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I PRIMI VAGITI DELLE LETTERE EBRAICHE NELLA BIBBIA
di Alessandro Conti Puorger

LA SCRITTURA DONO DI DIO
I libri dell’Antico Testamento (A.T.) del canone ebraico costituiscono nel loro complesso un’antologia d’antichi in cui si trovano tradizioni, fatti, usi, costumi, credo, letteratura, etica, filosofia di vita degli ebrei, in cui la storia si dilata verso l’origine sino a racconti mitici, il tutto rivestito della mentalità del tempo e dell’ambiente.
La Rivelazione di Dio e la Legge (in greco: nomos) data a quel popolo, unitamente ai pensieri sulle proprie origini, antiche e mitiche, sono contenuti nella Torah o istruzione rivelata, esposta in 5 libri, che nella Versione dei Settanta hanno avuto per titolo i seguenti nomi (e che in ebraico sono ricordati con la prima parola del rispettivo testo indicata in corsivo di seguito al nome noto con la traduzione-spiegazione):

- Genesi (origine), "Bereshit" (in principio);
- Esodo (uscita), "Velle scemot" (questi nomi);
- Levitico (inerenti a Levi), "Vajqerà" (e chiamò);
- Numeri (per il censimento nei cap. 1 e 26), "Vejedabbèr" (e parlò nel deserto);
- Deuteronomio (II Legge, ripetizione), "Elle hadevarim" (queste parole).

Chiave di volta e cemento dell’assieme è la fede degli ebrei nel Dio Unico che Lui stesso suscita in quel popolo da Lui scelto e corrisponde ed eccita anche tramite quei libri, infatti: Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente. Infatti, qual grande nazione ha la divinità così vicina a sé, come il Signore nostro Dio è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? (Deut 4,6b-7)
Tale fede nasce da un evento: Dio si rivelò al popolo ebraico e si rivela ancora nell’intimo delle persone accendendo la fede ed opera nella storia.
Il cristianesimo nasce da un altro evento collegato al primo: un ebreo è stato riconosciuto da altri ebrei Figlio del Dio Unico ed il Messia atteso per i compiuti prodigi, miracoli e segni profetizzati, e ne annunciarono che, crocifisso per il peccato degli uomini, è risorto dai morti per salvezza di tutti.
A tale annuncio, che ha inciso in modo eclatante nella storia del mondo intero, hanno creduto tanti ebrei e pagani; infatti, dalla fede ebraica in cui s’annoverano più di 20 milioni di persone, s’è formato il cristianesimo, che era all’origine una setta, e che oggi, nelle varie confessioni, ha espansione 100 volte superiore all’antica appartenenza.
Gli stessi Mussulmani, ora 60 volte più numerosi degli ebrei, sono conseguenza dell’ebraismo e del cristianesimo in quanto si riconoscono figli d’Abramo, progenitore del monoteismo, e onorano l’ebreo Gesù quale profeta.
Ho così cercato in quei testi dell’A.T. informazioni sulla scrittura sacra e quelle trovate le ho seguite in modo radicale, anche quando sono in contrasto con aggiornate opinioni e le ho considerate tracce di cosa vuol dire di se stessa.

Dio nell'Eden in che lingua parlava con Adamo ed Eva?
A questa domanda ingenua ed impertinente, i teologi, alla luce dei testi biblici, non possono che rispondere: in ebraico! (Maurice Olender, "Le langage du Paradis", Parigi 1989).
D'altronde è Dio stesso padre e madre di Adamo ed Eva e questi solo da Lui possono aver imparato il linguaggio, come i bambini imparano a parlare in famiglia, tant’è che si chiama lingua materna.

