla prima prova, poi furono un maschio e una femmina, lontani dal Signore e in discussione tra loro come s'intravede nell'incolparsi dell'errore di cui è cenno in Genesi 3,12.
    Non è esplicitata quale fosse l'attesa da parte di Dio da quel matrimonio, perché il progetto fu interrotto come informa Genesi 3 ove i due progenitori, appunto, ruppero il patto e mangiarono del famoso albero della conoscenza del bene e del male trasgredendo alla condizione dell'alleanza.

    C'è però il commento al versetto 24 in cui è detto "Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un'unica carne" che in ebraico è:



    Questo commento fa un salto proiettando la visione nel futuro.
    Questo commento se si va a vedere non parla certamente di Adamo, ma di un futuro uomo, sia perché lo chiama "marito" o "sposo", "'Ish" e Adamo sappiamo non lo fu, sia perché si dice di uno che deve lasciare la casa del padre e Adamo invece doveva restare con suo Padre, Dio, e non lasciare il posto nel paradiso terrestre dove abitava.
    Chi è allora questo "sposo" "'Ish" ?

    La donna che è l'uscita dal costato di Adamo, nel cristianesimo è riconosciuta essere una profezia della Chiesa, la Donna "'ishet" che sgorgò dal costato di Cristo, il vero e unico "Sposo", "'Ish" , in quanto "l'Unigenito fu risorto " e Lei, la "'ishet" fu "dall'Unigenito alla luce dalla croce ."

    Il Catechismo della Chiesa Cattolica coglie questo rapporto in modo stretto, nell'articolo seguente:

    1616 - È ciò che l'Apostolo Paolo lascia intendere quando dice: "Voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa", e aggiunge subito: "Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola". Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! (Efesini 5,25-32).

    Provo allora a considerare quell'uomo "'Ish" proprio come chi ha provocato l'uscita di quella donna da Adamo, che da questi fu poi chiamata Eva, cioè il Verbo autore della creazione, "l'Unigenito da cui fu la Luce ".

    In forza di tale pensiero provo a leggere le lettere ebraiche di quel versetto Genesi 2,24 con i criteri del mio metodo di decriptazione.
    Operando in tal modo si ottiene il seguente discorso esplicito che è proprio una profezia di incarnazione:

    "In azione in cammino per l'angelo (ribelle) spazzare () colpendolo in casa l'Unigenito , da cui fu la luce , verrà (). Dal Padre , sarà a recarsi e verrà () primogenito di madre a portarsi e s'insinuerà () nel grembo () di una donna (). Al termine si porterà e nel mondo sarà a recare potenza alla carne ; i fratelli aiuterà ."

    Pare proprio potersi ritenere che scopo delle prime pagine della creazione sia il presentare un matrimonio santo, monogamico, di una coppia uomo-donna, marito-moglie, un legame di amore e collaborazione per un medesimo fine, la volontà di Dio, e non solo l'unione di maschio e di una femmina ove si esalta la sfera sessuale, da destinare invece a fini elevati: procreazione e aiuto all'unità.
    Pur se tanti, come si legge nella stessa Torah, anche tra i patriarchi, furono i casi di non rispetto di questo indirizzo voluto da Dio, la monogamia fu compresa a pieno da personaggi biblici importanti: Noè, Isacco, Giuseppe e Mosè.

    Nella stessa Torah, però, oltre la poligamia si trova anche la possibilità di divorzio in questi termini: "Quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che ella non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio ("keritut" ) e glielo consegni in mano e la mandi via dalla casa." (Deuteronomio 24,1)

    Precisamente quanto in grassetto è "scriva per lei un libretto di tagliamento - di rottura" ove è usato lo stesso verbo che si usa per dire di fare alleanza, con l'aggiunta di una per dire finito.
    Un tale documento in ebraico si dice "ghet" .

