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RICERCHE DI VERITÀ...

 
IN PARADISO "DAVANTI AGLI ANGELI"
A MARIA AD MONTES

di Alessandro Conti Puorger
 

Voglio ricordare un giorno diverso. Estate... agosto... sabato, giorno splendente, senza nuvole.

Ci alzammo presto, volevamo andare a fare spese a Malles, in Italia.
Eravamo nei Grigioni, in Svizzera, a Sent a 3 Km prima di Scuol, paese da cui proveniva la famiglia di mamma.
Sent è un comune in sinistra dell'Inn (1450 metri) a circa 15 km da Martina, punta orientale dell'Engadina Bassa al confine con l'Austria, ma con l'Italia veramente a portata di mano.
Al ritorno, erano circa le 10 del mattino, ...ecco l'idea.
In Val Venosta, per salire lungo la SS40 verso il passo Resia, per poi passare dall'Austria in Svizzera, a poco più di 3 km a nord di Malles, in sinistra, c'è il tipico paesino contadino venostano di Burgusio (1260 metri).

Piantina Google Map Sul crinale sopra Burgusio che porta al confine Svizzero, aldilà del quale c'è la vallata dell'Inn nel tratto che scorre nella Engadina Bassa, più in alto si staglia (1340 metri) una grande costruzione bianca, impossibile a non notarsi per la sua imponenza a chi percorre la viabilità che scorre più in basso di circa 200 metri.
La Val Venosta invero è costellata da castelli, torri e fortezze, ma quella costruzione che ispira rispetto non ha l'aspetto di un castello.
Vi ero passato sotto tante volte.
Già un autunno vi ero salito, ma non potei vedere ciò di cui parlerò.
Quel giorno, sentii l'impulso di risalirvi.
Consenzienti i miei passeggeri, moglie e sorella, presi il bivio per Burgusio e mi diressi lassù.

Abbazia Benedettina di Marienberg Si tratta della Abbazia Benedettina di Marienberg, cioè di Monte Maria, o Maria ad Montes, situata appunto nel comune di Malles Venosta.
È quello il convento Benedettino più alto di tutta l'Europa ove, nella solitudine dei monti, da circa 860 anni vivono monaci che seguono la Regola di San Benedetto.
L'Abbazia appartiene alla "provincia svizzera" dei Benedettini, perché del convento di Monte Maria a Burgusio la fondazione fu favorita dai conti di Tarasp a partire dal 1150 d.C. e Tarasp (1414 metri) è un comune della Bassa Engadina, nei Grigioni della Confederazione Helvetica a meno di 20 km in linea d'aria a Nord-Ovest di Burgusio, oltre il passo di Slingia (2309 metri) che porta alla Val d'Uina che sbocca all'altezza del comune di Sent in Svizzera.
Tarasp è in una conca montana sul lato destro del fiume Inn, a 3 km da Scuol, a metà strada, 62 km circa, sia da Sant Moritz nell'Alta Engadina e Landeck in Tirolo ed a 105 km da Coira, capitale del Catone dei Grigioni.

Castello Il Castello, su di uno sperone di roccia più in alto di 100-150 metri, già dei conti di Tarasp, è un simbolo della Bassa Engadina e domina imponente la regione.
Come aquila, in posizione strategica occhieggia la valle dell'Inn sia verso Sant Moritz sia verso l'Austria, perché era collegato visivamente con torri di avviso lungo il percorso dell'Inn stesso, come quelle di Guarda e di Ramosh.
La fortezza non fu mai espugnata.
Il castello risale al 1040 d.C., periodo in cui vi si insediarono i signori di Tarasp, che pare provenissero dal lago di Como.
Questi nobili reto-romani, di cui si ricorda il nobile Eberhard e Ulrich suo fratello vescovo di Coira (il primo vescovado oltre le Alpi, istituito nel IV secolo d.C.), avevano già promosso la fondazione nel 1095 di piccolo monastero a Scuol in onore della Vergine Maria.
Un loro pronipote, Ulrich III, ottenne dal papa Eugenio III di spostare il monastero a Burgusio un po' più in basso di una rocca o "Castelaz" che vi possedevano e che fece demolire.
L'abbazia fu fondata dai Benedettini nel 1150, nello stesso luogo dove era sorta una piccola cappella dedicata alla Vergine Maria.
Il primo abate benedettino, infatti, fu un certo Albert che l'11 marzo 1150 stilò un primo documento dal nuovo monastero Marienberg.

