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LA GIOVENCA ROSSA
di Alessandro Conti Puorger

IL PURO E L'IMPURO NELL'EBRAISMO
Un decreto, particolarmente criptico, pur se molto studiato, commentato e discusso nell'ebraismo, è quello del rituale di purificazione in caso di contatto con cadavere, detto della "giovenca rossa", precetto che si trova al capitolo 19 del libro dei Numeri, la IV sezione cioè del rotolo della Torah della Tenak o Sacra Srittura ebraica o del Pentateuco della Bibbia cristiana.
Una giovenca rossa, con al massimo un solo pelo di un altro colore, veniva, infatti, bruciata e le ceneri, mescolate con acqua ed altri ingredienti, erano usate per la purificazione rituale.
Tale prescrizione, restata nell'ebraismo tuttora chiusa in un alone di non esauriente comprensibilità, ha destato il mio interesse in quanto nella tradizione ebraica c'è il pensiero che il vero significato sarà rivelato solo nell'era messianica.
La prima giovenca rossa fu bruciata al tempo di Mosè e per la tradizione le sue ceneri furono conservate e poi mescolate con le altre otto bruciate fino al momento della distruzione del secondo Tempio.
Dicono che il Messia sovraintenderà al rogo della 10° giovenca rossa o comunque sarà Lui stesso a purificare il popolo.
Quel brano della "giovenca rossa" che descrive quel rituale di purificazione è letto a "Shabbat parah", perché sotto Pesah, dovendo l'ebreo essere "puro" per sacrificare le offerte della festa, è il momento di passare per il rito della giovenca rossa in quanto è presumibile che qualche membro della comunità si sia trovato in vicende di ritenuta contaminazione per la presenza di qualche morto in famiglia o di conoscente, o per morti per caue accidentali.
Il 2 di Nissan, ritengono i commentatori ebraici, un giorno dopo l'inaugurazione del Tabernacolo, Mosè avrebbe preparato la prima "giovenca rossa", al fine di purificare ritualmente la nazione ebraica in preparazione del rito dell'agnello pasquale nel Santuario di recente costruzione.
In tali giorni era uso che a Gerusalemme gli abitanti e i pellegrini della Pasqua andassero nel Tempio per sacrificare l'agnello prescritto.
Certamente quel rituale, come vedremo nel dettaglio più avanti, sottende un quid non comprensibile al ragionamento umano.
Dopo aver dedicato un tempo per esaminarne il contenuto ed i brani che gli si possono connettere, ho pensato di scrutare ed approfondire quel testo dall'ebraico con la chiave di cui mi sono dotato, onde ottenere un distillato in grado d'aprire il mistero che nasconde il testo stesso.
Per tale chiave, che consiste in una lettura particolare, anche per singole lettere ebraiche, come icone che fa pervenire ad una pagina di secondo livello dei testo stesso, rimando alle idee, ai criteri ed alle regole esposte con:
Approfonditi alcuni aspetti collaterali a quella legge della "giovenca rossa", ne ho provveduto alla decriptazione e sono arrivato a un mio convincimento che presento in questo articolo.
Prima d'esporre i punti e i risultati di questa ricerca intendo fare una premessa su quanto ho compreso, passando attraverso l'esame delle lettere ebraiche, del concetto di puro e di impuro in base a come espresso dalle stesse Sacre Scritture ebraiche, peraltro integralmente entrate nel canone della Bibbia cristiana, ma senza che quei concetti siano stati assorbiti nella forma praticata dall'ebraismo.
Mentre nell'accezione occidentale è invalsa l'idea che puro e impuro ha implicazioni con la sporcizia e col peccato, nell'antico Israele il pensiero è più indirizzato verso l'aver assolto o meno a certi precetti.
Ciò è dovuto al fatto che l'ebraismo, strettamente correlato con le proprie Sacre Scritture ed in particolare con la Torah, presenta Dio che si rivela al popolo.
Come può, allora, ciò conciliarsi con l'impossibilità per l'uomo di restare vivo in Sua presenza?
Tutto quanto riguarda IHWH è santo e un avvicinamento a Lui, visto in senso fisico, ha le stesse difficoltà del provocare un incontro tra materia e antimateria.
Nell'ebraismo, quella della purità, è condizione necessaria per avvicinarsi a ciò che è il santo e la Torah, propone che esiste almeno un luogo certamente santo, il Santo dei Santi della Tenda del Convegno o del Tempio, e là qualcuno deve pur avvicinarsi per compiere il servizio divino prescritto; ecco, così, che la Torah prevede un ambito, quello della purità cultuale, che consente di avere una zona franca convenzionale in cui può avvenire quel rapporto.
Dio si piega verso l'uomo e si presenta in modo percettibile in qualche modo almeno a qualcuno che gli si avvicina secondo certe modalità convenute e la modalità accettata da Dio stesso, asseverata nel patto costituzionale del rapporto istauratosi tra Dio e il suo popolo, è appunto nella Torah principalmente nel libro centrale, quello del Levitico.
D'altro canto è ed era ben chiaro per tutti che anche il migliore degli uomini è peccatore, e pur buono che sia è comunque sporco a fronte del fulgore della santità di Dio, indegno perciò di avvicinarsi a ciò che è santo a meno che Dio stesso non gli fornisce una veste di purità.
Tale veste di purità è, appunto, descritta nella Torah, patto "berit" di Dio col popolo d'Israele; questa, infatti, è l'alleanza scritta a modo di "ketubah" per il matrimonio tra Dio e Israele, veste di fatto donata da Dio stesso, ottenibile secondo il pensiero ebraico, solo col rispetto di certe precise prescrizioni che sono state interpretate in quel modo da Israele.
Per l'uomo nella contingenza di questo mondo che ne condiziona duramente la vita, la santità assoluta, infatti, non è acquisibile con propri sforzi o meriti, ma è dono di Dio che santifica chi vuole e come vuole.
Il corpo scritto e orale della Torah prospetta però un modus onde consentire all'uomo di potersi avvicinare senza subire negative conseguenze al Santo, conseguenze che altrimenti sono da considerare catastrofiche.
Si pensi, infatti, all'episodio narrato in 2Samuele 6,6-10 di quel tale Uzza che, vista barcollare l'arca di Dio caricata sopra un carro mentre Davide e tutta Israele faceva festa davanti al Signore, stese la mano verso l'arca di Dio e vi s'appoggiò perché i buoi la facevano piegare, ma l'ira del Signore s'accese, lo percosse per la sua colpa ed egli morì sul posto, tanto che Davide stesso s'impaurì e desistette dal trasferire l'arca in Gerusalemme.
Al riguardo, è un poco come chi, per avvicinarsi ad una zona ad alta radioattività, deve dotarsi d'efficaci difese personali per consentire brevi ispezioni con alto rischio, conscio che tali prescrizioni risolvono solo brevi varchi temporali, ma che alla lunga non avrebbero comunque efficacia davanti ad una fonte d'energia nucleare potente.
Pur dando atto che per l'ebraismo sono da rispettare certe norme, ho cercato di vedere quale possa essere il filo conduttore motore del pensiero ebraico che sovrintende ai concetti di puro e impuro, concetti peraltro, come vedremo, rimasti solo nell'ebraismo e non passati al cristianesimo.
Ora, il Santo dei Santi e tutta l'area del Tempio era il luogo dove per i figli d'Israele Dio si manifestava, Lui il detentore della vita in pienezza, onde vicino a Lui nulla vi poteva sussistere di "morto".
L'uomo è creatura peritura, nel senso che da appena nato comincia inesauribilmente il tempo della decadenza terrena della vita fisica, come una pila elettrica più o meno caricata, e quindi ha in sé un processo di morte attiva.
Questi, quindi, non poteva vedere Dio e restare vivo, infatti, Lui è la Vita assoluta, "'El Hai", il "Dio Vivente" e non è da dimenticare che la Torah è chiamata "Torat Hajm", "la Legge di vita".
Questo è il pensiero che sovrintende al rapporto col Dio d'Israele.
Lo stesso Mosè parlava con Dio, ma velandosi il volto come si faceva ai cadaveri che avevano il sudario, cioè un telo, in faccia.
Ad esempio al roveto "Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio" (Esodo 3,6b).
L'ultima lettera ebraica, la "taw" di fine, in effetti, suggerisce proprio tale idea.
Il risultato che, infatti, s'ottiene se si spezza questa lettera è una + e se si pensa la come l'icona di una testa di cui si può immaginare il volto e come succinto segno di velo, s'ottiene l'idea di un volto coperto.


