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LE PASQUE DELLA SANTA FAMIGLIA
di Alessandro Conti Puorger

Pochissime sono le notizie dei quattro Vangeli canonici sulla vita di Gesù di Nazaret.

Quelli di Marco e Giovanni iniziano la trattazione dall’inizio della vita pubblica e solo Matteo e Luca forniscono qualche notizia con episodi dell’infanzia con diverse angolature; però quello che fornisce qualche notizia in più sulla vita della Famiglia di Nazaret è il Vangelo di Luca.
È tradizione, infatti, che l’evangelista Luca abbia attinto notizie direttamente anche da Maria, la madre di Gesù.
Questi, infatti, riporta gli episodi che gli altri non ricordano, l’annunciazione alla Vergine, la visita di Maria ad Elisabetta, la circoncisione, la presentazione di Gesù e la purificazione di Maria al Tempio, l'incontro con Samuele ed Anna nonché l'episodio di Gesù dodicenne a Gerusalemme tra i dottori nel Tempio.

Per comodità riporto il testo di quest’ultimo brano del Vangelo di Luca (3,41-45):

"I suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l'usanza; ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se n’accorgessero. Credendolo nella carovana fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra parenti e conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme."

Questo breve resoconto dopo alcune considerazioni consente d’avere uno scorcio sulla vita e sulle consuetudini della Santa Famiglia di Nazaret maggiore di quanto sembra al primo approccio.
Il viaggio rituale a Gerusalemme per la Pasqua è uno dei tre pellegrinaggi annuali prescritti agli Ebrei dalla Legge di Mosè: "Tre volte l'anno ogni tuo maschio si presenterà davanti al Signore tuo Dio, nel luogo che Egli avrà scelto: nella festa degli azzimi (Pasqua), nella festa delle settimane (Pentecoste), nella festa delle capanne (Succot)." (Dt. 16,16)

Di fatto, le regole rabbiniche di quel tempo avevano fissato che agli ebrei maschi residenti a distanza superiore da Gerusalemme corrispondente agli odierni 30 Km circa potevano evitare il pellegrinaggio.
Gli sposi della Santa Famiglia, abitando, secondo Luca, a Nazaret già prima del matrimonio (infatti là è ubicato l’episodio dell’annunciazione dell’angelo a Maria), per questa regola potevano essere esentati. Evidentemente non usavano la deroga o perché erano da poco tempo a Nazaret, e quindi prima abitavano nell’arco di 30 Km da Gerusalemme (e Betlemme città d'origine di Giuseppe è a meno di 30 Km da Gerusalemme), o per zelo.
Essendo la Pasqua una festa familiare era anche occasione per stare con i parenti che abitavano a Gerusalemme ed a Betlemme.
Ora quel versetto "I suoi (di Gesù) genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo" può essere interpretato che Giuseppe e Maria:

- dopo sposati, andassero tutti gli anni in pellegrinaggio da Nazaret a Gerusalemme con Gesù bambino anche quando questi era in tenera età;
- che ci si riferisca a prima del matrimonio, ed allora vorrebbe indicare che vi andavano ciascuno per proprio conto con le proprie famiglie.

Propendo per la seconda ipotesi, sia per le difficoltà dei viaggi di quel tempo con un bambino piccolino, sia perché evidentemente non poterono andare a Gerusalemme negli anni in cui dovettero rifugiarsi con Gesù in Egitto, mentre il testo afferma che vi andarono tutti gli anni, perciò prima del matrimonio. Il che comporta che nell’anno in cui poi nacque Gesù, ci andarono da fidanzati o da sposati e poi Maria andò far visita ad Elisabetta (Lc. 1,39-45).

Possiamo concludere che le famiglie di Maria e di Giuseppe, erano osservanti e tutti gli anni andavano in pellegrinaggio a Gerusalemme con Maria e Giuseppe; il che è verosimile visto che per la tradizione Maria e Giuseppe erano della famiglia di Davide e quindi parenti.
Luca avrebbe, così, fornito un delicato cenno di come Giuseppe e Maria si sarebbero potuti conoscere ed iniziare a frequentarsi fino a fidanzarsi.
L'elezione di Dio su quel matrimonio perciò fu seminata in una festa di Pasqua.