Fürstenburg o Castello del Principe Più in basso, sotto il monastero, c'è una rocca medievale, il Fürstenburg o Castello del Principe.
Questo fu costruito attorno all'anno 1278, concepito originariamente anche quale domicilio stagionale dei Vescovi di Coira.
Per lungo tempo, peraltro, ne fu pure residenza stabile.
La città di Coira, infatti, per emanciparsi dal Vescovo che aveva anche potere temporale sul territorio, si unì alla Riforma Protestante.
Il vescovo nel 1524 fu costretto a lasciare la città pur mantenendo l'amministrazione quale conte dell'Alta Rezia.
Attorno al 1600 non vi erano quasi più abitanti cattolici nella Rezia e fino al 1803 il territorio dell'odierno comune di Tarasp, compreso il suo castello, appartenevano al Tirolo e costituirono così un'enclave asburgica e cattolica nell'Engadina.
Nel 1803, Napoleone, affidò Tarasp alla Repubblica Elvetica.
L'abbazia comprende:
  • la chiesa romanica a tre navate, unico esempio di basilica a tre navate con colonne nella Val Venosta, chiesa che nel 1647 il fu rivisitata in chiave barocca;
  • la cripta, la parte più antica dell'edificio che non ha subito modifiche sostanziali nel corso della storia;
  • un chiostro, sui lati del quale si sviluppano gli ambienti riservati al convento;
  • il giardino;
  • la cappella di S. Egidio, edificata sul luogo della prima cappella della Madonna.
Non c'è nessuno in vista.
Avevo letto della cripta che ha affreschi romanici con influssi bizantini.
Suono un campanello.
Silenzio... dopo più di un minuto sento uno scalpiccio e ci apre un monaco.
"La cripta non si può visitare!"
Con mia moglie e mia sorella lo preghiamo... "veniamo da Roma..." pura verità, anche se non in quello stesso giorno.
Ci pensa un poco, poi intenerito, compenetrato dalla nostra delusione, ci introduce... un angelo del cielo.

Il Paradiso nella cripta di Marienberg
Ci apre, la porta e... ci troviamo in Paradiso.
Ma vado per gradi.

