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LA LUCE DEL DIO UNICO - UN BAGNO NEL NILO
di Alessandro Conti Puorger

DIO FA USCIRE DALL'EGITTO E SI RIVELA
Quanto narrato dalla Bibbia nell'Antico Testamento sull'esodo degli Ebrei dall'Egitto lo ritenevo allegorico e profetico della buona notizia nel Nuovo Testamento della prima venuta del Messia per aprire il tempo dell'esodo dell'umanità redenta per la via da Lui aperta per il Regno dei Cieli di Dio; quindi, per me l'Egitto di tali narrazioni era solo l'esempio di una generica condizione di schiavitù da cui il Signore libera.
Della "Torah", origine degli altri vari libri delle Sacre Scritture giudeo-cristiane, il cui nucleo d'origine la tradizione fa risalire proprio ai tempi dell'esodo, in merito all'evidenza che quei testi suggeriscono con l'Egitto, pertanto, non traevo tutte le conseguenze che quella civiltà e la scrittura potevano aver avuto sulla "struttura" della Tenak o Sacre Scritture ebraiche, peraltro, tutte accolte nella Bibbia cristiana.

Nel 1980 quando iniziai la ricerca nella Tenak, tutta ora in questo mio Sito che di continuo implemento, non conoscevo l'ebraico e non avevo mai fatto attenzione alle 22 lettere di quell'alfabeto, che riporto, scritte da destra a sinistra:


Dei racconti dei 5 libri - Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio - del Pentateuco o "Torah" mi aveva colpito che la "storia della salvezza" inizia con il credere a una "voce" da parte di un uomo, Abramo, poi da parte di tutto un popolo.
Dio, uscito dall'anonimato, si era presentato loro in modo efficace e credibile, con la promessa di liberazione da una schiavitù, cui seguì una Pasqua e una miracolosa apertura, quindi, un'uscita, poi, una "rivelazione" su cui un intero popolo incardinò la propria esistenza cui seguirono importanti conseguenze.
Sentivo grande rispetto per quei testi che per XXXIV secoli hanno avuto il potere d'influire in modo rilevante sulla storia il cui riscontro è la grande influenza che hanno avuto stante le vite dedicate alla loro diffusione da parte di tanti profeti, santi e martiri, ma anche re e imperatori.
Attorno ai miei 40 anni, pur se sotto l'aspetto umano - salute, famiglia, lavoro - potevo ritenermi soddisfatto, sentivo una schiavitù esistenziale che mi faceva desiderare una libertà che non conoscevo.
La "parola" dei Vangeli con cui Gesù, il Cristo, in Giovanni 1,39 si rivolge ai primi discepoli, seguaci del Battista, che aspettavano il Messia, destò il mio interesse; infatti, a loro che chiedevano dove abitava, Gesù aveva risposto: "Venite e vedrete".

Con mia moglie mi ero, infatti, riavvicinato alla religione che da anni nella pratica avevo abbandonato e mi ero accorto che la vivevo con spirito nuovo.
Coglievo, peraltro, nelle Scritture particolari mai notati, pur se provenivo da famiglia cristiana ed ero stato alunno in un collegio di Roma ove avevo ricevuto insegnamenti e "premi" in religione.
Ero stato raggiunto da un annuncio dal sapore di Verità e subito ebbero il potere di colpirmi le lettere ebraiche che scorsi in un libretto, "Ordinamento della Pasqua", "Seder le Pesach", che gli ebrei usano per il memoriale familiare di quella festa, libretto che ebbi modo di leggere per prepararmi alla festività cristiana.
Mi dissi, il Messia è nella Sua Chiesa, ma di certo anche nella "Torah", giacché è il frutto annunciato da secoli, atteso da quei discepoli ebrei che ne gioirono con un: "Abbiamo trovato il Messia" (Giovanni 1,41).

Aggiunsi, è strano che appena ho pensato di avvicinarmi al Messia, sono stato colpito da quelle 22 lettere, trama e ordito delle Sacre Scritture in cui, di certo, circola il Suo Santo Spirito che le ha ispirate.
Folgorato dall'espressività di quelle lettere di cui intuii l'esistenza anche di messaggi grafici, partii ai miei approfondimenti dopo aver acquisito l'importanza di questi tre elementi caratteristici presentati della "Torah":
  • (A) una rivelazione autentica di Dio;
  • (B) l'indicazione del tempo in cui fu ricevuta;
  • (C) il prendere atto che la rivelazione fu in favore di chi usciva dall'Egitto.
Mi sorpresi che le 22 lettere dell'alfabeto ebraico erano solo consonanti - come poi appresi era anche per l'egiziano antico - e associai ciò alla valutazione (C).

Pur se oggi mi pare semplice e chiaro, mi occorsero vari anni per valutare il pieno peso di tali questioni; ero, infatti, molto preso dal mio lavoro professionale d'ingegnere e dalle relative responsabilità, compresi però che (A), (B) e (C) erano pietre fondamentali di cui si deve tener conto per le conseguenze che comportano nell'inoltrarsi in quei testi scritti cui dovevo guardare anche nei modi originari, il più vicino possibile a come erano stati scritti.
Partendo dai testi tradotti, pur se necessari, mi dissi, potrei perdere parti importanti del nocciolo di quanto intendono e non coglierne il pieno senso; del resto, per seguire bene un dramma teatrale, occorre guardare anche le quinte e i fondali di scena in cui gli atti dell'opera si svolgono.
Per mio carattere e attitudine quella rivelazione chiedeva d'approfondire conoscenza e ambiente culturale da cui quei testi indicavano provenire, perché pur se ispirati, erano pur sempre prodotti da uomini, quelli della scuola di Mosè che quel mondo egizio descrivevano come vissuto, per cui erano filtrati attraverso una specifica cultura, data per scontata, che a chi leggeva poteva tornare utile tener presente come scenario dell'atto fondante proprio mentre si sviluppava.

Del resto, in Deuteronomio 29 si trova:
  • Deuteronomio 29,1 - "Mosè convocò tutto Israele e disse loro: Voi avete visto quanto il Signore ha fatto sotto i vostri occhi, nella terra d'Egitto..."
  • Deuteronomio 29,9.11 - "Oggi voi state tutti davanti al Signore... per entrare nell'alleanza del Signore, tuo Dio..."
  • Deuteronomio 29,13 - "Non soltanto con voi io stabilisco quest'alleanza..."
  • Deuteronomio 29,14 - "...ma con chi oggi sta qui con noi davanti al Signore, nostro Dio, e con chi non è oggi qui con noi."
L'alleanza era con tutti quelli che la volessero accogliere e il pragmatismo mi suggerì che per come desideravo cogliere in profondità quei testi era utile che fossi proprio come un contemporaneo presente con quei fuoriusciti dall'Egitto, assieme a quel popolo, con lo stesso sentire per comprendere a fondo cosa evocavano le parole dell'alleanza.
Dovevo, infatti, attingere idee, sentimenti e conoscenze che quei libri potevano dare per scontati per annoverarmi, non solo per bisogno di libertà, tra i testimoni di quei momenti in cui avvennero le "prove grandiose che i tuoi occhi hanno visto, i segni e i grandi prodigi" (Deuteronomio 29,2) e dire: anch'io c'ero!

Del resto, San Paolo in 1Corinzi 10,1-4 insiste con un "tutti", quando dice: "...i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo."

Più nel dettaglio, su quei tre elementi (A), (B) e (C), preciso quanto segue:

(A) La "Torah" che ha poi ispirato tutta la Sacra Scrittura in ebraico della Tenak e ha preparato gli eventi del Nuovo Testamento, sostiene che:
  • la rivelazione di Dio per Israele fu scritta da Mosè;
  • la scrittura sulle due Tavole del Patto fu prodotta dallo stesso dito di Dio.
Lo stesso rotolo in cui circola lo Spirito di Dio, in definitiva, suggerisce che fu proprio Lui l'autore del prototipo di scrittura e pur se ovviamente Dio era capace di varcare l'ostacolo di traduzioni carenti, la mia mentalità mi spingeva alla fonte originaria.
Scorrendo tale rotolo si trova, infatti:

Esodo
  • Esodo 24,4 - "Mosè scrisse tutte le parole del Signore."
  • Esodo 31,18 - il Signore "...finito di parlare con Mosè sul monte Sinai, gli diede le due tavole della Testimonianza, tavole di pietra, scritte dal dito di Dio."
  • Esodo 32,15s - "Mosè si voltò e scese dal monte con in mano le due tavole della Testimonianza, tavole scritte sui due lati, da una parte e dall'altra. Le tavole erano opera di Dio, la scrittura era scrittura di Dio, scolpita sulle tavole."
  • Esodo 34,28 - "Mosè rimase con il Signore quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiar pane e senza bere acqua. Egli (il Signore) scrisse sulle tavole le parole dell'alleanza, le dieci parole."
Numeri
  • Numeri 33,2 - "Mosè scrisse i loro punti di partenza, tappa per tappa, per ordine del Signore; queste sono le loro tappe nell'ordine dei loro punti di partenza."
Deuteronomio
  • Deuteronomio 4,13 - "Egli vi annunciò la sua alleanza, che vi comandò di osservare, cioè le dieci parole, e le scrisse su due tavole di pietra."
  • Deuteronomio 5,22 - "Sul monte il Signore disse, con voce possente, queste parole a tutta la vostra assemblea, in mezzo al fuoco, alla nube e all'oscurità. Non aggiunse altro. Le scrisse su due tavole di pietra e me le diede."
  • Deuteronomio 9,10 - "Il Signore mi diede le due tavole di pietra, scritte dal dito di Dio, sulle quali stavano tutte le parole che il Signore vi aveva detto sul monte, in mezzo al fuoco, il giorno dell'assemblea."
  • Deuteronomio 10,4 - "Il Signore scrisse su quelle tavole come era stato scritto la prima volta, cioè le dieci parole che il Signore aveva promulgato per voi sul monte, in mezzo al fuoco, il giorno dell'assemblea. Il Signore me le consegnò."
  • Deuteronomio 31,9 - "Mosè scrisse questa legge e la diede ai sacerdoti figli di Levi, che portavano l'arca dell'alleanza del Signore, e a tutti gli anziani d'Israele."
(B) Nel libro dell'Esodo, si trova ben precisato che la rivelazione che portò il popolo a uscire dall'Egitto ci fu quando "...vennero imposti loro dei sovrintendenti ai lavori forzati, per opprimerli con le loro angherie, e così costruirono per il faraone le città-deposito, cioè Pitom e Ramses." (Esodo 1,11)

L'indicazione reca ai tempi della XIX dinastia dei Faraoni, quella dei Ramseti, quindi, nel XIII secolo a.C.. dopo la XVIII cui apparteneva il famoso Amenophis IV che cambiò il nome in Akhenaton, il faraone additato come "eretico" che azzerò la pletora degli dei egizi sostituendo quel pantheon con il monoteismo del dio Aton e in cui pare scorgersi l'influenza degli ebrei giunti in Egitto, quando Giuseppe, primogenito di Giacobbe-Israele e di Rachele ne divenne viceré secondo i racconti del libro del Genesi 37-50.
Il cambio di dinastia e il sorgere di animosità degli egiziani verso gli ebrei sono segnalati da Esodo 1,8 quando afferma: "Allora sorse sull'Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe."
(Vedi: "Giuseppe vice faraone d'Egitto")

Prima della XVIII dinastia ci furono i governatori Hyksos, tra cui forse si deve collocare il "faraone" di cui Giuseppe fu visir.
La cacciata degli Hyksos ci fu tra il 1550 e il 1500 a.C., e segnò l'inizio del tempo del Nuovo Regno 1550-1070 a.C. con Ahmes I, poi Amenofi I e i Thutmosi l della XVIII dinastia, i quali diedero inizio alla maggiore espansione degli egizi, a sud fino alla terza cateratta del Nilo e a est fino all'Eufrate, per cui Canaan e la Fenicia entrarono sotto protettorato egiziano.
Amenofi II poi fece la pace con i Mitanni, Thutmosi IV la consolidò e con Amenofi III ci furono varie opere architettoniche monumentali, quindi, regnò Amenofi IV,1370-1353 a.C., provocò la riforma religiosa monoteistica e la dura opposizione dei sacerdoti di Ammon fino al ritorno all'antica "religione" al tempo di Tutankhamon,1350-1340 a.C., morto molto giovane cui seguì Horemheb, ultimo della XVIII dinastia, un generale sostenuto dai sacerdoti, con doti militari e politiche sotto cui fu ripristinato il culto di Amon e furono costruite importanti opere architettoniche a Menfi, Karnak e Heliopolis; agli inizi di quel regno sarebbe nato Mosè.


Tutmosi I, massima espansione a est e a sud 1500 a.C.

Le frontiere erano minacciate da Hittiti a est, dai libici a ovest e dai popoli del mare ed ecco, attorno al 1310 a.C., sorgere la XIX dinastia fondata da Ramsete I e rafforzata Sethi I.
L'Egitto raggiunse il massimo della potenza militare ed economica con Ramsete II (1290-1224 a.C.) che, riconquistata Canaan, vinse gli Hittiti a Qadesh (1275 a.C.) e trasferì la capitale da Tebe ad Avaris, sul Delta orientale, che ribattezzò Per-Ramsete.
Gli succedette Merenptah sotto di cui ci sarebbe stato l'esodo degli Israeliti dall'Egitto.

