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TENSIONE DELL'EBRAISMO AD UNA BIBBIA SEGRETA
di Alessandro Conti Puorger

Sulla via tracciata dall'introduzione generale sul tema, con quanto esposto in "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche", visito sinteticamente fatti storici inerenti i testi biblici, nella veste con segni dell'alfabeto ebraico, per verificare l'esistenza di un varco, di una tenue traccia e/o della possibilità di una lettura anche in altro modo del testo; vaglio le idee, presenti o residuali dell'ebraismo, sull'attesa di un testo segreto nel canone ebraico della Bibbia e le confronto con le "Regole di lettura del criptato biblico") e con i molteplici tentativi di decriptazione usati nel passato.

Approfondisco i seguenti punti:

- Sviluppo del testo dei libri ebraici dell'A.T.
- Vicende dei segni ebraici.
- Il giudaismo e la Torah orale.
- La Bibbia segreta cercata dalla cabbalà ebraica.
- Differenze del metodo di decriptazione e cabbalà.
- Isaac Newton cercava il testo segreto nella Bibbia.

SVILUPPO DEL TESTO DEI LIBRI EBRAICI DELL'A.T.
I libri della Bibbia sono stati scritti nell'arco del millennio, dal XIII al II sec. a.C.; peraltro, alcuni brani, hanno datazione anche più antica, come il salmo 104 che ricorda un inno al Sole del faraone Akenaton (1367-1350 a.C.) il che è evidente dal parallelo di alcuni versetti.

Inno ad Aton

Salmo 104
(Sviluppa la creazione come in Genesi 1)

Quando tu tramonti all'orizzonte occidentale,
La terra è in tenebre di morte...
Ogni leone esce dalla sua tana;
Tutti gli esseri striscianti, essi mordono.
All'alba quando tu sorgi all'orizzonte...
Scacci la tenebra...
Gli uomini si svegliano e si rizzano in piedi...
Tutto il mondo, essi compiono la loro fatica.
Come sono multiformi lette opere!
Esse sono nascoste alla vista dell'uomo.
O unico dio, di cui non v'è altro eguale,
Tu hai creato la terra secondo il tuo desiderio.
20 Stendi le tenebre e viene la notte
e vagano tutte le bestie della foresta;
 
21 ruggiscono i leoncelli in cerca di preda...
 
22 Sorge il sole, si ritirano
 
23 Allora l'uomo esce al suo lavoro
 
Per la sua fatica fino a sera.
 
24 O Signore, quanto sono multiformi
le tue opere!
Tutto hai fatto con saggezza
La terra è piena delle tue creature.

Sui libri del canone ebraico gli studiosi del settore ritengono che:
  • molti si sono formati con vari apporti;
  • il Pentateuco (tra questi il Genesi è il più recente), come ci è pervenuto, sia stato scritto in epoca posteriore ai fatti e non da Mosè;
  • secondo gli studi più aggiornati, sarebbero un mosaico di testi e documenti, un composto desunto da varie fonti ed adattato da più redattori alla somma di conoscenze precipue al tempo in cui la o le fusioni furono operate, piuttosto che a quelle in cui si svolsero i fatti;
  • dal complesso di tale antologia integrata e guidata, trapela un pensiero unitario, perché unitaria è la motivazione che ha condotto alla scelta dei brani ed alla forma ed ai contenuti di quelli storici.
È opinione diffusa che ci fu una raccolta organizzata di testi antichi verso il VI sec. a.C. ed il nucleo della Bibbia fu ("Indagine Storico-Critica dell'A.T." di Edward Lipinsky) costituito dal seguente grande ciclo:
  • Deuteronomio, che giustifica storicamente la dottrina dell'elezione d'Israele, delinea la costituzione teocratica e raccoglie ciò che attiene all'opera di Mosè;
  • Libro di Giosuè, che racconta l'istallarsi del popolo eletto in palestina;
  • Libro dei Giudici, che enumera la lunga serie delle apostasie e dei ritorni a Dio;
  • Libri di Samuele, che narrano l'inizio della crisi della teocrazia con il re Saul fino all'accettazione dell'idea di un sovrano con Davide;
  • Libri dei Re, che descrivono la decadenza di quest'ideale, iniziata già con Salomone, conclusasi col rigetto da parte di Dio del proprio popolo per mancanze di fedeltà.
Si tratterebbe di una raccolta curata in più tempi dai re d'Israele e poi di Giuda, come suggerisce il Deuteronomio (17,18): "...quando uno di questi (Re) s'insedierà sul trono regale, scriverà per suo uso in un libro una copia di questa legge secondo l'esemplare dei sacerdoti leviti."

Per i libri del Pentateuco, Gabriele Mandel, (archeologo, già docente del Politecnico di Torino) sostiene ("Salomone". SugarCo Edizioni): "...accennano a Mosè in questo senso, escludendo che ne sia l'autore per il fatto stesso che non parla in prima persona né s'identifica come estensore diretto. Trattano Mosè come un personaggio storico del passato, e parlano della terra di Canaan come si sarebbe potuto fare solo dopo la conquista."

Per contro non sono libri di storia in senso stretto, perché questa si propone di stabilire che cosa gli uomini abbiano fatto e in quali rapporti reciproci stiano le loro azioni; invece la Torah, educa al pensiero che alle azioni umane ed al loro concatenamento presiede un potere unico superiore che le dirige a fini determinati.
Il Pentateuco o Torah, e tutti i libri cosiddetti storici, a differenza della storia, spesso tralasciano nomi, date ed ignorano fatti che non abbiano un particolare significato, ed in quelli sui cui si sofferma, lo fa per attirare attenzione e per far meditare.
La Torah, per gli eventi contenuti riguarda gli eventi ebraico-egizio-cananei del XIII-XII sec. a.C., periodo dilatato poi dal Genesi, in modo mitico, a tempi preistorici fino alla creazione del mondo.

Il quadro storico è il seguente:
  • il nomadismo al tempo degli Hyksos nel XVII sec. a.C. di alcune famiglie d'Israele verso il delta orientale del Nilo;
  • con la cacciata dei "pastori" gli ebrei si trovano coinvolti;
  • l'oppressione e la schiavitù egiziana fu più dura sotto i Ramseti;
  • tale oppressione ai tempi di Merenpthah, successore di Ramsete II, causa l'insurrezione degli Ebrei, favorita forse da una guerra con i libici che provocò un disordine pubblico (vedi: "La resurrezione dei primogeniti");
  • avviene l'esodo, la rivelazione della Legge, la vita di 40 anni nel deserto, formativa del popolo.
Durante tale ampio periodo inizia e si conclude, con Mosè profeta-inviato, la prima battaglia tra Iahwèh ed il mondo degli idoli, rappresentati dal Faraone e da Edom, e la proclamazione del Dio unico contro il mondo pagano (storicamente iniziò con il faraone eretico Achenaton).
L'A.T. al riguardo parla di 430 anni di permanenza degli Ebrei in Egitto prima dell'evento esodo, cioè prima del faraone Merenpthah, perciò Giuseppe era vice faraone nel XVII sec. a.C., cioè nel periodo intermedio 1785-1575 a.C., XIII-XVII, dinastie che congruentemente sono riferite a governatori hyksos, re pastori.
Tra l'altro in "La civiltà egizia", di Alan Gardiner (Einaudi 1971), nel capitolo VII si legge che, furono trovati degli scarabei di tale periodo con inciso il nome di Ya'hob-her che "è difficile non accettare l'opinione comune che ricordassero il nome del patriarca Giacobbe", padre di Giuseppe.

I libri della Torah possono, però, contenere pagine scritte in tempi antichi a Mosè riferiti e vogliono far credere a tale asserzione, infatti:
  • "Mosè scrisse questa legge e la diede ai sacerdoti figli di Levi, che portavano l'arca dell'alleanza del Signore, e a tutti gli anziani d'Israele." (Dt. 31,9)
  • "Mosè scrisse quel giorno questo canto (di Mosè) e l'insegnò agli Israeliti." (Dt. 31,22)
  • "Quando Mosè ebbe finito di scrivere su un libro tutte le parole di questa legge, ordinò ai leviti che portavano l'arca dell'alleanza del Signore: Prendete questo libro della legge e mettetelo a fianco dell'arca dell'alleanza del Signore vostro Dio; vi rimanga come testimonio contro di te;" (Dt. 31,24-26)
  • "Il Signore disse a Mosè: Scrivi questo per ricordo nel libro e mettilo negli orecchi di Giosuè: io cancellerò del tutto la memoria di Amalek sotto il cielo!" (Es. 17,14)
  • "Mosè scrisse tutte le parole del Signore..." (Es. 24,4a)
  • "Quindi (Mosè) prese il libro dell'alleanza e lo lesse alla presenza del popolo." (Es. 24,7a)
Per assicurare la continuità della legge al dopo Mosè, nel libro di Giosuè è dichiarato:

Giosuè scrisse una copia della legge. (Gs. 8,32)
Giosuè scrisse queste cose nel libro della legge. (Gs. 24,26)