I primi monaci benedettini che provenivano da Ottobeuren in Baviera pare che nei primi tempi avessero abitato in una casa presso la cappella.
La prima cosa che costruirono, incassata a mezza costa nella roccia con vista dall'abside sulla vallata, fu l'attuale cripta con muraglioni in pietra dello spessore su tutto il contorno variante tra 1,5 metri e 2 metri, intonacati internamente ed esternamente.
Era, infatti, evidentemente sentita la necessità di un luogo per le celebrazioni comunitarie.
Il 13 luglio 1160 il Vescovo Adelgott consacrò l'abside dedicata alla SS. Trinità, alla Madre di Dio e a tutti i Santi e tre altari dedicati ai Santi Pietro e Paolo, Maddalena, Martino e Niccolò.
Il nostro accompagnatore ci spiegò che i monaci si radunavano nella cripta per l'ufficio delle Ore - mattutino con ufficio delle letture, lodi, ore medie, vespri e compieta - e per l'eucaristia giornaliera, in genere dopo le lodi, almeno fino all'anno 1185.
Le liturgie poi furono gradualmente trasferite, man mano che progrediva la costruzione dell'Abbazia, prima nella Cappella di San Michele nella navata laterale superiore, ultimata appunto nel 1185, e poi nella chiesa abbaziale, consacrata nel 1201.
La cripta fu usata certamente ancora per eucaristie fino al 1315, epoca in cui furono ricostruiti gli altari.
L'8 e 9 aprile 1643 nella cripta furono inserite alcune tombe, 6 abati e 22 monaci, come risulta annotato nel diario dell'abate Jakob Grafinger.
La pianta della cripta è un rettangolo di 19,40x3,60 metri, con asse maggiore parallelo al costone roccioso.
L'ambiente è coperto con 5 crociere, 2 contigue all'incirca quadrate 3,60x3,05 metri ai due lati di quella centrale di 3,60x7,20 metri circa di fronte all'abside.
A metà del lato più lungo lato valle, infatti, grazie ad uno sperone della roccia a valle e del muraglione c'è il semicerchio dell'abside di 2,90 metri di raggio con una finestrella stretta e alta incassata tra muri strombati, limitata da un archetto circolare.
Attorno a questa in basso furono trovati incassi, evidenti tracce di sedili in marmo per i sacerdoti.
Alle estremità del muro lungo lato valle vi sono due piccole absidi di circa 0,95 metri di raggio con due finestrelle circolari e a destra e sinistra dell'abside principale.
Tra le due absidiole e l'abside centrale vi sono altre 2 finestre con incasso rettangolare di 1,00 metri di larghezza nel muro di valle.
Come fosse la situazione degli affreschi originali e l'anno esatto in cui furono eseguiti non è certo, ma sicuramente dei primi tempi sono le commessure dipinte in rosso che si rifanno alla tradizione bizantina di mattoni ornamentali inseriti nei muri in pietra.
Nel decennio successivo, comunque, la cripta fu impreziosita da affreschi.
La gran parte di questi fu ricoperta poi con intonaco bianco, al tempo in cui fu deciso il nuovo look barocco del complesso architettonico del Monastero.
Il ripristino della cripta, con la scopertura e il "rinfrescamento" degli antichi affreschi iniziò nel 1887 e si concluse nel 1981 sotto l'abate Stephan Pamer, ha consegnato il monumento più significativo della pittura romanica del Tirolo.
Le volte partono ad altezza d'uomo.
Essendo l'ambiente relativamente stretto le chiavi delle volte sono ad altezza relativamente bassa, circa a 3 metri.
Per chi è all'interno della cripta pare di vivere nelle scene raffigurate.
Si tocca praticamente la fede viva che animava e vivevano quei monaci e se ne può captare la spiritualità che supera i secoli.
Tra i colori predomina il blu, di autentici lapislazzuli, ottenuto cioè da quella pietra che con varie percentuale di lazurite, pirite e calcite, attraverso la macinazione ha consentito di ottiene una farina che, stemperata con calce ed idonei additivi atti a fornire le varie tonalità dal blu all'azzurro, è stata resa spalmabile.
Il costo di quel materiale era paragonabile a quello dell'oro (pare che le miniere allora conosciute fossero in Afghanistan).
Anche gli altri colori sono splendenti: il giallo ocra, il rosso cinabro...
Eppure c'era qualcosa di familiare... mi sembrava di essere in un posto noto.

Sulla volta dell'abside c'è la "Maiestas Domini" un Pantocrator in una "mandorla" di luce.
È il Cristo nella sua gloria tra i suoi angeli e i suoi santi.
Non c'è però nessuna relazione col giudizio finale... siamo già oltre.
All'interno della mandorla vi è un anello azzurro zaffiro che circonda un anello centrale verde.
Il trono è un arco segmentato tendente al dorato, un arco nel cielo, su cui siede ieraticamente il Cristo con volto giovanile.
Il Cristo ha un'aureola dorata in cui si staglia chiara una croce latina lievemente uncinata, il suo vestito una tunica rossa impreziosita su un tunica bianca.
La mano destra è benedicente e la sinistra sostiene un libro.
Il libro è aperto e le pagine sono bianche, senza alcuna scritta.
Per gli eletti che hanno accolto la chiamata ed hanno messo a disposizione la loro vita si anticipa di fatto in quella cripta la venuta del Signore che irrompe dall'eternità rendendo attuale la parola della lettera agli Ebrei "...così Cristo, dopo essersi offerto una volta per tutte allo scopo di togliere i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione col peccato, a coloro che l'aspettano per la loro salvezza" (Ebrei 9,28).
I peccati sono stati cancellati.
Ai lati del trono vi sono due serafini con sei ali, come quelli che nel libro del profeta Isaia 6,3 sono sempre al cospetto di Dio e cantano "Santo, Santo, Santo".
In quel luogo, però, si è cercato di rappresentare per intero quel versetto:

"Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti.
Tutta la terra è piena della sua gloria".