Il termine "faraone" che si trova nella Bibbia, "Para'" , le cui lettere ebraiche con i segni dicono "la parola di Ra esce " e lette al negativo propongono "parole dal male escono ", in quanto, per l'ebraismo il male assoluto è "Ra'" = = male, secondo alcuni sarebbe un anacronismo se usato prima della XVIII dinastia, in quanto, a quell'epoca non c'erano ancora i cartigli che riportavano tale nome.
Ora in egizio "Per'o" significa "Grande casa" e indicava il palazzo del faraone, ma prima di quei tempi fino al Periodo Arcaico in luogo dei cartigli era uso scrivere i nomi dei sovrani egizi in una cornice rettangolare detta "serekht" nella quale, in genere, è inserito anche il simbolo che riguardava la facciata del palazzo reale, quindi, ancora... la Bibbia aveva ragione.


Un cartiglio e un "serekht"

Si legge in Genesi 47,5-10 che il faraone che accolse Giuseppe ai tempi degli Hyksos fece risiedere il padre e i suoi fratelli nella terra di Goshen, la parte orientale del fertile delta del Nilo, proprio nel territorio della città di Ramses.
Mosè, l'uomo chiamato da Dio a essere il profeta che fece le Sue veci mentre il fratello Aronne fu la voce, era un ebreo - egiziano fuggito dall'Egitto per aver ucciso un inserviente mentre maltrattava gli schiavi ebrei, si sposò, ebbe due figli, e restò in esilio in terra di Madian oltre la penisola del Sinai per 40 anni, dice la tradizione, finché non morì il faraone da cui era fuggito.

Si trova, infatti, in Esodo 2,23-25: "Dopo molto tempo il re d'Egitto morì. Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì a Dio. Dio ascoltò il loro lamento. Dio guardò la condizione degli Israeliti, Dio se ne diede pensiero."

Ecco che subito dopo Dio si presentò a Mosè nella visione del "roveto ardente", presso il monte Oreb, come riporta Esodo 3.
In quella XIX dinastia di faraoni ci fu Ramses II che visse "molto tempo" per allora, 90 anni, quindi, per "molto tempo" regnò, circa 65 anni.
Il suo 13° figlio, Merenptah, ricoperti numerosi incarichi nell'esercito, salì al trono, dopo 12 anni di co-reggenza col vecchio padre ritiratosi e regnò per altri 9 anni dopo che quegli morì.
In Merenptah perciò è da individuare il faraone delle 10 piaghe di cui è detto nel libro dell'Esodo:
  • acqua mutata in sangue (7,14-25),
  • invasioni di rane (7,26; 8,11),
  • zanzare (8,12-15),
  • tafani (8,16; 28-7),
  • moria di bestiame (9,1-7),
  • ulcere (9,8-12),
  • grandine (9,13-35),
  • cavallette (10,1-20),
  • tenebre (10,21-29),
  • morte dei primogeniti maschi (12,29-30).
Del resto è sulla stele, detta, appunto, di Merenptah, ora nel Museo egizio del Cairo, che c'è la prima testimonianza extrabiblica del nome Israele.
(Vedi: in "Storia e mito degli ebrei in Egitto", il paragrafo "La schiavitù degli Israeliti")

"Mosè aveva ottant'anni e Aronne ottantatré, quando parlarono al faraone" (Esodo 7,7), quindi, si può ritenere che la rivelazione di Dio sul Sinai fu negli anni venti del XIII secolo a.C. quando i fenici non avevano ancora definito il loro alfabeto, poi esportato in tutto il mondo conosciuto.
I primi ritrovamenti di testi in proto-cananeo o in paleo ebraico datano, infatti, circa 4 secoli dopo; mi riferisco alla stele di "Mesha" con un'iscrizione del IX secolo a.C. di quel re moabita.
(Vedi: in "La Sacra Scrittura annuncia l'incarnazione" il paragrafo "I più antichi reperti di scrittura ebraica")

Ecco che allora mi domandai: con quali segni poteva scrivere a quei tempi un ebreo egiziano di 80 anni vissuto nel Sinai per 40 anni?


Segni sinaitici

La risposta fu immediata: con segni simili a quelli detti "sinaitici".
Fu così che mi avvicinai all'alfabeto ebraico e comincia a cercare nei 22 segni di quelle lettere tracce grafiche per capire se potessero celare anche l'idea e la possibilità per una scrittura ideografica?

(C) La Bibbia in tutte le sue parti evidenzia in modo incontestabile per ampiezza e numero delle citazioni che la rivelazione di Dio nel XIII secolo a.C. fu a gente uscita dall'Egitto.
La parola "Egitto" nell'insieme del Nuovo e Antico Testamento si presenta complessivamente 646 volte, "egiziano - egiziani" 124 volte e "Nilo" 42 volte.
Una ricerca specifica di tali termini nella "Torah" ha fornito i seguenti dati:


Si legge pure nel libro dell'Esodo 12,38 che al partire degli Israeliti da Ramses alla volta di Succot "...una grande massa di gente promiscua partì con loro...".
L'indicazione è precisa: i fuoriusciti erano tutte persone che erano vissute in Egitto, ma non erano tutti e soltanto ebrei, potevano comprende l'egiziano, ma non tutti comprendevano l'ebraico; potevano tutti però cogliere dei messaggi con segni ideografici.
Segni del genere peraltro, come le icone che oggi si usano sui cruscotti delle automobili, hanno la peculiarità di avere un carattere universale che facilita a chi li vede la comprensione immediata di un messaggio e la conservazione mnemonica di quanto deve ritenere.

Fu così che mi avvicinai al mondo dei geroglifici per captarne i rudimenti, con la fiducia che avrei trovato elementi mancanti al quadro dei significati grafici delle 22 lettere dell'alfabeto ebraico, certo della scrupolosa attenzione degli antichi scribi e rabbini nel conservare l'eventuale traccia dei segni d'origine.
Fu così che mi dotai del "Dictionary of Middle Egyptian" di Faulkner Raymond O (Griffith Institute Ashmmolean Museum - Oxford 86) e idealmente feci un bagno nel Nilo.
Mi si disvelò una chiave di decriptazione usando i messaggi delle lettere ebraiche e affinché il metodo, ormai definito, avesse un atto di nascita formale e un autore produssi in poche copie per uso personale, ormai esaurite, e registrai alla SIAE:
  • l'8 Gennaio 1998 un testo "I Segni Sacri ebraici rivelano la Parola";
  • l'8 Febbraio 2000 un testo, più ampio, con esempi di decriptazione "Geroglifici Segni Ebraici - Una rivisitazione delle Scritture".
Non intendendo in alcun modo lucrare su questioni che ritengo sacre, dopo alcuni anni per far conoscere conclusioni e sviluppi, esordii in Internet con "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche", quindi, con "I primi vagiti delle lettere ebraiche nella Bibbia", poi presentai il metodo "Parlano le lettere" e le schede delle lettere con i loro significati che si ottengono cliccando sui loro simboli a destra delle pagine di questo mio Sito.

Dopo postai i seguenti articoli che, in effetti, avevo scritti prima:
Ora, nello scorrere i testi dell'Antico Testamento della Bibbia ci si rende conto che tante idee, rivestite di nuovi contenuti, possono venire da cultura, miti, religione e usi egizi, quali risultano da questo elenco certamente non esaustivo:
  • l'idea di "come in cielo così in terra";
  • la coincidenza dei tempi di Adamo e del mito di Horus, "poco" prima della 1a dinastia egizia tra 3-4000 a.C.;
  • un grande serpente, l'Apopi in Egitto, idea della menzogna, della tenebra, incarnazione del male, parallelo al serpente di Genesi 3;
  • l'incarnazione di un dio in un uomo;
  • la risurrezione dopo la morte;
  • un giudizio per le anime dei defunti;
  • la legge di Maat e i comandamenti;
  • affinità della creazione secondo miti degli Egizi (firmamento con dea Nut il dio Nun, l'apparire della prima terra... la pietra d'angolo o ombelico del mondo);
  • un dio che muore, Osiride;
  • un dio che risorge dalla morte, Osiride;
  • il monoteismo di Akenaton;
  • l'Inno al sole che ha ispirato alcune idee nei Salmi;
  • la circoncisione che gli egizi praticavano come segno di affiliazione a Ra, (il dio Sole, che aveva circonciso se stesso per dare origine dal sangue sgorgato dalla ferita all'universo e all'esistenza umana - da un libro dei morti);
  • il peccato dell'adorazione del vitello d'oro;
  • mattoni con l'impiego di paglia;
  • tempio e abiti sacerdotali;
  • il rito dell'Effatà nel battesimo cristiano;
  • nelle tombe egizie nei "Libri dei morti" si trovano le dichiarazioni dei defunti per Anubi, "io non ho rubato...io non ho ucciso..." che ricordano molti dei 10 comandamenti sulle tavole chiuse nell'Arca dell'alleanza.
Pure la stessa Arca, i voti di nazireato e la legge del "levirato" paiono trovare in Egitto una rispondenza, come pure il riposo settimanale.
Al riguardo da Ostraca scritti ai tempi dei Ramseti da operai addetti alla costruzione di tombe nella Valle delle Regine risulta che le giornate lavorative erano otto-nove ore, separate dalla pausa di mezzogiorno per il pranzo.
Ogni mese solare contava 24 giorni lavorativi, era diviso in tre decadi, 8 giorni di lavoro e 2 giornate di riposo con varie feste religiose nel corso dell'anno.
Ogni 6 ore di lavoro seguiva una pausa e ciò fu colto nel calendario lunare ebraico basato su 4 settimane in 28 giorni, con pausa di 1 giorno ogni 6.
Nel seguito porterò elementi che confortano quanto ho detto per gli altri punti.

DA ATUM A ATON
Fu necessario che prendessi cognizione della cosmogonia egizia, ossia delle loro idee sulla "nascita del cosmo", sull'insieme dei miti e delle credenze d'origine dell'universo che aveva quel popolo ai tempi dell'esodo degli ebrei.
Mentre le religioni rivelate sorte dall'ebraismo attribuiscono tutto ciò che esiste a un Dio Unico, Creatore, ineffabile e non raffigurabile, gli Egizi avevano più miti sulle origini del mondo che prendono il nome dalle città ove essi nacquero, Ermopolis, Eliopolis, Menfi... tra cui la più importante è quella di Eliopolis, detta "eliopolitana".
L'esistenza in vita del popolo egiziano era ed è condizionata dalla produttività agricola delle larghe fasce spondali allagate periodicamente dalle piene del Nilo, quindi erano osservatori attenti della natura e del ritmo delle stagioni per i loro cicli agricoli e avevano la convinzione che un "qualcosa" fosse da sempre esistito e l'individuavano nel caos primigenio pensato come un fiume d'energia sceso dai cieli, esondato dal letto originario in cui scorreva, la Via Lattea, di cui il Nilo era il contraltare terreno.
Il Nilo del resto è il fiume principale dell'Africa e si snoda per circa 6671 km Scriveva Erodoto - V Secolo a.C. in "Storie" (I, 77, 1-2): "Tra gli Egizi, quelli che abitano nella parte seminata dell'Egitto sono di gran lunga i più dotti fra gli uomini con cui ho avuto a che fare, perché coltivano la memoria del passato di tutta l'umanità. Seguono questo regime di vita: si purgano per tre giorni di seguito ogni mese, nella convinzione che tutte le malattie derivino agli uomini dai cibi di cui si nutrono..."

Quel "qualcosa" preesistente a tutto ciò che esiste era il caos, detto il Nun, assunto a divinità primordiale indistinta che incorporava più entità.


Geroglifico del Nun primordiale

Tale geroglifico del Nun dice: è un dio del cielo che tanta... 3 orci ... d'energia ... 3 onde.
La concezione egizia era che accanto a un dio c'è sempre una dea, per cui la controparte femminile di Nun era Nunet, le acque primordiali, che invero non erano acqua, ma energia non meglio definita, rappresentata, appunto, da onde.
In quella cosmologia co-presenti al Nun c'erano poi altre tre coppie di divinità:
  • Keku e KukET, per tenebre;
  • Huh e HuhET, per infinità o illimitatezza;
  • Amon e AmonET per l'invisibilità.
Questo Caos primigenio, sotto l'azione di una "forza" detta Maat iniziò a sistemarsi e a formare l'universo ordinato con l'esistenza della vita sulla terra, quindi, all'ordine della natura seguì quello della società, sia in questo mondo, sia nel cielo.


La dea Maat

Tale forza fu divinizzata nella "idea" Maat, dea d'armonia, giustizia e verità, raffigurata con una piuma di struzzo sulla testa, con ali fuse alle braccia, nella destra ha un lungo scettro, simbolo di potere, e nella sinistra l'"ankh" , detto "chiave della vita", simbolo di "vita, vivente", di vita eterna.
Questo segno si trova in mano a varie divinità, in particolare ad Aton, indicato nelle tombe quale segno di speranza e di risurrezione e d'immortalità, donato al faraone o ad alti dignitari defunti.


Aton dona l'"ankh" della vita


Aton dona l'"ankh" della vita (particolare)

L'"ankh" si trova nel nome del faraone Tut-"ankh"-Aton che sotto la spinta dei sacerdoti dovette cambiare il nome in Tut-"ankh"-Amon, ossia immagine = tut, vivente = "ankh" di Aton e poi di Amon.
Tra i Copti, eredi della lingua egizia antica come gli italiani del latino, quelli divenuti cristiani adottarono l'"ankh" chiamandolo "croce ansata" e ne fecero il simbolo cristiano della vita eterna donata all'uomo dal sacrificio di Cristo.
La piuma di Maat era usata per provare la purezza dell'anima del defunto il cui cuore, posto su una bilancia se pesava più della piuma restava negli Inferi.
L'ordine espresso da Maat s'opponeva al dio Apopi, idea del caos, della menzogna e della violenza, un grande serpente, incarnazione della tenebra, del male e del caos in continuo conflitto ancestrale tra bene e male.
Il pensiero è che il tutto tende a tornare al caos primigenio se non ci fosse Maat, questa forza ordinatrice che pazientemente determinata, mantiene e ordina al meglio tutto il creato.
L'uomo, quindi, è chiamato a operare secondo Maat altrimenti contribuisce a far ritornare l'esistente all'indifferenziato e caotico.