    Si presume che l'uso sia nato per dare libertà agli schiavi nel giubileo e la tradizione propone che Abramo l'abbia dato alla schiava Agar che successivamente fu trasferito anche alle mogli specialmente per cercare di sanare situazioni non volute di Israeliti unitisi con donne dei gentili, quindi, contro la prescrizione dello stesso Deuteronomio "Non costituirai legami di parentela con loro, (popoli stranieri) non darai le tue figlie ai loro figli e non prenderai le loro figlie per i tuoi figli, perché allontanerebbero la tua discendenza dal seguire me, per farli servire a dei stranieri, e l'ira del Signore si accenderebbe contro di voi e ben presto vi distruggerebbe." (Deuteronomio 7,3), problematica che si rinnovò ai tempi di Esdra e Neemia al ritorno dall'esilio babilonese.
    Certamente ci furono abusi e discussioni al riguardo sul venire o meno da Dio di questa norma evidentemente c'erano.
    I matrimoni ebraici, pur se non potevano avere la valenza di quel primo matrimonio voluto da Dio con la coppia Adamo, di fatto sono contratti alla presenza Dio che viene invocato con solennità e la rottura del patto matrimoniale con il divorzio coinvolge Dio e lo accusa di non essere stato previdente e di essere venuto inutilmente a fare da testimonio.

    Ecco che un richiamo a un pensiero puro al riguardo si trova già nel profeta Malachia, (2,14-16) quando dice: "...il Signore è testimone fra te e la donna della tua giovinezza, che hai tradito, mentre era la tua compagna, la donna legata a te da un patto. Non fece egli un essere solo dotato di carne e soffio vitale? Che cosa cerca quest'unico essere, se non prole da parte di Dio? Custodite dunque il vostro soffio vitale e nessuno tradisca la donna della sua giovinezza. Perché io detesto il ripudio, dice il Signore, Dio d'Israele, e chi copre d'iniquità la propria veste, dice il Signore degli eserciti... non siate infedeli."

    Gesù su tale questione ebbe a dire ai farisei: "Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all'inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un'altra, commette adulterio". (Matteo 19,8-9)

    Su quella durezza di cui parla Gesù riporto un favoletta che circola tra gli ebrei. "Mosè scende dal Sinai con due grandi e pesanti tavole della legge e dice al popolo: Dio mi ha incaricato di darvi questi Comandamenti. Il popolo ne contesta il numero e il peso. Mosè accetta di risalire sul monte per trattare con Dio. Dopo quaranta giorni riscende dal monte e parla al popolo. Sono riuscito ad ottenere una riduzione dei Comandamenti, dieci soltanto, ma quanto all'adulterio - scuotendo il capo - disse: non c'è stato nulla da fare."

    Quelli che uscirono dall'Egitto non erano solo Israeliti, ma molti erano di altra provenienza, ma "una grande massa di gente promiscua partì con loro" (Esodo 12,37), gente raccogliticcia, dice in Numeri 11,4.

    Quel raccontino allora si connette proprio a quel fatto, in quanto coloro che uscivano dall'Egitto provenivano da una cultura in cui l'etica familiare era assai diversa, potevano avere più mogli, tanto che nel Talmud, Yomà 75°, si trova che il popolo ricordando i cibi che mangiava in Egitto - e il cibo può essere una metafora sessuale - "Piangeva per le questioni inerenti alle sue famiglie" e si può interpretare in tal senso quanto dice in Numeri 11,10 col "piangeva per le sue famiglie".

    TORNIAMO AL FICO
    Abbiamo visto che appena ci fu la rottura del primo patto matrimoniale tra Dio e la coppia dei progenitori questi si coprirono di foglie di fico, "t'anah" .
    Tra queste lettere, come abbiamo notato, si trovano le lettere del radicale del verbo "incontrare", per cui abbiamo detto quelle foglie di fico di cui si cinsero i progenitori indicarono che avevano fatto un incontro.
    Si erano appartati, da soli, con qualcuno mentre erano fidanzati col Signore!

