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ATTESA DEL MESSIA...

 
L'ELEZIONE DI DIO PASSA PER LA MADRE

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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LA PRECOGNIZIONE DELLE MAMME »

AVVISAGLIE DI LUCE E CECITÀ
Il Signore rispose a Rebecca: "Due nazioni sono nel tuo seno e due popoli dal tuo grembo si divideranno; un popolo sarà più forte dell'altro e il maggiore servirà il più piccolo." (Genesi 25,23)
Evidentemente la questione era veramente importante.

Si stava avvicinando un momento fondante, preparatorio alla storia della salvezza dell'uomo, in cui il Signore ovviamente previdente si era cominciato a preparare una donna, illuminandola, perché da lei nascerà il Suo popolo, Israele, con cui stipulerà poi un'alleanza eterna.
Il Signore preparò così quella donna che poi, come vedremo, interverrà al momento opportuno, non fallirà e agirà nel modo efficace, con il Suo beneplacito e tacito assenso.

Stava per nascere Giacobbe "Ya'qob" , colui che "è il calcagno ", ossia iniziava a prepararsi il compiersi della profezia della Genesi, espressa quando Dio maledisse il serpente pronunciando queste parole: "Io porrò inimicizia fra te e la Donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno ()." (Genesi 3,15)

Del resto Rebecca sarà la donna, madre dell'antico Israele, da cui sarà a nascere quella che i cristiani ritengono la "Donna" della profezia, Maria di Nazaret, la madre del Messia e del Nuovo Israele che con la Sua risurrezione ha aperto il tempo finale, il giorno del Messia, in cui l'umanità ha finalmente l'arma per schiacciare la testa al serpente.
Il Signore illuminò Rebecca, le confermò che nel suo seno c'era una coppia di gemelli, ma diversi tra loro, figli entrambi di Isacco, ma solo uno sarà il figlio della promessa da cui nascerà il Messia.
Rebecca era stata avvertita, rimase all'erta, sapeva a chi doveva essere passata la benedizione del padre Isacco e ne avrebbe guidato la mano se fosse stato necessario.

Quel "più piccolo", in effetti, nel testo ebraico di Genesi 25,23 è "tza'ir" che si usa per dire "ultimo", "minore", quindi, il secondo dei gemelli, il più piccolo, "giù si vede stare col corpo ", ovviamente rispetto all'altro, quindi, quello che sarebbe nato dopo, il minore in età che cioè sarebbe uscito come secondo dei due.

Rebecca in tal modo ebbe una premonizione che tenne per sé e "Quando poi si compì per lei il tempo di partorire, ecco, due gemelli erano nel suo grembo." (Genesi 25,24)

Nel testo ebraico il due non v'è, ma appare solo la parola gemelli che è scritta come "tomim" , anziché come normalmente dovrebbe, vale a dire "t'omim" con una lettera "'alef" e una lettera "yod" difettive, forse per chiarire bene che non "erano uniti ", ma divisi tra loro.

"Uscì il primo, rossiccio e tutto come un mantello di pelo, e fu chiamato Esaù." (Genesi 25,25); ove rossiccio è "'admoni" , un piccolo uomo che vagiva, portava lamenti come con un manto di pelo, quindi, come tutto formato ed ecco che il testo scrive "lo chiamarono" Esaù , vale a dire "(è) fatto" dal radicale di fare , ossia è completo, già vestito, ma anche, nel nome un destino, un uomo di azione in quanto dal radicale di "fare" e di "agire" e il nome al primogenito certamente lo dette il padre, "vedo la luce portarsi " "vedo uno simile ()".
"Subito dopo, uscì il fratello e teneva in mano il calcagno di Esaù; fu chiamato Giacobbe." (Genesi 25,26) e qui non dice come prima, "lo chiamarono", ma "lo chiamò" .

Chi lo chiamò?
Quel fatto che teneva il calcagno, la caviglia "a'qib" del primo lo vide solo chi era presente al momento del parto, quindi, la nutrice Debora di Rebecca certamente presente al parto che avvisò la puerpera sdraiata di quanto aveva visto, vale a dire di quella mano stretta alla caviglia del fratello, quindi il nome, Giacobbe, lo suggerì Rebecca che poi raccontò a Isacco come era avvenuto il parto.

Quel nome fu accettato nel senso di "retroguardia", ma nel nome c'è il senso che farà uno sgambetto, sarà un soppiantatore divenuto poi sinonimo di intrigante, subdolo, falso, tortuoso, anche accidentato come usa Isaia 40,4. La madre. infatti, avrà chiesto alla preziosa nutrice di stare bene attenta per indicarle chi dei due figli sarebbe nato per secondo.

Da cui ecco il nome "Ya'qob" Giacobbe, nome che evidentemente, ripeto, diede o suggerì lei stessa e cominciò a distinguere il secondo figlio dal primo come annunciatole dalla profezia che solo lei aveva ricevuto.