E come ha avuto inizio la scrittura?
Per la tradizione ebraica, il primo segno della scrittura fu ad opera di Dio nel VI giorno della creazione, prima del tramonto del sole, ma le lettere erano nella mente di Dio e la scrittura fu tenuta in serbo fino al momento propizio, cioè quando il dono divino passò a Mosè, che la Bibbia indica primo scriba assoluto della scrittura ebraica, (XIII secolo a. C.) con almeno brani o parti del Pentateuco. (Mireille Hadas-Lebel "L'hébreu, troi mille ans d'histoire e Storia della lingua ebraica" ed. Giuntina, 1994)
Mosè, infatti, riporta solo quanto ricevuto.
Questi, in sintonia all'ambiente egiziano, che riteneva la scrittura dono del dio Thoth, ma in totale opposizione, attribuisce, appunto, la venuta della scrittura stessa dall’Unico creatore del cielo e della terra.
L’idea che la scrittura è un dono degli dèi è, peraltro, una costante nell’area geografico-storica di riferimento e precisamente:

- del dio Nebo a Babilonia,
- del dio Thot in Egitto,
- di Cadmo (eroe mitico, fratello d’Europa fondatore di Tebe) per i Greci.

La scrittura, perciò, assume carattere di sacralità; infatti, fa parte integrante della rivelazione che conferma appunto con una scrittura: "Mosè ritornò e scese dalla montagna con in mano le due tavole della Testimonianza, tavole scritte sui due lati, da una parte e dall'altra. Le tavole erano opera di Dio, la scrittura era la scrittura di Dio, incisa sulle tavole." (Es 32,15s) e Dio scrive col dito. (Dt 9,10 e Es 31,18)
(Il Signore) "scrisse su due tavole di pietra e me le diede". (Dt 5,22)
La scrittura è parte di Dio, di ciò che possiamo sapere e dire di Lui e non possiamo pensare Dio al di fuori della scrittura e delle Scritture.
In ebraico la parola "tavole" "Luhot", (spezzata lettera per lettera con le regole di lettura del crittografato biblico che ho fissate), ci dice: "accompagnò (da ) l'annunciare (da ) con i segni ."

Altra domanda è:
Dio con quale forma di scrittura avrebbe scritto le tavole nel XIII sec. a. C. per farla comprendere a Mosè?
Mosè, o meglio la scuola che a lui si riferiva, nel libro della Genesi mette in guardia su tali segni quando, subito dopo la creazione, racconta che Dio tracciò un primo segno.
Per tale motivo, i rabbini insegnano che il VI giorno, prima del tramonto del sole, furono manifestate le lettere.
E ciò avvenne dopo che Caino uccise Abele: "Il Signore impose a Caino un segno...", e ciò, sostengo, è profezia del dono della Torah.
In tale occasione su "un vivente , portò il segno di fine "; cioè indicò che con Caino nel mondo era entrato il morire .

La tradizione considera che questo segno, posto da Dio sulla fronte di Caino, sia una croce, corrispondente all'ultima lettera in forma corsiva dell'alfabeto ebraico.
Nel rabbino-quadrato questa lettera assume la forma (tau), che si può pensare come una lettera waw incrociata col segno d’una testa, che è eguale ad una ebraica, come riportato sul disegno di cui sopra.
Da ciò () all’idea che Dio a Caino ha recato = un segnosulla testa = , cioè ha recato la , il passo è breve; perciò la è il primo dei segni prodotto, e "segno o croce" è il significato grafico.
In ebraico la parola segno ('ot) è formata oltre che dalla stessa lettera (t=tau) all’ultimo posto, anche dalla (waw) in mezzo e, al primo posto, dalla lettera ('alef) che è consonante muta ( ' ) ed è la prima lettera di quell'alfabeto.
Il segno di croce costituito da due linee che s’intersecano è la più semplice delle indicazioni per trasmettere un messaggio, perché esprime la volontà di chi lo lascia; una linea da sola, infatti, sarebbe pensabile come una traccia non volontaria. (La croce fu adottata quale sigla attestante la volontà da parte d’analfabeti).
Quindi la croce è il primo segno portato.
In ebraico "uno - primo" è e, se la lettera indica "portare" (come ritengo, infatti è lettera di collegamento), con i segni diviene "primo portato segno " cioè proprio: primo segno portato.
Nell’ambito delle parole bibliche il segno, in effetti, è un miracolo, un prodigio, in quanto i segni fatti da Dio sono in sé segni prodigiosi:
  • come l’arcobaleno (Gn 9,1) "E sarà come un segno del patto";
  • il sabato (Es 31, 17) "Questo è un segno".
Per il Talmud "Sette cose furono create prima della creazione del mondo:
  • la Torah,
  • la conversione,
  • il Giardino dell’Eden,
  • la Geenna,
  • il trono della gloria,
  • il tempio e il nome del Messia."
C'è un Midrash che riporto:

"Le 22 lettere ebraiche erano incise col fuoco sul trono di Dio.
Quando il Creatore, che sempre sia benedetto, si accinse a foggiare il mondo, tutte le lettere si presentarono a Lui, una dopo l'altra, dicendo: Crea il mondo con me. Si presentò per prima l'ultima lettera dell'alfabeto, la Taw, chiedendo: Padrone del mondo, vuoi creare il mondo con me, la lettera con cui inizia la parola Torah, la Legge che darai al popolo d'Israele? Il Signore rispose: No, perché io metterò un Taw sulla fronte di Caino. La Taw uscì triste dalla sua presenza e si presentò la Shin, ma il Signore congedò subito anche lei dicendo: Con te inizia la parola sheqer (menzogna). E così scartò ad una ad una tutte le lettere fino a che venne la volta della Beth che gli disse: Padrone del mondo, vuoi creare con me il mondo? Con una parola che inizia con me tutti gli esseri loderanno il tuo nome dicendo: Baruk ( Benedetto) il Signore in eterno. Il Signore esaudì la sua richiesta, dicendo: Benedetto chi viene nel nome del Signore e creò il mondo. L'Aleph non sapeva che cosa chiedere ed era triste, ma il Signore disse: "Non temere, o Aleph, con te comincerò i comandamenti della Legge che darò al popolo d'Israele-Anokhi ha-Shem Elohekha," Io sono il Signore Dio tuo ".(Es 20,2).

Con la inizierà così la rivelazione del Dio Unico.
La Bibbia, quindi, leggendo le lettere ad una ad una, c'insegna che questa lettera fu il primo segno portato da Dio a conoscenza dell’uomo, ed in particolare su Caino.
Nasce spontanea l’idea che il racconto fantastico, sul segno recato sulla fronte di Caino, sia nato proprio, quale midrash, per aprire con i segni la lettura di ; cioè: L’Unico portò i segni (cioè la scrittura).
Tra l’altro è indicativo dell’alfabeto in quanto è formato dalla prima e dall’ultima lettera .
Seguendo questo modo di ragionare, "un segno portato alla testa " sta ad indicare la parola e tenuto conto che può sempre, se necessario, considerarsi esistente a fine parola una (che indica spazio aperto), si forma la parola Torah, cioè "segni-scrittura portati sulla testa fuori ", e gli ebrei osservanti si legano un’astuccio di pelle sulla testa, la "tefillah", che contiene passi della Torah (Es 13,1-10;11-16 e Deut 6,4-9; 11,13-21) ed addirittura i giudei cristiani l’astuccio lo facevano a forma di croce (Bagatti - "Alle origini della Chiesa").
Alcuni affermano che la parola Torah deriva da yoreh "tirare con l’arco", altri da harah "insegnamento" che a sua volta discende dal termine horeh "genitore", maschio o femmina, che richiama la radice harah, "essere incinta" e har, "montagna".
Non a caso la Torah da Dio fu data su un monte!
In definitiva, il primo segno portato da Dio in assoluto su Caino, e che conobbe l’uomo, fu un segno di misericordia.
Il Vangelo di Giovanni riporta che l’unico segno di scrittura Gesù lo fa a chi voleva lapidare l’adultera: "Ma, Gesù chinatosi si mise a scrivere col dito per terra." (Gv 8,6) Poiché nulla nei Vangeli è detto a caso, in linea con questo ragionamento, il Verbo creatore evidentemente ricordava il comandamento non uccidere ed il segno che fece su Caino. Scrivere ha in se il segno e l’atto dello scrivere è: su "un piano segnare dentro ".
Fu la in sintesi la promessa della Torah, e quell’atto fu anticipo del cuore della Legge, il cui succo è la base dell’amore al prossimo attuato da Gesù Cristo sino ad amare il nemico; infatti, nella lettura di c’è pure: L’Unigenito porteranno in croce .
La promessa della Torah si concreta su un monte e poi sarà data compiuta in un uomo, figlio di Dio, sul monte Calvario.
S’attuerà così appieno il patto "berit" di Dio con l’uomo, infatti questa parola ha in sé profezie su profezie di cui ecco 4 spunti leggendo in 4 varianti con i significati delle lettere (metodo dei segni):
  • "dentro il corpo fu ad indicare ";
  • "che il figlio sarà alla fine ";
  • "dentro con il corpo a stare in croce ";
  • "da cibo () per tutti ".
Insita nelle lettere della parola Torah c’è infatti una profezia d’incarnazione in quanto: "indica che si porterà in un corpo nel mondo "; "Compiuta si porterà in un corpo nel mondo "; (Ricordo la citazione al § 1 da "Le Dieci Parole" di Marc-Alain Ouaknin: "Per i cristiani, Dio diventa uomo, il Verbo, - la Parola - diventa carne; è una incarnazione nella carne. Per gli ebrei, Dio diventa testo. Dio si manifesta in un testo e nei suoi limiti. Un testo della Cabbalah afferma: Dio e il testo della Torah sono tutt’uno.")
Altra freccia a favore l’ho trovata su Internet nel sito di Gabriele Levy: "Mosè ricevette la Torah da Dio sul monte Sinai cira 3300 anni fa. Il libro sacro del popolo ebraico è la Torah. La Torah è scritta in Ebraico. La prima frase della Torah è:

"Bereshit barà Elohim et hashamaim veet ha ares"



All’inizio Dio creò il cielo e la terra

In questo versetto, dopo: All’inizio Dio creò = "Bereshit barà Elohim" e prima della parola cielo = "hashamaim" c’è et = , che indica l’accusativo. La parola et è composta dalle lettere = alef e = tav che sono la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto ebraico, cioè si possono intendere come l’insieme di tutte le lettere dell’alfabeto. Un’antica interpretazione dice quindi che Dio creò prima l’alfabeto e poi il cielo e la terra. E con l’alfabeto fu scritta la Torah.
Da quanto detto sulla lettera , dal Talmud e dal midrasch riportato si ricava che per l’ebraismo la Torah, che era nella prescienza di Dio, come le lettere, incise sul trono di Dio, preesistenti alla creazione del mondo, sono importanti in sé, ossia ciò che interessa nella Torah sono le singole lettere.
E vedendo in senso escatologico: "L’Unigenito si riporterà alla fine " ed "all’Unico porterà tutti ".

LE LETTERE EBRAICHE EVOCANO IMMAGINI COME I GEROGLIFICI
Queste poche righe con cui ho fatto esplodere alcune semplici parole ebraiche danno un cenno su quale pathos possa esservi attorno a parole chiave e come le singole lettere siano in grado di parlare ed evocare pagine e pagine di teologia rapidamente e concretamente molto più di libri e libri.
Nasce allora la domanda: quali segni sacri Dio può aver usato ed ha reso comprensibili ad un ebreo - egiziano che visse per 60 anni nella penisola Sinaitica, per farli trasmettere a gente uscita dall’Egitto?
La gente ebrea che Mosè portò fuori d’Egitto era "una gran massa di gente promiscua" (Es12,38), ma gli Israeliti, l'élite dei "seicentomila", considerava d’aver avuto origine fuori dall’Egitto da un popolo di pastori; infatti, la Genesi narra che nel XVII-XVIII sec. a. C. il primo nucleo (le famiglie dei figli di Giacobbe) era venuto da Canaan (ove il progenitore Abramo s’era trasferito dalla Mesopotamia nel XVIII-XIX sec. a. C.) in Egitto, 430 anni prima dell’esodo, e lì si moltiplicò (Es12,41).
La Bibbia afferma che Mosè conosceva bene la scrittura egiziana in quanto educato come figlio di Faraone.
Per dare attendibilità alla tradizione, la scrittura ebraica deve perciò affondare le radici in quell’egiziana che è la più antica forma di scrittura affacciatasi sul mediterraneo.
Tenuto conto che la scrittura ebraica non era ancora nata, - o per lo meno era in mens Dei - come avrebbe dovuto essere scritto il decalogo per essere compreso da un ebreo-egiziano?
La risposta deve essere congruente con questi dati.
Anche se la critica dei testi dice che la Torah, come c’è pervenuta, fu scritta solo molto più tardi, lei stessa afferma che è figlia della prima stesura, scritta da Mosè dopo che Dio diede le tavole della legge.
In effetti, essendo la scrittura dono di Dio, che s’era preparato anche a chi rivelarla, i segni sulle tavole dovevano essere comprensibili a Mosè, congruenti con la cultura di quel personaggio, perciò con segni semplificati della cultura egiziana veicolati nel sinaitico.
Non Toth, infatti, aveva provocato i geroglifici, essendo anche gli alfabeti delle scritture umane oggetto di creazione, ma Dio stesso (con riferimento al raccontino riportato da Gabriel Levy è da considerare che
alef e tau sono anche lettere dell’alfabeto egiziano).
La Bibbia stessa attesta perciò che quei segni usati da Dio furono conservati con sacralità, ed integro fu lasciato il messaggio grafico, se vi fosse stato, in quanto il prototipo delle lettere fu conservato con le tavole nell’arca dell’alleanza (Es 25,21; 40,20; 1Re 8,9).
Mi sono poi chiesto quale scrittura avrebbe usato Mosè, (se ha scritto qualcosa - Gesù, però, conferma la tradizione con … credendo a Mosè, credereste anche a me; perché di me ha scritto) depositario di cultura ebraica ed egiziana, nel XIII sec. a. C. per scrivere poi la Torah e la risposta non può essere che: usò le lettere consegnategli da Dio con le tavole.
