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LETTERE EBRAICHE E CODICE BIBBIA...

 
POPOLO IN DIASPORA

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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UN POPOLO TRA L'EUFRATE E IL NILO »

ESILI E DIASPORE
Il frutto delle Sacre Scritture giudee - cristiane non ci sarebbe stato se il popolo ebraico non avesse subito quelli che sono stati gli esili e/o "diaspore".
"Diaspora" è una parola di origine greca che deriva dal verbo "" che letteralmente significa "disseminare, seminare, spargere" e si applica a un popolo che tutto o in parte abbandona la sede d'origine per costrizione o bisogno.
La diaspora più nota è quella degli ebrei, ma ci sono state anche altre diaspore l'africana, l'armena, la tibetana...

La prima e più antica diaspora nota, infatti, è quella degli ebrei inseriti dagli storici tra le popolazioni chiamate "Habiru", nomadi senza terra che vagavano tra Siria e Egitto alla cerca di pascoli per le loro greggi che mossi dal bisogno si portavano nei luoghi produttori di cereali.
Per una carestia ai tempi dell'ebreo Giacobbe - Israele ci fu il trasferimento della sua famiglia, 72 persone in tutto, in Egitto come narrato nel libro della Genesi nei capitoli 37-50, quando il figlio Giuseppe venduto dai "fratelli" come schiavo, fu portato in Egitto, ma aiutato da Dio, grazie al dono dell'interpretazione dei sogni, ne divenne visir, perdonò i congiunti, li fece venire e risiedere in Egitto nelle terre grasse di Goshen a destra del delta del Nilo.
Dopo Giuseppe l'atteggiamento dei faraoni nei confronti degli Ebrei mutò e subirono oppressioni e schiavitù finché per gran parte dei discendenti di Israele e molti aggregatisi, quattro secoli dopo ci fu "l'uscita dall'Egitto", ossia la "yetziat mitzraim" attribuita al "braccio potente" di Dio e iniziò la "rivelazione" che suscitò la "Torah", il nocciolo duro delle Scritture.
Sotto l'aspetto profetico da quel popolo è venuta una benedizione per il mondo, simile a un grappolo di uva preziosa che produce un nettare divino.

Il Salmo 80 attribuito nel primo versetto a Asaf, a tale riguardo in 9-12 canta: "Hai divelto una vite dall'Egitto, per trapiantarla hai espulso i popoli. Le hai preparato il terreno, hai affondato le sue radici e ha riempito la terra. La sua ombra copriva le montagne e i suoi rami i più alti cedri. Ha esteso i suoi tralci fino al mare e arrivavano al fiume i suoi germogli."

Asaf, figlio di un Levita, in effetti, era un veggente e cantore al Tabernacolo ai tempi di Re David, citato in 1Cronache 6,24; 9,15; 15,17.19; 16,5-7.37; 25,1-2.6; 2Cronache 5,12; 20,14; 29,13.30; Neemia 7,44; 11,17.22; 12,35.46 e Esdra 2,41, ma anche esecutore musicale dei salmi di David, che accompagnava col cembalo, e compositore per cui il suo nome compare su dodici salmi, 50 e 73-83, alcuni dei quali però, come appunto l'80, tradiscono età più tarda.
Quel Salmo 80, in effetti, lamenta lo di stare in esilio come si comprende dai versetti 8 e 10 in cui ripete: "Dio degli eserciti, fa che ritorniamo, fa splendere il tuo volto e noi saremo salvi".

Quel popolo degli Ebrei, da cui nasce il ramo degli Israeliti, sfrondato nel tempo dagli esili, è proprio come una vigna, e tale allegoria sarà poi ripresa da Gesù in Giovanni 15, quando si definisce la "vera vite"; del resto il Concilio Vaticano II, ha dato questa bella definizione del libro del Salterio: "I salmi sono la voce stessa della sposa - la Chiesa che parla al suo sposo - il Cristo."
Ogni esilio o diaspora di quel popolo, di fatto, ne ha provocato una spremitura, benedizione per il mondo con frutti alla lunga; del resto avendo il Signore con lui fatto un'alleanza eterna, ne suscita meriti particolari.
In ebraico "esilio" come "deportazione", "confino", quindi, anche "deportati, esiliati" si dice "galut" e si scrive dal verbo che ha il duplice significato di "scoprire, svelare, rivelare" e di "essere esiliato, essere deportato".
L'andare in esilio come conseguenza comporta, infatti, anche il farsi conoscere, il rivelare ad altra gente di come è il deportato.
Da solo il bi-lettere ha più significati:

