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LEGGI SULL'EREDITÀ DELL'ANTICO TESTAMENTO
Nei libri dell'Antico Testamento c'è una grande tensione crescente sul tema dell'eredità.
Se, infatti, nella traduzione in italiano C.E.I. 2008 si fa una cerca della frequenza di presentazione dei termini "eredità, ereditare e derivati", questi si presentano complessivamente oltre 250 volte, di cui 77 nei 5 libri della Torah o Pentateuco, precisamente:

  • in Genesi 7 volte;
  • in Esodo 2 volte;
  • nel Levitico 1 volta;
  • nei Numeri 43 volte;
  • nel Deuteronomio 24.
La tensione diventa poi veramente significativa al momento della conquista di Canaan da parte del popolo d'Israele guidato da Giosuè.
Nell'omonimo libro di Giosuè quei termini si presentano per 51 volte.
Altro ritrovamento importante sono le 34 volte che si rinvengono nel libro dei Salmi, ove la tensione si alza verso un'eredità spirituale.
Per la "Terra promessa", il cui nucleo principale secondo la Tenak, grazie all'aiuto del Signore, fu conquistato dagli Israeliti ai tempi di Giosuè, vigeva una particolare normativa di cui è traccia nella Torah.
Nel libro del Levitico in 25,23b il Signore, infatti, afferma: "la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e ospiti."

I patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe non erano stati mai, infatti, proprietari di terre in quel territorio.
Erano dei nomadi la cui origine era un paese straniero.
Venivano dall'Anatolia quindi, appunto, erano dei forestieri, degli emigrati, quindi, ospiti nella terra di Canaan.
Abramo, peraltro, aveva acquistato a Hebron solo dove poter giacere dopo morto, come si legge in Genesi 23,9 e 25,9.

Questo sito era la grotta o caverna di Macpela, in ebraico nel testo biblico "ma'rat ha-mmacpelah" o "grotta delle tombe doppie" essendovi sepolti i patriarchi con le matriarche - Abramo e Sara, Isacco e Rebecca, Giacobbe e Lia - salvo Rachele che la tradizione indica seppellita vicino a Betlemme ove c'è un monumento a cupola del tempo degli Ottomani ove gli ebrei vanno in pellegrinaggio fin dai tempi antichi ed è il terzo luogo più santo dell'ebraismo.

Quelle lettere di "Macpelah" però sono allusive, infatti, è il radicale del verbo usato per "duplicare" e "reiterare" per cui sono da intendere come auspicio di "in una vita duplicata entrare ", ma anche "per la vita nel palmo della mano del Potente entrare ".

Questi pensieri fanno venire alla mente quando il Signore disse a Mosè in Esodo 33,21-23: "Ecco un luogo vicino a me. Tu starai sopra la rupe: quando passerà la mia Gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano finché sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo si può vedere."

Poi Giacobbe fu proprietario del posto ove piantò la tenda che acquistò dai figli di Camor, padre di Sichem, per cento pezzi d'argento, ove eresse un altare a "El, Dio d'Israele" (Genesi 33,19s) a memoriale della visione che aveva avuto quando fuggiva per andare a cercare moglie in Anatolia.

Dopo la conquista di Canaan, nel XII secolo a.C., come da tradizione tramandata dalle Sacre Scritture e in particolare dal libro di Giosuè, tra le varie tribù era stato diviso il territorio e ogni famiglia ne aveva ricevuta una parte che era inalienabile.
Per il disposto del Levitico di cui ho detto gli Israeliti, in effetti, erano solo usufruttuari dei terreni, ossia l'avevano come in comodato e potevano venderne l'usufrutto per un massimo di tempo di 50 anni, poi negli anni detti di "giubileo" ne tornavano proprietari.
Un terreno, quindi, aveva un valore maggiore o minore quanti più anni la cessione consentiva rispetto alla data del "giubileo".
Tale pensiero è da tenere presente come scenario generale quando si parla di eredità nell'Antico Testamento della Bibbia.

In Deuteronomio 21,15-17 poi è disposto: "Se un uomo avrà due mogli, l'una amata e l'altra odiata, e tanto l'amata quanto l'odiata gli avranno procreato figli, se il primogenito è il figlio dell'odiata, quando dividerà tra i suoi figli i beni che possiede, non potrà dare il diritto di primogenito al figlio dell'amata, preferendolo al figlio dell'odiata, che è il primogenito. Riconoscerà invece come primogenito il figlio dell'odiata, dandogli il doppio di quello che possiede, poiché costui è la primizia del suo vigore e a lui appartiene il diritto di primogenitura."

