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LETTERE EBRAICHE E CODICE BIBBIA...

 
POPOLO IN DIASPORA

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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UN POPOLO TRA L'EUFRATE E IL NILO »
ESILI E DIASPORE »
A NINIVE PRESSO GLI ASSIRI »
I SAMARITANI »
L'ESILIO BABILONESE »
IL RITORNO DEGLI ESILIATI »
LA RICOSTRUZIONE DEL TEMPIO »

LA VENUTA DEL REGNO DEL MESSIA
Nel libro della Genesi al capitolo 49 ove ci sono le benedizioni di Giacobbe ai suoi figli, per Giuda si trova: "Un giovane leone è Giuda: dalla preda, figlio mio, sei tornato; si è sdraiato, si è accovacciato come un leone e come una leonessa; chi lo farà alzare? Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale ("Shilu" ) esso appartiene e a cui è dovuta l'obbedienza dei popoli. Egli lega alla vite il suo asinello e a una vite scelta il figlio della sua asina, lava nel vino la sua veste e nel sangue dell'uva il suo manto; scuri ha gli occhi più del vino e bianchi i denti più del latte." (Genesi 49,9-12)

Questa profezia è chiara; a un discendente di Giuda obbediranno tutti i popoli, sarà il Re Messia e "colui al quale", "Shilu" per l'ebraismo è divenuto uno dei vari nomi che usano per definire il Messia, però dopo Ioiachin finì il potere reale dei davidici e Zorobabele fu l'ultimo dei davidici che ebbe un potere politico reale in Giuda, pur se subordinato, come Governatore, e fu lui che ricostruì il Tempio che era stato fondato dal suo progenitore Salomone, figlio di David.

Sulla storia successiva ai fatti accaduti agli ebrei e in particolare ai giudei riporto questa sintesi di Riccardo di Segni, Rabbino capo di Roma: "Nel 332 Alessandro conquistò la regione, che quindi passò sotto il dominio dei Tolomei e poi dei Seleucidi; nel 174 con la rivolta dei Maccabei la Giudea iniziò ad avere una relativa indipendenza, che avrebbe progressivamente perduto con l'arrivo dei Romani. Nel 70 dell'era volgare il Tempio di Gerusalemme venne distrutto da Tito; nel 135 l'ultima rivolta giudaica contro i Romani fu definitivamente domata nella repressione più brutale. Da allora gli ebrei non ebbero più unità statale, e si dispersero progressivamente per il mondo. In verità la Diaspora, la dispersione degli ebrei, era già una realtà nel primo secolo prima dell'era volgare, ma con la distruzione del Tempio e la perdita dell'indipendenza politica ebraica divenne una condizione negativa e inevitabile, senza tutela giuridica e quindi sempre più contrassegnata da discriminazioni, sofferenze e persecuzioni".

Come si concilia per gli ebrei allora quella profezia di Genesi 49 sul Messia, visto che Giuda ha perduto ogni potere e il bastone di comando è stato tolto dai suoi piedi con la fine delle istituzioni del Sinedrio e dell'Esilarca?
A questo punto dobbiamo andare al libro del profeta Daniele che al capitolo 9 nei versetti 24-27 riporta la famosa profezia detta delle "70 settimane".

La profezia inizia con questa ambientazione: "Nell'anno primo di Dario, figlio di Serse, della progenie dei Medi, il quale era stato costituito re sopra il regno dei Caldei, nel primo anno del suo regno io, Daniele, tentavo di comprendere nei libri il numero degli anni di cui il Signore aveva parlato al profeta Geremia e che si dovevano compiere per le rovine di Gerusalemme, cioè settant'anni." (Daniele 9,1s)
Ora, "l'anno primo di Dario, figlio di Serse" era il 485 a.C. mentre Daniele pregava ebbe la visione dell'angelo Gabriele.
Gli diede il seguente oracolo:

Daniele 9,24 - "Settanta settimane sono fissate per il tuo popolo e per la tua santa città per mettere fine all'empietà, mettere i sigilli ai peccati, espiare l'iniquità, stabilire una giustizia eterna, suggellare visione e profezia e ungere il Santo dei Santi.

Daniele 9,25 - Sappi e intendi bene: da quando uscì la parola sul ritorno e la ricostruzione di Gerusalemme fino a un principe consacrato, vi saranno sette settimane. Durante sessantadue settimane saranno restaurati, riedificati piazze e fossati, e ciò in tempi angosciosi.

Daniele 9,26 - Dopo sessantadue settimane, un consacrato sarà soppresso senza colpa in lui. Il popolo di un principe che verrà distruggerà la città e il santuario; la sua fine sarà un'inondazione e guerra e desolazioni sono decretate fino all'ultimo.

Daniele 9,27 - Egli stringerà una solida alleanza con molti per una settimana e, nello spazio di metà settimana, farà cessare il sacrificio e l'offerta; sull'ala del tempio porrà l'abominio devastante, finché un decreto di rovina non si riversi sul devastatore."

Eminenti studiosi vi hanno visto una profezia precisa sul Messia, il tempo della Sua venuta coincidente con quella di Cristo, poi la distruzione del Tempio e quello del giudizio finale.
Quei due "consacrati" sono, il primo Zorobabele e il secondo il Messia, poi ci sarà la distruzione del tempio e gli anni di combattimento e del giudizio finale per "stabilire una giustizia eterna" e si entrerà nell'Eternità.