  • "gal" mucchio, cumulo di pietre di confine, rovine, discarica, onda, battigia, flutto;
  • "gel" sterco, letame;
  • "galgal" è "ruota", "gulgoloet" è "cranio" (il Golgota dei Vangeli);
  • "gelilah" per "circondario, comprensorio" di una città o di una regione da cui Galilea delle Genti, estremità nord della terra promessa.
Perciò il è qualcosa che scorre, cammina con potenza, guizzando , quindi, appunto, una ruota, un cavallone, un'onda, ma anche qualcosa che viene allontanato rapidamente, un prodotto marginale, un residuo, un cascame, un resto, un rifiuto, una spazzatura e, allora, un esiliato è simile a "un rifiuto portato al confine .
Per chi ha fede in Dio è un "camminare per - con il Potente " che provoca l'esilio, in quanto, è padrone della storia, ma non abbandona, anche Lui, Dio, va in esilio con lui che "in cammino li accompagna () al confine ".

Nel caso dei racconti biblici, infatti, il soggetto che provoca l'esilio, è sempre il Signore, motore della storia che per rivelarsi ad altri popoli si porta ai confini con il residuo del suo popolo alleato che, provato come nel fuoco di una fornace, presenta un resto sempre più raffinato.
Penso che San Paolo nello scrivere queste parole in 1Corinzi 4,9-13 relative al ministero dell'annuncio del Vangelo si riferisse proprio ai termini di esilio dalla patria e di rifiuto e spazzatura : "Ritengo infatti che Dio abbia messo noi, gli apostoli, all'ultimo posto, come condannati a morte, poiché siamo dati in spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini. Noi stolti a causa di Cristo, voi sapienti in Cristo; noi deboli, voi forti; voi onorati, noi disprezzati. Fino a questo momento soffriamo la fame, la sete, la nudità, veniamo percossi, andiamo vagando di luogo in luogo, ci affatichiamo lavorando con le nostre mani. Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo; siamo diventati come la spazzatura del mondo, il rifiuto di tutti, fino ad oggi."

La condizione storica di aver subito esili, deportazioni, diaspore e persecuzioni in più tempi prima e dopo Cristo ha certamente forgiato quel popolo fino alla nascita nel XX secolo del moderno Stato di Israele.
Si possono annoverare i principale seguenti eventi:
  • le origini e la migrazione in Egitto, XVI-XIII secolo a.C.;
  • l'esilio assiro di quelli del regno del Nord VIII secolo a.C.;
  • la cattività babilonese di quelli del regno del Sud VI secolo a.C.;
  • la grande diaspora ad opera dei romani, I-II secolo d.C.;
  • le persecuzioni anti-ebraiche nel Medioevo e in età moderna;
  • antisemitismo e sionismo nel XIX secolo;
  • la "shoah".
Peggiori erano le condizioni, più forte diventava nel popolo l'attesa e la speranza della venuta del Messia che l'avrebbe riportato in Terrasanta.
Si formò e s'irrobustì la fede nella venuta del Messia quando il popolo ebraico, comprese le dieci tribù perdute con l'esilio Assiro, si radunerà da ogni parte del mondo a Gerusalemme ove ci sarà il "raduno degli esiliati", il "kibbuts galuyyot".
Attendono che il raduno sia provocato dal profeta Elia che radunerà tutti al suono dello Shofar e alla risurrezione dei morti che seguirà i cadaveri usciranno rotolando dalle tombe e dovunque sono per canali sotterranei sbucheranno in terra d'Israele ecco perché gli ebrei cercano di venire sepolti sotto Gerusalemme fuori dalle mura davanti al Monte degli Ulivi.
Attendono quanto i cristiani ritengono avvenuto con Gesù di Nazaret che ha aperto il tempo finale, "Il tempo è compiuto. Convertitevi e credete al Vangelo" (Marco 1,15) per cui Elia è gia' venuto con Giovanni Battista e resta da attendere la seconda venuta del Messia nella gloria.
Molti ebrei ritengono il tempo dell'olocausto nazista sia stato l'atto preparatoria di apertura al raduno dei rifugiati verso l'attuale stato d'Israele quindi l'inizio del tempo che annuncia la venuta del Messia.
Gli ebrei attualmente sono ancora un popolo in "diaspora" che grazie a quel sacrificio ha avuto da Dio uno stato proprio, minacciato da ogni parte; attualmente - 2018 - gli ebrei in Israele sono circa 5,5 milioni e nel mondo 13 milioni, per cui dopo 60 anni dalla nascita dello stato d'Israele 8 il 58,50% è ancora in "diaspora" nel mondo.