Geroglifico di Maat


Geroglifico di Apopi

A monte degli dei del panteon della creazione erano pre-esistenti le idee primordiali che intendono realizzarsi.
Una di queste è Maat, ma c'è ne sono anche altre, come Toth, la sapienza, inventore dei geroglifici e della scrittura e Ptah, che pronunciò il nome di Atum nella cosmologia di Menfi e questi sorse e fu poi il sole = Ra con tutte le sue mutazioni tra cui la stessa Maat fu ritenuta emanazione di Ra.

Al caos, insomma, fu sostituita una creazione ordinata che iniziò con l'apparire di una collina primordiale nel mare d'energia Nun, quella che sarà la pietra angolare della creazione.
Da questa collina secondo la teoria Eliopolitana si auto-generò quel dio Atum ITM che significa "completare, finire, portare a termine", incarnato nel sole al tramonto, aspetto serale di Ra che è il sole al massimo splendore, da cui viene quella "forza" detta Maat.

Sotto una rappresentazione di Atum in "Testi dei sarcofagi" si trova questo "suo" commento: "Io sono Atum, il creatore dei primi dei. Io sono Colui che diede alla luce Shu. Io sono il grande Lui-Lei. Io sono Colui Che fece ciò che Mi parve buono. Io presi posto nello spazio del Mio volere: Mio è lo spazio di coloro che si muovono."


Geroglifico di Atum

Quella egizia era, quindi, una religione "solare" ove il soggetto visibile ritenuto emanatore di Maat era, appunto, "il sole", chiamato:
  • Khepri al mattino, rappresentato da uno scarabeo stercorario dal termine egizio "hpr", che significa "cominciare a esistere", incarnava la quotidiana rinascita del sole simbolo di resurrezione in quanto si rigenerava come lo scarabeo dalla palla di sterco che fa rotolare davanti e che veniva collegata al disco solare che "rinasce" dopo la notte;
    (Vedi: lo scarabeo sterocario segue la via lattea)
  • Ra quando era splendente nel suo corso;
  • Atum, al tramonto, pronto a immergersi per il combattimento notturno contro Apopi e a risorgere vincitore il giorno dopo.
Al dio Atum dall'epoca della XVIII dinastia fu associato il dio Api, già anima respiro o figlio di Ptah associato quindi a Osiride rappresentato da un toro, quello che sarà la negazione del monoteismo di Akhenaton, come vedremo, per cui per i sacerdoti di Ammon Ra l'anima del dio Osiride dimorava nella figura bovina e nella Bibbia diverrà l'aberrazione del vitello d'oro adorato in luogo di IHWH.


HP Geroglifico


immagine del dio Api

In Egitto, sin dal periodo arcaico (2925-2700 a.C.), fin dalla II dinastia è esistito il culto del toro Api e di Hathor, la dea egizia primigenia, la madre terra-vacca con grandi corna bovine che contengono il disco solare o lunare.
Il loro culto, infatti, ha preceduto quello di Osiride, il padre celeste, del quale diventa sorella-compagna Iside, in cui Hator si trasforma.

Api era il toro, tra i migliori selezionati nella valle del Nilo allevato a vita in un santuario a Saqqara con tutti gli onori dovuti a una divinità tanto che alla sua morte veniva imbalsamato, poi i sacerdoti partivano alla ricerca in tutto l'Egitto di un torello, nero con macchie bianche con le caratteristiche ideali; doveva avere tre macchie, una nera a forma di scarabeo sulla lingua, una bianca, quadrata, sulla fronte e una sul dorso a forma di aquila o di falco.
Il geroglifico di Atum è segnato dalla lettera M , una civetta, animale notturno che implica l'idea del tramonto, infatti, pare come uscito indebolito da una grande lotta, per cui dietro di lui doveva pur esservi chi gli ridava vigore ed ecco che ai tempi di Amenofi IV, della XVIII dinastia, s'impose il pensiero di quello che fu chiamato il "dio" Aton.

Evidentemente nacque il pensiero che dietro all'astro del sole, doveva esserci un motore, un ordinatore dell'energia N , un "Creatore" pur se ancora solo adombrante l'Unico da cui tutto ha origine, non solo un dio nel senso che gli egizi davano ai loro dei, ma molto di più.
Qui pare proprio ben inserirsi l'idea ebraica che suggerisce il libro della Genesi, arrivata i Egitto tramite i figli di Giacobbe-Israele, chiamati dal vice faraone Giuseppe ai tempi degli Hyksos, che forse influirono a far sorgere il monoteismo di Akhenaton, suggerendo l'idea di un solo Dio la cui immagine era il sole.
In altro paragrafo riporto con alcuni commenti l'Inno al sole di Akhenaton.


Geroglifico di Aton

Qui sopra ho evidenziato il geroglifico di Aton ove le prime due lettere IT sono come quelle di Atum e poi, però, appare l'energia N in luogo della M . Questo geroglifico, infine, e ciò è da soppesare bene, non ha il determinativo di dio come Atum, ma del segno sole e, aggiungo, in quel mondo tutto di coppie di dei e dee è ben strano che Aton non ha controparte femminile contrariamente alle varie divinità là definite.
Fu interpretato che Aton fosse un dio dei tanti del numeroso pantheon, ma forse per gli ideatori era solo un segno del "Creatore", il che eleva in dignità quel monoteismo e il suo culto come compresero bene i sacerdoti di Ammon - Ra.
Tendeva, infatti, a soppiantare il potere di tutti gli dei e dei sacerdoti, in particolare di Ammon, la cui casta sacerdotale era particolarmente potente.
Ammon-Ra era una delle tante metamorfosi di Ra, nato da una pacificazione tra le caste sacerdotali di Eliopoli e di Menfi dopo il periodo degli Hyksos.


Geroglifico di Ammon-Ra

Ecco che quel faraone Akhenaton nel IV anno del suo regno si costruì una nuova capitale, la "Città del sole".


La chiamò Akhet-Aton "Lo splendore di Aton" con due colline a est tra cui si poteva vedere sorgere il sole, definita, appunto col geroglifico come "la porta della terra", situata a metà strada tra Menfi e Tebe, oggi Luxor, ove ci sono i templi di Karnak, per allontanarsi dal potere dei sacerdoti.
Questi, infatti, lo consideravano e l'additavano come "eretico", perché annullava tutta la cosmogonia egizia lentamente da loro costruita che vivevano sulla credulità della gente.
Fecero così passare Aton come un dio minore rispetto al sole Ra - Ammon per cui ricevevano laute prebende.
ùIl profeta Isaia 19,18-25 pare ricordare quella città quando profetizzava: "In quel giorno ci saranno cinque città nell'Egitto che parleranno la lingua di Canaan e giureranno per il Signore degli eserciti; una di esse si chiamerà Città del sole. In quel giorno ci sarà un altare dedicato al Signore in mezzo al paese d'Egitto e una stele in onore del Signore presso la sua frontiera: sarà un segno e una testimonianza per il Signore degli eserciti nel paese d'Egitto. Quando, di fronte agli avversari, invocheranno il Signore, allora egli manderà loro un salvatore che li difenderà e li libererà. Il Signore si rivelerà agli Egiziani e gli Egiziani riconosceranno in quel giorno il Signore... Essi faranno ritorno al Signore..."

RICORDI EGIZI
Premetto che le credenze Egizie in campo religioso era un insieme di vari miti non sempre tutti tra loro conciliati, con due principali caratteristiche, è una religione "solare" e gran parte degli dei avevano sembianze zoomorfiche, come Anubi, dal volto di sciacallo, Horus, dal volto di falco, la mucca rappresentava la dea Hathor, una dea madre primordiale divinità dell'amore e della fertilità, il dio Api era un toro, Toht è presentato sotto forma di ibis, uccello che vola sulle rive del Nilo, o di babbuino.
In pratica tutti gli animali erano sacri rappresentando delle divinità venute a formarsi sulla terra prima dell'uomo.

Tratteggio il mito solare de "l'Enneade" con i suoi 9 dei, Atum + 4x2 ossia 4 coppie di dei, affermato e propagato dalla scuola di Eliopoli, città del Basso Egitto, per cui in principio, abbiamo visto, c'era Nun, oceano con il seme di tutto.
Emerse una collina, sorse "Atum" che appare come sole al tramonto che crescendo viene splendente e chiamato "Ra".
Questo col calore ardente che emana col soffio, unito all'umidità corporea, per autogenesi, insomma fisicamente per "espettorazione", produsse l'aria, un respiro caldo come il fuoco e un respiro umido come l'acqua.
Divinizzati divennero il dio Shu e la dea Tefnut, la prima coppia dell'Enneade, fuoco e acqua.
Da loro viene il soffio vitale che anima le creature.

Le corrispondenti lettere di fuoco e di acqua in ebraico sono la e la = , quindi, quelle che formano il Nome dei Nomi, "Shem" con cui gli ebrei definiscono Dio Unico, "Ha-Shem", il che porta a ricordare quanto soffiò Dio ad Adamo.
Dio, impastatolo con la polvere della terra gli emise la "nishmat" , ossia "con l'energia del Nome lo segnò ", come si trova in Genesi 2,7: "Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente."

Da Shu, l'aria calda e dalla dea Tefnut, l'acqua, ci fu la 2a coppia, Geb, il dio terra e la dea Nut, il cielo.
(Vedi: "Vittoria sul drago - Sanati nel Giordano")

In pratica a questo momento si è come quando il racconto della creazione della Bibbia in Genesi 1,1.2 dice: "In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque."

A questo punto però, all'Enneade Egizia manca l'idea del Dio Unico e al suo posto c'è il caos o Nun e invece di creazione presenta una trasformazione e l'ordine.


La dea Nut - il cielo stellato

Nel cielo della dea Nut secondo il pensiero Egizio, come vedremo, fondamentale è la Via Lattea che fu formata per prima e per gli Egizi era come il fiume Nilo del e nel cielo.

Rientra in questa idea il seguente pensiero che si trova nell'VIII parte dell'Inno al Sole scritto da Akenaton: "Anche se tu sei signore di tutti loro, signore delle loro terre, ti affatichi per loro, brilli per loro, di giorno sei il disco solare, grande nella tua maestà, anche alle terre lontane hai portato la vita, stabilendo per loro un'inondazione del Nilo nei cieli, che cade come le onde del mare bagnando i campi su cui abitano. Quanto eccelse sono le tue vie, o Signore dell'eternità! Hai stabilito un Nilo nei cieli per i forestieri. Per il bestiame che cammina ogni terra, ma per l'Egitto il Nilo sgorga dall'aldilà."

I due terra e cielo Geb e Nut, in effetti, erano sempre uniti, ma Shu, l'aria calda, "colui che solleva", li separò e formò la volta celeste, il firmamento, che separò le acque di sopra, ove c'è la Via Lattea, il Nilo con le onde piene d'energia del Nun, da quelle di sotto, le acque fisiche, il vero Nilo e tutti i fiumi e i mari della terra, evento ricordato nel 2° giorno della creazione della Genesi, per cui poi nel 3° giorno apparve la terra, l'asciutto.
Da Geb e Nut nacquero due coppie di dei, la 3a e 4a dell'Enneade:
  • Osiride e Iside, dei dell'ordine. Osiride dio dell'oltretomba e della fertilità; Iside, dea protettrice di nascita, rinascita, del trono d'Egitto.
  • Seth e Nefti, dei del disordine o della notte. Seth detto il Tempestoso, era personificazione di violenza e forza cieca, dio del deserto, delle tempeste e degli stranieri e della terra rossa non lavorata in contrapposizione alla terra nera "Kemet" nome che identifica l'Egitto, terra fertilizzata dal limo del Nilo. Nefti, presente nei riti funebri, protettrice delle mummie, dea dell'oltretomba, della morte, dei lamenti funebri, delle prefiche, signora delle Ore notturne, del parto, proteggeva le anime al momento della morte, una specie di Iside notturna, infatti, era considerata nutrice di Horus, quindi, simbolicamente dei faraoni, madre di Anubi.
Da questi poi ebbero a venire tutti gli dei d'Egitto, quindi, pesci, uccelli a le forme animali della terra.
Osiride è individuato da un geroglifico che ha due segni biconsonantici e dice "vigila sul trono", "ha creato il trono", "ha creato il regno", infatti, ha:
  • il "trono" per la bi-consonante ' s da cui 'as o 'is o 'us - (le vocali non esistevano);
  • un "occhio" per la bi-consonante yr, infatti, yrt è occhio e yry è "creare, generare";
  • per determinativo ha un dio, per cui è il dio 'asyr o 'isyr o 'usyr, traslitterato in greco come "", ossia Osiride.

Geroglifico del Dio Osiride

Se si prova a trasformare il geroglifico di Osiride con le lettere ebraiche si ha che:
  • le lettere 'as o 'is in ebraico diverrebbero o ;
  • alla bi-consonante ir che ha per icona un occhio si può far corrispondere la 16a lettera ebraica .
    (Vedi: scheda lettera cliccando nella colonna a destra delle pagine di questo mio Sito)
Ne consegue "origine di luce - fuoco per vedere "o Gesù .
Iside ha un geroglifico con il segno biconsonantico di "trono" per 'as o 'is e una "pagnotta" , come pancia di donna, segno che genera, icona che indica la consonante t, con il determinativo di una dea, per cui è la dea 'ast , quindi Aset e in greco "".
.