Sotto ciascuno di quei due serafini c'è la figure di un angelo.
Uno è vicino e sovrastante a San Pietro, che sta a sinistra guardando il Cristo e che è rappresentato con la chiave del Regno, l'aquila di Giovanni e il leone alato simbolo dell'evangelista Marco.
L'altro è a destra vicino e sovrastante la figura di San Paolo con il libro e un toro, pure alato, allegoria dell'evangelista Luca e l'angelo di Matteo.
È chiaro l'intento di rappresentare in veste cristiana rivisitata alla luce dei Vangeli la visione del carro di fuoco di Ezechiele e del Figlio dell'Uomo.
(Vedi: "Il carro di fuoco di Ezechiele: ufo e/o macchina del tempo?" e "Il quadrato del sator è il carro di fuoco di Ezechiele?")
Anche sulla strombatura della finestra centrale vi sono i dipinti di due sante martiri, scoperti nel 1983, forse quelle le cui reliquie si trovavano nell'altare maggiore della cripta.
Sulla crociera centrale a 4 vele davanti all'abside vi è la corte celeste di angeli, 3 per ciascuna vela, tra simboli stilizzati di stelle.
Gli angeli hanno il volto rivolto verso Cristo, salvo l'angelo ovest della vela nord.
Sulla testa gli angeli hanno reticelle con filo bianco, "tenie", per tener fermi i capelli.
In mano hanno verghe bianche per sottolineare la loro dignità e vesti svolazzanti per sottolineare la presenza del vento gagliardo dello Spirito Santo.
L'angelo centrale della vela est, il più vicino al Redentore, ha un labaro e sembra presieder la corte celeste... forse l'arcangelo Michele.

Compresi perché ero stato colpito da quella sensazione, ero a casa...
Faccio un salto con la memoria e ricordo l'abbazia Benedettina di Sant Angelo in Formis a Capua sotto il monte Tifata.
Quella basilica Benedettina, fondata dall'Abate Desiderio, che risulta costruita entro il 1087, presenta affreschi romanici bizantini.
Appena si entra lo sguardo è attirato dal Cristo in gloria dipinto nel catino dell'abside principale inquadrato nei simboli degli evangelisti (aquila = Giovanni, leone = Marco, angelo = Matteo, toro = Luca), su cui scende la colomba dello Spirito.
Lui siede ieratico, con la destra benedice e nella sinistra regge, poggiato sul ginocchio, un libro aperto con l'iscrizione "ego sum Alfa et O(mega), primus et novissimus".
Nell'emiciclo absidiale c'è la coorte con Desiderio che offre il modello della basilica con nimbo rettangolare attorno alla testa, gli arcangeli Gabriele, Michele e Raffaele ad ali aperte e le vesti costellate di oreficeria.
San Benedetto ha il libro in mano della regola su cui si legge "ausculta o fìlio".
Le pareti sono coperte da una coltre di scene dell'A.T e del N.T. di santi e di sante secondo l'idea di Gregorio Magno: "La pittura si impiega nelle chiese affinché coloro che non sanno leggere leggano almeno sulle pareti, vedendo, le stesse cose che non saprebbero leggere sui libri".
In una lunetta dell'atrio vi è un bellissimo affresco dell'Arcangelo Michele ad ali spiegate. Scrivevo in "L'Arcangelo Michele lotta con basilisco e leviatano" che "la presenza di quel potente Arcangelo dal 1994 s'è poi materializzata alla testata del mio letto matrimoniale in una gran cornice dorata a forma di lunetta su una tavola grande ove ho fatto affrescare una copia di questa bella immagine del Santo".
Quella immagine mi aveva colpito e avevo fatto fare una copia di quella lunetta con base 1,8 metri e messa a capo letto.
Ah... l'Arcangelo ha le "tenie" uguali esattamente con un filo bianco incrociatisi ad X come gli angeli della cripta di Marenberg che il mio amico pittore aveva fedelmente riportato, come mi risulta confrontando l'immagine dell'originale.

A sinistra della vela ovest c'è un quarto angelo che pare in quel momento spuntare dalle nubi dalla chiave di volta della crociera centrale, ma non precipitare vista l'espressione del volto e le mani in posizione orante.
È come si proiettasse nell'interno della cripta, in segno di comunione con gli astanti che in quel momento fisicamente fossero nella cripta, come a significare che i presenti in quello spazio sottostante sono anche essi angeli del cielo.
Gli angeli cioè scendono dal cielo per celebrare con i monaci alle lodi al comune Signore.
È la Chiesa festante che si unisce alla Chiesa militante.
E in quel momento ero festante anche io.