A sinistra lettera a destra lettera
formano la lettera .

"Morire" in ebraico, peraltro, è definito con le tre lettere da cui morte "movet", onde: "vita (sottinteso terrena) portata a termine ."
Ecco che tutto ciò che porta alla morte, a sue manifestazioni, al sangue, a cadaveri, ossa, feti e ovuli umani, mestruazioni, sperma, secrezioni corporali, salvo il latte, "sporcano" nel senso che fanno uscire dalle condizioni di purità.
Nella donna c'è poi un continuo passare da una condizione di vita a condizione potenziale di morte, vita poiché in grado di procreare e nutrire con il latte, elemento ritenuto puro in molte culture, morte poiché perde il suo sangue, sinonimo di vita, nelle varie ovulazioni.
Il bambino neonato è quanto di più vivo si può trovare nel mondo.
Il sangue, perso nel parto, di fatto poi è come il mestruo che sta a segnalare la morte di un ovulo, come s'arguisce da: "Il Signore aggiunse a Mosè: Riferisci agli Israeliti: Quando una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio, sarà immonda per sette giorni; sarà immonda come nel tempo delle sue regole. L'ottavo giorno si circonciderà il bambino. Poi essa resterà ancora trentatré giorni a purificarsi dal suo sangue; non toccherà alcuna cosa santa e non entrerà nel santuario, finché non siano compiuti i giorni della sua purificazione. Ma, se partorisce una femmina sarà immonda due settimane come al tempo delle sue regole; resterà sessantasei giorni a purificarsi del suo sangue." (Levitico 12,1-5)
Quindi mestruo e segno di morte in atto "e sarà impura per sette giorni: ed allo stesso modo i sette giorni di lutto, nel modo in cui è venuto così se ne vada." (Baal HaTurim) indi per l'ebraismo, come è da praticare l'astensione sessuale durante il flusso mestruale e la donna è impura, così lo è dopo il parto finché non in grado di produrre altri ovuli.
Per meglio chiarirmi quel concetto sono ricorso, com'è mio solito, alle lettere relative ai radicali dei verbi ebraici per vedere se vi trovavo una qualche spiegazione:
  • per "essere puro, purificarsi, purificare, purgare, mondare, mondarsi" e purità è la "tohorah";
  • per "essere impuro, diventare impuro, essere o diventare immondo, contaminarsi" e l'impurità è la "tum'a".
Questi due stadi, l'uno il contrario dell'altro, come ben si vede, hanno in comune la lettera iniziale, la tèt che dal punto di vista del messaggio grafico è quello di un utero, oltre che di un cuore.
Nel caso di "essere puro" questo utero-cuore ha vicino il radicale di partorire (), quindi, rimanendo nell'idea di un utero, quando questo è pieno di vita perché deve partorire è certamente puro.
Nel caso di "essere impuro" , questo utero-cuore ha vicino la lettera di vita e di origine onde ciò da cui è originata vita nel momento che ciò accade diviene di fatto impura; è questo il caso della donna che ha partorito o che ha le mestruazioni, in cui l'ovulo e morto.
La donna incinta che partorisce, ha contenuto una vita, che però lei ha perduto, infatti, questa non c'è più nel suo seno, lei è impura, come se fosse stata il contenitore di un cadavere, una tomba vuota in un vivente, perché dà l'idea di morte, ha perduto vita, del resto ha perduto sangue senza del quale si muore.
Si ricade nel caso d'eiezione di liquidi dalla donna e dall'uomo che possono portare la vita come il sangue e lo sperma, indi come le mestruazioni, cause tutte d'impurità.
Quando torna la possibilità di poter contenere una nuova vita, dopo certi riti di purificazione, la donna o l'uomo tornano puri.
Il rito della "giovenca rossa" per l'ebraismo è soltanto una modalità per riacquistare la purità.
Nella Torah in definitiva si trovano queste cause d'impurità per contatto:
  • col corpo morto di uomini (Numeri 19,11-22) o di animali (Levitico 11,24-44);
  • con perdite corporee, tra cui emissione seminale, flusso mestruale (Levitico 15) e il sangue delle partorienti (Levitico 12);
  • con lebbra (Levitico 13-14);
  • con cose santificate come chi ha preparato le ceneri della giovenca rossa sono diventati impuri (Numeri 19,1-10) e per adempiere alle funzioni e ai riti il sommo sacerdote doveva lavarsi (Levitico 16,4; 16,23-24).
La Torah al capitolo 11 del libro del Levitico prevede che anche il modo di cibarsi può dar luogo ad impurità.
L'ebreo osservante si può nutrire solo di carne di animali terrestri puri e precisamente di ruminanti con zoccolo spaccato come bovini, ovini e cervidi, mentre sono impuri gli equidi, i suini, le scimmie e i rettili, anche se con zampe.
Sono poi impuri gli animali che strisciano, lombrichi, molluschi, ecc..
Gli animali acquatici devono avere pinne e squame.
Tra gli uccelli sono considerati impuri lo struzzo e i rapaci.
La purità e l'impurità non sono perciò pensati come un contrasto tra il bene e il buono nei riguardi del male e del malvagio, nel senso che si può divenire impuri senza aver commesso alcun peccato.
Si pensi a quante occasioni nei Vangeli Gesù incorre in condizioni d'impurità per contatti con lebbrosi, morti, e donne malate di perdite di sangue.
Prende su di sé questa impurità e l'annulla e si coglie anche un insegnamento sul puro e sull'impuro diverso da quello dei contemporanei osservanti, quando dice "Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: Ascoltatemi tutti e intendete bene: non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo. Quando entrò in una casa lontano dalla folla, i discepoli lo interrogarono sul significato di quella parabola. E disse loro: Siete anche voi così privi di intelletto? Non capite che tutto ciò che entra nell'uomo dal di fuori non può contaminarlo, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va a finire nella fogna?. Dichiarava così mondi tutti gli alimenti. Quindi soggiunse: Ciò che esce dall'uomo, questo sì contamina l'uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo." (Marco 7,14-23)
Questo insegnamento, peraltro, è pure in linea col concetto che nasce dalla lettura delle lettere ebraiche dei verbi essere puro ed essere impuro, in quanto ciò che interessa, è per traslato, come nell'utero della donna, che vi sia vita e non morte, non dimenticando che la è anche lettera del cuore!
Onde il cuore dell'uomo è come un utero che può contenere vita o morte.
È evidente che per Gesù quelle pagine della Torah relative a purità e impurità sui cibi avevano una interpretazione più ampia della sola lettura palese della purità cultuale, infatti, come ebbe modo di dire, Lui è venuto per dare compimento alla Torah tutta intera.
Forse, perciò, anche un'altra interpretazione è da dare alla purificazione tramite la cenere della giovenca rossa.