La letteratura rabbinica "Baba Batra" (14b, 15a) fa risalire:
  • la Torah (Gen. 1,1 - Dt. 34,4) a Mosè (che scrisse anche il libro di Giobbe, vissuto al tempo di Mosè - Rabbi Levi ben Lachma);
  • a Giosuè gli ultimi otto versetti della Torah e il suo libro (Dt. 34,5 - Gs. 24,28) che dopo la morte avrebbe portato a termine Eleasar, figlio d'Aronne, e suo figlio Pinchas (Gs. 24,29-33);
  • Samuele scrisse, Giudici e Rut e il suo libro (Gc. - 1 Sam. 28,2);
  • finito dal veggente Gad e dal profeta Nathan (1 Sam. 28,3 - 2 Sam. 24,25);
  • i due libri dei Re sarebbero stati redatti da Geremia;
  • Ezechia e il suo collegio scrissero Isaia, dato che il profeta fu assassinato e non avrebbe potuto scrivere il suo libro (Ascensione di Isaia 5,2 - Jebamot 49b - Sanhedrin 103b), nonché i Proverbi, il Cantico dei Cantici e il Qoelet; Prov. 25,1;
  • Geremia scrisse il suo libro e le Lamentazioni, ma gli uomini della Grande Congregazione scrissero i 12 profeti minori, (Abot 1,1) ed i libri sorti fuori del paese (Challa IV,8 - Gittin 8a) Daniele ed Ester;
  • David scrisse i salmi; ma anche con parti da altri;
  • Esdra scrisse il suo libro e la genealogia delle Cronache, salvo la propria e Neemia avrebbe completato l'opera.
La critica del XX secolo converge poi nel ritenere che il Pentateuco è la conseguenza dalla fusione di quattro stesure principali:
  1. La Raccolta Yahvista (per il nome con cui è chiamato Dio) opera di compilatori del regno di Giuda della stessa corte di Gerusalemme, dalla creazione del mondo al regno di Salomone. (Gli studiosi M. North, G. von Rad, R. de Vaux e A.Weiser suppongono che le fonti yahviste siano state scritte nel X sec. a.C.; G. Fohrer le ritiene degli anni 850-800 a.C., pur non escludendo il periodo di re Amasia 796-781 a.C., data che preferita anche A. Jepsen e S. Mowinckel.)
  2. La Raccolta Elohista (ove Dio è chiamato Elohim) fu compilata ad Efraim dopo la precedente ed andava dalla storia d'Abramo alla morte di Saul; fu forse compilata nel Regno d'Israele, riferita concordemente al periodo di re Geroboamo II (783-743 a.C.).
  3. Nel Documento Deuteronomico, si avverte la rielaborazione in opera unica di testi di Leggi precedenti (forse per volere di re Geroboamo II) per adattarle alla nuova sistemazione sociale del popolo ebraico, da nomade a sedentario e da un governo di sceicchi a centralizzato con casta di sacerdoti organizzata e commerci e transazioni artigianali. (Per A. Alt, - 1953 - è opera di scrittori del Nord sopravvissuti alla distruzione del Regno d'Israele - 722 a.C. - e fuggiti nel Regno di Giuda, dove uno scriba avrebbe ritoccato il testo nella seconda metà del VII sec. a.C.) È ritenuto che delle suddette raccolte il clero di Gerusalemme procedette ad un'unificazione e ad una generale revisione, che il sommo sacerdote Chelchia presentò al Re Giosia, e forse in ciò sta il "ritrovamento del libro della legg " (2 Re 23,25) nel Tempio (2 Re 22,8-10) al tempo (622 a.C.) di Giosia; ciò comportò una riforma religiosa che si estese alla Samaria e fu seguita della prima redazione dei libri di Giosuè, Giudici, Samuele, Re in cui furono raccolti e rielaborati i più antichi archivi regali.
  4. Nel Documento sacerdotale, somma di scritti d'autori diversi, redatto all'epoca dell'esilio in ambiente sacerdotale (586-538 a.C.) dei quali, secondo i critici, il sacerdote e scriba Esdra sul finire del V sec. a.C. diede una prima integrazione coordinata; si legge, infatti, in "Historia Ecclesiastica", V,8 d'Eusebio di Cesarea che riporta "Adversus Haereses", III, I.15 di Ireneo di Lione (135-200 d.C.): "... quando le Scritture furono distrutte nella cattività del popolo sotto Nabucodonosor e i Giudei tornarono nella loro terra dopo settanta anni, allora, all'epoca di Artaserse re dei Persiani, Egli ispirò Esdra, sacerdote della tribù di Levi a riscrivere a memoria tutti i detti dei profeti passati e di ricostruire per il popolo la Legge data tramite Mosè."
Esdra nel V sec a.C. giunse a Gerusalemme in veste di incaricato del re di Persia col titolo di safar, governatore in aramaico (ad Esdra la tradizione fa risalire la "prima sinagoga" il cui compito era interpretare la Torah come costituzione della comunità, attualizzandola ed integrandola con carattere giuridico, ed in tal modo alla Torah scritta s'aggiunsero le "halakah" ed alla Torah orale fu riconosciuta la stessa forza vincolante, vedi: "Il giudaismo e la Torah orale").
Si ebbe allora il compimento, vale a dire la stesura del Pentateuco qual è giunto sino a noi, dopo la scissione fra Giudei e Samaritani in data non definita tra il 432 e il 332 a C..
Di quest'ultimo periodo sono, infatti, i libri di Esdra e di Neemia, cui fecero seguito quelli delle Cronache; nello stesso tempo in forma autonoma si erano sviluppati i libri dei profeti e didattici.
Questa è la stesura dei libri della Bibbia che si è mantenuta inalterata fino ad oggi anche grazie all'opera dei Masoreti.
Augusto Segre (in "Mosè nostro maestro" - Editrice Esperienze, Fossano 1975), sull'autenticità di quella storia antica rivendicata dalla Bibbia, osserva: "...nessun'altra storia di popoli comincia con l'illustrare la nascita che avviene nelle peggiori condizioni in cui possa vivere un essere umano. È stato notato che nessun popolo avrebbe inventato un tal capitolo di storia, dove non si esaltano la nobiltà d'origine o addirittura un'origine divina, ma si parla di dolori e di gravi sofferenze, di persecuzione, di schiavitù, della privazione d'ogni dimensione umana."
In tale stesura, è però sigillata l'unitaria volontà d'attribuire tutto il messaggio originario a Mosè e nessuna voce discorde s'alza dai libri a tale suggerita idea, perciò il fatto che il testo sacro indichi l'origine dei propri primi scritti in quei lontani tempi prova che la cultura egiziana non fu dimenticata.
Le apocalissi, poi, che a partire dal III-II sec. a.C. sostituirono la profezia, presentano rivelazioni sul destino del mondo, sulla risurrezione e sulla vita nell'aldilà, ma l'unica apocalisse inclusa nel canone dell'A.T. ebraico è quella nel libro di Daniele ove (7,13) appare la figura (che alcuni ritengono d'influenza persiana) del Figlio dell'Uomo (idea ripresa ed ampliata dal libro apocrifo di Enoch) che si pone tra l'umano ed il divino e che diede adito nel medioevo a sviluppi cabbalistici.
La composizione del Libro di Daniele, probabilmente l'ultimo in ordine di tempo tra gli scritti accolti nel canone della Bibbia ebraica, è datata attorno al 165 a.C. (dopo inizia il periodo intertestamentario, costellato da una serie di scritti, definiti apocrifi, alcuni accolti nella Bibbia greca dei giudei della dispersione, e di questi taluni poi accettati dalla Chiesa cattolica, ma negati come canonici dai rabbini della Palestina ed i riformatori protestanti del XVI sec.).
La rigorosità, nel conservare e scrutare le scritture, dei farisei e degli esseni, dimostrata dai ritrovamenti di Qumran, e la cura nella conservazione di tradizioni orali, costituirono baluardo a miti e tendenze dualistiche manichee esterne al tessuto giudaico, il che fa ritenere che la fede nella risurrezione (nella Mishnah "Sanhedrin" X,1: "Le seguenti persone non prenderanno parte al mondo futuro: chi dice che la risurrezione dei morti non può essere dedotta dalla Torah"), l'angelogia e le idee escatologiche debbono trovare in qualche modo radici nelle Scritture canoniche ebraiche, cioè nella Torah scritta o segreta, ed hanno origini antiche e non provocate da credenze iraniche assunte nell'esilio babilonese.
In effetti, la letteratura apocalittica è piena di visioni e di interventi soprannaturali ed esprime in modo plateale ciò era atteso (ed era latente negli scritti antichi nelle lettere lette come geroglifico) in quanto la fede sulla risurrezione, con le dovute variazioni, trova appunto spunto dalla cultura egizia, sia pure con la radicale modifica d'estenderla a tutti gli uomini e non solo ai faraoni.
In definitiva, indipendentemente dal periodo di formazione dei vari libri del canone ebraico dei libri dell'A.T., Torah e tradizione indicano che un nocciolo di scritti fu prodotto nel XIII-XI sec. a.C., quando la scrittura alfabetica ancora non esisteva, ed il resto rimanda a quel tempo mitico e la forma dei testi, anche interna se esisteva, imita quelle parti che hanno evidentemente fatto scuola in tutti gli autori successivi perché riferiti a tempi storico-mitici fondanti.
Volendo, perciò, dar credito alla Torah, questa, con l'asserire d'essere stata scritta da Mosè, di fatto dice di sé che l'originaria stesura e/o i testi più antichi nella Bibbia non possono che essere stati scritti con i segni sinaitici, i cui geni si trovano negli ebraici da quelli sviluppatisi e poi passati ai Cananei.
Dall'epoca greca (forse già dalla persiana) fu iniziata dagli scribi l'opera di filtrazione dei testi (per confronto ai rotoli più antichi e certi, onde eliminare inserimenti, errori di copiatura e d'altro tipo) continuò dopo il 70 d.C. e dette luogo al testo biblico detto masoretico - da masorah, vale a dire della tradizione - testo già pressoché definitivo al termine del I sec. d.C. e che fu sempre più emendato da errori; venne poi anche dotato di versetti numerati e questo imponente raffinato lavoro, per costituire una siepe alla Torah, continuò fino al X sec. d.C..

VICENDE DEI SEGNI EBRAICI
All'epoca del I Tempio, 950 a.C., i pochi testi esistenti, erano:
  • costituiti da una serie ininterrotta di segni;
  • senza vocali, inserite solo nel VI-VII sec. d.C. con segnature per la lettura delle consonanti;
  • senza individuazione di parole con separazioni;
  • mancavano le 5 lettere di forma particolare a fine parola:
  • = ;   = ;   = ;   = ;   = .
La serie di segni che costituiva il testo, ciascuno spaziato dall'altro, consentiva al lettore d'accoppiare o no il segno i vicini.
Ad esempio il versetto del Cantico dei Cantici di Salomone (X sec. a.C.): "Io sono un narciso di Saron, un giglio delle valli." (Ct. 2,1) non sarebbe stato scritto come è oggi:



Mancando allora le lettere maiuscole e le spaziature quel versetto (salvo la forma delle lettere) si sarebbe presentato:



("Salomone - per motivi politici - s'imparentò con il Faraone, re d'Egitto. Sposò la figlia del Faraone - Psusenna II ? - che introdusse nella città di Davide, ove rimase finché non terminò di costruire la propria casa, il tempio del Signore e le mura di cinta di Gerusalemme."
Salomone perciò era certo in grado di trasferire nella scrittura i criteri criptografici ed i pensieri egiziani. 1 Re 3,1)

Tornando alla storia, al tempo di Giosia, re di Giuda (640-609 a.C.), fu dato corso ad una seria riforma della religione sovvertita sotto Manasse ed Amon (687-640 a.C.) e del culto nel Tempio di Gerusalemme nonché all'imposizione di questo Tempio (nel 18° del regno - 622 a.C.) come unico santuario legittimo esaltando la Torah che fu (ri)codificata ed assunta come espressione globale della volontà di Dio.
La Bibbia ne fa menzione quando dice che il sacerdote Chelkia ritrovò il libro della Legge (2Re 22,8-10) lo diede allo scriba (mestiere per lo più svolto a corte 2 Sam. 20,25; 1 Re 4,3; 12,11; Sal. 45,2; Is. 33,18) e "Safàn portò il libro al re ..." (2 Cr. 34,16a) lo lesse e lo consegnò a Giosia.

I due brani - Re e Cronache - evidenziano che la cultura del libro era ormai arrivata al fondo e la sua "rilettura" fu una rivelazione.
A quel tempo la scrittura era ancora con la forma antica delle lettere, simili, a quelle dell'iscrizione del re Mesa:


Questi segni sono intermedi tra i sinaitici e quelli elaborati al tempo di Qumran (vedi: "Le 22 schede delle lettere ebraiche").
Quel versetto del Cantico dei Cantici sarebbe apparso così:


In pratica, l'originale non è in ebraico, ma "anche" in ebraico, ed il testo che si legge col raggruppamento dei segni originali con separazione delle parole per leggerle in lingua ebraica è una vera e propria decriptazione; cioè nella forma circoncisa in parole (un modo per dire "parola" in ebraico è "milah" , la cui radice è l'atto della circoncisione) è, dice la tradizione ebraica, "la Torah degli uomini", cioè un particolare progetto di versione, consolidato poi dalla "masorah" con le puntature del testo che ha dato luogo all'attuale Torah in ebraico.
Prima dell'esilio in Babilonia e della distruzione del primo Tempio, 587-586 a.C., si potevano perciò conoscere altre letture, rimaste nell'immaginario ebraico nei cui ricordi attinge la cabbalà.
Sàfan, scriba della generazione a cavallo dell'esilio babilonese, avrà letto il testo a Giosia e l'avrà iniziato all'eventuale testo nascosto.
La conservazione della Legge con la completa lettura - anche del sigillato, se ci fosse stata - che aveva posseduto Salomone e che fu riscoperto da Giosia, restò perciò nelle generazioni successive come eredità della famiglia di Davide.
L'evangelista Matteo nella genealogia di Gesù (Mt. 1,1-17) tra gli antenati pone anche questo Giosia, il restauratore della religione e possessore della ritrovata Torah: "Davide generò Salomone, ... generò ... Giosia, ... generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia ... Ieconia generò ... Giacobbe ... generò Giuseppe, lo sposo di Maria dalla quale è nato Gesù chiamato il Cristo." (Mt. 1,6b -16); Gesù per i Vangeli è così discendente del re Davide e sotto questo aspetto erede che può certificare la perfetta conservazione della Legge, sia in linea divina che umana e la completa lettura, anche in criptato, se ci fosse stata, era perciò eredità della sua famiglia.
Viste perciò le origini della Torah e la cura del segno grafico della singola lettera, al quesito se sia possibile una lettura dei testi lettera per lettera, la risposta è che non si può escludere.
Nell'epoca post esilio al tempo di Esdra e Neemia furono introdotti i caratteri quadrati che secondo i rabbini, erano quelli originali (ma erano stati cambiati a "seguito del peccato" d'Israele - Sanhedrin 21b, 22a). C'è stato un cambiamento dei segni della scrittura ebraica, ci fu poi una migliore definizione della forma, poi stabilizzatasi nel rabbino quadrato, "ketàb merubà", scrittura d'apparato, fissata definitivamente nel II-I sec. a C. per assimilazione al meglio dalla scrittura aramaica, che era d'uso corrente come testimoniano i documenti del Mar Morto.
La scrittura rabbinica quadrata moderna, infatti, è uno sviluppo rispetto alla scrittura dei rotoli del periodo di Qumran; la grafica della lettera autografa di Simon bar Kokeba del 130-135 d.C. dimostra che pochi sono stati i successivi scostamenti.
I fatti a favore del permanere della traccia grafica sono:
  • la fedeltà alla tradizione iniziata con Esdra e Neemia che religiosamente misero mano a riordinare gli scritti biblici dopo l'esilio babilonese (coevo al regno Sabeo di Aksum);
  • la rigorosa conservazione della parola a cura dei sacerdoti e della Grande Congregazione (vedi: "Il giudaismo e la Torah orale");
  • la scrittura quadrata che è stata standardizzata dai Rabbini in segni sempre più precisi e non è più variata dal I sec. d.C.;
  • questa scrittura è nata che era nota la lettura dei geroglifici, conoscenza che si è persa dopo il IV sec. d.C.;
  • la paziente scrupolosità dei rabbini assicura che quanto trasmettibile nel segno è acquisito nelle lettere ebraiche.
Con il ritrovamento (1799) del testo trilingue della stele di Rosetta (greco - democrito - geroglifico) e con la riscoperta dei significati dei geroglifici grazie a Champollion, dal 1872 c'è la possibilità di riaccedere a quella fonte preziosa, ma sui geroglifici c'è stato buio per 1500 anni e gli studi e l'esegesi biblica hanno fatto a meno di tale strumento (salvo nel XVII sec. il gesuita Athanasius Kircher - 1602-1680 nato a Fulda in Germania - che s'interessò di sapere di più sull'egiziano antico, ma non vi riuscì mancando ancora la chiave di lettura dei geroglifici ); per contro, il disuso non l'ha ancora considerato necessario anche se la lettura dei geroglifici è ormai possibile ed i geroglifici col sinaitico ed il sabeo non sono stati avvicinati all'alfabeto Ebraico per cercarvi i disegni nascosti.
Il "Dizionario Unterman", nei riguardi dell'"alfabeto" tra l'altro riferisce: "Il carattere quadrato ora in uso è diverso dall'antica scrittura ebraica. Nel Talmud si ritiene che Esdra lo avesse adottato al ritorno dall'esilio babilonese, mentre l'antico carattere rotondo restò in uso presso i samaritani. Quest'opinione però non è accettata da tutti, dal momento che la forma corrente delle lettere è considerata sacra è quindi assunta come quell'originaria."
In conclusione, molti sono gli indizi che portano a guardare l'idea d'un testo nascosto rinvenibile per decriptazione delle lettere.
Il fatto che, nonostante tutte le lettere ebraiche siano solo consonanti, la Sacra Scrittura si è conservata per secoli senza vocalizzazione, lascia adito a pensare che gli antichi conoscessero o sapessero che c'era, anche una lettura di forma ideografica e non volevano esautorarne il potenziale con una sola lettura.
Dall'esilio babilonese (VI sec. a.C.) la lingua parlata dal popolo d'Israele non fu più l'ebraico biblico, ma l'aramaico, e per le riunioni sinagogali dal V sec. a.C. al lettore che proclamava il testo nell'originale ebraico era affiancato un traduttore, il targumista (da targum traduzione) che non operava una traduzione sic et sempliciter, ma una versione-parafrasi in aramaico.
I targumisti, non impacciati, perché erano stati alla scuola degli antichi utilizzatori, col tempo si diradarono e le traduzioni furono sempre più rigide fino all'ingessatura del testo che per semplicità assunse una lettura sempre più stereotipata, fino a cristallizzarsi nella sola decriptazione in ebraico.
Per la lettura furono inserite separazioni dei versetti staccati rispetto al testo esterno con una suddivisione fatta dagli scribi della "masorah" con criteri che apparentemente non sempre ne dimostrano la necessità, salvo che non avessero memoria d'un testo iniziatico nascosto all'interno noto ancora a qualche scriba.
Una regola, che sembra paralizzante per il targumista, era:
"Chi traduce letteralmente un versetto scritto è un mentitore e chi vi aggiunge un qualcosa è un bestemmiatore." (Kidduschin 49a) Come a dire, la traduzione del testo esterno rende falso il testo e fra ciò che era ammesso poteva esservi "l'al tikrei", cioè palesare il testo nascosto, che è una traduzione che non aggiunge, perché interna al testo.
Per la tradizione ebraica: "I primi maestri farisei della Torah erano chiamati Scribi perché erano i guardiani del testo biblico canonico di cui contavano le lettere". (Dizionario Unterman).
E si continua a parlare di sole lettere!
È poi da ricordare il detto di Gesù, riportato nel Vangelo di Matteo, che fa pensare ad una lettura dei testi dell'Antico Testamento anche lettera per lettera: "In verità vi dico: finché non sia passato il cielo e la terra, non passerà neppure uno iota (Iota = = segno) o segno della legge, senza che tutto sia compiuto." (Mt. 5,18).
C'è, infine, lo "... scrutate le Scritture... sono proprio esse che mi rendono testimonianza." (Gv. 5,39) detto da Gesù che fa intuire come attorno a queste Scritture a quei tempi l'attività non si limitava a semplice lettura, traduzione e/o meditazione, ma si estendeva anche ad altra investigazione, che 12 secoli dopo Nachmanide Mosès, mistico spagnolo ebreo, commentatore biblico, (1194-1270 d.C.) ricorda in forma mitica, ma della quale non dà che una semplice traccia con "Noi possediamo una tradizione autentica secondo cui la Torah è formata dai Nomi di Dio. Le parole che vi leggiamo possono essere infatti anche suddivise in modo completamente diverso, componendo Nomi ... L'affermazione della hagaddah per cui la Torah fu scritta in origine con fuoco nero su fuoco bianco, ci conferma nell'opinione che la sua stesura avvenne con un tratto continuo e senza suddivisioni in parole, cosa che permise di leggerla sia come una sequenza di Nomi, sia, nel modo tradizionale, come un resoconto storico ed un insieme di comandamenti divini. Ma Egli la ricevette anche, nello stesso tempo, sotto forma di trasmissione orale, come lettura di una sequenza di Nomi."
In definitiva la tesi di un testo nascosto non è inconsistente, ma il passaggio ai segni di vocalizzazione, avvenuto quando la generalità degli utilizzatori non aveva più cognizione del potenziale delle lettere, ha per secoli cancellato l'idea, ma non la memoria, di ulteriori approcci, come vedremo nelle ricerche ebraiche nel medioevo.