Pur se esistono linee di pensiero sull’origine della scrittura da popoli dell’area babilonese per l’origine dei segni ebraici è da attenersi all’indicazione fornita dalla Bibbia che assicura che gli uomini, nati dopo il diluvio, avevano una sola lingua, quella che Noè parlava in famiglia con i suoi figli: Tutta la terra aveva una sola lingua ... (Gen 11,1)
La Bibbia fa concludere che la lingua di Eber, progenitore degli Ebrei, è inquadrabile tra le semitiche come quelle di Elam, Assur, Lidia e Aram e che è quella parlata da Noè conservatasi tra i discendenti, quella del bisnonno Enoch (che fu preso da Dio in cielo), del nonno Matusalemme, la stessa con cui parlava Dio ad Adamo ed Eva nell’Eden e che Lui stesso insegnò loro, con cui Adamo impose il nome agli animali e che con Eva insegnò ai figli.
Il libro della Genesi, infatti, assicura che c’è stato diretto passaggio della tradizione e d’una lingua di famiglia da Noè ad Eber e da questi ai patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe.
Dal viaggio di Abramo in Egitto (Gen 12,10-20) si deduce che i patriarchi, ben prima delle vicende del vice faraone Giuseppe, erano a conoscenza della cultura egizia, tanto che Agar, schiava di Sara, da cui nacque Ismaele, figlio di Abramo, era egiziana; la Bibbia poi informa che Abramo, oltre alla lingua conservata per tradizione, parlava anche la cananea, ma si considerava straniero in quella terra.
La regione orientale tramite i figli cadetti di Abramo (la progenie di Ismaele e i figli di Chetura che Abramo sposò in vecchiaia inoltrata - Gen 25,1-6) è delineata quale area importante per la veicolazione di rapporti di lingua e di scrittura.
La Genesi ci tiene ad evidenziare che la lingua di Aram non influenzò il maturo Isacco che si stabilì a sud della Palestina e nelle steppe del Negheb, perché non voleva mischiarsi con gli abitanti della terra di Canaan più del necessario.
Anche se le matriarche, discendenti di Eber, prima di sposarsi ormai parlavano la lingua di Aram, i patriarchi parlavano quella di Eber e questa nei discendenti non fu influenzata più di tanto dalle lingue di Aram e dei Cananei; così informa la Bibbia!
Con Giuseppe, vice faraone, viene precisato che la cultura dei patriarchi fece un tuffo in quella egiziana e molti Ebrei, i più capaci, nominati sovrintendenti, avranno seguito corsi di scriba per conoscere i geroglifici, dovendo leggere e scrivere in Egiziano per tenere conteggi, fare contratti e relazioni.
Tutti gli entrati in Egitto, peraltro, avevano avuto l’iniziazione di Giacobbe - Israele collegabile a quella trasmessa da Noè ad Eber e dagli altri Patriarchi, di tipo cultuale, di lingua e di storia familiare.
I più capaci avranno parlato in egiziano, ma in famiglia avranno conservato il proprio idioma ed, entrati in possesso della scrittura Egiziana, avranno iniziato a trasferire tale strumento al lessico ed alla fonetica della propria lingua che fino all’ora non era scritta.
Il tempo di 430 anni in Egitto indicato dalla Bibbia è tempo sufficiente, perché con le capacità e le attitudini proprie, alcuni siano potuti arrivare a posizioni di potere presso le corti dei faraoni ed eccellere come scribi importanti in scrittura, costruzioni ed altro.
Il condottiero che dovrà condurre il popolo d’Israele fuori d’Egitto fu scelto nella tribù di Levi, ed i Leviti divennero in quell’occasione la chiave di volta dell’ebraismo.
Il Mosè di cui parla la Bibbia fu perciò in grado di competere col top della cultura egiziana (Negli Atti 7,22 S. Stefano dice: Mosè venne istruito in tutta la sapienza degli egiziani ed era potente nelle parole e nelle opere.), perché educato dai maestri di corte sulla storia dei Faraoni, sui miti dei loro idoli, nonché sulle popolazioni vicine, compresi i Greci (così ritiene la tradizione ebraica) e sull’uso delle armi, ma continuò a frequentare la famiglia d'origine ove imparò la lingua, i racconti, le tradizioni ed il culto per il Dio dei padri.