    Era accaduto che "avevano scelto per primo l'angelo del mondo ".
    Quelle foglie di fico "t'enah" , di fatto, costituivano la prova:
    • "il segno per l'Unico che all'angelo (ribelle) avevano aperto ";
    • "il segno che dell'Unico l'energia usciva ";
    • "il segno di unirsi con l'angelo (ribelle) nel mondo ";
    • "il segno che iniziavano i lamenti ".
    In "Lo sposo dell'Alleanza - il Messia" tra l'altro ho parlato di come in Genesi 3 con il fatto delle foglie di fico s'intraveda la causa della rottura del fidanzamento tra la prima coppia e il Signore per il fatto che questa contrattò col serpente.

    Si trova scritto, infatti, in Genesi 3,7: "Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture."
    È sorprendente tale commento e certamente quel "intrecciarono foglie di fico" allude anche ad altro che è da cercare di comprendere, comunque fu un segno che qualche cosa di strano era accaduto.

    Vediamo il testo in ebraico quanto suggerisce con la lettura delle lettere relative.



    Procedo alla decriptazione integrale e riporto il risultato giustificato.
    "Portò a finire il Verbo di riversare la grazia . Entrò la rovina ; l'angelo (ribelle) fu in entrambi . Entrando la vita portò a essere impedita dal peccare (). La rettitudine spazzò via (); fu un verme () nei viventi . Entrato , la vita portò a essere al termine . Il soffio nei corpi recato dall'alto , uscì . Finì dell'Unico l'energia a entrare e furono nell'agire simili () al serpente . Entrò nella midolla da straniero - ospite completo ."

    È una descrizione efficace degli effetti del peccato nella vita della coppia e della futura umanità.

    Quel "intrecciarono foglie di fico" in questa descrizione degli effetti dell'aver rotto l'alleanza in pratica corrisponde alla parte di costatazione che ho evidenziato in rosso che riporto tutta di seguito.

    "Portò a finire il Verbo di riversare la grazia.
    Entrò la rovina; l'angelo (ribelle) fu in entrambi.
    Entrando la vita portò a essere impedita dal peccare.
    La rettitudine spazzò via; fu un verme nei viventi.
    Entrato, la vita portò a essere al termine.
    Il soffio nei corpi recato dall'alto, uscì.
    Finì dell'Unico l'energia a entrare
    e furono nell'agire simili al serpente.

    Da quel momento gli uomini furono come alberi di fico che portavano solo foglie "a'loeh" e ciò per il fatto che "in azione il serpente entrò" e non facevano più frutti e "Entrato, la vita portò a essere al termine" ossia entrò nel mondo la morte. che, appunto è "vita portata a terminare".

    In ebraico il verbo morire è retto dal radicale da cui "mavoet" "morte" che, appunto, è "vita portata a terminare ", ma grazie alla morte e risurrezione di Cristo questi ha portato all'uomo la Sua Vita immortale e le lettere di "morte" cambiano radicalmente senso e riguardano "la Vita portata dal Crocefisso ", cioè vita eterna.

    Nei tre Vangeli sinottici - Matteo, Marco e Luca - pur se narrato in modo diverso, si trova l'episodio detto "del fico sterile".

    Il Vangelo di Matteo propone succintamente il fatto come avvenuto la mattina dopo l'ingresso trionfale sul dorso di un asino di Gesù di Nazaret a Gerusalemme quando i suoi discepoli l'avevano accolto come Messia, quindi, scacciati i mercanti dal tempio, trascorse la notte a Betania.

    Matteo 21,18-20 - "La mattina dopo, mentre rientrava in città, ebbe fame. Vedendo un albero di fichi lungo la strada, gli si avvicinò, ma non vi trovò altro che foglie, e gli disse: Mai più in eterno nasca un frutto da te! E subito il fico seccò. Vedendo ciò, i discepoli rimasero stupiti e dissero: Come mai l'albero di fichi è seccato in un istante?"

    È stato notato come sia strano che uscito dal suo ritiro a Betania, a meno di 3 Km da Gerusalemme (Giovanni 11,18), fatta poca strada, avesse già fame e non si fosse premunito mangiando prima di partire, ma evidentemente come abbiamo compreso il racconto tende a ben altro; i discepoli rimasero stupiti.