IL GIUDAISMO E LA TORAH ORALE
Il Giudaismo è una contrazione della precedente religione d'Israele sotto l'angolatura degli ex residenti del regno di Giuda, essenzialmente perciò delle tribù di Giuda e Beniamino, le tribù reali, (e di quei Leviti che servivano nel regno del sud) deportate dopo la presa di Gerusalemme; l'anno di nascita è il 586 a.C., quando Nebuzardan, capo delle guardie di Nabucodonosor di Babilonia, razziò e distrusse Gerusalemme determinando la fine del culto pubblico del I Tempio.
La perdita dell'indipendenza, la cessazione della liturgia del Tempio con la riflessione nostalgica del fulgore dei riti e la gelosa conservazione in esilio di tradizioni religiose familiari atte anche ad accentuare ed affermare le peculiarità del popolo d'origine, sono le radici del Giudaismo che poi hanno portato all'odierno ebraismo.
In quel periodo "la scuola prese il posto del Tempio, il maestro, o scriba, quello del sacerdote sacrificante, l'osservanza delle prescrizioni religiose, e particolarmente il Sabato, la preghiera e i digiuni, quello dei sacrifici rituali." (Epistein I, "Il Giudaismo", Studio storico, Milano 1967) e la Sinagoga ("Bet-keneset" = casa di riunione) trovò in quel tempo la propria origine, probabilmente a Babilonia, per sostituire nello spirito il perduto Tempio.
Questo modus vivendi, dopo l'editto di Ciro (538) fu portato dai reduci, che ovviamente lo conservarono nel periodo della costruzione del II Tempio (520-515), ed affiancò, consolidandosi e sviluppandosi, quale altro ramo del fiume spirituale, i riti pubblici ricostituiti.
Certo è che dell'antica religione d'Israele, prima dell'esilio, si sa poco, in quanto il conosciuto fu filtrato dal giudaismo che, nel suo radicarsi e svilupparsi, fece la parte del leone coprendo tradizioni precedenti come s'arguisce dai fatti e dalle considerazioni seguenti:
  • delle 10 tribù del regno del Nord (Ruben, Simeone, Isaccar, Zebulon, Dan, Neftali, Gad, Aser, Efraim e Manasse, ognuna delle quali aveva arricchito Israele con proprie specifiche usanze), portate in esilio dagli Assiri nel 722 a.C. si dettero per "perdute" assieme alle loro antiche tradizioni;
  • la separazione dei Samaritani (da Samaria città fondata dal re Omni 885-874 a.C. capitale del regno del Nord a 5 Km da Gerusalemme, saccheggiata dagli Assiri in occasione della prima deportazione), costituiti da ebrei mischiati ad Assiri che popolarono la zona centrale della Palestina, dopo la deportazione del 722 a.C. degli ebrei del regno del Nord (considerati discendenza impura dai successivi reduci ed osteggiati da questi e viceversa, tanto da opporsi poi alla costruzione delle mura di Gerusalemme Esd. 4,4s forse anche perché erano originari prevalentemente delle tribù del nord); questi (di cui c'è tuttora una piccola comunità il cui sacerdote e ritenuto discendente di Aronne) hanno come testo sacro il solo Pentateuco e, pur non avendo altri scritti (quali agiografi e profeti), e pur non credendo nella tradizione orale, credono nel Messia, "colui che ritorna" atteso come il profeta di Dt. 18,15, credono nella risurrezione, hanno un proprio calendario e proprie usanze, sacrificano l'agnello pasquale sul monte Garizim vicino a Nablus (ove nel III sec. a C. costruirono il loro tempio);
  • il cosiddetto "ritrovamento" del libro della legge da parte di Giosia (640-609 d.C.), che dimostra che le tribù di Giuda e gli stessi Leviti avevano perso o attenuato, almeno per un tempo, le tradizioni.
Fu allora che Giudaismo dovette chiedere aiuto alla tradizione che assunse autorità come "Torah orale" (di cui parleremo dopo) quando Esdra e Nemia, riorganizzarono i tornati dall'esilio.
Esdra, scriba "versato nella legge di Mosè" (Esd. 7,6) e Neemia, coppiere d'Artaserse, vennero da Babilonia con pieni poteri da parte della corte Persia per ricostruire Gerusalemme (480 a.C.).
Il loro intento fu l'osservanza scrupolosa della Legge, che manifesta la volontà di Dio e le conseguenze furono:
  • alzare barriere tra Giudei, pagani, Samaritani, e quelli del Nord;
  • l'obbligo di licenziare mogli straniere con i loro figli;
  • creare un popolo fedele ed osservante.
Fu così sentita la necessità d'ispirare tutta la vita alla Torah, unica legislazione, trovando in essa, per deduzione, insegnamenti pratici per permeare sempre più i comportamenti familiari e sociali e dare forza al nuovo insediamento nei riguardi dell'ostilità dei residenti e rafforzare la politica d'autonomia della provincia.
La fede però nel Messia e nella risurrezione, conservate anche dai Samaritani, che non accolgono la Torah orale, sta a dire che tali credenze esorbitano la tradizione orale e appartenevano alla fede dell'antico Israele, cioè nella Torah scritta di Mosè, anche se là tracce di quelle sono molto rare, a meno che non si provveda ad investigare nella Torah stessa con modalità oggi non note o desuete.
Sviluppi successivi, che portarono all'attuale ebraismo, furono:
  • i Hassidim dell'età Seleucida, nati per reazione al tentativo d'Antioco IV (175-164 a.C.) d'imbarbarire l'ebraismo fino a farlo sparire, perché scomodo alla sua idea di globalizzazione del mondo greco;
  • i Farisei o Separati (la prima menzione si trova sotto il regno di Ircano II, 135 a.C.; prima erano annoverati tra i sapienti), riuniti in una haburah = società piramidale, con 4 gradi di sviluppo interno a seconda del meritato rispetto di norme sempre più complesse (dai manoscritti del Mar Morto 1QS 2,19.23; 5,21-24; 1Qsa 1,18), zelanti nel rispetto della Legge, che si tenevano separati "dall'am-ha-arez = popolo della terra"; ("Ma questa gente che non conosce la Legge è maledetta!" dicono i Farisei in Gv. 7,49)
In circa 350 anni si verificò che la Legge, traccia per trovare la via di Dio, non fu più modo spontaneo e volontario per aderire al popolo eletto, ma vi si apparteneva solo adempiendo tutti i precetti, le chiose, i chiarimenti e le interpretazioni.
La Legge fu vincolo e premio, si perse l'idea di salvezza quale atto gratuito di Dio e la teologia dei meriti assunse aspetto essenziale.
Contro i Farisei, oltre ai Sadducei, che non accettavano la Torah orale, c'erano gli Esseni, originati da sacerdoti della famiglia di Zadoc e loro simpatizzanti che nel 164 a.C. in opposizione ai Maccabei (che s'erano abrogati la facoltà della nomina dei sommi sacerdote del Tempio, che però dai tempi di David erano di famiglia sadochita) si separarono e formarono una setta scismatica (sostenitori d'una restaurazione davidica).
Nel giuramento degli esseni, coloro che "s'attengono saldamente al Patto" (1QS V,3), il neofita s'impegna "a tornare alla legge di Mosè secondo tutto quello che ha ordinato." (1QS V,8 - Ad es. contro la poligamia, che con il ripudio era permessa nel giudaismo, è citato - CD IV 21 - "Come uomo e donna li ha creati" Gen. 1,27)
L'appartenenza a tale comunità perciò significa il distacco dal male e dagli "uomini dell'empietà", cioè dal re-sacerdote degli Asmodei a Gerusalemme ed in generale dal conformismo dei Giudei che lo seguivano; così, l'autorità ultima per l'interpretazione della Torah venne da loro individuata ormai soltanto nel "Maestro di Giustizia".
In Graf Reventlow Henning "Storia dell'interpretazione biblica", (Piemme '99) a proposito dell'esegesi essenica si legge: "Il testo biblico e la sua interpretazione sono legati in modo tale che l'esegesi si riaggancia a determinate parole chiave del testo (giusto, fedeltà, vivere) andando però volutamente oltre la situazione originaria in cui sono state pronunciate le parole del profeta ... Per gli esegeti di Qumran tra i termini chiave del testo e l'interpretazione sussiste abbondanza di rapporti, che però non risultano con altrettanta chiarezza al nostro modo di vedere."; cioè adottavano criteri che sfuggono agli attuali esegeti.
Il Cristianesimo, pur sorto dall'ebraismo, anche lui si stacca radicalmente dai condizionamenti giudaici e rivisita le Scritture sotto l'aspetto della rivelazione, relativizza le tradizioni del sabato e della circoncisione, chiama al soprannaturale con la risurrezione e l'escatologia, ed abbandona l'aspetto antropocentrico della salvezza.
Per il giudaismo la Torah orale è l'insieme delle tradizioni che Mosè ha ricevuto dalla bocca del Signore nei quaranta giorni e nelle quaranta notti sul Sinai; infatti, la Mishnah, che inizia con il trattato Avot (i Padri) al punto 1.1, dice: "Mosè ricevette la Torah sul Sinai e la trasmise a Giosuè..." e prosegue "... e Giosuè agli Anziani, e gli Anziani ai Profeti, e i Profeti la trasmisero agli uomini della Grande Congregazione (che i Farisei considerano propri antenati). Questi dicevano tre cose: Siate cauti nei giudizi; educate molti discepoli; fate una siepe intorno alla Torah."
La Grande Congregazione o Grande Sinagoga, che aveva anche profeti tra i propri membri, fu l'istituzione religiosa che guidò il giudaismo sulla fine del periodo dei profeti, era costituita da 120 membri (come i 120 discepoli della Chiesa nascente di Atti 1,15) convocati da Esdra e dagli scribi per far fronte ai problemi incontrati al ritorno degli ebrei dall'esilio babilonese; si trasformò nel Sinedrio d'evangelica memoria ed ebbe termine nel II sec. a.C..
Molti dei riti e della liturgia del giudaismo rabbinico sono fatti risalire a tale istituzione che stabilì l'autorità d'alcune opere iniziando così a determinare un primo canone biblico.
Se, peraltro, come ritenevano i Sadducei che non accettavano la "Torah orale" dei farisei, tutto si riducesse all'unica lettura della "Torah scritta", non occorrerebbe la relazione maestro-discepolo o sarebbe molto diminuita; infatti, tale rapporto, per i rabbini è simile a quello tra padre-figlio, sintetizzabile con la parola "pietra - ‘aboen" che contenendo fuse padre e figlio ci parla d'una tradizione stabile, perché appunto sulla pietra, da passare; non a caso, dicono i rabbini, Dio consegnò la Torah su un monte, scritta su pietra, perché fosse trasmessa da padre a figlio e, di conseguenza, da maestro a discepolo.
Il Sifre Deuteronomio (su Dt. 33.10 p.408) dice: Essi insegnano i tuoi giudizi a Giacobbe e le tue Torot (plurale di Torah) a Israele. Ciò insegna che due Torah sono state date a Israele, una scritta e una orale. Agnitos il governatore domandò a Rabban Gamaliel (È il 70 d.C., è il nipote del maestro di S. Paolo): Quante Torah sono state date ad Israele? Egli rispose: due, una scritta e una orale.
I pensieri della tradizione sono che dalla Torah di Dio ha indubbiamente avuto origine la Torah di Mosè e di Israele e che Dio ha consegnato il tutto a Mosè con la Torah per iscritto.
Marc-Alain Ouaknin nel libro "Le Dieci Parole" si domanda: "Cosa fa Mosè durante questi quaranta giorni? Ha ricevuto solo le Dieci Parole o tutta la Torah? (cioè il complesso della Legge: tutti gli ordinamenti ed i precetti, l'insieme dei primi cinque libri della Bibbia che chiamiamo Torah). La tradizione afferma che egli portò con sé pergamena, inchiostro e di che scrivere; che scrisse sotto dettatura di Dio l'insieme della Torah (i cinque libri di Mosè). Così si spiega come egli conoscesse la fine della storia e abbia potuto scrivere il racconto della sua morte che troviamo a conclusione del Deuteronomio."
La tradizione ritiene che con le 10 parole ha consegnato anche gli altri capitoli (Schir ha Schirim V,14; Megilla 19b; Nedarim 38a) ovvero ha concesso di copiare l'esemplare della Torah preesistente al mondo (Debarim Rabba III, 10,1; Scemot Rabba XLVII, 34, 28) oppure l'ha dettata alla sua penna (Libro dei Giubilei 2,1-33, Baba Batra 14b; 15a; Sifre a Dt. 34,5); come conferma la Torah scritta, in quanto: "Il Signore disse a Mosè: Sali verso di me sul monte e rimani lassù: io ti darò le tavole di pietra, la legge e i comandamenti che io ho scritto per istruirli." (Es. 24,12)
Lì, in effetti, Dio asserisce che quanto occorreva per istruirli l'ha scritto, indi le parti della tradizione che non trovassero fondamento nello scritto della Torah travalicherebbero l'intento di Dio.
La tradizione scritta per il plurale di "parola" "deber = " usa il maschile "debarim", mentre la tradizione orale, di cui il Talmud è la coagulazione d'interpretazioni consolidate, usa il plurale al femminile "debarot"; da qui il pensiero che per la formazione completa d'un figlio della Torah c'è bisogno dell'unione d'entrambe.
La Torah scritta è il padre, il maschile biblico che entra nel femminile del commento, la Torah orale, per far nascere il figlio della Torah; l'interpretazione e dinamica e non cessa di tramandarsi.
All'indomani della distruzione di Gerusalemme Rabbi Yohanan ben Zakkay (nascosto in una bara riuscì a fuggire dalla città accerchiata dalle legioni romane) fondò nella città di Jabneh un importante centro di studi rabbinico, un nuovo sinedrio, la cui autorità s'estese a tutta la diaspora ed il patriarca, presidente di quest'assemblea, fu da Roma considerato il rappresentante ufficiale del popolo ebraico.
Nei secoli seguenti questo sinedrio produsse, sotto il patriarca Juda ha Nasi (135-217 d.C.), la "Mishnah" in ebraico (costituita da 63 trattati) che raccoglie la legge orale sviluppata da rabbini del I-II sec. d.C., periodo contemporaneo, quindi, all'accesa polemica con i cristiani, di cui in essa si possono trovare tracce.
Questo testo a sua volta produsse commenti ed esegesi raccolti nella Gemarah scritta in aramaico.
L'insieme della Mishnah e della Gemarah formano il "Talmud" (da studiare), detto palestinese, concluso verso il VI sec. d.C.
Quel patriarcato terminò nel 425 d.C. quando il fulcro del giudaismo si spostò in Mesopotamia fuori dell'Impero.
Da qui il Talmud di Babilonia, conclusosi circa un secolo più tardi, che contiene una "Gemarah" (complemento) più ampia.
Nel Talmud si trovano parti normative "halakah" (cammino) e parti narrative, omiletiche, edificanti, "haggadah" (racconto).
La Mishnah, ove la Torah orale è tratteggiata quale anima della scritta, è la più antica opera dalla letteratura rabbinica.
"La Sacra Scrittura, la Mishnah, il Talmud e l'Hagaddah e persino ciò che un allievo perspicace un tempo dimostrerà alla presenza del suo maestro, è stato da tempo rivelato a Mosè sul Sinai." (Pea II, 17a; Megilla IV 74d, Chagiga I,76d); questo è il pensiero che sottende tutta l'opera rabbinica prodotta.
Di R. Akiva ben Josef, nato in Israele il 40 d.C. e morto martire sotto la persecuzione dell'imperatore Adriano nel 135 d.C., il Talmud (Menachot 29b) racconta che: "Quando Mosè salì sul Monte Sinai per ricevere la Torah trovò il Santo che intrecciava coroncine sulle lettere della Torah ..." anche solo da queste usciranno infiniti commenti (e si parla di lettere!).
Si cercò di fermare perciò in uno scritto quanto più si poté della tradizione o Torah orale, che poi rimase ai Tanna o insegnanti.
I libri del Talmud è così l'espressione principale dell'ebraismo post biblico formatosi per cementare il popolo disperso dopo l'assedio del 70 d.C. e la presa di Gerusalemme da parte dei Romani con la distruzione del secondo Tempio.
Nella diaspora certamente frange di sapienza e di memoria dell'ebraismo andarono purtroppo perdute ed quell'insieme d'opere non poté assorbire a pieno la vicenda di Gesù e del Cristianesimo essendo mancato il tempo per l'esame critico di quelle realtà vissuta in quel momento, peraltro, anche con forte antagonismo.
All'inizio del II Tempio, gli uomini della grande Congregazione (Abot 1,1) avevano chiesto un recinto per la Torah; cioè una trasmissione del testo scritto della Torah che conservasse ogni particolare del patrimonio consonantico ebraico.
L'affermazione di Rabbi Akiva: "La tradizione è un recinto per la Torah" manifesta, con la consuetudine tramandata di scrivere solo le consonanti, la volontà di mettere la Torah al riparo delle falsificazioni ed il timore di perdere un mistero che si sapeva esistere nel testo e tale interpretazione comporta che "Da ogni singolo accento della Torah egli (Akiva) dedurrà una gran quantità di halakhot (norme)" (Menachot 29b Rabbi Jekuda)
I rabbini divennero guide riconosciute dall'ebraismo e la loro letteratura iniziò ad avere autorità canonica nel mondo ebraico, ma solo più tardi i rabbini discussero se, benché il testo consonantico permettesse diverse letture, ci fosse una lettura tramandata da definire madre (Sanhedrin 4a-b, Makkot 8a, Pesachim 86b, Sukka 6B, ecc).
La decisione d'accettare per lezione tradizionale quella degli scribi fu consolidata dall'haggadista Jizchak (Nedarim 37b), e la pronuncia del testo biblico nella mater lectionis fu acquisita dalla Mesorah solo nel VII-X sec. d.C. (pur se in sinagoga il testo rimase senza puntature).
Le fonti prime di Bibbie masoretiche e di scritti rabbinici sono:

A) per il testo Biblico dell'A.T.:
  • i più antichi manoscritti reperiti sono di Qumran (II sec. a.C. - I sec. d.C.);
  • il Papiro Nash del II sec. d.C. contenente il decalogo Es. 20,2-17, Dt. 6,4s (conosciuto dal 1902, prima di Qumran era il più antico reperto);
  • un lotto di manoscritti, i più antichi del VII-VIII sec. d.C., trovati nel 1896 nella genizah (ripostiglio sacro) della sinagoga del Cairo;
  • Codex Cairensis, datato 895 d.C. scritto a Tiberiade IX sec.d.C.;
  • i libri dei Profeti Minori, copiati nel 916;
  • Codex Leningradensis 1008-1009 d.C. contiene tutta la Bibbia e serve come testo standard per la Bibbia ebraica Kittel e Stuttgartensia dell'XI sec. (Biblioteca di San Pietroburgo);
  • il codice d'Aleppo in Siria "Keter aram Zovà" scritto oltre mille anni fa (ora all'Istituto Ben Zevi di Gerusalemme).
B) per scritti rabbinici:
  • il "Seder Tannaim we-Amoraim" che riporta l'anno 884 d.C.;
  • la "lettera di Sherira Gaon" del 987;
I rabbini passarono per le seguenti quattro fasi, indicate già dai primi due documenti sopracitati:
  • tannaiti (aramaico tanna = schanah ebraico, ossia ripetere, insegnare) I-III sec.;
  • amorei (amar dire commentare) fino al V-VI sec. d.C.;
  • saborei (sabar = significare) revisori del Talmud Bab. VI-VII sec.;
  • geonim (gaon, eminente) capi scuola a Babilonia fino all'XI sec..
La "siepe della Torah" (di Avot 1,1) fu in pratica la sostituzione del crollato muro di Gerusalemme e così, solo chi si trova anche nel nuovo corpus di scritti, è nell'ebraismo, non basta più l'A.T da solo, e chi è fuori è tra i pagani; perciò con una prassi socio-religiosa fu ricreata una situazione di difesa analoga a quella che adottarono gli esuli che tornarono da Babilonia ai tempi di Esdra.
La Torah non s'esautora con gli scritti, ma passa anche attraverso l'insegnamento di rabbini e lo studio dei nuovi scritti.
Tale pensiero, mutatis mutandis, è anche del cristianesimo che ha la Chiesa a guardia della Torah e della tradizione apostolica ("Catechismo della Chiesa Cattolica", n° 80-82 riportati al Cap. I.2) e produsse, in quel medesimo tempo, una siepe della Torah col Nuovo Testamento (N.T.), con gli scritti dei Padri e con i ministri della parola.
Gesù nella sua predicazione riportava anche idee che circolavano nella tradizione rabbinica ebraica della Torah orale, ne stigmatizzò gli eccessi sui fardelli imposti alla gente, sulle norme del sabato, sulle prescrizioni per le abluzioni ecc. e, dalle risposte che dava era chiaro che ne era perfettamente al corrente tanto che fu anche accusato d'essere un samaritano per le idee eterodosse (Gv. 8,48).
Sintetizzò, infatti, portando all'essenziale la Torah orale: "Così tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa, infatti, è la Torah e i Profeti." (Mat. 7,12) e un modo analogo d'esposizione è nel "Talmud di Babilonia Shabbat" al punto 31 ad un pagano: "che si presentò da Hillel e questi fece di lui un proselito; Hillel disse: Ciò che è odioso a te non farlo al tuo prossimo; questa è tutta la Torah, il resto è commento; va' e studia."
Vi è dunque per Gesù e per i primi cristiani, come per gli ebrei ortodossi anche d'oggi, una Tradizione, una Parola di Dio che accoglie, interpreta e attualizza quella scritta.
Arriviamo ora, dopo il suddetto escursus storico, a quel che diceva Nachmanide Mosès nel XII-XIII d.C.: Egli (Mosè) la (Torah) ricevette anche, nello stesso tempo, sotto forma di trasmissione orale, come lettura di una sequenza di Nomi; cioè, mentre si scriveva il testo scritto nasceva nello stesso tempo un testo interno.
La questione è così spinta ad un nuovo punto di confine; c'è una Torah orale e scritta nello stesso tempo, è orale - in quanto spiegata da Dio a Mosè - e da questi ad altri nelle generazioni e costituisce il fondamento della tradizione - e nello stesso tempo è scritta, ma va letta in modo particolare in quanto è una lettura di una sequenza di Nomi.
Dio chiamò , ma si può anche pensare "lesse":

Es 19,20 "... il Signore chiamò Mosè in vetta al monte ..."
Es 24,16 "... il Signore chiamò Mosè di mezzo alla nuvola ...".

In questo sottile limite che tentò d'esplorare la cabbalà, come dirò, s'inserisce l'idea del metodo di lettura dei segni ebraici per trovare una via comune per ebrei e i cristiani, che liberi così da condizionamenti storici, potrebbero, attingervi per ritrovarsi nella stessa Torah, il cui messaggio decriptato è in definitiva supporto d'entrambe le realtà, poi divisesi.
Nello stesso "Talmud di Babilonia Shabbat" al punto 30b si parla d'un pagano che voleva convertirsi, ma non accettava l'insegnamento della Torah orale da parte Simmei che era molto rigido; quel pagano andò "...da Hillel e questi fece di lui un proselito. Il primo giorno Hillel gli insegnò Alef, bet, ghimel, dalet ... L'indomani gliele presentò in ordine inverso. Il pagano gli disse: Ma ieri tu non mi hai detto questo! Hillel allora gli disse: Non hai dunque fiducia in me? Fammi fiducia anche per quanto concerne la Torah orale." e si parla di lettere dell'alfabeto da vedere in più modi; cioè per entrare in contatto col messaggio della Torah è da passare per le lettere sacre!
Nel Sifré su Dt. 32,7: "Rabbì Simai diceva: Non vi è pericope (nella Torah) in cui non ci sia la risurrezione dei morti. Il fatto è che non abbiamo in noi la forza di manifestarlo attraverso il midrash."; ora pericope da "perikòptein" perikoptein "tagliare intorno", ritaglio anche piccolo in cui (come sostengo anch'io) si può trovare l'idea di risurrezione, e se c'era (non si ha più, solo perché è stata persa la cognizione delle lettere) si può ritrovare!
Per far comprendere con un caso concreto ciò che intendo prendo in esame il versetto prima citato di Mosè (Es. 24,12) chiamato da Dio sul monte, e lo spezzo con le con le regole del metodo dei segni inserite in "Parlano le lettere" di "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche", a cui rimando per le regole ed i significati specifici delle lettere:

"Il Signore disse a Mosè: Sali verso di me sul monte e rimani lassù: io ti darò le tavole di pietra, la legge e i comandamenti che io ho scritto per istruirli."