Geroglifico della dea Iside

Se si traslittera il geroglifico di Iside con le lettere ebraiche si ha "'ishet" pari al termine ebraico "moglie", quella di Genesi 2,25, la perfetta di Adamo prima del peccato, che nel mito egizio, quindi, è la moglie perfetta per Osiride.

La caratteristica peculiare di Iside e Osiride è che si amavano già nel ventre materno e con amore civilizzarono il mondo, quindi, Osiride fu l'immaginifico mitico "primo faraone d'Egitto", creatore dell'agricoltura, portò la civiltà agli uomini, insegnò loro la coltivazione della terra e a produrre il vino per cui fu molto amato dal popolo e ricorda Noè che, come Osiride uscito dalle acque del Nun e quegli del diluvio, piantò una vigna.
Tutto ciò destò l'invidia e la gelosia del fratello "Seth" che l'uccise, come Caino uccise il fratello Abele.
Divenuto, quindi, nascostamente nemico del fratello, gli tese un inganno, preparò un prezioso cofano di legno di sicomoro (legno usato per i sarcofagi) delle misure esatte di Osiride e nel corso di un banchetto invitò i convitati a provarlo e chi fosse stato della misura precisa l'avrebbe ricevuto in dono.

Il cofano per Osiride fu perfetto, ma divenne la bara che sigillata fu gettata nel Nilo e Osiride morì per colpa di un legno.
Iside la ritrovò, ma Seth di Osiride morto fece 14 pezzi.
Nella piramide di Pepi II si trova: "Omaggio a te, sicomoro, gran patibolo, compagno del dio. Il tuo petto tocca le spalle di Osiride."

Osiride restò signore dell'oltretomba, il mondo cadde per un tempo sotto il dominio del disordine, dopo l'epoca d'oro di Osiride era calata sulla terra la lotta tra il bene e il male che si combatteva anche nei cieli nelle ore notturne.
Osiride, re divino, sovrano dell'Oltretomba, Re e Giudice dei morti, era raffigurato bianco come una mummia con corona flagello e bastone segni del Faraone; lui era simbolo della fertilità del Nilo e della rigenerazione, rappresentava il sole notturno ed era collegato alla costellazione di Orione.

Noto amuleto era l'occhio Udjat, a sinistra di colore nero, associato alla luna o Osiride, o a destra di colore bianco associato al sole o Ra.
Iside sorella-sposa di Osiride collegata alla luna e alla stella Sirio col simbolo di un trono in testa e l'Ankh il simbolo della vita in mano, era protettrice dei naviganti, Dea della sapienza, guaritrice.

  Udjat     Ankh

Toth dio della sapienza, scriba divino di Osiride, è rappresentato da Ibis, il grande uccello del Nilo, bianco e nero sono i suoi colori, quelli della scrittura, infatti, sovrintende alle lettere, ai numeri, alla geometria e all'astronomia, tiene i libri dei giudizi, da lui viene lo scrivano immortale protetto da Seshat "Signora della Casa dei Libri"; la controparte femminile è Maat, figlia di Ra, di cui ho detto, signora di verità e giustizia, con la piuma di struzzo tra i capelli, presente al giudizio dei morti per assistere alla pesatura del cuore del defunto che se era leggero come la piuma entrava nel Duat.

Duat - aldilà era la dimora della divinità nel mondo delle stelle, come prova il segno di casa - dimora tra le stelle come dicono i dimostrativi dei geroglifici che riporto, entrambi usati per D'T:


oppure


Il faraone morto, con un viaggio alchemico su una barca sacra dal fiume terreno del Nilo passa al Duat quando la Via Lattea sarà bassa nel cielo in prosecuzione del Nilo stesso sull'orizzonte secondo lo sguardo fissato dalla Sfinge.

Ora, la posizione delle costellazioni di una notte qualsiasi è identica circa ogni 26.000 anni - durata della precessione degli equinozi - ed è stato verificato che circa nel 10.500 a.C. la Via Lattea fu proprio in continuazione del Nilo e su tale data sarebbero stati impostati gli orientamenti della sfinge e delle piramidi Cheope, Chefren e Micerino paragonate alle tre stelle della cintura di Orione, data cui corrisponde il sorgere della costellazione del Leone all'est indicato dallo sguardo della Sfinge.
Il Faraone attendeva la risurrezione per una data in cui si fosse riverificata quella condizione della Via Lattea col Nilo e preparava la tomba e la nave per viaggiare dal Nilo sulla Via Lattea stessa verso Orione?
(Vedi: "La durata della creazione")

Si sono ritrovati vicino alle piramidi barche e canali verso il Nilo e modellini di barche solari Neshmet nelle tombe dei notabili, termine che In ebraico significa "anima, soffio" e, in effetti, questo viene da Dio e a Lui torna.


barca solare Neshmet

In base al principio come in cielo così in terra, nella piana di Giza gli egizi avevano raffigurato ciò che è in cielo.
Pensavano che come dopo la sepoltura per Osiride ci fu rinascita, con la barca solare il faraone avrebbe raggiunto il cielo.

Il "Libro di ciò che è nel Duat" o libro dell'Amduat, riprodotto sulle pareti della tomba di Tutmosi III, illustra il viaggio nel mondo dei morti del Re Sole, di Osiride.
1° faraone, viaggio che di ciascun faraone defunto deve compiere.
Il viaggio si sviluppa in 12 tappe, come le case dello zodiaco ove la 5a tappa in quelle illustrazioni corrisponde a una caverna ove esiste il "mare di fuoco" per i dannati, il tutto parte dal cunicolo Re-stau, "il sentiero delle Porte Nascoste", una galleria all'interno della Grande Piramide.
Questa parentesi era necessaria per ricordare la cultura che aveva sedimentato per oltre 400 anni nei discendenti del patriarca Giacobbe - Israele nel paese d'Egitto da dove uscirono gli ebrei.

Importanti considerazioni si possono fare anche sulla "lebbra" descritta dal Levitico e le credenze egiziane che pensavano che un lebbroso fosse stato toccato dal dio Ra o da altra potente divinità.
Il colore della divinità, infatti, era il bianco candido e sui templi egizi c'erano lunghe aste con stendardi bianchi e i morti imbalsamati con tele bianche erano ormai in mano agli dei.

Uno dei segni che nell'episodio del roveto ardente IHWH diede a Mosè per mostrare al Faraone come credenziale che era ambasciatore investito di potere divino, fu proprio una mano che a comando diveniva lebbrosa: "Il Signore gli disse ancora: Introduci la mano nel seno! Egli si mise in seno la mano e poi la ritirò; ecco la sua mano era diventata lebbrosa bianca come la neve. Egli disse: rimetti la mano nel seno. Rimise in seno la mano e la tirò fuori: ecco era tornata come il resto della sua carne." (Esodo 4,6-7. Vedi paragrafo "Mosè ebreo" dell'articolo "Tracce di geroglifici nel Pentateuco - 2° parte".)

Il significato simbolico di bianco e nero è simile per tutti i popoli, perché relativi all'esperienza dello splendore solare e del buio delle notti senza luna.
Per la religione solare egizia erano segni della divinità.

Nero, assenza di colore, allude a morte e oltretomba, rinascita e rigenerazione, ricorda il limo delle inondazioni che fertilizzava e rigenerava l'Egitto o "Kemet", Terra Nera e Osiride, signore dell'oltretomba, dio della rinascita della natura, è detto il Nero, ma è vestito di bianco; l'universo poi ebbe origine dal nero del caos, gestito con intelligenza.

Rosso, colore aggressivo, ricorda il sangue, minaccia, rabbia e vittoria, era specifico del dio Seth che aveva occhi e capelli rossi, colore del fuoco che tutto distrugge e si pensi ai segni rossi posti sulle case Israelite per la prima Pasqua, quando si aprì l'esodo quando doveva passare l'angelo sterminatore.

Bianco, tinta araldica dell'Alto Egitto (Menfi) dotato di "Corona Bianca" a cono, è pure mancanza di colore, indica purezza e santità della divinità segno di gioia e festa, faceva presente la morte e l'entrata nel mondo ultraterreno; era il colore ieratico sacerdotale e il vestito delle mummie per presentarsi agli dei.

In ebraico le malattie della pelle per cui inizia a diventare bianca con cui si manifestava anche la lebbra erano dette "tsara'at" e dalle lettere si può leggere: "sceso Ra l'ha segnato " e mentre Ra è un dio per un egiziano, Ra per l'ebreo era il male assoluto, il bianco era il suo colore, cioè un avviso del male, ma poteva anche essere segno di santità vera e ciò doveva essere controllato, comunque, doveva essere allontanato dalla comunità, il segno del biancore era comunque segno che s'avvicinava l'imponderabile. Era tabù.

L'idea del bianco si ritrova nei Vangeli quale irruzione di divinità:
  • Matteo 28,2s - "Un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve."
  • Matteo 17,2 - "E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce."


Osiride con Iside e Nefti

Iside, la sposa, con la forza dell'amore e grazie alle arti alchemiche, ritrovato il corpo dello sposo suddiviso in pezzi nel Nilo, ne ebbe un figlio, Horus.
Osiride, il dio risorto dalla morte, quindi, fu il dio dell'oltretomba, rappresentato vestito di bianco, e il dio della fertilità indicato con il corpo verdeggiante, perché pur se morto risorge e rispunta come le spighe dal chicco di grano seminato in terra anche loro muoiono e risorgono come del resto ricorda Gesù quando dice:
  • Giovanni 12,24 - "In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto."
L'aggettivo "verdeggiante" è indicato nell'Aegyptiaca di Manetone nel Canone di Torino, mentre nei "Testi delle piramidi" Osiride era detto "Il Grande Verde".

Una usanza egizia prima della semina era di modellare con del limo il corpo del dio e di piantarvi dei semi che germogliando avrebbero ricoperto di vegetazione la statua che poi era portata in processione su una "Neshmet" o barca per alludere alla risurrezione, principio fondamentale della loro religione.

I CHERUBINI DELL'ARCA
Nell'ebraismo la "Sapienza" di Dio, a Lui coeterna, guidava i Suoi disegni e la Sua mano nella creazione, praticamente personificata in Proverbi 8,22-31, infatti: "Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all'origine. Dall'eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d'acqua; prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata, quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo. Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull'abisso, quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell'abisso, quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra, io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell'uomo."

Un ombra di quella Sapienza, nella formazione che ha provocato ordine nel caos del Nun della cosmologia egizia è Maat che, come abbiamo visto, per gli Egizi era la dea della misura e dell'ordine, quindi, della matematica e della geometria.
Maat è una divinità astratta del panteon egizio ispirata dalla dea Iside, madre di Horus e sposa di Osiride; infatti, ha la stessa iconografia di Maat con la sola variante che sul capo al posto della piuma di Maat ha un trono .


Iside e Maat

Maat opera nei cieli e nel cosmo, nei mondi superiori e inferiori, così in cielo come in terra; in greco è ""; dal suo "Nome - e "noma" in greco è uguale a "Legge" - vengono i termini MATeMATica, "mathesis", "mathema" "" scienza, disciplina, quindi fa intendere fa intendere l'Ordine di Maat, l'Ordine Matematico dell'Universo; inoltre, si ha METodo, ossia "Meta hodos", in greco "Grande Via", insomma, ha alcune caratteristiche attribuite nel monoteismo abramitico alla "Sapienza" del "Creatore".

La duplice caratteristica di "Maat", cosmica ed etica, presenta, alcune affinità con la Sapienza personificata descritta in alcuni brani dell'Antico Testamento ed è possibile ipotizzare l'influenza di questa nell'ebraismo: "Maat assicura l'ordine cosmico e l'armonia... figura della Sapienza in Proverbi 8 è forse parzialmente ispirata a quella di Maat, ma non senza che una purificazione radicale sia stata operata: la Sapienza non è una dea." (Maurice Gilbert in "Sapienza", con Pietro Rossano. Gianfranco Ravasi, Antonio Girlanda in Nuovo Dizionario di Teologia Biblica - E. Paoline 1988)

La rivelazione cristiana, del resto, ammette una gradualità, per cui "nella pienezza dei tempi" (Galati 3,24), il Figlio di Dio si è incarnato onde l'idea "Maat" assieme il "logos" ellenista sono "gradini" che hanno preparato l'uomo all'avvento della pienezza con Gesù di Nazaret.
A tale dea che idealizza l'ordine che s'oppone al caos col roteare ordinato delle stelle, delle stagioni, delle piene del Nilo e all'osservanza dei suoi principi era attribuito l'ordine millenario e giusto dell'Egitto, collaudato dalla saggezza del tempo e delle tradizioni.
I suoi principi - regola di Maat - dovevano essere presenti nel cuore degli uomini, un riferimento morale di tutti, dal faraone all'ultimo dei servi, in special modo se delegati a comando, responsabilità e a giustizia nel regno.
La dea Maat nell'iconografia egizia in definitiva ha queste caratteristiche:
  • piuma della verità e della fede sul capo;
  • nella sinistra la croce "anch" della vita;
  • nella destra lo scettro di papiro "Uadj", il gambo stilizzato di papiro, simile a una colonna papiriforme, scettro con cui da la giusta misura al tutto.
Nella rappresentazione iconografica della dea la lunghezza dello scettro è pari all'altezza del suo corpo dai piedi fino alla spalla, esclusa la testa.
Pur se può avere in misura qualsiasi lunghezza quel che conta è la proporzione rispetto a quella figura che rappresenta la lunghezza del corpo di Maat che da luogo alla costruzione del rettangolo detto aureo.
La lunghezza del suo scettro A-A' è pari alla larghezza esatta della sua figura rappresentata dall'iconografia egizia che rispetta sempre tali proporzioni.