IL DISPOSTO DI NUMERI 19 DELLA "GIOVENCA ROSSA"
Il capitolo 19 del libro dei Numeri ove c'è il testo detto della "giovenca rossa" è costituito da 22 versetti divisibili in tre parti:
  • Numeri 19,1-10, sulle ceneri della giovenca;
  • Numeri 19,11-16, sui casi di impurità;
  • Numeri 19,17-22, sul rituale delle acque lustrali.
Presento, a brani distinti, il testo dell'ultima traduzioni C.E.I e aggiungo brevi commenti.
  • "Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: Questa è una disposizione della legge che il Signore ha prescritto. Ordina agli Israeliti che ti portino una giovenca rossa, senza macchia, senza difetti e che non abbia mai portato il giogo." (Numeri 19,1-2)
    È sottolineato che questo è proprio un decreto o disposizione "chuqqat" , dal Signore prescritto, infatti: "Questa è una disposizione della legge che il Signore ha prescritto" zat chuqqat hattorah 'asher siiah IHWH,



    come a dire, se anche ora non capite il perché dovete fare così, non ha importanza... dovete rispettarlo.
    Ciò vale per tutte le o "chuqqat o chuqqa", parola usata 1 volta in Genesi, 7 nell'Esodo, 26 nel Levitico, 12 nei Numeri, 8 nel Deuteronomio.
    È questa disposizione o "mizvah" viene chiamata "statuto della Torah".
    La Parah 'Adummah infatti è l'esempio di tutte le "mizvot" che pur se rispettate dagli osservanti nell'ebraismo non si piegano ad una spiegazione razionale e che sono eseguite solo perché Dio l'ha fissato, come il non mangiare assieme latticini e carne, la proibizione degli incroci...
    È quella una dei tanti precetti e "mizvot" che si trovano nella Torah, precisamente è la 444°, la 113° positiva secondo la lista preparata dal Maimonide. (Vedi: La lista di Maimonide) e ve ne sono ben 613, di cui 248 positivi, "del fare" e 365 negativi, cioè "del non fare" ("Torah" = ( = 5) + ( = 200) + ( = 6) + ( = 400) per la gematria è 611 più i due comandi amerai il Signore e il prossimo danno il 613.)
    Uno o tanti i comandi di Dio che non si capiscono è la stessa cosa.
    Siamo così portati all'essenza del peccato originale.
    Allora in principio secondo il racconto del Genesi c'era un solo precetto... non mangiare di un albero e poi ai tempi del deserto furono invece dati tanti divieti!
    Pare proprio che l'Eden ed il deserto siano come legati da un rapporto inverso. L'Eden è un giardino, il deserto è un luogo arido.
    Nel deserto abbiamo tante mizvot ed un solo cibo, la manna.
    Nell'Eden tanto cibo ed una sola regola.
    La manna del deserto ha il sapore di tutti i cibi, e la sola regola dell'Eden racchiude il senso di tutte le "mizvot".
    La giovenca rossa è la "parah 'adummah" è perciò paradigmatica.
    La "parah 'adummah" è il prototipo di un fissato della Torah che sfugge alla comprensione del ragionamento umano, perché, come vedremo, non è comprensibile che acque mischiate con ceneri di una giovenca rossa possano rendere puro l'uomo che s'è reso impuro per il contatto con un cadavere e perché nel contempo il sacerdote che l'asperge diventa impuro.
    Dicono, è incomprensibile similmente al permanere nell'esistenza del popolo ebraico, raro come giovenca tutta rossa, una legge, un "choq" contrario ad ogni logica umana, infatti, non è spiegabile il sopravvivere di quel popolo da millenni in faccia ai suoi nemici se non grazie a Dio e quel comando si regge solo sulla Sua volontà.
    I commentatori ebraici in definitiva definiscono il comando della giovenca rossa "il comando soprarazionale della Torah".
    Riporto alcuni commenti su tale tema:

    Rashi: "Perché Satana e le nazioni del mondo, causa dolore al popolo ebraico, dicendo: Cosa è? Questo comandamento a che cosa serve averlo. Pertanto, la Torah usa il termine 'chuqah' (comando soprarazionale). Ma Dio dice: È mio decreto personale. Tu non hai il permesso di deflettere da esso."