    Il Vangelo di Marco presenta l'episodio in due tempi.
    Tra il dire di Gesù e il seccare del fico inserisce l'episodio della cacciata dei mercanti dal Tempio e una intera nottata.
    Aggiunge poi che Gesù doveva sapere bene come tutti gli altri che comunque non avrebbe trovato frutti, perché, annota l'evangelista Marco, non era la stagione adatta, il che sottolinea che il significato dell'evento è ben altro, infatti:

    Marco 11,12-14 - "La mattina seguente, mentre uscivano da Betania, ebbe fame. Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. Rivolto all'albero, disse: Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti! E i suoi discepoli l'udirono."

    Marco 11,20-21 - "La mattina seguente, passando, videro l'albero di fichi seccato fin dalle radici . Pietro si ricordò e gli disse: Maestro, guarda: l'albero di fichi che hai maledetto è seccato."

    Il Vangelo di Luca non riporta l'episodio, ma Gesù presenta questa parabola:

    Luca 13,6-9 - "...Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest'albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno? Ma quello gli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l'avvenire; se no, lo taglierai."

    Quel proprietario rispettava strettamente la "Torah" che dispone che si possono raccogliere frutti soltanto dopo il terzo anno e proibisce di mangiare frutti prodotti nei primi tre anni di vita di un albero, infatti, Levitico in 19,23-25 recita: "Quando sarete entrati nel paese e vi avrete piantato ogni sorta di alberi da frutto, ne considererete i frutti come non circoncisi; per tre anni saranno per voi come non circoncisi; non se ne dovrà mangiare. Ma nel quarto anno tutti i loro frutti saranno consacrati al Signore, come dono festivo. Nel quinto anno mangerete il frutto di quegli alberi; così essi continueranno a fruttare per voi. Io sono il Signore, vostro Dio."

    Gli alberi da frutto prima di tre anni sono da considerare, proprio come uomini "non circoncisi", "'erelim" , ossia impuri, per questo motivo questa regola di non mangiare dei frutti degli alberi troppo giovani è ricordata nell'ebraismo come regola dell'"o'rlah" .
    Quel fico però era particolare, frutti non ne dava.

    Il senso che pare potersi cogliere da tale parabola è che si parla di quel particolare fico, piantato nel 3° giorno della creazione, che nel 6° servì a coprire l'uomo peccatore con le sue foglie, ma il Signore tra quelle foglie non trovò frutto, allora, la terra attorno l'albero verrà zappata ancora nel 7° giorno e nell'8°, il giorno eterno della nuova creazione, grazie all'opera degli zappatori, gli annunciatori del Vangelo che operano in tale ultimo giorno e il Signore aspetta che dia un frutto buono, altrimenti lo taglierà per sempre.

    Del resto nel libro dell'Apocalisse 6,12s nel giorno dell'ira divina in prossimità dell'ultimo giorno si trova: "Quando l'Agnello aprì il sesto sigillo, vidi che vi fu un violento terremoto. Il sole divenne nero come sacco di crine, la luna diventò tutta simile al sangue, le stelle del cielo si abbatterono sopra la terra, come quando un fico, sbattuto dalla bufera, lascia cadere i fichi immaturi."

    Il Vangelo di Giovanni parla del fico soltanto in occasione dell'incontro di Gesù con Natanaele in Giovanni 1,47-51 quando si verificò quanto segue:

    "Gesù intanto, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità. Natanaele gli domandò: Come mi conosci? Gli rispose Gesù: Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l'albero di fichi. Gli replicò Natanaele: Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele! Gli rispose Gesù: Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l'albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste! Poi gli disse: In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo."

    Nel nome Natanaele, "donato da Dio", si trovano suono e lettere, sia pure traslate, di "fico" e serve a Gesù per iniziare un discorso amichevole con quello che i Sinottici chiamano Bar -Tolomeo.