Metà scettro è pari all'altezza dai piedi al disopra della croce che tiene in mano.
Il culmine della sua testa sotto la piuma, è di bastone più in alto, quindi, l'altezza è pari a 1,25 A per cui se A fosse lungo 2 cubiti celesti l'altezza del simulacro della dea sarebbe di a 2,5 cubiti e una cassa per contenerla dovrebbe avere la misura di tali 2,5 cubiti o 2 cubiti celesti senza la testa.

Sul papiro della regina Kamara nel Museo del Cairo si trova una strana figura che lega la testa di Maat a un rettangolo e fa pensare alla geometria, ma anche ad una cassa speciale.
Ora, il rettangolo che delimita la sagoma corporale pari allo scettro della dea è identico al rettangolo simbolo di Maat emerso da quel papiro "Kamara".


Maat nel papiro di Kamara

Tale immagine ha mosso tante idee e pensieri che hanno fornito spunti sulle conoscenze geometriche degli egizi, deducendole in particolare dalle tre principali piramidi di Giza, con l'analogia della loro posizione in pianta alla disposizione delle stelle della cintura di Orione, e alla costruzione di rettangoli aurei che si trovano frequenti nella loro iconografia e infine con la conoscenza pratica del "Pi" greco 3,14156, come ora vedremo, facendo rotolare un cilindro.
Prima di proseguire, infatti, è opportuno che apra una parentesi sulle misure di lunghezza degli egizi.
Un cilindro disposto con la generatrice a terra con diametro di lunghezza campione pari a 2 cubiti egizi invece di quel 2 in verticale generava un percorso in orizzontale di 6,28312 cubiti.
Il cubito rappresentava la lunghezza dell'avambraccio del faraone, dal gomito alla punta del dito medio, detto cubito piccolo, circa 44,7 cm, lungo pari a 6 palmi, usato per le misurazioni quotidiane e il cubito "mh" regale "niswt", utilizzato in architettura era di un palmo più lungo, quindi, circa 52,36 cm, diviso in 7 palmi di 7,48 cm, a loro volta divisi in 4 dita di 1,87 cm.
Per le misure verticali usavano pertiche e per le orizzontali rotolavano un odometro - cilindro del diametro di due cubiti - per cui un cubito orizzontale era 3,14 volte un cubito verticale.
Le piramidi avevano un rapporto tra l'altezza e il lato di base che era di 4 cubiti orizzontali a un cubito verticale quindi 4:3,14 con angolo conseguente di circa 51° e le meno ripide di 3:3,14 con angolo di 41°.
Ne consegue che secondo il pensiero egizio la dea con il suo agire opera nel mondo superiore e inferiore facendo "ordine" e in tal modo domina Apopi o Apofi, il dio del disordine.
A questo punto è importante ricordare che Apopi o Apofi ha nel suo geroglifico ha proprio due pietre cubiche , le lettere P=F, che unite formano in prospetto proprio quel rettangolo che si vede sul papiro della regina Kamara.
La lettera P in ebraico è la "pe" che graficamente allude a una bocca che parla, la Parola, il Verbo.
Apopi agisce per dividere, ed ecco le due pietre , quindi ha due parole e ricorda il serpente di Genesi 3.
Maat agisce per unire e porta a volere una pietra sola e non una parola doppia.


Geroglifico di Apopi

Nella Bibbia non si trova un termine esplicito che porti alla dea Maat, ma nella genealogia di Gesù di Luca 3 in 26 si legge: "...Naggai, figlio di Maat, figlio di Mattatia, figlio di Semein" e più avanti in 29 "... figlio di Gesù, figlio di Elièzer, figlio di Iorim, figlio di Mattat, figlio di Levi..." e nel testo originario in greco "Maat" è "" e Mattat è "".
Questo porta proprio ai tempi di Levi, antenato di Mosè, perciò un nome dato da Levi a un figlio nato in Egitto o comunque che ricorda quel mondo.
Alla luce di questi pensieri, quando in ebraico si trovano i bi-letterali e ci si dovrebbe domandare se non c'entri in qualche modo anche il concetto di ordine di Maat.
Potrebbero, infatti, alludere a lei:
  • bastone, "matteh" di Mosè, datogli da Dio "Mosè prese nella sua mano il bastone di Dio." (Esodo 4,20) e al miracolo dell'apertura del mare Dio gli disse "Ti intanto alza il bastone..." in tale conteso pare come se Dio avesse dato il potere della Sapienza a Mosè per "ordinare" la storia e gli elementi in favore della preparazione della Sua rivelazione.
  • la verità "'oemoet" .
un'arca di legno di acacia: avrà due cubiti e mezzo di lunghezza, un cubito e mezzo di larghezza, un cubito e mezzo di altezza. La rivestirai d'oro puro: dentro e fuori la rivestirai e le farai in torno un bordo d'oro. Fonderai per essa quattro anelli d'oro e li fisserai ai suoi quattro piedi: due anelli su di un lato e due anelli sull'altro. Farai stanghe di legno di acacia e le rivestirai d'oro. Introdurrai le stanghe negli anelli sui due lati dell'arca per trasportare con esse l'arca. Le stanghe dovranno rimanere negli anelli dell'arca: non verranno tolte di lì. Nell'arca collocherai la Testimonianza che io ti darò."

L'arca è di legno di "Shittim", ricorda "Abel-Shittim" o corso d'acqua delle acacie, ossia del legno di quella valle, di cui dice Numeri 25,1; 33,49 presso l'estremità NE del Mar Morto, luogo in cui ci fu l'ultimo accampamento di Israele dopo l'esodo, prima di entrare nella Terra Promessa e ove gli israeliti peccarono con le figlie di Moab.
In Genesi 14,3 invece è ricordata la valle di "Siddim" che chiama proprio Mar Morto e tutto ciò ci porta a Sodoma e Gomorra, quindi, con la mente al peccato e al demonio o spirito maligno "Shed" che è da contenere, combattere e ricondizionare in bene da "scatolare".

Nelle sue lettere (2a) Sant'Agostino scrive: "Dio, che permette il nascere del male, trae dal male il bene per tutti i buoni. Dio inoltre non apparirebbe come l'Onnipotente autore d'ogni bene, se non permettesse l'esistenza del male, benché io non sia in grado di trovare che cosa potrebbe fare servendosi del male. Egli lo ha tuttavia respinto lontano con una separazione immensa dal regno dei beati e perciò, neppure trattandosi del male da lui permesso, Dio ha cessato ogni specie di attività ma ha fatto in modo che non ci fosse alcun male dove ha voluto così. Se invece avesse fatto così dappertutto, non ci sarebbe nel mondo tutto il bene, poiché naturalmente non ci sarebbe stato il bene che egli avrebbe potuto trarre dal male."

Questa Arca, allora, annuncia la presenza della volontà di Dio per l'affermare la giustizia, dell'ordine e della verità nel mondo e contrastare il male.
Passando all'analogia egizia sta ad affermare che l'Arca assicura la Sua presenza per contrastare Apopi, il serpente, che vuol far tornare nel Caos.
In quella descrizione dell'Arca di Esodo 15 si parla di "due cubiti" "'ammatim" e questi ricordano anche la "verità che è vivente " e per chi usciva dall'Egitto, appare chiaramente allusivo del soffio della piuma di Maat.
Nel giudizio della sala del Tribunale di Osiride se il cuore del defunto, era appesantito da colpe gravi la bilancia di Anubi lo avrebbe dimostrato ed in tal caso la sorte era quella di venire divorato dalla dea Ammit. Era questa Ammit il demone mostruoso del regno degli inferi, con testa di coccodrillo, corpo di giaguaro e parte posteriore di ippopotamo che si vede sopra a destra della bilancia del giudizio, preposta alla distruzione totale dello spirito del morto, quindi, una specie di "ira di Maat".


Da "Libro dei Morti" di Hu-nefer
Regno di Sethos I, XIX dinastia, British Museum


Geroglifico di Ammit

In quello stesso versetto con cui Esodo 25,10 descrive dell'Arca si trova ripetuto 3 volte in ebraico "chetsy" che è tradotto come "mezzo" dal radicale di "suddividere, smembrare, spezzettare", infatti, "chets" è "lancia, freccia".

Ora, viene comandato di "Nell'arca collocherai la Testimonianza che io ti darò." (Esodo 25,16) ossia vi va posto il "Nome", la "Legge".
Il decalogo o 10 Parole date da Dio sull'Oreb, divise in due tavole di pietra sulla prime con i 5 comandamenti del cielo verso Dio e sulla seconda i 5 verso gli uomini della terra era il Nome, era la Legge, della Sapienza divina da mettere nell'Arca.
Questa Legge è l'arma che contrasta il male e viene chiusa nell'Arca il cui prospetto rettangolare ricorda quel famoso rettangolo di Maat.


Apopi nel Tempio di Edfu

Nel Tempio di Edfu dedicato al dio Horus, risalente all'Antico Regno e restaurato nel poi Nuovo Regno durante la XVIII dinastia dal III di quei Thutmosi, quindi, conosciuto da Mosè, si trova un bassorilievo raffigurante Apopi trafitto da numerosi coltelli, colpito dalle forze del bene, ossia quelle dispensate da chi opera secondo Maat, che in definitiva l'incatenava che sono poi le armi cui alludono quei "mezzo" "chetsy" che è tradotto come "mezzo", in ebraico quindi le "frecce" di Esodo 25,10 dell'arca ripetuto 3 volte.
Secondo il mito egizio il rossore di sera e mattutino allude al sangue che sgorgava dalle sue ferite che arrossava il cielo.

Quel testo di Esodo 25 prosegue poi in questo modo: "Farai il propiziatorio, d'oro puro; avrà due cubiti e mezzo di lunghezza e un cubito e mezzo di larghezza. Farai due cherubini d'oro: li farai lavorati a martello sulle due estremità del propiziatorio. Fa' un cherubino a una estremità e un cherubino all'altra estremità. Farete i cherubini alle due estremità del propiziatorio. I cherubini avranno le due ali spiegate verso l'alto, proteggendo con le ali il propiziatorio; saranno rivolti l'uno verso l'altro e le facce dei cherubini saranno rivolte verso il propiziatorio. Porrai il propiziatorio sulla parte superiore dell'arca e collocherai nell'arca la Testimonianza che io ti darò. Io ti darò convegno in quel luogo: parlerò con te da sopra il propiziatorio, in mezzo ai due cherubini che saranno sull'arca della Testimonianza, dandoti i miei ordini riguardo agli Israeliti." (Esodo 25,17-21)

Al riguardo, propongo la seguente ricostruzione grafica:


(Vedi: in "L'epopea dell'Arca del patto - Testi nascosti")

Ho trovato, infatti, che nei testi ebraici dell'Antico Testamento ben 10 volte ripete che Dio, che ho rappresentato con un triangolo , siede tra i cherubini, come si trova scritto in 1Samuele 4,4; 2Samuele 6,2; 1Re 6,32 e 19,15; 1Cronache 13,6; Salmo 80,2 e 99,1; Isaia 37,16; Ezechiele 10,10 e Daniele 3,55.

Guardando nelle immagini degli esseri alati rappresentati nelle tombe e nei Templi egizi, l'essere con le ali è tipico in particolare delle dee Iside e Manat e mi ha colpito in particolare un'immagine antica che ripropongo raddoppiata e ribaltata in cui la posizione delle ali pare ispirare i cherubini descritti sul propiziatori dell'Arca.
L'Arca da un punto di vista esoterico è interpretata come il contenitore del sapere superiore, lo scrigno della conoscenza, il vaso della parola perduta, perciò chi la ritrovasse s'impossesserebbe di tale prezioso patrimonio.
L'Arca per come concepita potenzialmente poteva anche risultare una macchina dotata d'energia frutto d'una tecnologia antica, che secondo alcuni gli egizi conoscevano e che Mosè avesse recepito, o addirittura trafugato al faraone... e qui la fantasia si sbizzarrisce... dalla grande piramide di Cheope, insomma un potente condensatore capace di caricarsi di elettricità statica, quindi, di fatto un accumulatore.
Abbiamo visto che l'Arca era una cassa di legno d'acacia, che poteva fungere da dielettrico, rivestita d'oro con un coperchio tutto d'oro con due cherubini con le ali ripiegate quasi a toccarsi.


Nell'immagine egizia sovrastante si vede il cielo - la striscia nera superiore a modo di coperchio - che scarica energia tramite l'"anch" sul segno Zed, su cui troneggia l'albero di vita presenti le dee Iside e la sorella Nefti su sgabelli indicanti il segno dell'oro.

È da ricordare che la Tenda del convegno o Tabernacolo di cui parla il Pentateuco, rappresentava la presenza di Dio tra la comunità.
Questa con tutti gli arredi, fu fatta produrre da Mosè nel deserto con segni terreni a modello del santuario celeste che rappresentava la creazione, la storia del cieli e della terra, quindi anche del futuro messianico che era da venire e da attendersi.