"E disse il Signore a Mosè : Dall'alto entrerà la divinità a stare nel mondo , entrerà in un corpo . Del mondo porterà nell'esistenza la risurrezione ai viventi , porterà a venire () l'energia ad entrare della potenza della rettitudine che verrà () il serpente a strappar via . Dell'Unico il Figlio , portato ad entrare in croce , la porterà dal corpo fuori ai viventi . Su si riporterà da primo risorto con il corpo . L'ho scritto per istruirli !"

"E disse il Signore a Mosè: Dall'alto entrerà la divinità a stare nel mondo, entrerà in un corpo. Del mondo porterà nell'esistenza la risurrezione ai viventi, porterà a venire l'energia ad entrare della potenza della rettitudine che verrà il serpente a strappar via. Dell'Unico il Figlio, portato ad entrare in croce, la porterà dal corpo fuori ai viventi, su si riporterà da primo risorto con il corpo.
L'ho scritto per istruirli!
"

Da me uscirà la legge. (Is. 5,4) ... la pietra e la Torah abbiamo letto "Dell'Unico il Figlio , portato ad entrare in croce , la porterà dal corpo fuori "; questa e la Torah del Messia!
Ecco che anche in questa pericope c'è la risurrezione e chiarisce che nello scritto c'è questa notizia da leggere; perciò forse è da intendere che ciò che Dio spiegò a Mosè fu come erano da criptare e decriptare le scritture, come fece Gesù ai discepoli di Emmaus.
Gesù, rinvia sempre alle Scritture, anche se queste di risurrezione non sempre sembrano parlare: "Non pensate che sia venuto ad abolire la Legge e i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare compimento." (Mt. 5,17)
Porta a compimento la Torah nel senso che attua, fa divenire fatti tutte le profezie e le sue promesse come spiega subito di seguito (Mt. 5,18): "In verità vi dico: finché non sia passato il cielo e la terra, non passerà neppure uno iota o un segno della legge, senza che tutto sia compiuto."
E la traccia la sposta sulle singole lettere!
E subito dopo Gesù parla d'escatologia (Mt. 5,20): "Perché io vi dico se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli."; e sostiene che non è con il rispetto di norme e di precetti della tradizione orale, che s'entra nel regno dei cieli, ma è con la giustizia della rettitudine che Dio donerà a tutti con la risurrezione e della quale ne attesta l'esistenza con la risurrezione del Figlio crocifisso.
Nel Talmud di Babilonia (Menachot 29b) si dice: "Quando Mosè salì al cielo trovò il Santo, sia benedetto, che stava seduto a ricamare delle lettere della Torah con delle corone. Gli disse Signore del mondo chi obbliga la tua mano a fare ciò? Gli rispose verrà un uomo, al termine di molte generazioni, e il suo nome sarà Akiva ben Josef, il quale da ogni apice dedurrà per interpretazione (liderosh - con ricerca) montagne su montagne di halakot. Gli disse: Signore del mondo mostrami quest'uomo! Egli disse: Ridiscendi! Mosè andò e si sedette in fondo ad otto file di scolari, ma non capendo cosa dicevano si sentiva abbattuto. Ad un punto i discepoli domandarono ad Akiva: Rabbi dove ai imparato questo? Ed egli: è tra le rivelazioni a Mosè sul Sinai. Rincuorato Mosè tornò dal Santo e gli disse: Signore del mondo, hai un uomo come lui e dai la Torah per mezzo mio? Gli rispose: taci, è il mio pensiero."
(Questo Akiva, del II sec. d.C., sapiente dell'epoca della Mishnah, fu proprio quello dei quattro rabbini di cui dirò nel midrash che, intrapreso il viaggio mistico, uscì indenne dal Pardes, vedi: La Bibbia segreta cercata dalla cabbalà ebraica.)
Questi, che ritagliava la parola proprio in senso fisico con il metodo dell'al-tikrei (leggere in altro modo), credeva fermamente nella venuta del Messia. (Ne attendeva con fervore la venuta tanto che in tardissima età - a 92 anni - credette d'individuarlo in Simon Bar Kokeba, comandante ebraico ribelle che guidò la rivolta contro i Romani 132-135 d.C. fortunata agli inizi, con la conquista di Gerusalemme. Akiva fu martirizzato sotto l'imperatore Adriano e nella tortura, che Dio l'abbia in gloria, cantava lo Shemah per sottolineare che Dio è da amare con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze.

In definitiva, sulla rivelazione a Mosè se ne ricava:
  • Dio l'ha incisa nelle lettere ed il messaggio non è perduto;
  • la rivelazione fu data in forma ristretta, ma completa;
  • supera lo stesso Mosè, ma viene comunque da lui;
  • quanto dato mantiene in sé nelle lettere la capacità d'espansione per le generazioni con un messaggio che può far rivivere, in chi lo legge, lo spirito ricevuto da Mosè.
Ora, idea implicita nel metodo dei segni che sostengo, è che questo è capace di poter dilatare di nuovo la parola della Torah scritta.
Sulla consegna della Torah orale a Mosè in un midrash (J.Peah 2.4; 17a) si ha:

"Rabbì Chaggai (in nome di Rabbaì Shemuel bar Nachman) dice: Sono state dette delle parole oralmente (per bocca) e sono state dette delle parole per iscritto. Non sappiamo quali siano, delle due, le più preziose. Ma per il fatto che sta scritto: Perché sulla base (sulla bocca) di queste parole io ho contratto un'alleanza con te e con Israele (Es. 34,27), si deve dire che le più preziose sono quelle orali."

In effetti, questa è l'alleanza che leggo scrutando quel versetto:

Es 34,27 "Il Signore disse a Mosè: Scrivi queste parole, perché sulla base di queste parole io ho stabilito un'alleanza con te e con Israele."




"E fu a dire il Signore Dio a Mosè : di chi scrivi in cammino verrà per aiutare dentro il corpo ; sarà in un vivente ad entrare la divinità che il mondo della rettitudine gioverà ; dalla bocca saranno ad uscire le parole . Sarò un vivente nel mondo ; lo giuro ! Per alleanza sarò a venire () così dentro un corpo , sarò in croce portato; verrà () ad essere della risurrezione vista la potenza ."

Raccogliendo, di seguito senza interruzioni, si ha:

"E fu a dire il Signore Dio a Mosè: di Chi scrivi, in cammino verrà per aiutare dentro il corpo; sarà in un vivente ad entrare la divinità; il mondo con la rettitudine aiuterà; dalla bocca saranno ad uscire le parole. Sarò un vivente nel mondo, lo giuro! Per alleanza sarò a venire così dentro un corpo, sarò in croce portato; verrà ad essere della risurrezione vista la potenza."

La parola pietra che ci parla di trasmissione di una tradizione da passare padre e figlio è così veramente profetica dell'incarnazione della Torah, cioè del Padre che ci darà il Figlio.

Dice, infatti, l'epistola 1° Pietro (2,4): Stringendovi a Lui (Gesù Cristo), pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio.
Da Sanhedrin 34a: "Un maestro della scuola di Rabbì Ismael ha insegnato: Non è forse così la mia parola: come il fuoco, oracolo del Signore, e come un martello che frantuma la roccia (Ger. 23,29) Come questo martello sprigiona molte scintille, così pure un solo passo scritturistico dà luogo a sensi molteplici."
E Shabbat 88b: "Rabbì Jochanan dice: Che cosa significa ciò che sta scritto: Il Signore ha dato una parola, annunci per un'armata numerosa (Sal. 68,12)? Ogni parola che usciva dalla bocca della Potenza sul monte Sinai si divideva in settanta lingue. È stato insegnato nella scuola di Rabbì Ishmael: Non è forse così la mia parola: come il fuoco, oracolo del Signore, e come un martello che frantuma la roccia (Ger. 23,29) Come questo martello sprigiona molte scintille, così pure ogni parola che usciva dalla bocca della Potenza si divideva in settanta lingue."
(Su Ger. 23,29 torneremo in altra parte)

Risiamo al 70, al vino e al segreto (vedi: "Chi legge doppio è brillo" di "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche").
E Marc-Alain Ouaknin nel libro "Le Dieci Parole" si domanda:
"Una tradizione sostiene che Mosè scrisse tutta la Torah dalla prima all'ultima riga senza alcuna parola compiuta, come un susseguirsi ininterrotto di lettere. Ciò viene chiamata Torah hashem, la Torah di Dio. È come una sorta di nome unico di Dio ... È come una scrittura prima delle parole, senza interruzione, punteggiatura, senza ritmo, senza il minimo spazio bianco. La scrittura fluisce senza interruzioni dalla bet, prima lettera della Torah, fino alla lamed, l'ultima lettera. È un in-finito non-senso."

Questo non-senso con la "scrutatio" che si ottiene col metodo dei segni si apre in una continua profezia sul Messia, tant'è che Mosè Maimonide, nel medioevo, XII sec., nel tentativo di definire una dottrina fissa dell'ebraismo - Snhedrin X,1 - inserì 13 articoli di fede in appendice al commento della Mishnah: (Oggi accolte nel libro di preghiere, più oggetto di devozione personale che dogma di quella fede).
Tra questi vi inserì la venuta del Messia, la risurrezione dei morti con, l'esistenza di Dio, l'unicità di Dio, la incorporeità di Dio, l'eternità di Dio, il dovere di adorare Lui solo, la realtà della profezia, la superiorità della profezia di Mosè su quella d'ogni altro profeta, l'origine divina della Torah, la sua immutabilità, l'onniscienza di Dio, la ricompensa e la punizione.

LA BIBBIA SEGRETA CERCATA DALLA CABBALÀ EBRAICA
Per chi crede nel Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, che tramite Mosè sull'Horeb donò la Torah, unico creatore del cielo e della terra, incommensurabile, imponderabile, onnipotente, onnisciente, infinito, eterno, onnipresente, ... ma (per non cadere nel panteismo) altro dal creato, nascono le domande sul come:
  • può sussistere un'esistenza diversa da Lui?
  • l'uomo limitato può arrivare a comprendere Dio, l'incomprensibile, l'inafferrabile, l'incontenibile?
Queste problematiche hanno una stessa radice; l'infinita essenza del Creatore come fa a contenersi, limitandosi per rivelarsi nelle limitate dimensioni spazio-temporali della creazione e delle creature?
Il consentire, da parte dell'Essere assoluto, l'esistenza altro diverso da sé, implica necessariamente due atti di volontà, di crearlo, e di limitarsi per far sì che possa esistere e non venga fagocitato; in ciò è la radice della Santità di Dio e dell'amore al prossimo ed al nemico.
Implicito è che Dio non crea l'uomo per farsi servire o per ricevere amore, in quanto in sé ha tutto l'amore di relazione possibile, (per i cristiani è trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo) e nulla gli occorre da altri.
Su come Dio può essersi limitato per produrre la creazione e come si può arrivare a Dio si sono ovviamente interrogati nei secoli le generazioni e, per articolare una risposta a questi misteri, la meditazione ebraica è passata per varie fasi di risposta, col profetismo e l'attesa Messianica, con la mistica degli esseni e la prassi farisaica, ma poi nel I sec. d.C. l'ebraismo si divaricò in due filoni principali:
  • i cristiani, che hanno inteso d'aver la risposta col Figlio incarnato e lo Spirito Santo ed aprirono la via ad una spiritualità dinamica e coinvolgente con l'annuncio del kerigma del Cristo morto e risorto;
  • i rabbini, che proseguirono con l'elaborazione del Talmud e della Mishnah, poi con la mistica cabbalistica i cui sviluppi influenzarono il chassidismo e l'attuale ebraismo ortodosso.
La cabbalà o tradizione ricevuta, è la mistica che apparve nel sud della Francia e in Spagna a fine XII sec. d.C. con insegnamenti esoterici, che secondo i cabbalisti fanno parte della Torah orale consegnata a Mosè sul Sinai unitamente alla Torah scritta.