    Ramban: "La derisione delle nazioni per il popolo ebraico su questo mitzvah per è simile a quella sul capro espiatorio di Yom Kippur, entrambi macellati al di fuori del Tempio Santo."

    Be'er Mayim Chayim: "La fonte di derisione è la legge che la persona pura che esegue il processo diventa impuro, eppure la persona impura su cui viene eseguita la procedura diventa puro. Naturalmente, facciamo trovare un tale fenomeno in natura (ad esempio, il calore ammorbidisce stagno e ancora si indurisce un uovo), ma purtroppo non si può portare prove dalla natura per spiegare la mitzvot di Dio."

    Ohr haChayim: "Perché il versetto usare l'espressione: Questo è il comando soprarazionale della Torah, come a dire che questa mitzvah è rappresentativa di tutta la Torah?"

    Questi dimostrano che in definitiva la ragione si arrende davanti a quel precetto, come a tanti precetti della stessa Torah.
    Il peccato originale portò la morte nel mondo e ciò che, secondo il pensiero ebraico riabilita l'uomo dopo il contatto con la morte è la riparazione o "tikun" dell'unica "mizvah" che ha in sé tutta la Torah la cui motivazione non è razionalizzabile, ma ha il senso della prima "mizvah" del paradiso terrestre... obbedirai al Signore Dio tu... o meglio, della conoscenza del bene e del male non ne potrai mangiare, se non sotto l'occhio del Signore, quando te lo consentirà, perché solo allora sarai pronto; il voler fare da sé è il peccato!
    Eva, nel parlare col serpente, però, non disse che non ne potevano mangiare altrimenti avrebbero disobbedito al Signore, ma perché sarebbero morti, come se non importasse obbedire al Signore, ma solo restare vivi pur senza di Lui.
    Tutta la Torah perciò sarebbe da assumere come la legge della "Parà 'Adummah" come obbedienza, ma non la capiamo perché siamo limitati.
    La Torah per l'ebraismo è da accettare perché è ordine di Dio e il cristianesimo amplia la visuale e sostiene che contiene l'annuncio della venuta Signore "E quanto a voi, l'unzione che avete ricevuto da lui rimane in voi e non avete bisogno che qualcuno vi istruisca. Ma, come la sua unzione vi insegna ogni cosa ed è veritiera e non mentisce, così voi rimanete in lui come essa vi ha istruito." (1Giovanni 2,27)
    E cosa sarebbe quella unzione se non il sacro crisma del Messia annunciato dalla Torah e reso completo con la venuta di nostro Signore che soddisferà a pieno la nostra conoscenza?
    Quindi là ove non se ne comprende il senso occorre andare allo scopo, l'annuncio del Signore.
    Il radicale ebraico di "far frutto" è , ma è anche il femminile "parah" di "par" giovenco, torello.
    La è la terra rossa, il suolo lavorato, arato:
    • da cui fu formato l'uomo, Genesi 2,5 quella con cui "...il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo ."
    • quella del giardino dell'Eden da cui spuntò l'albero della vita, Genesi 2,9, da cui "Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male."
    • quella che in Eden Adamo doveva coltivare, Genesi 2,15 "Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse."

    Il capitolo 28 del libro del Deuteronomio inizia (1-4) cosi: "Se tu obbedirai fedelmente alla voce del Signore tuo Dio, preoccupandoti di mettere in pratica tutti i suoi comandi che io ti prescrivo, il Signore tuo Dio ti metterà sopra tutte le nazioni della terra; perché tu avrai ascoltato la voce del Signore tuo Dio, verranno su di te e ti raggiungeranno tutte queste benedizioni: Sarai benedetto nella città e benedetto nella campagna. Benedetto sarà il frutto del tuo seno, il frutto del tuo suolo e il frutto del tuo bestiame; benedetti i parti delle tue vacche e i nati delle tue pecore" e questo "frutto del tuo suolo" cioè un "peri 'adematak" si ripete al versetto 11, poi nel 17, nel 33, al 42 e 51 per poi riapparire in 30,9.

    Quella è anche rossa, come la terra d'ocra, come un bambino d'uomo che nasce rosso di sangue, infatti, l'idea di sangue "dam" = è implicito nella parola, ma c'è anche l'idea di + all'Uno-Unico simile .
    Tutto ciò allarga il campo da giovenca rossa al frutto che deve uscire dall'Uomo quando questi prende atto di essere all'Unico simile e questo far frutto può riguardare il Verbo che nel corpo entra di uomo nel mondo .

    C'è, infatti. tutta una tensione all'attesa del frutto della terra che altri non è che il Messia: "La sua salvezza è vicina a chi lo teme e la sua gloria abiterà la nostra terra.Misericordia e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno. La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo. Quando il Signore elargirà il suo bene, la nostra terra darà il suo frutto. Davanti a lui camminerà la giustizia e sulla via dei suoi passi la salvezza." (Salmo 85,10-14)

    E la "sua salvezza" è Gesù .

    Questi fu l'uomo vestito di rosso: "Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: Ecco l'uomo! Al vederlo i sommi sacerdoti e le guardie gridarono: Crocifiggilo, crocifiggilo! Disse loro Pilato: Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa. Gli risposero i Giudei: Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio". (Giovanni 19,5-7)

    Questa giovenca deve essere "temimah" integra, e se lo si riferisce anche al colore oltre che alle altre qualità fisiche deve essere completamente con peli rossi, inoltre senza difetti e mai sottoposta al giogo; questa integrità fa pensare al nascere senza peccato.
  • "La darete al sacerdote Eleàzaro, che la condurrà fuori dello accampamento e la farà immolare in sua presenza. Il sacerdote Eleàzaro prenderà con il dito un po' del sangue della giovenca e ne farà sette volte l'aspersione davanti alla tenda del convegno; poi si brucerà la giovenca sotto i suoi occhi: se ne brucerà la pelle, la carne e il sangue con gli escrementi. Il sacerdote prenderà legno di cedro, issòpo, tintura scarlatta e getterà tutto nel fuoco che consuma la giovenca. Poi il sacerdote laverà le sue vesti e farà un bagno al suo corpo nell'acqua, quindi rientrerà nell'accampamento; il sacerdote sarà impuro fino alla sera." (Numeri 19,3-7)