Prendendo coscienza della provenienza egizia di Mosè, è da presumere che quei "cherubini" sull'Arca fossero un modo d'esplicitare con idee egizie un oggetto atto ad ingenerare l'ispirazione a divinità alate.
Divinità del genere erano, infatti, comuni nell'immaginario dell'antico Egitto, ed erano comprensibili da parte dei fuoriusciti da quel paese.
I due cherubini potevano in molti evocare la dea Iside con la figura speculare della sorella Nefti che in quel mito piangevano la morte di Osiride e ne volevano provocare la resurrezione alchemica.
Ora aggiungo anche la "sapienza" la Maat che doveva portare ordine nel mondo come in cielo così in terra quindi duplicata.

Riferiscono gli scritti, attribuiti dalla tradizione a Mosè, che il Signore gli ordinò di produrre l'Arca e ne diede la descrizione indicando forma, materiali e dettagli che vennero filtrati da un personaggio egiziano-ebreo e tradotti in manufatto assai simile a un prodotto dell'artigianato egizio capace di suscitare l'idea del sacro nella comprensione immediata di tutti quei fuoriusciti dall'Egitto, di cui molti "raccogliticci".
I due cherubini, così, erano a raffigurare creature superiori che con le loro ali proteggevano il contenuto dell'Arca in cui c'era una fonte di vita.

In "Il cuore dell'uomo" riportavo che l'uomo dell'antico Egitto dopo la morte doveva affrontare con successo un giudizio per poter raggiungere i campi dei Giunchi o delle Canne, i campi Iaru, collocati nel cielo, a oriente appena sopra l'orizzonte terrestre, vicini alla porta da cui il sole saliva in cielo e iniziava il suo viaggio da oriente a occidente.
Il giudizio consisteva nella pesatura del cuore o "psicostasia" descritta in una guida del mondo dell'aldilà - il Libro dei Morti - libro che veniva posto nelle tombe di personaggi importanti anche per suggerire al defunto le parole adatte da dire al giudici del tribunale di Osiride.
Questo tribunale ove il cuore è pesato è chiamato anche "sala delle due Maat", intese come verità e giustizia.
Nella propria vita sulla terra se l'uomo aveva percorso cammini per ricercare giustizia e verità e aveva rifuggito da ciò che provoca danno al prossimo, alle divinità e all'autorità terrena del faraone conservando il cuore non appesantito, ma leggero come la piuma della dea Maat, la dea della giustizia, della verità e dell'ordine universale, superava positivamente il giudizio.
Il defunto si discolpava con una confessione detta "negativa" basata sulla negazione d'aver commesso ingiustizie o atti malvagi.

Nel Capitolo CXXV del Libro dei Morti nel papiro di Ani della XVIII dinastia dell'Antico Egitto, il più conosciuto del Libro dei Morti che si trova nel British Museum si trovano 42 "precetti" che dovevano essere rispettati.
Riporto la traduzione che mi sembra più verosimile di cui si trova echi nel Decalogo ebraico: "Non ho detto il falso; Non ho commesso razzie; Non ho rubato; Non ho ucciso uomini; Non ho commesso slealtà; Non ho sottratto le offerte al dio; Non ho detto bugie; Non ho sottratto cibo; Non ho disonorato la mia reputazione; Non ho commesso trasgressioni; Non ho ucciso tori sacri; Non ho commesso spergiuro; Non ho rubato il pane; Non ho origliato; Non ho parlato male di altri; Non ho litigato se non per cose giuste; Non ho commesso atti omosessuali; Non ho avuto comportamenti riprovevoli; Non ho spaventato nessuno; Non ho ceduto all'ira; Non sono stato sordo alle parole di verità; Non ho arrecato disturbo; Non ho compiuto inganni; Non ho avuto una condotta cattiva; Non mi sono accoppiato (con un ragazzo); Non sono stato negligente; Non sono stato litigioso; Non sono stato esageratamente attivo; Non sono stato impaziente; Non ho commesso affronti contro l'immagine di un dio; Non ho mancato alla mia parola; Non ho commesso cose malvagie; Non ho avuto visioni di demoni; Non ho congiurato contro il re; Non ho proceduto a stento nell'acqua; Non ho alzato la voce; Non ho ingiuriato dio; Non ho avuto dei privilegi a mio vantaggio; Non sono ricco se non grazie a ciò che mi appartiene; Non ho bestemmiato il nome del dio della città."

In definitiva, l'interno dell'Arca era rivoluzionario per il mondo, infatti, conteneva:
  • la "Torah" o Legge che serve a imbrigliare lo spirito ribelle del mondo;
  • l'annuncio che la Parola di Dio si sarebbe fatta presente tra gli uomini.
HORUS E ORIONE
Secondo il pensiero egizio chi operava in terra concretamente per garantire l'ordine e far uscire dal disordine la terra, la gente e ogni ramo della cultura, era il faraone d'Egitto, discendente da Osiride il mitico primo faraone.
Questi aveva nelle mani i segni della giustizia, il flagello e della misericordia, il bastone ricurvo.
Il faraone, quindi, ed era detto dal suo popolo il buon pastore che riceve luce e spirito direttamente da Ra tramite Horus, il figlio di Osiride e Iside.


Osiride con i segni del potere faraonico

Horus ha per geroglifico un falco , precisamente un "falco pellegrino" che in egiziano antico era individuato dalle lettere HR, quindi, era chiamato "Hor".
C'era anche il falcone e si chiamava BIK e anche questo viene riferito a Horus.


Ra e Horus, divinità solari, erano rappresentati con la testa di falco, perché tale uccello è un rapace del cielo che vola alto, ha la vista acuta e un volo molto rapido ed efficace e ben può alludere a "colui che dal cielo tutto vede".

Secondo il mito egizio il sentimento dell'amore armò Iside di pazienza per cui cercò lungo il Nilo i 14 pezzi del corpo di Osiride in cui secondo un mito sarebbe stato smembrato e con le arti alchemiche portò il fratello-sposo a risorgere per lo stretto tempo necessario al concepimento del figlio, Horus, che aveva per occhio il sole e per l'altro la luna.
In relazione a tanto, quindi, implicito è che Horus è più del sole"!

Horus, quando, affrontò lo zio Seth che era divenuto faraone d'Egitto e vinse nella lotta con lui, perse l'occhio sinistro - lo ricordano le eclissi di luna - ma gli fu riconosciuto il diritto di regnare sul trono.
Dobbiamo andare alla prima dinastia in cui regnò un faraone detto Djer, circa 3050 a.C. nel cui prenome c'era Horus.
Venne sepolto nella necropoli nei pressi di Abydos e dalla XVIII dinastia la sua tomba fu venerata come tomba di Osiride.


"serekh" di Horo Djer - Louvre di Parigi

Ecco che la data di creazione della prima coppia Adamo che si può trarre dai dati forniti della Bibbia, dai rabbini confermata per il 3760 a.C. da cui parte il calendario ebraico e la numerazione dei loro anni è compatibile con quella del mito di Horus, con la prima investitura di un primo faraone 700 anni prima della 1a dinastia nota dei faraoni egizi.
Per la vittoria dell'ordine su disordine era considerato eroico e definito il salvatore del mondo, Hor-Shed, quindi, in greco "soteras" "" ed ecco allora fu detto "" in greco antico e "Horus" in latino.

Ora, in effetti, quello del falco è anche il segno della prima delle 24 lettere mono consonantici dell'egiziano antico, quella detta "'alef", ma nel caso specifico è da considerare alla stregua di un dimostrativo che allude alla bi-consonante HR rappresentata dalle mono-consonanti:
  • H, una corda intrecciata ;
  • R una bocca .
La stessa bi-consonante HR con l'aggiunta del dimostrativo di un volto vuol dire "faccia, volto" o con quello di "via" , "distanza".
Ecco che altri significati proposti per Osiride sono quelli di "Viso", "il Distante", "il Lontano" o "Colui che è sopra", il "Superiore".

HR =

Geroglifico di Volto

E HRW = Horu =

Geroglifico di superiore, vip

Pare proprio evidente come la lettera "'alef" ebraica possa essere una evoluzione grafica, stilizzata, della "'alef" egizia, quindi, del falco che la esprime:
  • HR
Horus come abbiamo accennato pare ispirare anche:
  • il superiore, il potente e la potenza per antonomasia, quindi, la lettera "Lamed" l'unica delle 22 lettere ebraica che si alza rispetto alle altre.
    HR HRW = .

  • il "Volto", quindi la lettera ebraica "Pe":
    HR =
Con gli attributi di Horus trasformati in questo modo grazie al grafismo delle lettere ebraiche si tratteggia la parola "'alef" che in egiziano antico rappresenta il falco, ma allude in ebraico all'espressione di "Dio che parla ".

Del resto il faraone era ritenuto un dio, incarnazione di Horus e parlava per conto di Ra dal trono e una tale idea fu presente all'Antico Regno fin dalla 3a o 4a dinastia, che risale al 2600-2700 a.C..
Nei Testi delle Piramidi, Horus presiede all'operazione dell'apertura della bocca e degli occhi del faraone defunto, quindi, si mette in cammino verso Osiride mentre il corpo mummificato del defunto rimane legato alla terra e viene posto nella tomba che in vita aveva preparato con cura in attesa di partire con la barca solare con la parte di anima umana, il Ka.

Il rituale dell'apertura della bocca era compiuto prima della sepoltura per riattivare i sensi del defunto affinché potesse continuare a vivere nell'oltretomba in attesa del momento opportuno la risurrezione.

Ritengo che proprio al geroglifico di Horu caratterizzato dai segni di una corda intrecciata , ossia di cosa stretta e di chiusura nonché di una bocca e di un passerotto che poi potrà volare sia connessa l'idea proprio del suo compito di dissigillare la bocca e tutte le aperture del viso , quindi, anche orecchi, occhi, narici, insomma tutti sensi e dare vita.
Dal faraone defunto, Horus torna a Osiride compiendo un viaggio nel mondo sotterraneo per comunicare la novella al padre, per cui Osiride, simbolo di rinascita datore di vita, porta Horus a ripartire verso un successore del faraone. Una descrizione di un tale rituale è nelle decorazioni della tomba del 1300 a.C. di Seti I della XIX Dinastia nella Valle dei Re.

Horus sorge per la rinascita come falco solare e la stessa operazione dell'apertura della bocca e degli occhi la fa al nuovo faraone prescelto dalla dinastia secondo precise regole e inizia il ciclo della nuova incarnazione.
Per quella cerimonia si usava "il dito di dio" che nel caso specifico era un dito d'oro, di cui al seguente geroglifico:


C'è un dito , un onda , d'energia N e un pettorale , d'oro nbw che indica il nome di "Horus d'oro" bik-nebu o "Falco su pettorale" ossia nebu ed è evidente che riportava l'energia di cui l'onda N.
Nei geroglifici un dito indice equivaleva anche al numero 10.000.

Apro una parentesi sull'espressione "dito di Dio".
Nella Bibbia nel racconto nel libro dell'Esodo delle 10 piaghe d'Egitto si trova per la terza piaga che quando in 8,12 "...il Signore disse a Mosè: Comanda ad Aronne, stendi il bastone, percuoti la polvere della terra: essa si muterà in zanzare in tutto il paese d'Egitto" i maghi egiziani dovettero riconoscere che: "È il dito di un dio", ma il Faraone continuò ad ostinarsi e la Bibbia di Gerusalemme - nota di Esodo 8,15 precisa che "È il dito di un dio" è formula che s'incontra nei testi magico-religiosi egiziani.
Altre due volte si trova questo "dito", in Esodo 31,18 e in Deuteronomio 9,10 ove è asserito che quel dito scrisse le 10 parole sulle Tavole e Gesù in Luca 11,20 dice: "Se invece io scaccio i demoni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio."

C'è un episodio che riporto dal Vangelo di Marco 7,32-37 ove Gesù provoca l'apertura della bocca e degli orecchi a un sordomuto: "Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: Effatà, cioè: Apriti! E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!"

Il rito del battesimo cristiano, peraltro, contiene il segno del gesto da parte del sacerdote che pronunciando l'invito: "Effatà, cioè: Apriti, perché tu possa professare la tua fede a lode e gloria di Dio" e in tal modo invoca la grazia che questi possa udire la parola di Dio e professarla per la propria salvezza.


Horus bambino - Iside allatta Horus

Tra le varie forme con cui gli egizi adoravano Horus c'era anche quella da neonato e da bambino - Hor-Khered-Nechen e Hor-Pa-Khered - che i greci articolavano con il nome di Arpocrate, raffigurato sia in braccio alla madre Iside che lo allatta, sia come un fanciullo con l'indice della mano destra in bocca.


Costellazione di Orione


Costellazione di Orione

Il sorgere di Orione nel cielo, dopo il lungo periodo di invisibilità, è il segno della rinascita e dell'inizio della nuova stagione.
Il periodo più propizio per l'osservazione della costellazione di Orione nel cielo notturno va da novembre a maggio quando è visibile a cavallo dell'equatore celeste praticamente da ogni punto della Terra.
La costellazione di Orione o il Cacciatore, in greco "" o "" e in latino Orion, è di circa 130 stelle visibili a occhio nudo e lui, l'eroe, è identificabile delle tre stelle che formano la sua Cintura dette i Tre Re e i Re Magi.
Si trova vicino al fiume Eridano, ha i suoi due cani da caccia, il Maggiore e il Minore, combatte contro il Toro e anche ha vicino l'altra preda, la Lepre.