Se ne ricava che il primogenito:
  • che si considera, è solo per linea maschile, vale a dire quegli generato per primo dal padre;
  • in caso di poligamia è comunque primogenito pur se figlio di una concubina;
  • ha diritto a una parte doppia di eredità.
In Numeri 27,8-11 si trova un'altra norma che il Signore dispose sull'eredità: "Quando un uomo morirà senza lasciare un figlio maschio, farete passare la sua eredità alla figlia. Se non ha neppure una figlia, darete la sua eredità ai suoi fratelli. Se non ha fratelli, darete la sua eredità ai fratelli del padre. Se non ci sono fratelli del padre, darete la sua eredità al parente più stretto nella sua cerchia familiare e quegli la possederà. Questa sarà per gli Israeliti una norma di diritto, secondo quanto il Signore ha ordinato a Mosè."

Il parente più stretto in pratica è "la carne più vicina" "sh'ero haqqarob".
La moglie non fa parte dell'asse ereditario, anche se, di fatto, in casi estremi può gestirla, come si deduce dal libro di Rut.

Scopo essenziale della normativa della Torah sull'eredità e spiegata in Numeri 36,7-9 quando dice: "Nessuna eredità tra gli Israeliti potrà passare da una tribù all'altra, ma ciascuno degli Israeliti si terrà vincolato all'eredità della tribù dei suoi padri. Ogni fanciulla che possiede un'eredità in una tribù degli Israeliti, sposerà uno che appartenga a una famiglia della tribù di suo padre, perché ognuno degli Israeliti rimanga nel possesso dell'eredità dei suoi padri e nessuna eredità passi da una tribù all'altra; ognuna delle tribù degli Israeliti si terrà vincolata alla propria eredità."

Un'ulteriore prescrizione si trova sancita in Deuteronomio 25,5-10 detta "legge del levirato" cui finalità nata per evitare l'alienazione delle terre, di fatto aveva effetti benefici per la donna rimasta vedova in giovane età.

La parola "levirato" deriva dal latino "levir", "il cognato".
In forza, infatti, di tale prescrizione, se un uomo sposato moriva senza figli, suo fratello, il cognato della moglie, doveva sposare la vedova, e il loro figlio primogenito sarebbe stato considerato legalmente figlio del defunto.

Questa legge è così enunciata: "Quando i fratelli abiteranno insieme e uno di loro morirà senza lasciare figli, la moglie del defunto non si sposerà con uno di fuori, con un estraneo. Suo cognato si unirà a lei e se la prenderà in moglie, compiendo così verso di lei il dovere di cognato. Il primogenito che ella metterà al mondo, andrà sotto il nome del fratello morto, perché il nome di questi non si estingua in Israele. Ma se quell'uomo non ha piacere di prendere la cognata, ella salirà alla porta degli anziani e dirà: Mio cognato rifiuta di assicurare in Israele il nome del fratello; non acconsente a compiere verso di me il dovere di cognato. Allora gli anziani della sua città lo chiameranno e gli parleranno. Se egli persiste e dice: Non ho piacere di prenderla, allora sua cognata gli si avvicinerà in presenza degli anziani, gli toglierà il sandalo dal piede, gli sputerà in faccia e proclamerà: Così si fa all'uomo che non vuole ricostruire la famiglia del fratello. La sua sarà chiamata in Israele la famiglia dello scalzato." (Deuteronomio 25,5-10)

L'alternativa, quindi al non assoggettarsi all'obbligo, restava solo l'essere additato come inadempiente.
La prescrizione inizia con "Quando i fratelli abiteranno insieme", ma sappiamo che in ebraico "fratelli" è una traduzione troppo rigida per "'achim" che riguarda anche i cugini e altri parenti stretti, per cui di fatto la norma non riguarda solo i nati da uno stesso genitore, ma estende l'obbligo ai consanguinei da parte paterna del marito morto, infatti è "uno stretto ".

In ebraico per "adempiere alla legge del levirato" che corrisponde a "compiere il dovere di cognato" è usato il radicale le cui lettere dicono "ci risarà in casa la vita ", di conseguenza ecco "yabam" è il "cognato", mentre "ybanah" è la "cognata".