I primi testi della cabbalà sono:
  • il "Sefer ha-bahir" che, pur se attribuito ad un sapiente della Mishnah del I sec. - Nechonia ben ha-Qana - fu divulgato in Provenza alla fine del XII sec. da allievi d'Isaac il Cieco;
  • il "Sefer Jezirah" o "Libro della creazione" che pur se può avere precedente formazione, apparve nel X sec. descrive in modo sintetico l'origine e la costruzione del mondo;
  • il libro "Zòhar" o "dello Splendore", attribuito a Simòn bar Yocày, saggio del II sec. d.C., allievo d'Aqiva (di cui abbiamo già detto); alcune parti del libro - forse tutte - sono state scritte però nella seconda metà del XIII sec. d.C. da altri autori ed in particolare da Moshen ben Shem Tob de Leon vissuto in Spagna (sosteneva che lo scritto era stato nascosto in Palestina in una grotta e che fu inviato in Spagna da Nachmanide).
In tali libri c'è un tentativo di risposta a quelle problematiche.
L'idea è che Dio ha creato tutte le cose e si manifesta al mondo con 32 vie della conoscenza o vie del cuore ( = cuore = 30+2 = 32), costituenti emanazioni ipostatiche di Dio o aspetti della sua azione.
Queste 32 vie della saggezza sono la risposta di Dio a quei due quesiti fondamentali, e sono costituite dalle:
  • 10 potenze, manifestazioni, o sfere d'emanazione, dette sefirot, che sono anche potenze creatrici del mondo, quali i 10 numeri naturali, corrispondenti all'insieme dei 4 elementi - Spirito di Dio, etere, acqua e fuoco - e delle 6 direzioni corrispondenti alle tre semidimensioni dello spazio, cioè le 4 direzioni terrene e le 2, alto e basso;
  • 22 lettere dell'alfabeto ebraico, cioè le consonanti mattoni base di tutto il creato e della stessa Torah ("Introduzione al Talmud e al Midrash", Gùnter Stemberger, Città Nuova - 1995), divise in tre gruppi:

    • le lettere madri, 3 come i lati d'un triangolo:

    •   (l'Unico)

        (Nome)
    • le 7 lettere doppie (che hanno una doppia pronuncia), come i sette lumi del candelabro:
    • le 12 lettere semplici (come i pani della Presentazione):
Prima della creazione, non esisteva il nulla, esisteva solo Dio.
Secondo Rabbi Itzhaq Luria, la luce infinita s'è contratta, ritirata, al "centro dell'infinito" e questo ritirarsi e/o contrarsi è la teoria del tzimtzum che in un certo senso è la fase prima del big-beng.
Per creare qualcosa che non fosse se stesso, l'Infinito si sarebbe auto limitato ed avrebbe creato un ambito (lo spazio n'è solo un aspetto) privo di se, ove la creazione ha potuto aver luogo ed è mantenuto da una forza al contorno chiamata Shaddai "Onnipotente" o "Dio del campo", che fa sì che non venga di nuovo invaso.
Con tale nome Dio si manifestò ai patriarchi (vedi: Es. 6,3) e si trova molte volte in Genesi (17,1; 28,3; 35,11; 43,14; 48,3; 49,25) ed in Giobbe.
Questa forza si contrappone per volontà di Dio a se stesso.
È affermato che esistono, in ordine decrescente, quattro mondi:
  • dell'Emanazione - "Atzilut", corrisponde alla Yod di ;
  • della Creazione - "Brià", corrisponde alla prima he ;
  • della Formazione - "Yetzirà", corrisponde alla lettera vav ;
  • dell'Azione - "‘Assiya", corrisponde alla seconda he .
Il livello più alto dell'occultamento divino, è il nostro mondo, il più basso, quello dell'Azione, dove Dio ha nascosto in modo pressoché totale la sua presenza tanto che l'umanità ne può negare l'esistenza.
Il libero arbitrio è concesso solo all'uomo in questo mondo, ove si può attribuire ricompensa e castigo; nei mondi più elevati la presenza di Dio è tale che gli angeli sono in costante soggezione.
Il mondo è un velo che nasconderebbe il Suo volto ("Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo ... Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo si può vedere." Es. 33,20.23); solo con gli occhi della mente secondo la mistica ebraica si può percepire il divino, rivelato da Dio con la Torah, che è il progetto della creazione del mondo, in quanto il Nome guardò nella Torah per creare il mondo (Zòhar I 134a).
Le 22 lettere dell'Alfabeto ebraico, Dio le ha escogitate, plasmate combinate insieme, pesate, le ha scambiate e per tramite loro ha prodotto l'intera creazione e tutto quanto doveva essere creato (G.Scholem, Die jùdische Mystik).Per far capire il potere delle lettere che combinate da Dio creano il tutto in un libretto dal titolo "Il tesoro della sapienza giudaica" c'è quest'aneddoto: Isaac Luria, mistico della cabbalah del XVI sec. d.C. incontrò un ebreo semplice e pio e questi raccontò che un giorno si era perso in una foresta, ma a sera, si accorse che non aveva con sé il libro delle preghiere. Si rivolse al Santo Benedetto: Mio Signore ho dimenticato il libro delle orazioni ed ho una memoria debole, non sono capace di pregare bene. Eppure, tu conosci tutte le preghiere degli uomini. Allora ti reciterò le lettere dell'alfabeto e Tu le ordinerai così da comporti la preghiera che gradisci. Dio tra sé commentò: Questa è l'orazione più preziosa che oggi è salita al cielo!)

Faccio notare come la lettura dei segni della parola Shaddai,
= l'Onnipotente, arricchisce o forse forma il concetto.

Alla luce () un basta ()", il limite c'è perché l'Uno dice basta;
"del campo () forza "; forza al contorno;
"nel campo () sta " Dio della steppa;
"Luce () a sbarrare () è ()"; in forma negativa;
"Luce () che d'aiuto () è ()" in forma positiva;
"Il demonio () c'è ()"; al confine è permesso esista il non Dio, l'a-Teo;
"In seno () a Yahweh ()"; questo spazio vuoto è dentro di Lui;
"In seno () si sta ()"; il creato è un bimbo che prende da Lui il latte.

Questi pensieri sono in armonia col libro di Giobbe (38 10s): "Poi gli ho fissato un limite e gli ho messo chiavistello e porte e ho detto: Fin qui giungerai e non oltre e qui s'infrangerà l'orgoglio delle tue onde?" e non sono lontani da dal discorso di S. Paolo ad Atene: "Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è signore del cielo e della terra, non dimora in templi costruiti dalle mani dell'uomo né dalle mani dell'uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa, essendo Lui che dà a tutti la vita e il respiro ed ogni cosa. Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazio, perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo ..." (At. 17,24-28a)
In definitiva, per la necessità di autolimitazione all'interno della divinità, onde un mondo finito e l'uomo possano avere esistenza separata e libera dalla divina, occorre che esista "un'altra parte", "sitra achra" (in aramaico) nome con cui sono definite le forze demoniache.
Per creare, Dio poi trova modo di rioccupare lo spazio lasciato vuoto; cioè per i cabbalisti, perciò c'è una seconda fase del tzimtzum, però, se rioccupasse questo spazio con se stesso annullerebbe la possibilità della creazione ed allora, reintegra la non esistenza in forma rarefatta e contratta come raggio di luce che è l'energia dalla quale sono creati i mondi (cioè con un se stesso uguale e distinto, capace di essere percepito, perché assume la corporeità; il 1° giorno del libro del Genesi ne è il racconto, con i segni per Luce leggo: "per l'Unico reca i corpi " e visto in forma cristiana "l'Unigenito si porterà in un corpo ") e quest'energia, per divenire materia si trasforma (una teoria della relatività ante litteram; ma già, Einstein era ebreo!) poi è captata da 10 ricevitori dette Sefirot che sono ampolle che raccolgono e condensano la luce che le ha create.
La luce, raggiunta la prima Sefirah la riempie e l'eccesso passa alla successiva e via di seguito, fino alla quarta, ma questo contenitore esplode, come tutte le successive. (la Cabbalà la definisce "rottura dei vasi"; è la teoria d'Isaac Luria - 1569 - alcune scintille d'energia sono rimaste intrappolate, compito dell'uomo è liberarle. A ricomposizione - Tikkun - compiuta con tutte le luci finalmente riunite, la Torah rivelerà i misteri e le combinazioni verbali nascoste ed arriverà il Messia. Ogni individuo ha la propria parte da compiere con l'osservanza dei precetti con mistica kavvanah o intima intenzione.)
Le prime tre Sefirot, sono nel mondo a portata di mano dell'uomo, raggiungibili, ma separate: la corona eccelsa, la rettitudine, qualità precipua di Dio, l'intelligenza-prudenza e la saggezza-sapienza.

Nell'uomo ciascuna sefirah ha potere su un certo ambito:

  1. Corona Fede-Volontà (centro)
  2. Sapienza Deduzione (destra - femminile F)
  3. Intelletto Intuizione (sinistra - maschile M)
  4. Bontà Amore - Generosità - Bontà (destra F)
  5. Forza Potere - Rigore - autocontrollo (sinistra M)
  6. Bellezza Armonia-Verità (centro)
  7. Eternità Vittoria-Dominio (destra - femminile F)
  8. Gloria Splendore-Empatia (sinistra - maschile M)
  9. Fondamento Sessualità (centro)
  10. Regno Umiltà-Regalità (centro - M)
    Shekhinah Presenza divina (centro - F)
(Le sefirot a sinistra intelletto-forza-gloria sono definite maschili (M), quelle a destra sapienza-bontà-eternità femminili (F); quando M e F interagiscono armonicamente il mondo ne beneficia.)


L'emanazione divina è una linfa che nutre corpo e anima e consente la salita dell'uomo verso il principio divino ed il mistico con tale emanazione, dall'esperienza fisica sale a realtà più rarefatte.
Le realtà-sfere più basse accolgono e riflettono l'energia proveniente dall'alto fino alla conoscenza che porta all'Unione secondo le vie dello schema dell'"albero sefirotico" sopra riportato.
Il "sitra-acra", non ha una propria energia, ma la sua attività dipende dalla luce divina e prende forza dalla parte sinistra soprattutto dalla 5a delle sefirot, la gevurah che ha appunto lo scopo di bilanciare l'amore divino che sta sulla destra.
I peccati degli uomini darebbero quel sur plus d'energia che porta al prevalere della parte sinistra sulla destra e provoca la separazione della shekinah dallo sposo divino e l'induce ad un rapporto adulterino con la personificazione del "sitra-acta", Sammaele capo dei demoni.
Il movimento in cui si attua la creazione è un movimento linguistico per la concezione simbolica delle lettere come segnature segrete del divino, presenti in tutte le sfere e in tutti i gradi del processo della creazione ed il tutto si sviluppa miscelando numeri e lettere secondo la "Hokmat ha seruf" o scienza dell'arte combinatoria.
Le 10 sefirot sono state immaginate anche a forma di corpo umano, l'"Adam Kadmon" l'"uomo delle origini" di Gen. 1,26-27, perfetto prima del peccato, o a forma di colomba o d'albero sefirotico e l'Adamo terreno sarebbe stato creato a somiglianza dell'Adam Kadmon (visto da Ezechiele nelle sembianze d'uomo, in cui noi cristiani vediamo il Figlio di Dio fattosi uomo in Gesù di Nazaret, il Cristo).


Indico i nomi delle sefiròt e la posizione nell'Adam Kadmon:

Testa (lettera )
1 - testa centro Koetoer = corona eccelsa dell'infinito Dio.
2 - lobo sinistro Binah = intelligenza.
3 - lobo destro Hokmah sapienza, saggezza.
Tronco superiore (lettera )
4 - braccio destro Bontà Amore-Generosità-Bontà e/o
Rahamim = misericordia
5 - braccio sinistro Din=giustizia e/o
Geburah=forza, potenza, opere prodigiose;
6 - petto Hèsed=Amore e/o
/ tifàrah/tiforet bellezza, gloria, ornamento.
Tronco inferiore (lettera )
7 - gamba sinistra Hod = maestà, fasto, splendore.
8 - gamba destra Nesah = eternità, vittoria, succo (sangue).
9 - tronco Yesod = fondamento, base.
10 - basso ventre Malcut = Regno, sovranità maschile e/o
Shekinàh = presenza divina femminile.


Nella testa della colomba c'è la lettera del Tetragramma del Nome di Dio, l'Essere, ed è sede di tre sefiròt (1, 2 e 3).

Nelle ali aperte a forma di mano e nelle gambe ci sono le e in basso, per governare (portare, guidare), c'è la .

In ebraico, colomba è "ionah" ed è una immagine che la Scrittura propone per Dio che si manifesta nel mondo; infatti, con i segni leggo: È portatrice dell'energia (di Dio) nel mondo .

Per la prima volta nell'A.T. la colomba si trova nell'episodio dall'arca di Noè, ed è espressione di comunione di Dio con Israele (vedi: "colomba mia" nel Cantico dei Cantici, che è canto d'amore tra Dio e la sposa Israele.)
La colomba riappare nei Vangeli al momento del battesimo di Gesù ad indicare che tutte le sefiròt di Dio erano con Lui.

*** Le tre sefiròt della testa, che si possono pensare a triangolo, in pratica sono attività di Dio Padre 1-2-3; infatti, i mistici ebraici ("Dizionario Unterman" voce "abba") usano la parola "abba = Padre" per indicare nell'ambito di queste sefiròt.

(1) "Koetoer = corona, diadema" è il grado più alto d'energia, tanto sfolgorante da trascendere ogni comprensione; quindi sta al vertice del triangolo, come la corona in testa al Re, infatti, con i segni si legge:
"la rettitudine segna la testa ";
perciò nel tradurre i segni o con la parola "rettitudine" indico in forma riduttiva un concetto che supera le categorie umane che viene direttamente dalla mente di Dio.
È appunto là che c'è la totale identità della sostanza e i cristiani potrebbero trovarvi indicazione dell'unicità della sostanza delle tre persone "Padre, Figlio e Spirito Santo".
Che la rettitudine sia inviata da Dio nel mondo è segno di comunione con gli uomini che accomuna alla divinità.
Questa rettitudine è un fuoco che arde (), infatti Dio si palesa nel roveto ardente e Isaia (33,14ss) osserva: "
Chi di noi può abitare in un fuoco divorante? Chi di noi può abitare tra fiamme perenni? Chi cammina con giustizia e parla con lealtà..."

(2) "binah = intelligenza, prudenza"; con i segni si legge:
"da dentro sono gli angeli ad uscire ";

(3) "Hokmah = sapienza", saggezza; con i segni si legge:
"dalla tomba per la rettitudine la vita riuscirà ".
I mistici ebrei usano ‘abba per indicare la sefirah della Hokmah, che rappresenta il "padre" di tutte le sefirot (Dizionario Unterman).

*** attività che i Cristiani riferiscono al Figlio 4-5-6:

(4) "Rahamim = misericordia"; con i segni si legge:
"in un corpo si chiuse in vita per stare tra i viventi ".
Hèsed = Amore, che con i segni si legge:
"vi racchiuse la pienezza per aiutare "

(5) "Din = giustizia"; "sbarrerà l'opprimere ()" e/o
Geburah = forza, potenza, opere-prodigiose;
"in cammino per purificare uscirà ";
"in cammino dentro si recherà col corpo nel mondo ";
"la superbia porterà dai corpi ad uscire ."