La loro speranza si basa sulla profezia del profeta Ezechiele 37,21-28: "Così dice il Signore Dio: Ecco, io prenderò i figli d'Israele dalle nazioni fra le quali sono andati e li radunerò da ogni parte e li ricondurrò nella loro terra: farò di loro un solo popolo nella mia terra, sui monti d'Israele; un solo re regnerà su tutti loro e non saranno più due popoli, né saranno più divisi in due regni. Non si contamineranno più con i loro idoli, con i loro abomini e con tutte le loro... Il mio servo Davide regnerà su di loro e vi sarà un unico pastore per tutti; seguiranno le mie norme, osserveranno le mie leggi e le metteranno in pratica. Abiteranno nella terra che ho dato al mio servo Giacobbe. In quella terra su cui abitarono i loro padri, abiteranno essi, i loro figli e i figli dei loro figli, per sempre; il mio servo Davide sarà loro re per sempre. Farò con loro un'alleanza di pace; sarà un'alleanza eterna con loro. Li stabilirò e li moltiplicherò e porrò il mio santuario in mezzo a loro per sempre. In mezzo a loro sarà la mia dimora: io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Le nazioni sapranno che io sono il Signore che santifico Israele, quando il mio santuario sarà in mezzo a loro per sempre."

Tale speranza coincide con quella cristiana che però vede il regno futuro di Davide come "il Regno dei Cieli".
Gli esili furono interpretati in due modi, non contrastanti tra loro:
  • punizione dei peccati del popolo per idolatria, spargimenti di sangue e peccati contro la morale soprattutto matrimoniale;
  • modo usato dal Signore per far conoscere lo spirito della Torah ai popoli lontani.
Sostengono anche che la distruzione del secondo Tempio al tempo dei romani ci fu per l'odio intenso che allora nutrivano gli israeliti.
Mentre i cristiani nel medioevo e anche dopo hanno pensato che gli esili e la diaspora d.C. degli ebrei era da attribuire a punizione per il non riconoscimento del Cristo, i pensatori di Israele hanno visto nel proprio popolo il servo sofferente di Isaia 53 che con gli esili espiava i peccati del mondo; insomma, Dio si associava alle sofferenze d'Israele e la sua Shekinah o "Presenza" era con loro.
Dopo l'esilio di Babilonia la vera "diaspora" fu quella dopo la distruzione nel 70 d.C. del Tempio che fece fiorire importanti centri raduni di ebrei che diffondevano la propria cultura in Babilonia, Alessandria e Roma e nell'ecumene.
Il Talmud fu proprio frutto della "diaspora"
Tra gli ebrei provenienti dalla diaspora del medioevo si distinsero i gruppi degli:
  • Ashkenaziti (da Aschenaz Genesi 10,3) di religione giudaica, parlanti l'Yddish affine al tedesco, che vivevano in Renania e Palatinato, insomma nel Sacro Romano Impero, comunità che si erano formate per l'arrivo, tra il VII e IX secolo di ebrei che lasciavano la Palestina per le imposizioni degli Arabi; aiono derivare dal Kazari del caucaso, hanno particolari rituali, usi, liturgia e architettura delle sinagoghe e Ashkenazita a Venezia fu il più antico - 1516 - ghetto d'Europa.
  • Sefarditi (da "sefard" per Spagna), ebrei di origine portoghese e spagnola che si sparsero nel Nord Africa, nell'Impero Ottomano e in parte in Sud America, in Italia soprattutto in Friuli e in Olanda dopo l'espulsione dalla penisola iberica avvenuta alla fine del XV secolo a cui si aggiunsero i Marrani ossia i forzatamente fatti convertire al cristianesimo dagli spagnoli. Usavano un linguaggio particolare detto Ladino; il famoso rabbino detto Maimonide era un sefardita.
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