    La prescrizione è dettagliata.
    Sarà condotta fuori dall'accampamento e immolata alla presenza del sacerdote Eleazaro, il cui nome dice "che Dio aiuta".
    Quel fuori dell'accampamento ci fa ricordare il sacrificio della croce.
    C'è una linea che a Gerusalemme ha origine dal luogo dell'Ascensione di Gesù, sul Monte degli Ulivi, passa per la porta orientale, la Porta Aurea, (detta anche Porta della Misericordia o di Sheshan, Porta d'Oriente e, nel Nuovo Testamento Porta Bella) attraversa per lungo la spianata del Tempio, continua, formando sull'arteria principale della antica zona settentrionale della città e si dirige al Golgota, la roccia su cui Gesù fu crocifisso, nella basilica del Santo Sepolcro, luogo della sua risurrezione.
    Il tracciato collega le due rocce sacre che rappresentano il centro del mondo sia per gli ebrei che per i cristiani quella del Tempio e del Golgota, luoghi di sacrifici e di manifestazione di IHWH.
    Le anime dei giusti la percorreranno alla risurrezione dei morti, quando suonerà lo "shofar", il corno del giudizio, verso la salvezza.
    Per la tradizione ebraica le prime anime a uscire dalle tombe sono quelle sepolte alle pendici del Monte degli Ulivi.
    Il Messia farà da là il suo ingresso nella città alla loro testa, forse questo è il senso di ciò che disse l'angelo a chi vedeva Gesù ascendere al cielo: "Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo". (Atti 1,11)
    Il Messia verrà per gli ebrei o tornerà da là per i cristiani e percorrerà quella via sacra, su un asinello, secondo il profeta Zaccaria, preceduto dal profeta Elia.
    Nel periodo del Secondo Tempio, lungo una parte di quella linea messianica si svolgevano processioni, c'era un ponte che dalla Porta Aurea superava il fossato del Cedron ed era chiamata la Strada della Vacca, perché il Gran Sacerdote la percorreva per raggiungere il Monte degli Ulivi dove aveva luogo il memoriale del sacrificio rituale della giovenca rossa.
    Quella giovenca rarissima difficile da trovare - quando se ne trovava una le ceneri venivano conservate per anni ed anni, tanto che si dice che residui della prima durarono fono alla distruzione del secondo Tempio - era appunto bruciata sul monte degli Ulivi su una pira e vi si aggiungeva per far bruciare assieme "legno di cedro, issòpo, tintura scarlatta":
    • Legno di cedro, , "e's 'arez", "dall'albero all'origine i corpi colpì ";
    • Issopo, , "ve'azub"; "e per primo in questi si portò dentro ";
    • Tintura scarlatta, , "vesheni tola't", rosso di cocciniglia e questa cocciniglia è un verme, onde "e ad accendere l'angelo (ribelle) fu un verme ".



    In definitiva "dall'albero all'origine i corpi colpì e per primo in questi si portò dentro e ad accendere l'angelo (ribelle) fu un verme".
    Tra le lettere di vi sono anche le lettere e del radicale di rinnovare , quindi, l'insieme sottende anche il pensiero che vi sarà un modo per rinnovare l'uomo ed espellere l'effetto del verme, quello che secondo la tradizione entrò in Adamo ed Eva con la prima disobbedienza mangiando del frutto dell'albero "e's" , della conoscenza del bene e del male.
    S'apre così la possibilità che il testo dica di più se sondato opportunamente.
    Il fatto che il sacerdote rimanga impuro fino a sera è come se fosse stato in contatto col cadavere di un uomo, il che fa pensare che in effetti quella giovenca sia allegoria di qualche altro evento relativo a persona umana uccisa.
    Dalla Mishnah si ricava che nel Tempio vi erano "miqwôt", cioè vasche d'immersione per i sacerdoti e che una di queste era sul Monte degli Ulivi, connessa con i lavacri per le ceneri della giovenca rossa.
    Una rampa speciale conduceva da questa vasca al Monte del Tempio, costruita come una arcata doppia, una sull'altra, per evitare l'impurità delle tombe che si trovavano nella valle sottostante.
  • "Colui che avrà bruciato la giovenca si laverà le vesti nell'acqua, farà un bagno al suo corpo nell'acqua e sarà impuro fino alla sera. Un uomo puro raccoglierà le ceneri della giovenca e le depositerà fuori dell'accampamento in luogo puro, dove saranno conservate per la comunità degli Israeliti per l'acqua di purificazione: è un rito per il peccato. Colui che avrà raccolto le ceneri della giovenca si laverà le vesti e sarà impuro fino alla sera. Questa sarà una legge perenne per gli Israeliti e per lo straniero che dimorerà presso di loro." (Numeri 19,8-10)