"Sandalo", infine, è "naa'l" "energia a salire - innalzarsi ()", in quanto, si può spingere con più forza il piede protetto per salire meglio.
Ora, "naa'l" rispetto a marito "baa'l" "in casa si alza ()" ha la di "energia" rispetto alla di "casa" perciò è l'ultima energia che è rimasta per la casa e, togliendolo, costituisce il segno che viene tolto ogni legame con lui nonostante sia il fratello del marito morto.

Tutti i parenti maschi della stessa carne in linea paterna avevano possibilità di riscatto sui beni del morto a iniziare dai più stretti e adire al rito del "levirato".
Ecco che appare una coincidenza di diritti doveri tra la figura del "go'el" .

Di questi, il "vendicatore", è detto in Numeri 35,19ss e riguarda la vendetta lecita di un omicidio da parte del parente prossimo: "Sarà il vendicatore del sangue quello che metterà a morte l'omicida; quando lo incontrerà, lo ucciderà" e il riscattatore di beni.

In tale norma poi si distingue tra omicidio intenzionale e involontario, infatti, se:
  • gli anziani della città giudicavano che l'omicidio era intenzionale, il "vendicatore del sangue", "go.el ha-dam", poteva procedere senza colpa alcuna alla vendetta, uccidendo l'omicida;
  • appuravano trattarsi d'omicidio preterintenzionale l'omicida doveva rimanere entro i confini della città di rifugio fino alla morte del sommo sacerdote per non essere ucciso dal "go'el" se l'avesse trovato fuori (Numeri 35,26s).
In tal caso quelle lettere di "go'el" assumono il significato di + , ossia con questi verso l'omicida "cammina il no ", quindi, cammina l'oppositore, il vendicatore con la maledizione "'alah" .

La figura di "go'el" , insomma, diviene anche quella del riscattatore dei beni del parente morto anche per cause naturali, quindi il "go'el" è chi può intervenire a seguito della legge del "levirato".

Questa normativa che ho riportato sull'eredità è la versione finale che ci è pervenuta, infatti, quella Legge che aveva origine da un uso antico, nei secoli ha avuto modifiche e apporti da parte della legislazione dei vari regni di Giuda, in quanto, di fatto, costituiva anche legge dello Stato del Sud, su cui avevano mano i Re tramite i sacerdoti di Gerusalemme influenzabili dal potere.
Se si guarda, infatti, alla storia narrata nel libro di Rut, ambientata in Giudea al tempo dei "Giudici", X-XI secolo a.C., ma ivi scritto 800-1000 anni dopo, si nota che intende far comprendere che allora non c'era una non perfetta aderenza alla legislazione tratteggiata dalla Torah.

In tale libro abbiamo trovato che Noemi , il cui nome vuol dire "mia delizia", mentre per una carestia era con la famiglia in terra di Moab, al ritorno, è come se gestisse le terre appartenute ad Elimelec , (mio Dio re) il marito giudeo premorto, essendo morti anche i due figli, Maclon e Chilion (i cui nomi significano rispettivamente malattia e consunzione).

Boaz, inoltre, esercita il diritto di "go'el" prima della vendita delle terre e non c'era nessun cognato convivente che vivesse in casa di Noemi e della nuora Rut.

Ora, nel libro dei Giudici, tempo in cui si svolge la storia di Noemi e Rut, per due volte, in 17,6 e 21,25, si trova "In quel tempo non c'era un re in Israele; ognuno faceva come gli sembrava bene".

Questa ripetuta considerazione dell'autore dei Giudici porta a dedurre che la Legge non fosse ancora nella veste finale per cui, ecco, le prostituzioni spirituali del popolo (3,7; 8,33; 10,6), la bramosia per l'oro di Gedeone (8,24-27), i fratricidi di Abimelec (9,1-5) i matrimoni di Sansone con straniere (14,1-20) e, quindi, non c'era ancora la pienezza della normativa sull'eredità.

Si trova nel libro dell'Esodo che il Signore dichiara a Mosè che è il "Go'el" che riscatta il suo popolo dalla schiavitù: "Io sono il Signore! Vi sottrarrò ai lavori forzati degli Egiziani, vi libererò dalla loro schiavitù e vi riscatterò con braccio teso e con grandi castighi." (Esodo 6,6)

In Giobbe 19,25 poi si trova: "Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!"
Se, infatti, si va al succo essenziale, quello della proprietà della terra, in senso stretto chi ha veramente la proprietà di quella è Lui, il Signore, che ha perciò il diritto per antonomasia "redentore", in definitiva è Lui che deve viene come "Go'el" , "cammina Dio ".

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