Più tardi quasi due secoli dopo, quando ormai la comunità Benedettina era pienamente insediata ed erano morti i primi monaci e abati fondatori del convento, con grande sensibilità fu associata tangibilmente nella cripta anche la Chiesa purgante con l'inserimento dei sacelli dei primi i monaci morti...
...morti per il mondo, ma presenti perennemente davanti a Dio.
Ora non ci sono più, furono tolti per ridare l'originaria condizione alla cripta.
La parete ovest, di fronte all'abside presenta drappeggi ad altezza d'uomo e sotto il sedile continuo e sopra la scena di due vescovi alle estremità e di tre serie di tre angeli con striscioni forse di lino in mano, ciascuna separata dalle altre da colonne dipinte.
Le tre colonne con frontone sono a rappresentare la Gerusalemme celeste che si istalla già in terra, perché il pavimento è verde.
Pare scorgersi anche un angelo di colorito scuro.
Altri personaggi che appaiono negli affreschi raffigurano una testa, forse l'abate, poi il portinaio... e anche il committente, certo Hezilo von Sent, cancelliere della Venosta e Bassa Engadina dal 1148 al 1181.

Hezilo von Sent Mi colpì molto il trovare un personaggio che pare essere del paese di Sent.
Non mi ero prima soffermato a pensare che in fondo in linea d'aria la distanza era veramente relativamente breve, mentre per arrivare là in automobile seguendo la SS40, Passo Resia, i tornanti di Nauders in Austria, e poi per Martina il percorso è di 60-70 Km.

Nella cripta l'occhio non riesce a saziarsi.
Si rimane colpiti dall'insieme e quasi non ci si vuole distaccare, almeno così accadde a me, per fermarsi a guardare i particolari, perché la sete di quella maestà ti prende.
Guardare il dettaglio pare quasi essere una perdita d'eternità, cioè come passare da quella dimensione al tempo.
Eppure i dettagli sono anche loro ammirevoli.

In definitiva, la modesta altezza della cripta consentiva ai monaci che vi celebravano le liturgie di sentirsi spiritualmente e materialmente compartecipi di quello scenario che diventava vivo e reale e non solo immagine di quinta.
Così per lo meno mi sentii io lì dentro... come se il cielo si fosse aperto e disceso attorno a me.
Ebbi la conferma che era esperienza comune dalle mie compagne.
Inutile dire che questo spettacolo mi riempì mente e cuore e permase in me uno spirito di pace e diffusa felicità.

Davanti agli angeli
È evidente che in quella cripta è stato reso in modo mirabilmente concreto quanto i monaci vivevano nelle liturgie.
Queste erano proprio ispirate al primo versetto del breve Salmo 138 attribuito a Davide:

"Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
A te voglio cantare davanti agli angeli..." (Salmi 138,1).

Anche l'antico inno del Te Deum propone nella sua parte iniziale una situazione del genere.

"Noi ti lodiamo, Dio, ti proclamiamo Signore.
O eterno Padre, tutta la terra ti adora.
A te cantano gli angeli e tutte le potenze dei cieli:
Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell'universo.
I cieli e la terra sono pieni della tua gloria.
Ti acclama il coro degli apostoli e la candida schiera dei martiri;
le voci dei profeti si uniscono nella lode;
la santa Chiesa proclama la tua gloria,
adora il tuo unico Figlio e lo Spirito Santo Paraclito.
O Cristo, re della gloria, eterno Figlio del Padre,
tu nascesti dalla Vergine Madre per la salvezza dell'uomo.
Vincitore della morte, hai aperto ai credenti il regno dei cieli..."

Il Capitolo XIX della Regola di San Benedetto relativo alla "Partecipazione interiore all'Ufficio divino", infatti, almeno nel testo italiano prevede:
  1. Sappiamo per fede che Dio è presente dappertutto e che "gli occhi del Signore guardano in ogni luogo i buoni e i cattivi",
  2. ma dobbiamo crederlo con assoluta certezza e senza la minima esitazione, quando prendiamo parte all'Ufficio divino.
  3. Perciò ricordiamoci sempre di quello che dice il profeta: "Servite il Signore nel timore"
  4. e ancora: "Lodatelo degnamente"
  5. e ancora: "Ti canterò alla presenza degli angeli".
  6. Consideriamo dunque come bisogna comportarsi alla presenza di Dio e dei suoi Angeli
  7. e partecipiamo alla salmodia in modo tale che l'intima disposizione dell'animo si armonizzi con la nostra voce.
Tutti gli esseri del cielo e della terra attendono ogni mattina che l'uomo apra la propria bocca e dia voce, quella stessa di Cristo, alla lode perenne al suo Creatore.
Ossia l'uomo che appartiene alla comunità cristiana, figlio della Chiesa di Cristo è associato alla famiglia divina.
Questa, la Chiesa, è veramente Maria la vergine Madre di Dio.
Maria li era ed è viva.
È la comunità orante che ha partorito la nuova comunità; che Dio la conservi!