    Come il sacerdote anche l'operatore resta impuro fino a sera.
    Per "un uomo puro", generalmente si sceglieva un bambino che ovviamente non era stato presente alla cerimonia dell'arsione.
    Raccoglierà le ceneri della giovenca è "'epoer happarah".
    Questa è la seconda volta che la Torah usa il termine cenere.
    La prima volta fu nominata nel colloquio d'Abramo col Signore quando contrattò con Lui sui giusti da salvare a Sodoma: "Abramo riprese e disse: "Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere ..." (Genesi 18,27)
    Commenta Bereshit Rabbà 49.11, Rashi "Polvere e cenere: se non fosse stato per la tua misericordia avrei già dovuto essere polvere - ucciso dai re contro cui ho combattuto (Genesi 14) - e cenere, a causa di Nimrod che mi aveva gettato nella fornace ardente."
    Il discorso su Nimrod si riallaccia ad Apocrifi dell'Antico Testamento ove Nimrod è il mitico re di Babele figlio di Etiopia nipote di Cam; di lui le lettere ce lo rivelano come figura "di angelo ribelle ."
    La polvere, in ebraico è e si può arguire dalle lettere, che questa "si vede " (sottinteso sollevarsi) "soffiando su un corpo ".
    La parola "polvere" fu usata la prima volta nel versetto della formazione dell'uomo "Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente." (Genesi 2,7)
    La polvere del suolo è e fu, appunto, secondo il libro della Genesi, la materia prima per formare l'uomo, e questa è il resto fisico sulla terra di chi muore.
    Cenere, in ebraico , invece è il residuato di chi viene arso. Faccio notare come le parole ebraiche di polvere "oe'par" e di cenere "'epoer" sono assai simili, cambiando solo la lettera iniziale.
    Riportando il discorso a Dio, la cenere suggerisce l'idea di "ira", che in ebraico è "'af" = , onde è pensabile come il residuo arso dal fuoco dalla collera di Dio, del corpo di indemoniati, che da schiavi sono passati a collaborazionisti del demonio.
    Alla risurrezione dei morti questa "ira" sarà il fuoco benefico della risurrezione che riporterà dalla polvere i morti nei corpi gloriosi, ma sarà un fuoco distruttore che porterà a cenere tutto ciò che è prodotto dal demonio nell'uomo.
    È al riguardo da osservare che al versetto 17 quando è detto "si prenderà la cenere della vittima bruciata" in effetti, nel testo ebraico c'è polvere e non cenere, quasi a dire che il fuoco fisico non aveva nulla dell'ira divina da distruggere nella "giovenca" rafforzando l'idea che la giovenca nasconda il frutto prodotto dalla terra di un primo uomo puro, integro "tamim".
  • "Chi avrà toccato il cadavere di qualsiasi persona, sarà impuro per sette giorni. Quando uno si sarà purificato con quella acqua il terzo e il settimo giorno, sarà puro; ma se non si purifica il terzo e il settimo giorno, non sarà puro. Chiunque avrà toccato il cadavere di una persona che è morta e non si sarà purificato, avrà contaminato la Dimora del Signore e sarà eliminato da Israele. Siccome l'acqua di purificazione non è stata spruzzata su di lui, egli è impuro; ha ancora addosso l'impurità. Questa è la legge per quando un uomo muore in una tenda: chiunque entrerà nella tenda, e tutto ciò che è nella tenda, sarà impuro per sette giorni. Ogni vaso scoperto, sul quale non sia un coperchio o una legatura, sarà impuro. Chiunque sulla superficie di un campo avrà toccato un uomo ucciso di spada o morto di morte naturale o un osso d'uomo o un sepolcro, sarà impuro per sette giorni." (Numeri 19,11-16)

    Indica su chi deve essere fatta la purificazione e perché.
    Si farà in due volte, altrimenti l'immondo non potrà recarsi alla "Dimora del Signore".
  • "Per colui che sarà divenuto impuro si prenderà la cenere (polvere) della vittima bruciata per l'espiazione e vi si verserà sopra l'acqua corrente, in un vaso; poi un uomo puro prenderà issòpo, lo intingerà nell'acqua e ne aspergerà la tenda, tutti gli arredi e tutte le persone che erano là e colui che ha toccato l'osso o l'ucciso o il morto o il sepolcro. L'uomo puro aspergerà l'impuro il terzo giorno e il settimo giorno e lo purificherà il settimo giorno; poi colui che è stato impuro si laverà le vesti, farà un bagno con l'acqua e alla sera diventerà puro. Ma colui che, reso impuro, non si purificherà, sarà eliminato dall'assemblea, perché ha contaminato il santuario del Signore e l'acqua della purificazione non è stata aspersa su di lui: è impuro. Sarà per loro una legge perenne. Colui che avrà asperso l'acqua di purificazione si laverà le vesti; chi avrà toccato l'acqua di purificazione sarà impuro fino alla sera. Quanto l'impuro avrà toccato, sarà impuro; chi lo avrà toccato sarà impuro fino alla sera." (Numeri 19,17-22)
È da purificare l'uomo e la casa dove c'era il morto.
Poi ci sarà un bagno purificatore!

COS'È RIMASTO DI QUESTO RITO?
Di questo antico rito di purificazione ci si domanda: cosa è passato nei rituali penitenziali cristiani ed in particolare della Chiesa Cattolica?
In effetti si usa cenere in un sacramentale del Mercoledì delle ceneri.
È quello l'inizio di un periodo di conversione per arrivare "mondi" a celebrare la Pasqua del Signore; è il momento in cui i catecumeni nell'ultimo anno di catechesi venivano introdotti al lungo periodo di quaresima prima del battesimo che avveniva nella notte di Pasqua.
L'origine del Mercoledì delle ceneri è, infatti, da ricercare nell'antica prassi penitenziale ebraica e dall'antica celebrazione pubblica della penitenza, lo "Iom Kippur" ebraico che passò poi dopo il distacco dall'ebraismo a una prassi privata di riconciliazione del penitente con la Chiesa.
Quel mercoledì era il rito che dava inizio al cammino di penitenza dei fedeli che sarebbero stati assolti dai loro peccati a fine quaresima la mattina del giovedì santo prima della domenica di Pasqua.
Polvere e cenere stanno a significare la debole condizione umana.
Anche Abramo, nonostante la sua amicizia con Dio, a Dio ricordava "...sono polvere e cenere..." (Genesi 18,27).
Del pari Giobbe, riconoscendo nella prostrazione il proprio limite, afferma: "Mi ha gettato nel fango: son diventato polvere e cenere" (Giobbe 30,19)
Sull'uomo e la cenere vedi anche Sapienza 2,3; Siracide 10,9 e 17,27.
La cenere è anche il segno esterno di colui che si pente, infatti, gli abitanti di Ninive a motivo della predicazione di Giona: "...credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere" (Giona 3,5-9).
Giuditta poi invita tutto il popolo a fare penitenza perché Dio lo liberi: "Ogni uomo o donna israelita e i fanciulli che abitavano in Gerusalemme si prostrarono davanti al tempio e cosparsero il capo di cenere e, vestiti di sacco, alzarono le mani davanti al Signore" (Giuditta 4,11).
Entrambi i suddetti significati fragilità della condizione e pentimento sono compresi si ritrovano nelle formule di imposizione: "Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai" e "Convertitevi, e credete al Vangelo".
Nel tempo, l'imposizione delle ceneri si estese a tutti i fedeli e la riforma liturgica ha ritenuto opportuno conservare l'importanza di questo segno.
Le ceneri s'ottengono dalla bruciatura dei rametti d'ulivo agitati nella domenica delle Palme dell'anno precedente e quei rametti ricordano l'entrata come messiadi Gesù in Gerusalemme a cavallo di un puledro d'asina scendendo dal monte degli Ulivi, l'ultima domenica prima di quella di Pasqua.
Sì, si percorreva la via di cui abbiamo detto, quella alla cui estremità c'è il monte degli Ulivi ove si bruciava la giovenca rossa che là si sacrificava e quello era il percorso di quel sacrificio.
La polvere di quei rametti d'ulivo è segno del pentimento del penitente che con l'acqua battesimale e il soffio dello Spirito Santo vuol rinascere figlio di Dio; infatti, i già battezzati sono benedetti con l'acqua battesimale spruzzata con un rametto d'issopo intinto nella vasca nel quale rinascono i catecumeni.
Al rito della purificazione con le ceneri della giovenca rossa si sottoponeva anche il Sommo Sacerdote; del pari all'imposizione delle ceneri del mercoledì d'inizio quaresima si sottoponeva anche il Sommo Pontefice di Santa Romana Chiesa presso la basilica di Santa Sabina (del V secolo) in Roma.