(6) / "tifàrah/tiforet = bellezza, gloria, ornamento".
Con i segni si ha:
"indica che il Verbo dell'Unico nel corpo entrerà ;"
"il segno della gloria esce ;"
"in croce la gloria esce ".

*** attività che i cristiani attribuiscono allo Spirito Santo 7-8-9:

(7) "Hod = maestà, fasto, splendore"; "nel mondo reca aiuto "
"la perversità () impedisce/sbarra "

(8) "Nesah = Eternità, vittoria, forza vigore succo (sangue)".
"Invia l'ardore - invia il candore "
"l'energia scende nelle tombe "

(9) "Yesod = fondamento, base";
"c'è il consiglio ".

*** attività dell'intera Trinità cui associa gli uomini 10:

(10) "Malcut = Regno, sovranità";
"nei viventi il serpente per la rettitudine recata finirà ";
"i viventi in cammino porterà alla fine ."


"Scekinah =Potere femminile";
"ad abitare () saranno tra gli angeli dal mondo ."

L'insieme dei due segni di Dio che si unisce con la Schekinah danno luogo al segno di David .

Gabriel Mendel nel già citato l'"Alfabeto ebraico" conferma che la cabbalah ad ogni lettera dell'alfabeto ha attribuito un aspetto della conoscenza religiosa; "... si tratta di un'arte millenaria ... foggiando con le lettere innumerevoli catene analogiche, in un nesso alchemico che si basa anzitutto sulla forma stessa delle lettere."

Nel Dizionario di usi e leggende Ebraiche si trova che:
  • Le lettere dell'alfabeto ebraico sono ritenute portatrici di messaggi con l'allitterazione dei loro nomi ed ogni lettera dell'alfabeto ebraico possiede anche un valore numerico; le parole hanno il valore della somma delle lettere che la compongono. In questo modo frasi o interi periodi che hanno lo stesso valore numerico possono essere messi in relazione l'uno con l'altro in un'associazione d'idee conosciuta come gematria (o gimatria).
  • Il testo biblico può essere interpretato con gli strumenti della gimatria per svelare, dalla scelta delle parole, informazioni. Oltre alla semplice addizione, vi sono modi più complessi di gimatria in cui ogni lettera è sillabata per intero prima di essere sommata, oppure il valore di una parola può essere moltiplicato per se stesso, o le lettere possono essere riscritte secondo il codice A-T-BA-SH nella quale la prima lettere è equivalente all'ultima, la seconda alla penultima, e così via.

    Esistono altri modi di permutazione ove si sostituisce:

    Ahas betà, la 1a lettera con l'8a e 15a, la 2a con la 9a e 16a:

    = = , = = , ecc.

    Albam, la 1a con la 12a, la 2a con la 13a:

    = , = , ecc.

    Taryeshkat, la 9a con la 20a, la 10a con la 21a, l'11a con la 22a:

    = , = , = ecc.

    Yippukh, la lettura al contrario delle parole.

    Lettere frontiera e lettere utero: Le lettere frontiera sono quelle all'estremo d'una parola, le lettere utero sono le interne.
    Consideriamo ad esempio la parola Dio.

    Lettere frontiera: = madre,
    Lettere utero: (che come parola da sola non vuol dire nulla).
    Ora in gimatria ha valore 86 = (40+10+5+30+1)
    in gimatria = uomo, infatti entrambi hanno il valore di 45:
    (10+5+30) e ad (40+4+1)

    Da ciò si conclude il pensiero: Dio è una madre nel cui utero c'è l'uomo.
. Rabbi Yosef Rozin disse che per fare della Bibbia "letture come esplosione", è da istingure la "lettura delle parole" dalla "lettura delle lettere" che consiste nel lasciare alle lettere la possibilità di continuare ad essere lette pur con l'esistenza delle parole; fin qui coincide col mio criterio, ma aggiunge: "Bisogna dare alle lettere la possibilità di muoversi all'interno delle parole, di viaggiare, quindi di combinarsi diversamente per formare un'altra parola."; cioè con le regole della gimatria, il che fa capire che questa lettura è ora a spot e non a tappeto.
L'esperienza cabbalistica è stata e può essere per chi segue tale cammino mistico una via per mettersi in contatto con le tre sefirot della testa della colomba, ma pare essenziale per la logica della ricerca della lettura con le lettere, che la posizione d'una lettera rispetto alle altre sia da considerasi immutabile in quanto se il testo è stato scritto con tale posizione delle lettere così deve restare; infatti, se si procede mutandone l'ordine (salvo casi sporadici di traslitterazione come in Geremia per Babele letta col metodo Atbash) o si sostituisce una lettera ad un'altra è mutare il testo e così è facile far dire al testo ciò che si vuole.

DIFFERENZE DEL METODO DI DECRIPTAZIONE E CABBALÀ
Quelle vie della cabbalà, per far parlare il testo, sono perciò lontane dal metodo dei segni, ma le ho riportate per far capire il pathos attorno alle lettere e i tentativi per dar loro (o per ridare loro) voce.
Cioè le parole, che non erano indicate originariamente, si possono tagliare dal testo in modo diverso e ciascuna lettera, nella posizione in cui si trova nel testo, può essere letta separatamente come disegno col proprio significato o inserita in un gruppo di lettere recise dal testo che formino una parola compiuta, purché non se ne muti l'ordine ("tecnica al tikrei" di cui si è detto in "Perché cerco un segreto" di "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche")
Cosicché una lettera può essere la fine d'una parola, essere nel corpo di una parola tagliata in modo che la comprenda, essere l'inizio di una parola che la segua, od essere letta a se stante, purché le lettere rimangano nel loro ordine (torno ad es. sulla parola "Elohim" , aperta con il metodo delle lettere madri ed utero, che con il metodo dei segni, senza alterare l'ordine o le lettere si può leggere:
"Dio nel mondo è vivente " ed "Origine della potenza che aprì l'esistenza alla vita ."
C'è anche la radice della liberazione con l'apertura del Mare: "Dio aprì il mare ").

Alcune norme esegetiche rabbiniche (alcune già di Hillel) sono:
  • due dati o cose simili, cioè di cui ricorrano i termini, debbono essere accostati e confrontati tra loro;
  • la deduzione logica dal minore al maggiore e viceversa, "qal wa-komer";
  • deduzione analogica, "gezerah shawah", uno stesso ordinamento;
  • la fondazione di una famiglia, "binjan av", che tratta del confronto di passi biblici imparentati per contenuto, onde i particolari d'un passo possono estendersi agli altri;
  • il generale dal particolare e viceversa, "ferat u-kelal";
  • intervenivano sul testo ebraico usando i significati diversi d'una parola che abbiano le stesse consonanti, ma non le stesse vocali (in quanto il testo non riportava le vocali stesse - esempio: al posto di pani azzimi "mazzot" potevano leggere comandamenti "mizvot" - come faccio nel metodo dei segni);
  • dividevano in due lo stesso termine ebraico per ottenere un significato diverso (come faccio nel metodo dei segni).
L'ebraismo ha poi quattro vie ortodosse condivisibili per far parlare il testo sacro, in cui può rientrare anche il metodo dei segni.
La tradizione prevede, infatti, per la ricerca:
  • Peschat , interpretazione letterale corrispondente al significato semplice della Scrittura.
  • Remez , accenno, o interpretazione; il significato suggerito tende a trovare nessi tra le parole ed espressioni uguali situati in punti diversi del testo e li collega tra loro in modo riflessivo o narrativo secondo i casi, onde sottolineare l'unità dell'insieme, ogni parte della quale è strettamente collegata a tutte le altre.
  • Dèrasch , midrash, haggadah, interpretazione, omiletica, allegorica.
  • Sod significa segreto; indagato dalla cabbalà; da ciò si ricava che esiste una via segreta per indagare la Scrittura!
Ogni categoria ha un'eguale validità nel proprio campo, dato che la Bibbia (Sanhedrin 34) è vista "come una roccia che può essere divisa in molti pezzi dal martello dell'interpretazione".
Aggiungo che nel sentiero segreto Sod entra il metodo di scrutatio con la decriptazione che propongo, descritto in altra parte, il quale, pur rientrando nell'idea che mosse la cabbalà, ne supera l'aspetto esoterico, e resta aderente ai testi con deduzioni collegate in modo rigido con tutte lettere, e per la grand'estensione con ripetizioni dei testi, le interpretazioni hanno riprove.
L'acrostico dei nomi delle 4 vie dà luogo alla parola Pardes (parola d'origine persiana che indica giardino, frutteto e Paradiso).

Su queste 4 vie per entrare nel vivo della Scrittura c'è un racconto (Tratto da Giacoma Limentani, "Il Midrash", Paoline 1996):

"I grandi maestri vedevano la Torah come un Pardes, cioè a dire un giardino. Uno speciale giardino percorso da quattro sentieri, il nome di ognuno dei quali ha per iniziale una lettera della parola Pardes.

Il midrash narra che quattro maestri vollero percorrere il giardino da cima a fondo.
Il primo morì fulminato. (Era Simeon Ben Azzai)
Il secondo restò accecato. (Era Simeon Ben Zoma)
Il terzo diventò un altro, (Era Elisha Ben Avuyah)
come a dire perse il senso della propria identità ebraica (divenne eretico.)
Il quarto Akiva, uscì dal Pardes incolume, e anzi con una conoscenza superiore."

E non spiega oltre ed è questa una ben strana storia!
Ho provato a disegnare il giardino con i quattro nomi e ho cercato i sentieri pensando che il mistero fosse spiegabile spezzando con la lettura dei segni i nomi dei quattro sentieri che percorrono il giardino di cui parla



Vi sono, infatti, quattro modi per percorrere i sentieri di quel giardino come ho indicato con gli schemi I-IV:


Sentieri I sC-iC / iB-sB / sA-iA

In Paradiso si recò il rettile nei cuori , li colpì il demonio .

Sentieri II s4-d4 / d3-s3 / s2-d2 / d1-s1

L'impuro () l'ordine bruciò con la scelleratezza () della superbia nei cuori .

Sentieri IV d1-s1 / d2-s2 / d3-s3 / d4-s4

La Parola accende i cuori , la mente dei viventi colpisce , ricerca i segreti ... e questa, quando si leggono i quattro nomi Peschat, Remez, Dèrasch, Sod è la più favorevole.

Sentieri III sC-iC / sb-iB / sA-iA

del Paradiso custodi porta per la carità che colpisce il demonio .

Raccogliendo tutto per i sentieri I e II, percorsi a zig zag com'è il modo di camminare del serpente, si ha:

I In Paradiso si portò il rettile nei cuori; li colpì il demonio.
II L'impuro l'ordine bruciò con la scelleratezza della superbia nei cuori.

Per i sentieri IV e III percorsi in modo retto si ha:

IV La Parola accende i cuori, la mente dei viventi colpisce, cerca i segreti...
III Del Paradiso custodi porta per la carità che colpisce il demonio.

Nel Midrash c'erano 4 tipi di maestri e qui si ritrovano:
  • Il primo morì fulminato, colpito al cuore dal demonio; percorse i sentieri I.
  • Il secondo restò accecato; percorse i sentieri II; acceca orgoglio e superbia.
  • Il terzo diventò un altro;seguì i sentieri III vengono dall'alto con la grazia.
  • Il quarto attraverso i sentieri IV uscì dal Pardes incolume con conoscenza superiore perché cerca i segreti.
Ciò avvalora la potenza del metodo per la lettura del criptato.

Quel cenno alla conoscenza superiore indica un evento che verrà dall'alto e ci renderà diversi; ciò porta a leggere il sentieri ancora in un modo, dall'alto in basso come nel III, ma procedendo dal primo sA-iA / sB-iB / sC-iC:

La Carità colpirà il demonio , i risorti vivi con i corpi porterà in Paradiso .

Questa è una vera via d'uscita:

La Carità colpirà il demonio.
I risorti in vita con i corpi porterà in Paradiso.