Il Vangelo precisa che "...quando egli (Gesù) ebbe 12 anni vi salirono di nuovo secondo l'usanza", essendo ormai Gesù sufficientemente autonomo per affrontare il viaggio.
Opportunamente, in previsione del prossimo ingresso da adulto di Gesù nella comunità ebraica, andarono tutti uniti con gran gioia nel pellegrinaggio per la Pasqua a Gerusalemme a loro tanto caro per i molti motivi e ricordi.
Ora, ogni ebreo circonciso, che cioè porta nella carne il segno dell'Alleanza ed abbia raggiunto (al compimento dei 13 anni) la maturità religiosa, chiamata "Bar-Mitzwa" (figlio del comandamento), ha diritto ad ufficiare a turno in Sinagoga, come qualsiasi altro adulto.

Il venerdì della settimana, prima del 14 di Nisan, inizio della festa di Pasqua secondo il calendario ebraico (primo sabato di luna piena di primavera) dell'anno in cui per la prima volta Gesù va a Gerusalemme l’ha ricostruito l’ebreo Robert Aron in "Così pregava l'ebreo Gesù" sulla base della tradizione ebraica:

"Non c'erano ancora molti in Sinagoga, in quanto l'ufficio sarebbe iniziato tra un'ora (al tramonto); così era lasciata la possibilità d’usare i sacri rotoli per verificare se i neofiti erano in grado di leggere il Sefer Toràh (il libro della Legge). L'adulto che lo presenta, nel caso specifico Giuseppe, con una bacchetta terminante all'estremità a forma di mano con indice allungato (la Jod), indica al fanciullo dove deve leggere sul rotolo. Molto probabilmente quella sera Giuseppe stesso porterà avanti l'ufficio in Sinagoga. Maria sarà stata tra i banchi nel settore riservato alle donne, ed avrà incrociato ogni tanto lo sguardo con quello di Gesù e di Giuseppe ad amorevole sostegno e incoraggiamento."

Torniamo ora al viaggio; in quelle occasioni, si doveva sostare a Gerusalemme o nelle vicinanze, od a casa di parenti.
La Santa Famiglia avrà utilizzato una casa propria o di parenti a Betlemme (la "casa" dell'incontro con i Magi in Matteo 2,11) che distava circa 9 Km da Gerusalemme o nella stessa città; in altre parole l’incontro con i Magi non fu alla grotta, ove si rifugiarono costretti dalle doglie di Maria visto che quando queste capitarono nell’albergo più vicino non c’era posto ed evidentemente non erano ancora arrivati dai parenti.
In genere pellegrini senza casa preferivano il Monte degli Ulivi, in quanto è vicino al Tempio quanto il percorso permesso di sabato e c’era spazio per accamparsi e il clima in primavera sotto Pasqua là lo rende possibile.
La sosta durava otto giorni, in quanto il primo e l'ultimo della settimana della festa erano di riposo obbligatorio (Dt. 16,8): "Per sei giorni mangerai azzimi e il settimo giorno vi sarà una solenne assemblea per il Signore tuo Dio; non farai alcun lavoro".
Com’è noto, la Pasqua è anche festa familiare che è preparata secondo un particolare ordinamento (Seder), ed è presieduta dal più anziano della famiglia.
In tale occasione le piccole famiglie si uniscono ai consanguinei fino ad un numero idoneo per la consumazione di un agnello, grande o piccolo, ma intero.
Quel brano del Vangelo di Luca che racconta il pellegrinaggio a Gerusalemme non certamente a caso indica che c'erano parenti nella carovana; è verosimile, infatti, che la Santa Famiglia, direttamente o tramite parenti o conoscenti, avesse trovato in Gerusalemme un luogo adatto ove con alcuni parenti di Nazaret e/o del posto fosse agevole riunirsi per celebrare la Pasqua.
Nella celebrazione familiare (dall'epoca della costruzione del secondo Tempio 520-515 a.C.) si racconta ai figli la storia della schiavitù dell'Egitto e della liberazione, per intervento di Dio, con la morte dei primogeniti egiziani e l'apertura del Mar Rosso.
Gesù, come ogni bambino ebreo, era tenuto a partecipare attivamente al Seder.
In base al rituale faceva domande per provocare da parte di Giuseppe il racconto, oltre che della prima Pasqua dell’Esodo del popolo d'Israele, esperienze della famiglia ed anche personali.
Gesù, insomma, fu educato direttamente da Giuseppe alla fede d'Israele ed imparò a leggere i rotoli delle Scritture - Leggi e Profeti - per le celebrazioni in Sinagoga.
Il fatto che Gesù non avesse seguito corsi presso scuole rabbiniche (tra le contemporanee ce n’erano di famose, ad esempio del celebre Gamaliele, della quale fu allievo San Paolo) si può ricavare dal Vangelo di Giovanni (7,15), quando questo racconta che nel corso del ministero di Gesù, in occasione di una festa delle Capanne, mentre insegnava nel Tempio i Giudei erano stupiti e dicevano: "Come mai costui conosce le Scritture senza aver studiato?"
A tali Giudei Gesù stesso afferma: "Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono..." (Gv. 7,28b)
Si conclude che Gesù ha accolto e portato al massimo grado l’insegnamento delle Scritture da parte di Giuseppe.
Se i Giudei a Gerusalemme sapevano chi era e se aveva o non aveva studiato vuol dire che Gesù dopo quel 12° anno d’età ha continuato a frequentare Gerusalemme, come fa intuire Luca (non solo quell'anno, ma anche i successivi saranno andati).
È quindi verosimile che in occasione dei Seder di Pasqua, riandassero in uno stesso posto.
Con tale pensiero si può avere una chiave di comprensione dell'episodio, raccontato nei tre Vangeli sinottici (Lc. 22, Mt. 26, Mc. 14), sull'ultima cena, quando Gesù dà disposizioni ai suoi discepoli perché preparino la Pasqua.