Imposizioni delle ceneri

UNA VOCE AUTOREVOLE
Da quanto deducibile nel libro dei Numeri, in base alla traduzione tradizionale, la prescrizione della "giovenca rossa" parrebbe avere un aspetto "magico", contrario allo spirito retto del Signore dal quale ci si attende discorsi concreti che non portino a superstizione o a stregonerie.
Si dice che quel modo di purificarsi fosse indotto da analoghe pratiche magiche presso altri popoli, intrise appunto di magia, come il passare per il fuoco.
Del resto, nello stesso libro dei Numeri, dopo una battaglia contro i madianiti, si legge: "Voi poi accampatevi per sette giorni fuori del campo; chiunque ha ucciso qualcuno e chiunque ha toccato un caduto, si purifichi il terzo e il settimo giorno: questo tanto per voi quanto per i vostri prigionieri. Purificherete anche ogni veste, ogni oggetto di pelle, ogni lavoro di pelo di capra e ogni oggetto di legno. Il sacerdote Eleàzaro disse agli uomini dell'esercito che erano andati alla battaglia: Questa è la norma della legge che il Signore ha prescritto a Mosè: L'oro, l'argento, il bronzo, il ferro, lo stagno e il piombo, quanto può sopportare il fuoco, lo farete passare per il fuoco e sarà reso puro, purché venga purificato anche con l'acqua della purificazione; quanto non può sopportare il fuoco, lo farete passare per l'acqua. Laverete anche le vostre vesti il settimo giorno e sarete puri; poi potrete entrare nell'accampamento." (Numeri 31,19-24)
È stato pensato che il discorso della giovenca rossa sia completamente allegorico e profetico degli eventi cristiani e che sia un poco ispirato al capro espiatorio su cui si riversavano i peccati del popolo, figura del Cristo che prende su di sé i peccati e purifica i peccatori.
Santo Agostino d'Ippona, Vescovo, in "Locuzioni e questioni sull'Ettateuco" volume II, libro IV, "Questioni sui Numeri", tratta abbondantemente di questa sua visione allegorica della "giovenca" con Cristo.
Ne riporto alcuni brani senza commento, ma solo con alcune evidenziazioni del testo, da cui appare che ciò è chiaramente delineato:

2... La giovenca rossa è simbolo della carne di Cristo; è di sesso femminile a causa della debolezza della carne, è rossa a causa della passione cruenta. Quanto all'espressione: "prendano per te", essa dimostra nello stesso Mosè la figura della legge, poiché gli Israeliti credettero di uccidere Cristo secondo la legge in quanto, secondo loro, trasgrediva il Sabato e, come essi pensavano, violava le osservanze legittime. Non è dunque strano che si dica che la giovenca sia senza difetti, poiché anche le altre vittime prefiguravano questa carne dal momento che è prescritto che siano ugualmente senza difetti gli animali da immolare. Quella carne infatti era "a somiglianza della carne di peccato", ma non carne del peccato. Tuttavia qui ove Dio volle far risaltare con maggiore evidenza la distinzione della legge non bastava che dicesse "senza difetto", se non avesse detto: "che non ha in sé alcun difetto". Questa espressione, se fu detta per ripetere lo stesso concetto, forse non fu detta inutilmente, poiché è proprio la ripetizione a mettere in più forte risalto quel concetto. Sennonché non è incompatibile con la verità se si pensa che è aggiunta la frase: "la quale non abbia in sé alcun difetto", pur essendo già stato detto: "una giovenca senza difetto", per il fatto che non lo ebbe in sé la carne di Cristo, mentre lo ebbe in altri che sono sue membra. Quale carne infatti è senza peccato in questa vita se non quella che non ha in sé alcun difetto? "E su di essa non sia stato posto il giogo". Poiché non è stata soggiogata all'iniquità, dalla quale liberò coloro che trovò assoggettati ad essa e spezzò le loro catene, affinché gli si possa dire: "Tu hai spezzato le mie catene; io ti offrirò un sacrificio di lode". In effetti non fu posto il giogo sopra la carne di lui, che ebbe il potere di offrire la propria vita e di riprenderla.

3. "E la darai - è detto - al sacerdote Eleazaro". Perché non ad Aronne, se non forse perché ciò era un annuncio prefigurativo che la Passione del Signore sarebbe arrivata non in quel tempo là ma ai successori di quel sacerdozio? "E la cacceranno fuori dell'accampamento"; allo stesso modo fu cacciato fuori della città il Signore perché soffrisse la Passione. Quanto poi all'espressione: "in un luogo puro", essa significa che il Signore non aveva un capo d'accusa infamante. "E la immoleranno alla sua presenza", come fu immolata la carne di Cristo alla presenza di coloro che presto sarebbero stati sacerdoti del Signore nel Nuovo Testamento.

4. "Ed Eleazaro prenderà un po' del suo sangue e con il suo sangue spruzzerà sette volte verso la facciata della tenda dell'alleanza". Ciò costituisce una testimonianza che Cristo, secondo le Scritture, versò il suo sangue per la remissione dei peccati. Doveva spruzzare il sangue "verso la facciata della tenda dell'alleanza", poiché non fu manifestato diversamente da come era stato preannunciato dalla parola di Dio, e fu spruzzato "sette volte", poiché lo stesso numero è in relazione con la purificazione spirituale.