Nella costellazione del Canis Major è presente la stella spdt, Sopedet, la Sothis dei greci, la nostra Sirio, associata dagli Egizi alle dee Hathor e Iside - Sepedet, la cui levata eliaca, dopo circa 70 giorni di non visibilità, segnava l'inizio dell'anno e annunciava l'inizio dei 4 mesi delle piene del Nilo, evento importante per gli egiziani.
La levata eliaca di Sirio si verifica ogni 365,25 giorni, per cui nel calendario egizio di 365 giorni ritardava di un giorno ogni 4 anni, quindi, si verificava esattamente in uno stesso giorno ogni 365/0,25=1460 anni civili.


Iside - Sepedet

LA LUCE E IL VOLTO
Avendo visto che pare non trovarsi traccia del nome di Horus, HR, Hor, nell'Antico Testamento mi sono chiesto come si potrebbe traslitterare tale nome in ebraico.
Seguendo i ragionamenti che seguono mi sono trovato davanti una sorpresa.
Per farlo dovrei ricordare il falco che allude alla prima lettera dei segni monoconsonantici egizi, allude a quel nome Hor e, come ho già chiarito, a mio parere è la base grafica anche della lettera "'alef" ebraica.
Per darle suono e ricordare di Hor il suo dito o il bastone di comando aggiungerei una "waw" e per la lettera R ovviamente userei la lettera "resh" che indica una testa e allude a un corpo.
Tutto ciò, scritto da destra a sinistra com'è d'uso in ebraico, ecco che tratteggia il triletterale , che sotto l'aspetto del mito di Horus ha un senso "il falco = (ossia Horus) si porta in un corpo " e allude all'incarnazione di Hor nel faraone.
In ebraico , da leggere 'OR significa "luce" ed è pure allusivo del sole come in Giobbe 31,26 e Geremia 31,36.
Questo 'OR è la prima parola che pronuncia Dio per la creazione Genesi 1,3 "Sia la luce ", ma nel pensiero ebraico a monte di tutto non c'è il Caos, il Nun, le acque e l'abisso, anche se questo viene descritto, ma c'è l'Unico Signore che aleggia su tutto questo e, fatti i debiti mutamenti, la descrizione che prosegue potrebbe essere anche egizia.

A questo punto sono andato nell'Antico Testamento a cercare il nome di Orione e trovo che tale nome in italiano appare tradotto come tale 4 volte, in:
  • Giobbe 9,9 - "Crea l'Orsa e l'Orione, le Pleiadi e i penetrali del cielo australe." Ove:

    = "a'sh" è l'Orsa;
    "Kesil" è Orione;
    "Kimah" sono le Pleiadi.
  • Giobbe 38,31 - "Puoi tu annodare i legami delle Pleiadi o sciogliere i vincoli di Orione ?"
  • Isaia 13,10 - "Poiché le stelle del cielo e la costellazione di Orione Kesil non daranno più la loro luce; il sole si oscurerà al suo sorgere e la luna non diffonderà la sua luce."
  • Amos 5,8 - "Colui che ha fatto le Pleiadi e Orione Kesil, cambia il buio in chiarore del mattino e stende sul giorno l'oscurità della notte; colui che comanda alle acque del mare e le spande sulla terra, Signore è il suo nome."
Guardando le lettere usate analizziamo ora il significato del nome "Kesil" che in ebraico indica Orione si ottiene:

"trono ( = ) ove c'è - sta il potente "

e in tal modo pare alludere proprio al mito egizio.
(In ebraico "kesil" significa anche "stolto", forse in quanto allude all'inutilità di un paniere "sal" come vaso , perché allude che non può contenere acqua di vita, quindi è sempre "scemo".)

Se poi si traslitterano le lettere usate in greco per Orione, ossia "", si ha un'altra sorpresa, in quanto, si ottiene .
Queste lettere, leggendo come Horus, pensando al mito egizio, dicono che da Orione "Horus è a portare energia ".
Quel "è a recare energia ", stante che = fa venire alla mente il termine ebraico di colomba "ionah" e accade che fa a pensare al battesimo di Gesù nel Giordano ove su di Lui "l'Unico gli porta sulla testa la colomba ()" e da quel momento Gesù inizia la missione pubblica.

Per chi conosceva quel mito egizio per cui Osiride da Orione inviava Horus alla sua incarnazione questo diventava, del tutto allusivo al fatto che, Dio, suo Padre, a Gesù aveva aperto la bocca e gli occhi, infatti, vide scendere la colomba e sentì la voce dal cielo; era il Verbo, il Volto, , la Parola del Padre.
Stante i geroglifici di Horus, luce, nascosto e volto sono parole che lo ricordano, per cui vediamo come appaiono nei testi dell'Antico Testamento.
In primo luogo nella "Torah" si trova la dichiarazione di Dio a Mosè sull'Oreb quando il Signore passa nella sua gloria.

Questo è il racconto di quell'episodio in Esodo 33,18-23: "Gli disse: Mostrami la tua gloria! Rispose: Farò passare davanti a te tutta la mia bontà e proclamerò il mio nome, Signore, davanti a te. A chi vorrò far grazia farò grazia e di chi vorrò aver misericordia avrò misericordia. Soggiunse: Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo. Aggiunse il Signore: Ecco un luogo vicino a me. Tu starai sopra la rupe: quando passerà la mia gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano, finché non sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non si può vedere."

Mi direte ma come fai a connettere questi versetti con il mito di Horus?
Vediamo: Mosè è nel luogo in cui per la prima volta il Signore Dio gli si presentò con le fiamme del roveto ardente ed eravamo in Esodo 3,1 che precisa: "Mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb."

A questo punto nasce la domanda l'Oreb era già considerato monte di Dio o dice in tal modo per i fatti che seguiranno?
In ebraico per "al monte di Dio, l'Oreb" è scritto: "'oel her ha'oelohim chorebah"



Ora "choeroeb" significa "spada" e "chorebah" allora significa "tagliato, inciso".
Quel nome ai tempi di Mosè era ovviamente pensato con segni sinaitici ed egizi quel HR ricorda Horus, e il Volto.
A questo punto guardiamo l'Oreb HRBH con altri occhi, possibilmente con quelli di un egiziano del XIII secolo a.C., per cui la lettera B = è un piede un luogo, quindi, un posto e indica un luogo aperto ; quindi, si potrebbe pensare come un posto ove HR , Horus - il Volto - il Nascosto, esce, ossia si presenta, ad esempio con bagliori di luce.

Il versetto Esodo 33,23 poi recita "...toglierò la mano" e continua "vedrai le mie spalle, ma il mio volto non si può vedere" ed ecco parla del "volto" "fani" assieme alle spalle "'echari" ove si ritrova e se si pensasse a Horus ricorderebbe che è distante e si nasconde.

Deuteronomio 32,20 in un certo senso ricorda quel passo di Esodo 33,18-23 quando recita: "Ha detto: Io nasconderò loro il mio volto; vedrò quale sarà la loro fine. Sono una generazione perfida, sono figli infedeli."

Sul nascondere la luce del suo volto il profeta Isaia dice:
  • Isaia 8,17 - "Io ho fiducia nel Signore, che ha nascosto il suo volto alla casa di Giacobbe, e spero in lui."
  • Isaia 45,15 - "Veramente tu sei un Dio nascosto, Dio d'Israele, salvatore."
  • Isaia 55,8 - "In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto; ma con affetto perenne ho avuto pietà di te, dice il tuo redentore, il Signore."
  • Isaia 59,2 - "Ma le vostre iniquità hanno scavato un solco fra voi e il vostro Dio; i vostri peccati gli hanno fatto nascondere il suo volto per non darvi più ascolto."
  • Isaia 64,6 - "Nessuno invocava il tuo nome nessuno si risvegliava per stringersi a te; perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, ci avevi messo in balìa della nostra iniquità."
Anche Geremia fa presente in 33,5 che in quel tempo Dio ha "...nascosto il volto a questa città", ossia a Gerusalemme.

Pure in Ezechiele si trova:
  • Ezechiele 39,23-24 - "Le nazioni sapranno che la casa d'Israele per la sua iniquità era stata condotta in schiavitù, perché si era ribellata a me e io avevo nascosto loro il mio volto e li avevo dati in mano ai loro nemici, perché tutti cadessero di spada. Secondo le loro impurità e le loro trasgressioni io li trattai e nascosi loro la faccia."
  • Ezechiele 39,29 - "Allora non nasconderò più loro il mio volto, perché diffonderò il mio spirito sulla casa d'Israele. Oracolo del Signore Dio."
Nei Salmi la questione della luce del suo volto che si nasconde o si fa presente è ricordata tante volte come in:
  • Salmi 4,7b - "Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto."
  • Salmi 10,11 - "Egli pensa: "Dio dimentica, nasconde il volto, non vede più nulla."
  • Salmi 13,2 - "...Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?"
  • Salmi 22,25 - "...perché egli non ha disprezzato né sdegnato l'afflizione del misero, non gli ha nascosto il suo volto, ma, al suo grido d'aiuto, lo ha esaudito."
  • Salmi 27,9 - "Non nascondermi il tuo volto, non respingere con ira il tuo servo."
  • Salmi 30,8 - "Nella tua bontà, o Signore, mi hai posto su un monte sicuro; ma quando hai nascosto il tuo volto, io sono stato turbato."
  • Salmi 44,4 - "...non con la spada conquistarono la terra, né fu il loro braccio a salvarli; ma il tuo braccio e la tua destra e la luce del tuo volto, perché tu li amavi."
  • Salmi 44,25 - "Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria..."
  • Salmi 69,18 - "Non nascondere il volto al tuo servo, sono in pericolo..."
  • Salmi 88,15 - "Perché, Signore, mi respingi, perché mi nascondi il tuo volto?"
  • Salmi 89,15 - "Beato il popolo che ti sa acclamare e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto..."
  • Salmi 90,8 - "...poni le nostre colpe, i nostri peccati occulti alla luce del tuo volto."
  • Salmi 102,3 - "Non nascondermi il tuo volto; nel giorno della mia angoscia piega verso di me l'orecchio. Quando ti invoco: presto, rispondimi."
  • Salmi 104,29 - "Se nascondi il tuo volto, vengono meno, togli loro il respiro, muoiono e ritornano nella loro polvere."
  • Salmi 143,7 - "Rispondimi presto, Signore, viene meno il mio spirito. Non nascondermi il tuo volto, perché non sia come chi scende nella fossa."
Nel libro di Tobia al 13,6 si trova: "Convertitevi a lui con tutto il cuore e con tutta l'anima, per fare la giustizia davanti a Lui, allora Egli si convertirà a voi e non vi nasconderà il suo volto."

Propongo, infine, i seguenti due passi del Nuovo Testamento:
  • Giovanni 5,37-40 - "E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti, non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita", ove Gesù parla del volto del Padre e chiede di scrutare le scritture.
  • Apocalisse 1,16 - in cui il Figlio d'uomo, "Teneva nella sua destra sette stelle e dalla bocca usciva una spada affilata, a doppio taglio, e il suo volto era come il sole quando splende in tutta la sua forza." e ricorda le stelle... la spada, quindi, "coeroeb"..."l'Oreb" e il sole è come un eroe e fa pensare a Orione.
A questo può finire il mio bagno nel Nilo e il mio excursus su questi temi.
Lungi da me il credere a quei miti e al paganesimo degli egizi, ma lo scopo era rendere palese come numerosi siano nella Bibbia i riferimenti di quella cultura e come quegli antichi pensieri abbiano bucato i secoli e siano entrati senza che ce ne rendiamo esplicito conto profondamente nel nostro modo di pensare.
Gli Israeliti, grazie alla scuola di Mosè, hanno il merito d'aver sintetizzato quei miti, ponendoli sotto l'egida di Dio Unico Creatore che l'illumina di vera luce.
La mia fede invece si poggia sull'annuncio dei Vangeli che hanno recato e portato al mondo la luce di Cristo e il suo Kerigma.
I Vangeli, infatti, annunciano che Dio Unico si piegò a quelle attese, preparate nei secoli, presentandosi e incarnando il suo Santo Spirito in Gesù di Nazaret, vero Dio e vero uomo, morto e risorto, che ha lasciato la Chiesa quale madre che fa nascere, alleva e nutrisce con i Sacramenti i Suoi fratelli e che Lui. Il Messia, tornerà con gli angeli nella gloria alla fine dei tempi per la risurrezione e il giudizio finale di tutta l'umanità che Lui ama.

ALCUNI COMMENTI SULL'INNO DEL SOLE
Dell'inno al sole di Akhenaton mi sono interessato in "Storia e mito degli ebrei in Egitto".
Di tale inno sono state trovate 6 versioni simili nelle tombe di dignitari di Akhenaton, ma il testo più completo è quello trovato a Tell el-Amarna nella tomba n. 25 destinata ad Ay, già consigliere di Akhenaton poi faraone, pare per 4 anni, dopo la morte di Tutankhamon.
La tomba non fu usata da Ay e la sua mummia fu trovata in un altro sito.
Quel testo, inciso sulla roccia della parete destra del corridoio d'ingresso della tomba è su 13 colonne che coprono quasi tutta la superficie della parete.
Pur se il testo in sito oggi risulta in alcune parti deteriorato è disponibile una trascrizione completa prodotta negli anni 1883-1884 da Urbain Bouriant, per cui l'inno è stato interamente tradotto come qui riporto.

I - Tu ti ergi glorioso ai bordi del cielo, o vivente Aton! Tu da cui nacque ogni vita. Quando brilli dall'orizzonte a est riempi ogni terra della tua bellezza sei bello, grande, scintillante. Viaggi sopra le terre che hai creato, abbracciandole nei tuoi raggi, tenendole strette per il tuo amato figlio. Anche se sei lontano, i tuoi raggi sono sulla Terra. Anche se riempi gli occhi degli uomini, le tue impronte non si vedono.