- Lc. 22,10-13: "Appena entrati in città vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua. Seguitelo nella casa ove entrerà e direte al padrone di casa 'Il Maestro ti dice: Dov'è la stanza in cui posso mangiare la Pasqua con i miei discepoli?' Egli vi mostrerà una sala al piano superiore, grande e addobbata: là preparate. Essi andarono e trovarono tutto come aveva detto loro."

- Mt. 26,18: "Andate in città da un tale e ditegli il Maestro..."

- Mc. 14,14: Ai discepoli che incaricò Gesù suggerì di domandare a suo nome all'uomo con la brocca d'acqua: "Dov'è la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, già pronta, là preparate per noi."

In definitiva è possibile che il cenacolo fosse la stanza rituale, dove Gesù celebrava la Pasqua già con la sua Famiglia ed i suoi parenti e, da ultimo, con la sua nuova famiglia, gli apostoli.
Questi, poi, continuarono a frequentare il cenacolo con Maria, anche dopo l'Ascensione come racconta ancora Luca negli Atti degli Apostoli: "Allora tornarono a Gerusalemme dal Monte degli Ulivi che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un sabato. Entrati in città salirono al piano superiore dove abitavano. C'erano (gli Apostoli)… assieme con alcune donne e con Maria la madre di Gesù ed i fratelli di lui." (At. 1,12-14)
Sembra quindi probabile che il cenacolo fosse nella casa di qualche familiare di Gesù.
Il fatto che gli Ebrei sotto la sala del cenacolo hanno ancora oggi un cenotafio - sinagoga a memoria della tomba di Davide - dà a pensare che fosse luogo da tempo attribuito a discendenti di Davide.

Quel vicino "al Monte degli Ulivi" fa venire in mente altri luoghi cari a Gesù, quali, l'orto del Getsemani, Betfage, Betania...
Si trattava di luoghi in cui Gesù poteva liberamente accedere, ma non vi è cenno se per parentela o per amicizie.
Lo stesso Luca (19,29-31), nel passo relativo all'ingresso messianico di Gesù a Gerusalemme, racconta: "Quando fu vicino a Betfage ed a Betania, presso il Monte detto degli Ulivi inviò due discepoli dicendo: andate nel villaggio di fronte, entrando troverete un puledro legato sul quale nessuno è mai salito, scioglietelo e portatelo qui. E se qualcuno vi chiederà: perché lo sciogliete? Direte così:il Signore ne ha bisogno."
Fecero così, e su domanda ai proprietari (Lc. 19,33) risposero: il Signore ne ha bisogno e questi lo lasciarono sciogliere: lo conoscevano bene e con il nome di Signore!