    Riporto il commento su tale brano da parte di Sant'Agostino: «Quanto abbiamo ascoltato come detto dal Signore Gesù Cristo a Natanaele, se vogliamo intenderlo in senso pieno, non riguarda soltanto lui personalmente. Di certo sotto l'albero di fico il Signore Gesù vide appunto l'intero genere umano. Si capisce come in questo passo l'albero di fico sta a significare il peccato. Non in tutti gli altri passi ha questo significato, ma in questo passo, come ho detto, per quella corrispondenza allusiva al fatto a voi noto che il primo uomo, quando pecc , si fosse cinto di un perizoma di foglie di fico. Con queste foglie infatti coprirono le parti vergognose quando arrossirono del loro peccato; e di quelle che Dio dette loro come membra, fecero parti di cui vergognarsi. Non c'è infatti da arrossire dell'opera di Dio: ma la causa del peccato fu anteriore al sentimento di vergogna. Se in precedenza non ci fosse stata la colpa, la nudità non arrossirebbe mai. Erano, infatti, nudi e non si vergognavano, poiché non avevano commesso di che essere turbati. Ma a che scopo ho detto questo? Affinché intendiamo che il fico sta a significare il peccato. Che vuol dire allora: "Quando eri sotto il fico io ti ho visto?" Quando eri sotto il dominio del peccato io ti ho visto. E proprio rifacendosi a quel che aveva fatto, Natanaele si ricordò di essere stato sotto il fico, dove Cristo non era presente. Ma non si trovava là presente con il corpo; in realtà, dove egli non è per cognizione dello spirito? E Natanaele, poiché aveva coscienza di essere stato da solo sotto il fico, dove Cristo Signore non era presente, nel sentirsi dire: "Quando eri sotto il fico io ti ho visto", riconobbe la sua divinità e gridò: "Tu sei il re di Israele".» (Discorso 122,1)

    Accade anche che "albero di fichi" in ebraico è "e'ts let'enim" e le lettere suggeriscono "sentirai giù dal Potente l'indicazione io sono vivente ".

    Lo stesso albero di fico si può poi accostare proprio anche al comandamento di "Non commetterai adulterio", in ebraico "l'o tinaf" in Esodo 20,14 e Deuteronomio 5,18 in quanto tra le lettere di questo comandamento scritte in ebraico, come ho evidenziato in rosso, si trovano anche quelle che definiscono il fico, "tena'ah" () a meno della lettera "he" = - spazio aperto - che può essere sostituita dallo spazio con la lettera che separa dalla successiva.

    Ne conseguono questi pensieri per quelle lettere di "l'o tinaf" :
    • "il serpente venne () dalla bella a parlare " com'è narrato nel "midrash" di Genesi 3 ove il serpente parla con la donna;
    • "non il fico () in bocca - mangiare " il che spiega i Vangeli del fico sterile; Gesù stava accusando Gerusalemme di essere stata adultera.
    Altri spunti che completano il quadro di quanto evocano le lettere di "fico" sono:
    • Giudici 14,4 - ove c'è un "to'anah" come "motivo di scontro" ossia un "pretesto";
    • Giobbe 33,10 - in cui si trova un "te'nu'ot" ancora per "pretesto";
    • Isaia 29,2 e Lamentazioni 2,5 - un "taniiah" per lamento, gemiti, pianto, cordoglio;
    • Ezechiele 24,12 - un "t'unim" per fatica, stanchezza;
    • Geremia 2,24 - un "t'anah" per passione lascivia, andare in calore.
    Termino riportando il versetto Numeri 14,34 in cui il Signore condanna gli Israeliti che avevano mormorato dopo il ritorno degli esploratori della terra promessa in e li accusa di ribellione "Secondo il numero dei giorni che avete impiegato per esplorare la terra, quaranta giorni, per ogni giorno un anno, porterete le vostre colpe per quarant'anni e saprete che cosa comporta ribellarsi a me", ove quel "ribellarsi" è "tenu'ah" dal radicale del verbo "rifiutare", le cui lettere salvo la centrale "waw" sono quelle di fico."

    a.contipuorger@gmail.com

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