Il Salmo 138 completo, 8 versetti in tutto, recita:

Salmo 138,1 - Di Davide. Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore: hai ascoltato le parole della mia bocca. A te voglio cantare davanti agli angeli,

Salmo 138,2 - mi prostro verso il tuo tempio santo. Rendo grazie al tuo nome per la tua fedeltà e la tua misericordia: hai reso la tua promessa più grande di ogni fama.

Salmo 138,3 - Nel giorno in cui t'ho invocato, mi hai risposto, hai accresciuto in me la forza.

Salmo 138,4 - Ti loderanno, Signore, tutti i re della terra quando udranno le parole della tua bocca.

Salmo 138,5 - Canteranno le vie del Signore, perché grande è la gloria del Signore;

Salmo 138,6 - eccelso è il Signore e guarda verso l'umile ma al superbo volge lo sguardo da lontano.

Salmo 138,7 - Se cammino in mezzo alla sventura tu mi ridoni vita; contro l'ira dei miei nemici stendi la mano e la tua destra mi salva.

Salmo 138,8 - Il Signore completerà per me l'opera sua. Signore, la tua bontà dura per sempre:non abbandonare l'opera delle tue mani.

La più recente traduzione CEI, rispetto alla precedente versione, presenta però alcune variazioni.
Segnalo solo la più eclatante, quella al primo versetto:

"Di Davide. Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore: hai ascoltato le parole della mia bocca. Non agli dèi, ma a te voglio cantare..."

Dopo la gita a Marienberg non potevo non andare a vedere l'esatta scrittura in ebraico di quel versetto nel testo masoretico.



Ecco la traduzione parola per parola:

Di David
Ti rendo grazie
con tutto
il mio cuore. (E il cuore è più del cuore fisico, è l'intimo dell'uomo)
Davanti
agli Elohim
a Te voglio cantare .

Quel "non" non lo trovo.
Il nome a cui rende grazia è sottinteso, ma non esplicitato nel primo versetto.
Nel secondo versetto si parla del "tuo nome" e poi abbiamo 6 volte il Tetragramma sacro Iahwèh (1 nel versetto 4, 2 nel 5, 1 nel 6 e 2 nell'8).
Tutto allora si concentra su Elohim che come noto è un plurale.
Questo può tradursi "dèi".
Non necessariamente però dèi sono gli dèi pagani, ma vi sono anche i partecipi della divinità, appunto nella fattispecie gli angeli... ma anche gli uomini redenti da Cristo.

Dice, infatti, il libro del Deuteronomio: "...perché il Signore vostro Dio è il Dio degli dèi, il Signore dei signori, il Dio grande, forte e terribile, che non usa parzialità e non accetta regali..." (Deuteronomio 10,17).

Così è scritto nel testo masoretico "il Dio degli dèi" e non è certamente il Dio degli dèi pagani.

In definitiva non c'è contrapposizione e quindi un "non", bensì "davanti (con) gli angeli" o "davanti agli dèi" a Te voglio cantare e quel Te è il Signore.

Il Salmo 82 inizia: "Salmo. Di Asaf. Dio si alza nell'assemblea divina , giudica in mezzo agli dèi " e prosegue al versetto 6: "Io ho detto: Voi siete dèi , siete tutti figli dell'Altissimo" ricordato poi da Gesù stesso nel Vangelo di Giovanni 10,34.

"Rispose loro Gesù: Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata), a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio" (Giovanni 10,34-36).

Con ciò è definitivamente chiarito trattasi dell'assemblea divina a cui gli uomini redenti da Cristo sono associati e Lui è Yahwèh.

"Essendo noi dunque stirpe di Dio..." (Atti 17,29) come dice San Paolo nel discorso agli ateniesi, "davanti agli angeli", è da prendere alla lettera cioè proprio davanti a Te, quindi in prima posizione con gli angeli attorno e dietro, come in effetto avviene nella cripta in quanto gli angeli sono sopra, dietro, attorno infine ai monaci oranti.

"Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani" (Apocalisse 7,9).

Ho provato a seguire nei Vangeli la traccia di "davanti agli angeli" e ho trovato:

"Inoltre vi dico: Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell'uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio" (Luca 12,8.9).