Mosè trascorse vari decenni in Madian (nella penisola del Sinai, zona dei Mineo-Sabei, dai figli di Chetura e d’Abramo) e lì, con l'aiuto dalla rudimentale e sintetica cultura di quell’area, arricchì le proprie conoscenze (sede dei ritrovamenti delle iscrizioni rupestri sinaitiche) con tasselli utili per traslitterare la propria lingua e fissare i primi segni dell’ebraico antico.
Là può aver messo a punto una forma di scrittura efficace con la moglie, i figli e con fuoriusciti Ebrei, fuggiti dalle persecuzioni, e soprattutto col sapiente suocero e consigliere Ietro ("gli furono i segni in testa "; forse così è da interpretare la tradizione che la scrittura fu rivelata da Dio sul Sinai e la figura di Ietro indica l’accostamento di Mosè alla cultura sinaitica).
Mosè personifica il complesso degli autori della Torah del clan dei protagonisti dell'esodo e del cerchio dei costitutari; perciò, nel seguito parlando di Mosè quale autore degli scritti intendo la casta di scribi ebreo-egiziani, i Leviti, che un centinaio d’anni prima possono aver avuto influenza nella vicenda del faraone eretico Achenaton - Amenofi IV - che stravolse la teologia egizia col culto ad un dio unico, di cui l’astro solare era personificazione.
Dal pensiero degli autori della Torah traspare, infatti, la cultura egiziana che fornisce al testo plasticità delle scene descritte, pensate in termini d’immagini murali.
Il popolo d’Israele nasce con l’uscita dall’Egitto in quanto è nella vicenda pasquale dell'esodo, che va cercato l’atto di nascita d'Israele (nella Bibbia il termine Egitto ricorre 689 volte e Gerusalemme 664).
Siamo nel crogiolo delle civiltà d’origine mediterranea, agli inizi della formazione degli alfabeti moderni fatti risalire ai Fenici che associarono ideogrammi semplici ai suoni delle lingue.
L'invenzione della scrittura alfabetica fu una scoperta di fondamentale importanza nella storia dell'umanità, in quanto la vita sociale gradualmente poté subire un importante sviluppo, essendo stato divulgato un mezzo più semplice di quello esistente per trasmettere il pensiero, cui ebbero modo d’accedere fasce medie della popolazione, mentre sino allora era riservato a scribi e a nobili.
Questa scoperta, praticamente coeva e poco successiva al XIII sec. a. C., si diffuse a partire dai popoli della zona sud - orientale del Mediterraneo specialmente tramite i mercanti e le carovane.
Lo storico greco Erodoto nel V secolo scrive: "I Fenici che vennero in Grecia con Cadmo v’introdussero varie scienze e, tra le altre, la conoscenza delle lettere. Dal momento che erano stati i Fenici che per primi le avevano fatte conoscere ai Greci, questi giustamente le chiamarono lettere fenicie." (Storie V,58)
I Greci riconoscevano d’aver appreso l'alfabeto dai Fenici, che ne furono senz'altro i divulgatori, ma non per questo necessariamente gli inventori; infatti nel I sec. d. C. lo storico Tacito (Annali XI,58) scrive: Sono gli Egiziani che hanno inventato le lettere dell'alfabeto, i Fenici, che avevano il dominio del mare, le hanno portate in Grecia e in tal modo è stata attribuita loro la gloria di aver inventato ciò che essi avevano invece ricevuto. (Che gli Egiziani avevano un alfabeto è poco noto.)
Dietro tutto ciò però ci sono gli ebrei, popolo ponte tra Egitto -Sinai - Tiro e Sidone; e la scrittura con cui fu fissata la fonetica ebraica con la cultura sinaitica fu il primo passo per arrivare poi all’alfabeto fenicio in quanto si collocò in posizione intermedia semplificando i geroglifici egizi, ma dando ancora valenza all’aspetto grafico, cioè all’ideogramma, in pratica poi perduto dai successivi alfabeti.
Ora gli Israeliti che vivevano là ne furono certamente i primi beneficiari, e gli stessi scribi, usi alla scrittura ideografica, potrebbero aver inserito nella scrittura lineare anche, per proprio uso criptografico, una lettura per immagini; cioè spaccavano anche le parole e le trasformavano in lettere immagini.
Due fatti non fanno escludere la tesi del messaggio grafico nelle lettere che consentono poi di fornire il messaggio criptato:

- c'è stata una notte dei geroglifici per più di 1.500 anni (dal IV alla fine del XIX sec. d. C.), e la perdita di tale supporto ha avuto ed ha tuttora riflesso per perfetta comprensione della cultura formativa biblica;

- la forma quadrata liturgica della scrittura ebraica prima di tale perdita s’era già consolidata e la fedeltà assicurata dalla conservazione dalla scrittura quadrata rabbinica ha salvato il messaggio grafico di quelle 22 lettere conservando il pittogramma veicolato dall'egiziano, dal sinaitico e da scritture coeve, segni che poi, verso il I-II sec. a. C., furono stabilizzati nella forma espressiva che c’è arrivata e che fu sigillata nel I sec. d. C..

In quelle 22 lettere c’è, infatti, una voluta costruzione del disegno dal quale traspare la volontà di messaggi grafici.
Tra queste, 5 a fine parola mutano forma, ma non fu sempre così; fu un’innovazione introdotta con i segni di vocalizzazione.
Il carattere in uso, diverso dall’immediata precedente scrittura (rimasta nei testi samaritani) fu reintrodotto da Esdra al ritorno dall’esilio, ed opinione ebraiche corrente è che la forma delle lettere è assunta come originaria ed è sacra.
È anche ritenuto che le lettere in genere sono portatrici di messaggi basati sull’allitterazione dei loro nomi, e ciò è parzialmente vero per alcuni segni, ma non per tutti come possiamo vedere nelle schede delle lettere, di prossima pubblicazione in questa rubrica.

a.contipuorger@gmail.com

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