Del resto i due gemelli erano assai diversi, evidentemente erano dizigoti, derivati dalla fecondazione di due diverse cellule - uovo da parte di due diversi spermatozoi del marito.
Certamente meditò quelle parole e nel seguire i figli che crescevano, fu attenta a osservarne le manifestazioni per coglierne le vere attitudini onde verificare dai comportamenti i primi segnali di uno più forte dell'altro come le aveva annunciato il Signore.

Ecco che il racconto si sviluppa in modo serrato.
Ogni parola è pesata e importante: "I fanciulli crebbero ed Esaù divenne abile nella caccia, un uomo della steppa, mentre Giacobbe era un uomo tranquillo, che dimorava sotto le tende." (Genesi 25,27)
"I fanciulli crebbero", ossia arrivarono ai 13 anni, l'epoca in cui sono adulti per la comunità - il tempo della "Bar Mitzvah", dei "figli del precetto" - per cui dal punto di vista religioso divengono responsabili in proprio davanti a Dio e in tale ambito non sottostanno ai genitori, cui comunque debbono rispetto.

In definitiva, fino ai 13 anni le eventuali trasgressioni erano attribuite alla giovane età, ma dopo non più, i genitori venivano sollevati dalla responsabilità. I due presentarono attitudini diverse per cui:

Esaù divenne:

  • "abile nella caccia", "'ish iodea' tzaid", conosceva come catturare sia gli animali, sia il prossimo, uomini e donne, e le lettere per caccia "tzaid" propongono che "alzava con forza le mani ", quindi, era un violento, "forte" in senso fisico;
  • "un uomo della steppa" "'ish sadoeh", ma anche un uomo al demonio aperto .
Giacobbe era:
  • "un uomo tranquillo", , "'ish tam", la traduzione più esatta, in effetti, sarebbe era "un uomo integro", ciò in contrapposizione al fratello;
  • "che dimorava sotto le tende", , "ioseb 'ohalim" nel senso che era un pastore e, suggerisce Bereshit Rabbà 63,10, frequentava le tende di Eber e del nonno Abramo per studiare la "Torah".
Del resto, secondo il calendario ebraico, i due Esaù e Giacobbe sarebbero nati nel 1836 dalla nascita di Adamo, mentre Abramo sarebbe morto nel 1821, e Eber nel 1817 cioè 4 anni dopo Abramo, quindi, effettivamente Giacobbe poteva ricevere da giovane insegnamenti da quei due patriarchi che prepararono i due alla "Bar Mitzvah".
Abramo morì quando i nipoti avevano 15 anni e Eber quando ne avevano 19.
Con quel dire sui due gemelli il libro del Genesi segnala una divergenza di opinioni sui figli da parte della coppia Isacco - Rebecca, divergenza che non va presa alla leggera.

Il testo, infatti, precisa: "Isacco prediligeva Esaù, perché la cacciagione era di suo gusto, mentre Rebecca prediligeva Giacobbe." (Genesi 25,28)

Il verbo per "prediligeva" usato nel testo in ebraico è , quindi, uno "amava" più l'uno che l'altro e viceversa, soltanto che la motivazione della predilezione di Isacco per Esaù è chiaramente futile, perché ne mangiava quanto cacciava, alla lettera aveva la "caccia in bocca" e i commentatori ebrei dicono, Isacco rimaneva ingannato dall'ipocrisia del primogenito; quindi, il racconto inizia ad avvertire che sotto tale aspetto Isacco dava sintomi di essere cieco.

Si avvicinava, il momento importante nella storia della salvezza che Dio stava preparando per l'umanità che aveva scelto di vivere senza Dio, momento che comportava la consegna delle promesse ricevute da Dio da parte di Abramo alla posterità.
Prima di parlare della nascita dei figli di Isacco, in effetti, dopo aver detto del matrimonio di Abramo con Ketura avvenuto prima della nascita dei nipoti da Isacco e Rebecca, il capitolo 25 del Genesi fa un salto temporale e segnala in Genesi 25,7-10 la morte a 175 anni di Abramo e la sua sepoltura a Macpela; Isacco aveva 75 anni e i gemelli ne avevano 15.

In tale occasione è detto anche che "Dopo la morte di Abramo, Dio benedisse il figlio di lui Isacco e Isacco abitò presso il pozzo di Lacai-Roì", ossia a "b'er Lachai Roì" (Genesi 25,11); da quel momento la benedizione di Dio fu su Isacco per passarla ai figli.

Quel nome "pozzo di Lacai - Roì " parla di una visione e le lettere dicono "dentro la luce ( = ) del Potente viva a vedere fu ", e ciò forse l'abbagliò.

Quel commento della predilezione di Isacco per Esaù inizia, ora, a condizionare pesantemente la questione, in quanto, il primogenito di Isacco è falso, propenso alla malvagità e alla violenza e lui, Isacco lo predilige... per la "caccia".

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