Cioè, davanti agli angeli di Dio il Figlio dell'uomo nel giudizio riconoscerà chi lo ha confessato davanti agli uomini, ecco perché il libro che ha in mano il Cristo Pantocreator nella cripta di Mareinberg è bianco.
Per chi è li dentro quella cripta ha cancellato ogni peccato!
È veramente il Paradiso!

È poi da leggere tutto di seguito il capitolo 15 del Vangelo di Luca di cui riporto i primi 10 versetti:

"Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: Costui riceve i peccatori e mangia con loro. Allora egli disse loro questa parabola: Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione. O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta. Così, vi dico, c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte" (Luca 15,1-10).

e prosegue con la parabola del figliol prodigo.
Quella cripta è il posto delle pecore perdute e ritrovate ove si festeggia davanti agli angeli come al ritorno del figliol prodigo.
Quel angelo ovest della vela nord, che è un po' accigliato e distoglie lo sguardo, mi fa pensare all'immagine del fratello "buono" del figlio prodigo che guardava alquanto accigliato il ritorno del fratello.

Epilogo della giornata
Il monaco su nostra richiesta gentilmente ci portò dove tenevano alcuni depliant e ricordi del Monastero.
Oltre a varie fotografie acquistai un libro con belle immagini a colori e notizie storiche, "Affreschi Romanici in Val Venosta" di Helmut Stampfer e Hubert Walzer, casa editrice ATHESIA di Bolzano con cui rinfresco la memoria guardando i dettagli.

Angelo Riporto la figura dell'angelo che riporta la copertina; è l'angelo sud della vela ovest.
Si era fatto tardi, era oltre mezzogiorno.
Poco fuori dall'abbazia di Monte Maria era stato da poco sistemato il "sentiero delle ore" che porta al Monastero di Müstair di San Giovanni Battista, a Müstair in Val Monastero (subito dopo il confine con la Svizzera), vicino a Tubre con un percorso tranquillo di circa 7 ore.
Prendemmo nota.
L'abbazia di Müstair fu fondata alla fine dell'VIII secolo dal vescovo di Chur e nel 1167 fu trasformato in convento femminile.
Vi sono affreschi carolingi (830) molto danneggiati di epoca romanica del 1160.
Chi cammina sul sentiero si trova in compagnia degli angeli.
Lungo il percorso per ricordarlo sono 24 immagini di affreschi di questi.
Si, però si era fatto proprio tardi.

Abbazia di Müstair Ci proponemmo prima o poi di andare a visitare anche quel Monastero, il che facemmo una settimana dopo.
Ormai però era da cercare un posto per andare a pranzo.
Pensammo di salire, visto che c'era una strada che portava in alto.
Portava a Slingia, paesino montano tirolese a 1726 metri.
Dopo poco vi arrivammo e trovammo un ristorante con vista panoramica da una piccola terrazza al primo piano di una tipica casa tirolese, dove ci sistemammo ad un tavolo.
C'era una carta topografica e presi nota del fatto che Sent e la Val d'Uina erano proprio a portata di mano mentre, per via ordinaria parevano in una vallata molto lontana.
Mi ricordai, allora, di mamma che da giovane dall'Italia andava nella casa del nonno a Sent in villeggiatura e decantava a me bimbetto quelle località che pareva irraggiungibile, tanto più che allora c'era la II guerra mondiale in corso.
Era stata una piccola Haidi, il cui film peraltro fu girato in quelle zone.
Tra l'altro mi sovvenni che narrava delle sue grandi camminate in montagna e spesso parlava di una gita bellissima che aveva fatto con una comitiva di ragazzi e ragazze quando aveva compiuto 18 anni (era il 1928).
A piedi da Sent lungo la Val d'Uina, attraversato il confine, erano arrivati al primo paese italiano.
Si... era Slingia!
Il nome mi si riaccese nella memoria.
Dalla terrazza del ristorante, dove pranzavamo, in quel momento lungo la strada un gruppo di ragazzi e ragazze in gita veniva proprio dalla parte Svizzera!
Era come se tra loro ci fosse anche Lei.
Tornai a casa felice.
Andando da Maria ad Montes avevo visto il Paradiso ed avevo incontrato mia madre!
Giornata indimenticabile... e non me la sono dimenticata.
Ringrazio quel monaco.
Che Dio lo benedica.

a.contipuorger@gmail.com

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