II - Quando sprofondi oltre il confine occidentale dei cieli la terra è oscurata come se fosse arrivata la morte; allora gli uomini dormono nelle loro stanze, il capo coperto, incapaci di vedersi tra loro; vengono loro sottratti i tesori da sotto la testa e non lo sanno. Ogni leone esce dalla sua tana, tutti i serpenti emergono e mordono. Il buio è totale e la terra silente: Colui che li ha creati riposa nell'orizzonte.

III - La terra s'illumina quando sorgi con il tuo disco scintillante di giorno. Davanti ai tuoi raggi l'oscurità è messa in fuga il popolo delle Due Terre celebra il giorno, tu lo svegli e lo metti in piedi, loro si lavano e si vestono, sollevano le braccia lodano il tuo apparire, poi su tutta la terra cominciano il proprio lavoro.

IV - Le bestie brucano tranquille, gli alberi e le piante verdeggiano, gli uccelli lasciano i nidi, aprono le ali lodandoti. Tutti gli animali saltellano sulle zampe tutti gli essere alati volano e si posano di nuovo tornano alla vita quando sorgi.

V - Le navi salpano su e giù per il fiume. Alla tua venuta si aprono tutte le strade. Di fronte al tuo volto i pesci saltano nel fiume. I tuoi raggi raggiungono l'oceano verde. Tu sei colui che mette il seme maschile nella donna, tu sei colui che crea il seme nell'uomo, tu sei colui che risveglia il figlio nel ventre della madre e l'accarezzi perché non pianga. Anche nell'utero sei la sua balia. Tu dai respiro a tutta la tua creazione, apri la bocca del neonato, e gli dai nutrimento.

VI - Quando il pulcino cinguetta nell'uovo gli dai il respiro perché possa vivere. Tu porti il suo corpo a maturazione in modo che possa rompere il guscio. E così quando lo rompe corre sulle sue zampette, annunciando la sua creazione.

VII - Quante sono le tue opere! Esse sono misteriose agli occhi degli uomini. O unico, incomparabile dio onnipotente, tu hai creato la terra in solitudine come desidera il tuo cuore, gli uomini tu hai creato, e le bestie grandi e piccole, tutto ciò che è sulla terra, e tutto ciò che cammina, tutto ciò che fende l'aria suprema, tu hai creato strani paesi, Khor e Kush e anche la terra d'Egitto, tu metti ogni uomo al posto giusto con cibo e possedimenti e giorni che sono contati. Gli uomini parlano molte lingue, sono diversi nel corpo e nella pelle, perché tu hai distinto popolo da popolo.

VIII - Negli Inferi tu fai sì che il Nilo straripi, conducendolo a tuo piacimento a portare vita agli egizi. Anche se tu sei signore di tutti loro, signore delle loro terre, ti affatichi per loro, brilli per loro, di giorno sei il disco solare, grande nella tua maestà, anche alle terre lontane hai portato la vita, stabilendo per loro un'inondazione del Nilo nei cieli, che cade come le onde del mare bagnando i campi su cui abitano. Quanto eccelse sono le tue vie, o Signore dell'eternità! Hai stabilito un Nilo nei cieli per i forestieri. Per il bestiame che cammina ogni terra, ma per l'Egitto il Nilo sgorga dall'aldilà. I tuoi raggi nutrono campi e giardini. È per te che vivono.

IX - Tu fai le stagioni per il bene delle tue creature, l'inverno per rinfrescarle, l'estate perché possano gustare il tuo calore. Hai creato cieli lontani in cui tu possa risplendere. Il tuo disco nella tua solitudine veglia su tutto ciò che tu hai fatto apparendo nella sua gloria e brillando vicino e lontano. Dalla tua unicità dai corpo a milioni di forme città e villaggi, campi, strade e il fiume. Tutti gli occhi ti osservano, lucente disco del sole.

X - Non c'è nessuno altro che ti conosca tranne Akhenaton, tuo figlio. Gli hai dato comprensione dei tuoi intenti. Lui capisce il tuo potere. Tutte le creature del mondo sono nelle tue mani, proprio come tu le hai fatte. Con il tuo sorgere, esse vivono. Con il tuo tramonto, esse muoiono. Tu stesso sei la durata della vita. Gli uomini vivono attraverso di te. I loro occhi sono ricolmi di bellezza fino all'ora del tuo tramonto. Ogni fatica viene messa da parte quando tu sprofondi a ovest.

XI - Tu hai stabilito il mondo per tuo figlio, lui che è nato dal tuo corpo, Re dell'Alto Egitto e del Basso Egitto, che vive nella verità, Signore delle Due Terre, Neferkhepure, Wanre il Figlio di Re, che vive nella verità, Signore dei Diademi, Akhenaton grande nella lunghezza dei suoi giorni. E per la Nobile Moglie del Re lei che lui ama, per la Signora delle Due Terre, Nefernefruate-Nefertiti, possa lei vivere e fiorire per l'eternità.

Ho evidenziato in grassetto alcuni passi che intendono definire l'identità di quella divinità e li metto in parallelo a quanto nella Bibbia:
  • "...vivente Aton...", il "Dio Vivente" è attributo dato a IHWH per 7 volte nell'Antico Testamento - Giosuè 3,10, 2Re 19,4.16; Isaia 37,4.17; Daniele 6,27 e 14,25 - e 2 volte nel Nuovo Testamento in Matteo 26,63 e Ebrei 9,14.
  • "Quante sono le tue opere!" ricorda Salmi 66,3; 86,8; 92,6; 104,24 e 139,14.
  • "O unico, incomparabile dio onnipotente..." per quanto riguarda "Dio Unico" è da ricordare Deuteronomio 6,4 "Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo", poi Daniele 3,45 e Malachia 2,10 e nel Nuovo Testamento Giovanni 10,3, 1Timoteo1,17 e 6,15 nonché Giuda 25, mentre "Dio Onnipotente" si trova 10 volte nell'Antico Testamento e 5 nel Nuovo Testamento.
Dice poi Akhenaton nel suo "Inno al sole":
  • "Non c'è nessuno altro che ti conosca tranne Akhenaton, tuo figlio..." che ricorda parole di Gesù nel Vangelo di Matteo 11,27: "Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare".
  • "Tu hai stabilito il mondo per tuo figlio" come scrive San Paolo in Colossesi 1,16c: "Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui."
  • ha vari paralleli col Salmo 104,24-28: "Quanto sono grandi, Signore le tue opere. Tutto hai fatto con saggezza, la terra è piena delle tue creature. Ecco il mare spazioso e vasto: li guizzano senza numero animali piccoli e grandi. Lo solcano le navi, il Leviatan che hai plasmato perché in esso si diverta. Tutti da te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno. Tu lo provvedi, essi lo raccolgono, Tu apri la mano, si saziano di beni."
In altro paragrafo ho citato l'VIII parte di questo Inno per sottolineare il pensiero di due fiumi Nilo, uno in cielo e uno in terra; ora al riguardo preciso quanto segue.
Nella C.E.I. 2008, traduzione in Italiano della Bibbia, la parola "Nilo" si trova 42 volte "Nilo" di cui 28 volte nella "Torah" e 14 negli altri libri dell'Antico Testamento.

Nella "Torah", le citazioni di parola "Nilo" sono 6 in Genesi 41,1-25, tutte nel racconto dei sogni del Faraone a Giuseppe, e 22 volte nel libro dell'Esodo.
In ebraico per quel Nilo si trova "ye'or", scritto come o che con l'articolo è e ha pure finale in in Esodo 1,22 .
Può voler dire "fiume" in generale, ma è usato quasi esclusivamente per Nilo e in Isaia 33,21 si trova al plurale e allude ai canali del Nilo.
Il Nilo, quindi, è "ha-'or" ma le lettere sono quelle di "luce" in Genesi 1,3", quindi stante alle lettere il Nilo "è luce ", infatti, le sue acque sono splendenti sotto i raggi del sole e riflettono la sua luce.
Di solito fiume, invece, è "nahar" da quel radicale che vuol dire "scorrere" "l'energia dei monti " ma anche "splendere", "in quanto, come per il Nilo si vede luccicare il sole sulle acque, da cui anche luce del giorno, "neharah" ln Giobbe 3,4.

Del resto il "grande fiume" "Perat nahar gadol" in Deuteronomio 1,7 è il fiume Eufrate come pure in Genesi 15,18: "In quel giorno il Signore concluse quest'alleanza con Abram: Alla tua discendenza io do questa terra, dal fiume d'Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate".
Qui si trova il "nahar Mitsarim", per "fiume d'Egitto" che per il Targum Yonatan alluderebbe al Nilo, ritenuta però opinione minoritaria, in quanto, non sarebbe il Nilo visto che secondo il testo è da ritenere come confine, quindi, tenuto conto di Giosuè 13,3 e 1Cronache 13,5 sarebbe il canale Sicor, "Shichor" identificato con l'attuale "Wadi Al Arish" proprio al confine tra Egitto e Israele, circa 145 Km a est del canale di Suez.
Quando in Genesi 1,3 "Dio disse: Sia la luce! E la luce fu", quelle lettere ebraiche di quanto in grassetto lette da un Egiziano antico tra l'VIII secolo a.C. e il III secolo d.C. che conoscesse anche la lingua ebraica e i suoi segni avrebbe ben potuto leggere "Sia il Nilo! E il Nilo fu."

Del resto anche il Salmo 65,9-14 pare avere reminiscenze di quell'Inno al sole, infatti, ne ricorda il "segno" del suo percorso da "oriente a occidente", come pure sottolinea la presenza de "il fiume di Dio" che in tal caso chiama "poeloeg" ove "la Parola del Potente guizza " e recita: "Gli abitanti degli estremi confini sono presi da timore davanti ai tuoi segni: tu fai gridare di gioia le soglie dell'oriente e dell'occidente. Tu visiti la terra e la disseti, la ricolmi di ricchezze. Il fiume di Dio è gonfio di acque; tu prepari il frumento per gli uomini. Così prepari la terra: ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle, la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli. Coroni l'anno con i tuoi benefici, i tuoi solchi stillano abbondanza. Stillano i pascoli del deserto e le colline si cingono di esultanza. I prati si coprono di greggi, le valli si ammantano di messi: gridano e cantano di gioia!"

Guardiamo, infine, al geroglifico di Aton, ITN , i segni dicono:

I, indica un fiore di loto "esisto, sono";
T, una pagnotta di pane;
N, un'onda, energia.

Sono il pane a inviare .

È spontaneo confrontare tale pensiero con quanto dice Gesù in Giovanni 6,32-35 "...non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti, il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo... Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!"

All'entrata trionfale a Gerusalemme "Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto: Non temere, figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, seduto su un puledro d'asina." (Giovanni 12,14-15) e asina in ebraico è "'aton" e pare alludere proprio a ATON, è Lui Gesù che lo comandava e lo cavalcava e profetizza il Suo ritorno, "Viene () portandosi dagli angeli - con angeli "!

Termino il presente lavoro con le sapienti considerazioni di Sant'Efrem, diacono del IV secolo della Chiesa d'Oriente tratto dai "Commenti sul Diatessaron" che in particolare m'invita a continuare la ricerca nelle Sacre Scritture che presenteranno cose sempre nuove, perché provenienti da una fonte inesauribile, infatti: "Chi è capace di comprendere, Signore, tutta la ricchezza di una sola delle tue parole? È molto più ciò che ci sfugge di quanto riusciamo a comprendere. Siamo proprio come gli assetati che bevono a una fonte. La tua parola offre molti aspetti diversi, come numerose sono le prospettive di coloro che la studiano. Il Signore ha colorato la sua parola di bellezze svariate, perché coloro che la scrutano possano contemplare ciò che preferiscono. Ha nascosto nella sua parola tutti i tesori, perché ciascuno di noi trovi una ricchezza in ciò che contempla. La sua parola è un albero di vita che, da ogni parte, ti porge dei frutti benedetti. Essa è come quella roccia aperta nel deserto, che divenne per ogni uomo, da ogni parte, una bevanda spirituale. Essi mangiarono, dice l'Apostolo, un cibo spirituale e bevvero una bevanda spirituale (1Corinti 10,2). Colui al quale tocca una di queste ricchezze non creda che non vi sia altro nella parola di Dio oltre ciò che egli ha trovato. Si renda conto piuttosto che egli non è stato capace di scoprirvi se non una sola cosa fra molte altre. Dopo essersi arricchito della parola, non creda che questa venga da ciò impoverita. Incapace di esaurirne la ricchezza, renda grazie per l'immensità di essa. Rallegrati perché sei stato saziato, ma non rattristarti per il fatto che la ricchezza della parola ti superi. Chi ha sete è lieto di bere, ma non si rattrista perché non riesce a prosciugare la fonte. È meglio che la fonte soddisfi la tua sete, piuttosto che la sete esaurisca la fonte. Se la tua sete è spenta senza che la fonte sia inaridita, potrai bervi di nuovo ogni volta che ne avrai bisogno. Se invece saziandoti seccassi la sorgente, la tua vittoria sarebbe la tua sciagura. Ringrazia per quanto hai ricevuto e non mormorare per ciò che resta inutilizzato. Quello che hai preso o portato via è cosa tua, ma quello che resta è ancora tua eredità. Ciò che non hai potuto ricevere subito a causa della tua debolezza, ricevilo in altri momenti con la tua perseveranza. Non avere l'impudenza di voler prendere in un sol colpo ciò che non può essere prelevato se non a più riprese, e non allontanarti da ciò che potresti ricevere solo un po' alla volta."

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