Tutti e tre i sinottici riportano l’episodio, ma l’evangelista Marco che di solito è sintetico questa volta nel suo Vangelo fornisce un particolare in più "Trovarono un asinello vicino a una porta, fuori sulla strada." (Mc. 11,4)

Un altro particolare in più riporta ancora Marco, (14,50-52) rispetto agli altri evangelisti quando, in occasione dell’arresto di Gesù nell’orto del Getzemani, nei pressi di quel luogo, racconta che: "Tutti allora, abbandonandolo, fuggirono. Un giovanetto però lo seguiva, rivestito soltanto da un lenzuolo, e lo fermarono. Ma egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo." Molti commentatori vi hanno visto una nota autobiografica dell’evangelista; vale a dire il giovanetto sarebbe Marco stesso.
Stava lì perché era figlio dei proprietari del podere in cui c’era un frantoio per l’olio? (questo è il significato ebraico di Getzemani).
Marco è il secondo nome del giudeo cristiano Giovanni che abitava a Gerusalemme con la madre Maria (At. 12,12.25) la cui casa divenne luogo di riunione della prima comunità cristiana; autore del secondo vangelo, cugino di Barnaba, accompagnatore sia di Paolo (At. 13,13) sia di Pietro.

A 13 anni dopo il ritorno da quel viaggio a Gerusalemme, Gesù prenderà posto tra gli adulti d'Israele.
L'espressione ebraica d’oggi (introdotta nel XIV sec d.C) per indicare il nuovo adepto, come abbiamo già, detto è Bar-Mitzwa; ma allora si usava "gadol" (adulto), o "Bar-honoschin" (figlio del castigo).
Con tale definizione s’intendeva che il giovane era ormai responsabile dei propri atti, perciò passibile del castigo previsto per gli adulti dalla Legge in caso di colpa; mentre prima tutta la responsabilità ricadeva sul padre.
Proprio per questo, nella cerimonia d’ammissione alla Comunità, era d'uso che il padre recitasse tra sé e sé questa benedizione: "Benedetto sia Colui che mi ha tolto la responsabilità di questo fanciullo".
Mai tale benedizione fu più calzante che per Giuseppe cui Dio aveva consegnato Suo Figlio!

Il fatto che Gesù fosse ormai quasi "gadol" (dal punto di vista cultuale per la comunità d’Israele), mette in una luce particolare il: "Non sapevate che io debbo occuparmi delle cose del Padre Mio?" (Lc. 2,49) con cui Gesù rispose ai genitori quando lo ritrovarono nel Tempio a colloquio con i dottori.
Cioè è il momento che io mi comporti dia adulto e con ciò, in sostanza indica loro che ormai per la religione, cioè per il Padre Suo, era responsabile delle proprie azioni.
Tale discorso spiega perché nel Vangelo di Giovanni i genitori del cieco nato, ai Giudei che gli rivolgono pressanti domande, rispondono: "Chiedetelo a lui, ha l'età, parlerà lui stesso." (Gv. 9,21b); il cieco nato aveva, perciò, più di 13 anni.

Nell'ipotesi, di cui si è parlato, che fa nascere Gesù in occasione della festa di Hanukkàh, la maturità religiosa di Gesù (a 13 anni e un giorno, quando iniziava il 14°) sarebbe coincisa con il primo sabato di quella festa.
Stando agli usi sinagogali a Gesù sarebbe toccata la lettura del profeta Zaccaria dal Cap.2 versetto 14 al Cap.4 versetto 7.
Tale brano è profetico sulla missione del Cristo: "Gioisci, esulta figlia di Sion, perché io vengo ad abitare in mezzo a te; oracolo del Signore. Nazioni numerose aderiranno in quel giorno al Signore... Poi mi fece vedere il sommo sacerdote Giosuè (Gesù)... Ecco io mando il mio servo germoglio… Non con la mia forza né con la mia potenza, ma con il mio Spirito."

a.contipuorger@gmail.com

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