Nasce l'ipotesi che Zorobabele ormai anziano sia stato effettivamente acclamato e unto a titolo onorifico nel nuovo Tempio a mo' dei predecessori re davidici tanto che tramite gli avversari la notizia arrivò in Persia ove per timore di tentativi di autonomia politica lo tolsero dalla scena e i sacerdoti per rimanere in buoni rapporti con l'amministrazione centrale persiana, che durò fino al dominio di Alessandro Magno, non registrarono il fatto sui testi biblici, del resto sigillati come sono oggi proprio nel V secolo a.C..
I monaci di Qumran, Giovanni Battista, Gesù nei Vangeli e l'Apocalisse di Giovanni vi fanno cenno come pure Giuseppe Flavio.
Questo spiega la forte attesa apocalittica del Messia ai tempi di Gesù segnalata dal Nuovo Testamento con "la pienezza dei tempi" (Galati 4,4; Efesini 1,10; Ebrei 9,26) ... "il tempo è compiuto (Marco 1,15)...

Quel 70x7 fa venire in mente la risposta di Gesù a Pietro quando gli disse "Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte? E Gesù gli rispose: Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette." (Matteo 18,21s) il che suggerisce che quel tempo alludeva proprio al perdono di Dio verso il suo popolo e all'intera umanità che si sarebbe realizzato con la Sua venuta che fu annunciata a Maria proprio dall'angelo Gabriele.
Lo stesso Gesù nei Vangeli ricordò l'oracolo di Daniele annunciando l'imminente distruzione del Tempio e di Gerusalemme (Matteo. 23,38-39; 24,1-2; 24,15-25) e annuncio come da profezia di Daniele la propria uccisione - da consacrato Messia - e la distruzione di Gerusalemme e del Tempio (Luca 19,41-44; 21,22) e citò le parole del libro di Daniele (Luca 21,24 e Matteo 21,22), si identificò con il "Figlio dell'uomo" di Daniele (Luca 21,27), e su Gerusalemme ricordò la profezia delle "Settanta settimane" come prossima a realizzarsi: "Quando dunque vedrete l'abominio della desolazione - di cui parlò il profeta Daniele - stare nel luogo santo, allora quelli che sono in Giudea fuggano ai monti..." (Matteo 24,15-16).

Il popolo dei "salvati", uomini di ogni popolo, è ora ancora anche lui tra due acque, non più tra Eufrate e Nilo, ma tra le acque del battesimo e quelle spirituali dell'energia che esce dal costato di Cristo, che illuminati e risorti, bevono spiritualmente dal fiume che sgorga dalla sorgente del Suo costato.
A sostenere tale confronto viene in soccorso San Giovanni Crisostomo con questa "Catechesi" su Mosè e Cristo: «I Giudei videro dei miracoli. Anche tu ne vedrai di maggiori e di più famosi di quelli che essi videro all'uscita dall'Egitto. Tu non hai visto il faraone sommerso con il suo esercito, ma hai visto il diavolo affondare con le sue schiere. I Giudei attraversarono il mare, tu hai sorpassato la morte. Essi furono liberati dagli Egiziani, tu dai demoni. Essi lasciarono una schiavitù barbara, tu la schiavitù molto più triste del peccato. Osserva come tu sei stato favorito con doni più grandi. I Giudei non poterono allora contemplare il volto splendente di Mosè, benché fosse ebreo e schiavo come loro. Tu invece hai visto il volto di Cristo nella sua gloria. Anche Paolo esclama: "Noi a viso aperto contempliamo la gloria del Signore." (2Corinzi 3,18) I Giudei erano seguiti dal Cristo, ora invece egli segue noi in modo più vero. Essi dopo l'Egitto trovarono il deserto, mentre tu dopo la morte troverai il cielo. Essi avevano come guida e capo Mosè, noi invece un altro Mosè, lo stesso Dio che ci guida e comanda. Quale fu la caratteristica del primo Mosè? Mosè, dice la Scrittura "era l'uomo più mite della terra." (Numeri 12,3) Questa caratteristica si può senz'altro attribuirla al nostro Mosè, che era assistito dal dolcissimo e a lui consustanziale Spirito. Mosè levava le mani al cielo facendone scendere la manna, pane degli angeli. Il nostro Mosè leva le mani al cielo e ci procura un cibo eterno. Il primo percosse la pietra, facendone scaturire torrenti d'acqua. Questi tocca la mensa, percuote la mistica tavola e fa sgorgare le fonti dello Spirito. Ecco il motivo per il quale la mensa è posta al centro, come una sorgente, perché i greggi accorrano da tutte le parti a essa e si dissetino alle sue acque salutari. Possedendo pertanto una simile sorgente, una tale fontana di vita, una mensa così carica di beni e così ridondante di favori spirituali, accostiamoci con cuore sincero e coscienza pura per ottenere grazia e perdono nel tempo opportuno.»

Secondo la "Lettera a Diogneto", scritto attribuito al II secolo d.C., i cristiani, di fatto, sono un popolo in diaspora, infatti: "Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera". (V,5)

a.contipuorger@gmail.com


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