La Torah così porta alla conoscenza superiore che viene tutta dall'alto, se si segue questa via rendendosi disponibili ad essere permeati e cambiati dall'energia che vi pervade.
Quest'energia discende per grazia in un qualche modo misterioso sia nella lettura corrente, sia in quella attraverso le lettere, ma entrambe debbono seguire una retta coscienza.
La prima è, infatti, consigliata dalla Chiesa ("La lettura della Sacra Scrittura ... ravviva in noi lo spirito di conversione e di penitenza e contribuisce al perdono dei nostri peccati." "Catechismo della Chiesa Cattolica" n° 1437) e, la seconda, che comprende anche la prima, aiuta a fare anche la prima.
L'uomo tende però all'idolatria, cioè vuole afferrare contenere, chiudere Dio in un qualche modo per impossessarsi dei suoi poteri, alla stregua dei pagani che in un idolo vogliono contenere la divinità.
In un modo o nell'altro, prima o poi, in tale tendenziale pericolo cadono tutti; pure nello scrutare la Torah, la Bibbia, i Vangeli o il Corano c'è sempre latente questa tentazione.
Nel libro, già citato, "Le Dieci Parole" (di Marc-Alain Ouaknin) al riguardo si trova: "Un testo dello Zohar afferma che tutta la Torah è il nome di Dio. Ma se ciò è vero, allora, logicamente, non posso pronunciare neppure la Torah in quanto nome, perché ciò sarebbe un'idolatria. Qual è, allora, lo statuto della Torah? Bisogna ricordarsi sempre che il Dio infinito si dona agli uomini nella finitezza e limiti di un testo. Qui c'è la rivelazione. Ma se Dio si accetta di diventare un essere finito in un testo, ciò significa che Egli si trasforma in un idolo? È un rischio. Posso pronunciare pedagogicamente il nome di Dio, mettendo delle vocali e fissandolo, Lui, l'Infinito, nel finito. Allo stesso modo per la Torah: posso considerarla chiusa, perfetta in sé, e pretendere di conoscerla interamente. Ma procedendo in tal modo, e pretendendo di raggiungere la completezza sono un idolatra. Devo commentare la Torah come un testo eternamente aperto e restare nella Legge orale in maniera tale che, dopo ogni parola scritta, ci sia sempre un'altra parola e ancora una dopo l'ultima parola e così all'infinito."
Così facendo però si può arrivare ad un gran bla-bla ed anche al nulla; i limiti del testo sono quelli dell'uomo e solo se questi sono fatti superare per grazia dall'alto l'uomo può arrivare a Dio.
Ovviamente la migliore forma di lettura del testo per chi crede è quella di far calare ciò che legge su se stesso e sulla propria storia ed il testo biblico ha così, nella sfera della fede, potere profetico su di lui, capace di dare interpretazione ed insegnamento alla propria storia, d'incarnarsi nel presente e rendersi efficace per operare nel futuro, rendendo così palese la volontà di Dio.
La Bibbia in questo senso è un circuito preferenziale dell'energia di Dio capace di provocare una nuova creazione e, per chi crede, è come un apparecchio telefonico, cioè si compila un numero e se l'altro dall'altro capo può e vuole rispondere avviene il contatto.
È multiforme il modo che Dio ha nel manifestarsi e le singole esperienze sono in grado di arricchire gli uniti dalla stessa fede, ma ciascuno in qualche modo avrà recepito la stessa essenza Unica.
Pur se sommate le innumerevoli interpretazioni Bibbia + Talmud + singole interpretazioni, non sono ancora Dio.
Il testo e le forze spirituali unite forniscono una via per incontrarsi con Dio, ma poi è Lui che deve avvicinarsi; il resto anch'esso è forma d'idolatria.
Con la "scrutatio", tramite il metodo dei segni si trova la Torah del Messia, in quanto ne parla e ne profetizza la storia, ma non contiene ancora il Messia, perché questi è Gesù di Nazaret; non si cade, perciò, nell'idolatria, ma la scrutatio prepara all'incontro: "Ecco sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me." (Ap. 3,30)
Ora, "la tradizione ebraica dice, verrà un giorno in cui saremo capaci di leggere le lettere bianche tra quelle nere, ossia le bianche, quelle vuote tra le parole scritte: saremo di fronte alla Torah del Messia." osserva Marc-Alain Ouaknin nello stesso suo libro, ove pure si legge: "In ebraico l'assenza di vocali consente una lettura come esplosione quale la traduzione talmudica e noi tentiamo di mettere in opera. L'assenza di vocali impedisce, infatti, di dare un significato unico ed esclusivo alle parole: il significato rimane indeterminato finché la radice - le consonanti della parola - non ha le vocali. In tal modo siamo responsabili del significato che diamo alle parole ... Secondo il Talmud, uno degli errori fondamentali degli uomini consiste nella 'fuga dal Sinai', espressione che Rabbi Yosef Rozin spiega così: 'Come un bambino che fugge dalla scuola, ossia: non hanno voluto apprendere le lettere della Torah come entità separate, ma hanno preferito leggere e studiare parole intere.' ...Una lettura come esplosione serve proprio a porvi rimedio. Per la tradizione talmudica, ogni lettera è un mondo, ogni parola un universo. Leggere lettera dopo lettera significa percepire lo spazio che esiste tra ciascuna lettera e provare la consistenza del testo, liberandolo dalla pesantezza tipografica... Per far questo Rabbi Yosef Rozin consiglia di distinguere la 'lettura delle parole' dalla 'lettura delle lettere' e lasciare alle lettere la possibilità di continuare a essere lette malgrado l'esistenza delle parole."
La lettura talmudica della Bibbia innova le lettere immutabili, le fa vivere nelle interpretazioni date nel corso della storia e l'incessante commento continua ancora oggi, ma nell'interpretazione, o " lettura per esplosioni", non c'è un unico significato (e fin qui tutto coincide con il mio pensiero), ma la lettura con le lettere di fatto non è stata fatta a tappeto fino alle sue estreme conseguenze, ed è restata alla letture di parole isolate, anche involutasi in giochi numerici ed in una lettura esoterica.
Con la "scrutatio", tramite il metodo dei segni trovo la Torah del Messia, in quanto ne parla e ne profetizza la storia completa, ma non contiene ancora il Messia, perché questi è Gesù di Nazaret.
Non si cade, perciò, nell'idolatria, di cui sopra ho parlato, ma la scrutatio prepara all'incontro: "Ecco sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me." (Ap. 3,30)
Questa Torah decriptata, infatti, profetizza il Cristo nella sua interezza e aiuta a credere che Gesù di Nazaret è il Messia che ha incarnato pienamente le profezie anche le più nascoste, tanto che si fa concreto il Suo detto: "Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza."(Gv. 5,39)

ISAAC NEWTON CERCAVA IL TESTO SEGRETO NELLA BIBBIA
Sul Vecchio Testamento si agitano in definitiva le seguenti questioni:

- fu Dio a dettare a Mosé la Torah sul Monte Sinai in una serie unica di 304.805 lettere senza interruzione?
- la Torah ha subito modifiche?
- vi sono profezie sul futuro dell’uomo?

Su ciò studiosi ebraici hanno molto discettato.

Nel 1991, Eliyahu Rips, Doron Witztum e Yoav Rosenberg, matematici israeliani provarono ad usare il computer con un programma di sequenziamento di lettere equidistanti per filtrare la Torah, rimuovendo le vocali e gli spazi tra le parole, alla ricerca di parole e frasi segrete.
La prima lettera della Genesi, la legarono ad ogni settima lettera, oppure ad ogni diciassettesima lettera o ad ogni tremila e settima lettera o in altre combinazioni, in cerca di risultati significativi.
Quando non ottenevano più alcuna combinazione significativa, ricominciavano con la seconda lettera della Genesi; e così via.
Rips, implementò il programma per cercare nella Genesi i nomi di noti rabbini che vissero secoli prima che la Torah fosse scritta. Coi suoi colleghi trovò i nomi di 32 rabbini e le loro date di nascita nascoste nel testo della Torah.
Nel 1994, i tre matematici pubblicarono le loro scoperte nella rivista specialistica "Statistical Science", provocando un acceso dibattito su scala mondiale.
Nel 1995, Michael Drosnin, giornalista del Wall Street Journal, lesse l’articolo e si recò in Israele per mettere le mani sul software da loro messo a punto.
Nel suo libro, Drosnin scrisse che la Torah conteneva per lo più predizioni comprensibili solo retrospettivamente, come l’assassinio del Primo Ministro israeliano Yitzhak Rabin.

Ciò che interessa a chi scrive però è il fatto che sostiene Drosin: l’ipotesi che le lettere dei primi cinque libri della Bibbia contengano un codice segreto, come pare abbia intuito lo stesso grande scienziati Isacco Newton, ipotesi però che il predetto metodo non persegue.
Alcune osservazioni, infatti, su questo metodo sono:

- provocando una permutazione delle lettere del il testo, si rende facile far dire al testo ciò che si vuole;
- non riesce a far parlare il testo in modo continuo;
- fa nascere la domanda se facendo così non si potrebbe far parlare qualsiasi testo.

Aldilà d’ogni considerazione e fede religiosa sulla sacralità del testo biblico e sulle opinioni di profezie, che lascio ad altri più autorevoli giudizi, ciò che interessa è, in definitiva, che c’è perfetta assonanza tra la tensione cabbalistica e l’intuito di Newton col metodo di decriptazione riportato in ""Parlano le lettere" di "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche"; inoltre le prove riportate su tale rubrica sono notevoli ed estese e fanno concludere che il testo nascosto c’è sicuramente.

Michael Wite - nella biografia "L'ultimo mago" (Rizzoli) che dedica al padre della gravitazione universale, Sir Isaac Newton - conclude che questi, fu anche mago e alchimista, infatti, "aveva passato più tempo assorbito nelle sue ricerche alchemiche che nell'esplorazione delle limpide acque della scienza".
Lo scienziato s’impegnò a lungo allo studio della cronologia della Bibbia, dell'astrologia e della numerologia, esaminò profezie, si dedicò alla magia cercando di rivelarne i segreti ermetici (la "prisca sapientia").
Newton non si occupò soltanto della ricerca scientifica, ma dedicò molto del suo tempo anche allo studio delle Sacre Scritture e lasciò copiosi manoscritti che trattavano temi biblici, ma ciò trovò incomprensione da parte dei curatori delle opere di Newton.
Timossi, nel suo libro "Dio e la scienza moderna", scrive:

"Gli eredi di Newton si limitarono a conservare in una grande cassapanca quegli strani manoscritti. Samuel Horsley - scrupoloso curatore... dell'opera omnia newtoniana (1779-1785) - appena li ebbe sotto gli occhi... li ripose nella cassa sbattendo il coperchio e raccomandando ai proprietari di non farli vedere a nessuno... Questi atteggiamenti degli studiosi e scienziati che esaminarono le opere teologiche di Newton risentivano della mentalità empiristica e positivistica allora dominante, la quale tendeva a contrapporre radicalmente la scienza alla metafisica e alla teologia: la prima produceva verità certe e fattuali, le seconde soltanto chiacchiere o letteratura (quindi opere fantastiche). Per chi sosteneva una simile demarcazione tra conoscenza scientifica e teologia filosofica doveva apparire assurdo e inconcepibile che nella mente di uno scienziato convivessero contemporaneamente rigore scientifico e speculazione metafisica, metodo sperimentale ed esegesi biblica."

I manoscritti teologici di Newton furono messi all'asta nel 1936, ben duecentonove anni dopo la morte dell'autore e la maggior parte fu acquistata e donata all'Università di Cambridge, che li ha ammessi alla libera consultazione dei ricercatori ed altra risulta acquistata e data in custodia all'Università di Gerusalemme.

Questi testi di Isaac Newton, pubblicati negli ultimi due anni in Internet dal "Newton Project", dimostrano che lo scienziato si interessò alla teologia tanto quanto alla fisica, se non di più. I metodi di Newton nel decifrare le profezie bibliche sono totalmente diversi da quelli degli entusiasti del codice della Bibbia di oggi.

Stephen Snobelen, direttore del Newton Project, afferma: "Newton credeva in Dio e che la Bibbia fosse una rivelazione di Dio".
Ma Newton non credeva che Dio avesse dettato la Torah a Mosè. Infatti, limitava i suoi sforzi nel decifrare le profezie ai Libri di Daniele e specialmente alla Rivelazione a Giovanni, che credeva dettati direttamente da Dio ai due suddetti profeti.
Snobelen spiega che Newton "era convinto che le sacre profezie della Scrittura non fossero altro che ‘storie di eventi futuri’".
Newton credeva che i Libri profetici contenessero in forma allegorica la storia passata, presente e futura della Cristianità, e che il Libro di Daniele contenesse chiavi nascoste per decodificare tale storia.
Newton non cercò di decifrare questi testi per predire il futuro, anche se finì col predire la fine del mondo nel 2060, spiega Snobelen. Newton voleva piuttosto mostrare che Dio è in controllo della Sua creazione dall’inizio alla fine.
Nelle sue "Osservazioni", Newton scrisse che Dio aveva rivelato le profezie del Vecchio Testamento a Daniele "non per gratificare la curiosità degli uomini consentendo loro di prevedere gli eventi", ma, al contrario, per dar loro "una prova convincente che il mondo è governato dalla provvidenza" una volta che le profezie si fossero realizzate.

Il metodo di Newton non era basato su combinazioni di lettere e numeri, ma seguiva i metodi di Joseph Mede, un membro del Trinity College Anglican, la cui "Clavis Apocalyptica" del 1627 costituì un nuovo e diverso approccio all’interpretazione delle profezie bibliche.
Michael Murrin, professore di religione e letteratura alla Divinity School dell’Università di Chicago, spiega che Newton e Mede credevano che "I profeti condividessero un discorso simbolico comune, simile ad un codice che poteva essere decifrato o a una lingua dimenticata che poteva essere recuperata".
Newton riteneva questo linguaggio simile agli antichi geroglifici egiziani.

Sono queste in effetti la conclusione a cui anch’io sono pervenuto con il mio metodo.

Lo scienziato poi saccheggiò scritti di 2000 e 3000 anni fa per studiare come i sogni venivano interpretati nell’antichità mentre, allo stesso tempo, analizzava l’intera Bibbia alla ricerca di altri esempi di metafore e tipologie in quanto, purtroppo, non disponeva allora dei geroglifici la cui lettura era allora ignota e fu poi palesata da Champollion solo nel dal 1872.

Non conosco più nel dettaglio quanto scrisse Newton sul metodo da lui seguito, perché le notizie di cui sopra l’ho tratte ultimamente in Internet.
Cito tutte queste notizie per mostrare che, quanto da me sostenuto, fu analizzato anche da un autorevole predecessore che, pur dedito a questioni solide quali le azioni gravitazionali, ha tentato la stessa via con riferimento ai geroglifici, che hanno un’evidente importanza come si può rilevare in "Parlano le lettere" di "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche".
Interessante anche il fatto che Newton riteneva che il libro della Genesi nascondesse la volontà dell’autore di dare un tempo concreto alla durata della creazione e, come in fondo sullo stesso tema, non per fare profezie millennaristiche, ma solo per dedurre il ragionamento dell’autore biblico, ho proceduto anch’io con La durata della Creazione.
Prima o poi presenterò in questa rubrica il mio decriptato del libro di Daniele, che Newton cercò di ottenere.

a.contipuorger@gmail.com

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