5. "E la bruceranno alla sua presenza". Penso che la cremazione sia un simbolo della risurrezione, poiché la natura del fuoco è di sollevarsi in alto, e ciò che si brucia si cambia in esso. Lo stesso verbo cremare introdotto dal greco in latino deriva dal verbo che vuol dire "sospendere". Al contrario con l'espressione che segue: "alla presenza di lui", cioè alla presenza del sacerdote, mi pare che sia indicato che la risurrezione di Cristo apparve a coloro che sarebbero divenuti un sacerdozio regale. Inoltre la frase: "e la sua pelle, le carni e il sangue di essa saranno bruciati con il suo sterco" spiega in qual modo la giovenca dovrà essere bruciata e indica simbolicamente che non solo la sostanza del corpo mortale di Cristo, indicata con la menzione della pelle, delle carni e del sangue, ma anche l'oltraggio e il disprezzo del popolo, indicati - a mio parere - con la parola "sterco", si cambieranno nella gloria indicata dalla fiamma della combustione.

6. "Il sacerdote prenderà allora del legno di cedro, dell'issopo e dello scarlatto e li getterà in mezzo al fuoco in cui brucia la giovenca". Il legno di cedro è simbolo della speranza, che deve dimorare saldamente in cielo; l'issopo è simbolo della fede, poiché essendo un'erba umile, si attacca con le radici alla roccia; lo scarlatto è simbolo della carità, poiché con il suo colore di fuoco attesta il fervore dello spirito. Queste tre cose dobbiamo gettarle nella risurrezione di Cristo come in mezzo al fuoco della sua combustione affinché la nostra vita sia nascosta con lui, come dice l'Apostolo: "E la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio".

7. "Il sacerdote laverà poi i suoi vestiti, laverà il suo corpo con l'acqua e dopo rientrerà nell'accampamento; il sacerdote sarà impuro fino alla sera". Di che cosa è simbolo la lavanda dei vestiti e del corpo se non la purificazione dell'esterno e dell'interno? Di poi continua dicendo: "E chi la brucerà, laverà i suoi vestiti, laverà il proprio corpo e sarà impuro fino a sera". Io penso che in colui che brucia la giovenca sono simboleggiati coloro che seppellirono la carne di Cristo affidandola alla risurrezione, come a una specie di combustione.


...

11. Il Signore però ordina poi che si purifichino quanti si sono resi impuri a causa dei morti, cioè a causa delle opere morte, dicendo: "Per l'impuro prenderanno della cenere della giovenca bruciata col fuoco della purificazione e sopra di essa - cioè sopra la medesima cenere - verseranno acqua viva in un vaso; e un uomo puro, prendendo dell'issopo, lo getterà nell'acqua e la spargerà attorno sulla dimora sulle suppellettili e su tutte le persone che vi si troveranno, su chi avrà toccato ossa umane, un ferito o un morto o un sepolcro; e un uomo puro aspergerà l'impuro nel terzo giorno e nel settimo giorno, e sarà purificato il settimo giorno e laverà i suoi vestiti e si laverà con l'acqua e sarà impuro fino alla sera". Una cosa è l'acqua lustrale e certamente un'altra l'acqua con la quale l'impuro laverà i propri vestiti. E si laverà con l'acqua, che io penso debba essere quella spirituale nel senso allegorico, non in quello proprio. Poiché era senza dubbio acqua visibile come tutte le ombre delle realtà future. Per conseguenza chi viene purificato nel modo debito con il sacramento del battesimo, prefigurato da quell'acqua lustrale, viene purificato anche spiritualmente, cioè in modo invisibile sia nella carne che nell'anima, cosicché resta puro tanto nel corpo che nello spirito. Riguardo invece a quanto si dice che l'acqua dell'aspersione veniva spruzzata con l'issopo - erba da cui più sopra abbiamo detto che viene prefigurata la fede - che cosa può venire in mente se non la frase della Scrittura: "Purificando i loro cuori con la fede?" Poiché a nulla serve il battesimo se manca la fede. La Scrittura dice poi che quella lavanda dev'essere compiuta da una persona pura, e con ciò sono simboleggiati i ministri, che rappresentano la persona del loro Signore, il quale è la persona pura nel senso proprio della parola. Nel seguito del testo, infatti, a proposito di questi ministri è detto: "Chi spargerà tutto intorno l'acqua lustrale resterà impuro fino alla sera. E tutto ciò che l'impuro toccherà sarà impuro, e la persona che lo toccherà, sarà impura sino alla sera". Ho già detto più sopra di che cosa mi pare sia simbolo l'espressione: "fino alla sera".

Penso però che quel testo ebraico, e lo vedremo poi, possa essere letto non solo in forma allegorica, ma anche in altro modo che possa rendere in modo più esplicito e calzante l'idea messianica di quei gesti che altrimenti rimarrebbero astrusi.

IL CAPRO ESPIATORIO
Questa interpretazione allegorica di Agostino d'Ippona che ho sopra riportata si appoggia in effetti ad una più antica premessa e giustificazione che si trova in alcuni versetti della lettera agli Ebrei ove in 9,6-14 richiama il brano del Levitico 16 sul capro espiatorio e l'associa a quella cenere della giovenca rossa riferendo poi tutto a Cristo: "Disposte in tal modo le cose, nella prima Tenda entrano sempre i sacerdoti per celebrarvi il culto; nella seconda invece solamente il sommo sacerdote, una volta all'anno, e non senza portarvi del sangue, che egli offre per se stesso e per i peccati involontari del popolo. Lo Spirito Santo intendeva così mostrare che non era ancora aperta la via del santuario, finché sussisteva la prima Tenda. Essa infatti è una figura per il tempo attuale... in cui sarebbero state riformate. Cristo invece, venuto come sommo sacerdote di beni futuri, attraverso una Tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo, cioè non appartenente a questa creazione, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna. Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati, li santificano, purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalla opere morte, per servire il Dio vivente?"
Al capitolo 16 del Levitico si dice, infatti, del giorno dell'espiazione, festa grande, con lunga preparazione spirituale, una volta all'anno, il famoso "Iom Kippur" di cui mi sono interessato in "Le Feste Ebraiche della venuta del Messia".
In quel giorno, prima della distruzione del Tempio (70 d.C.), il Sommo Sacerdote offriva in olocausto un toro per i propri peccati, indi sceglieva due capri, uno veniva offerto in sacrificio a Dio.
Sull'altro capro il Sommo Sacerdote confessava i peccati propri e del popolo e l'animale veniva spinto giù da un dirupo.
Il capro espiatorio era allora consegnato ad un addetto per condurlo al luogo a lui destinato ove legava un capo di un filo rosso ad una roccia sopraelevata e l'altra parte tra le corna del capro, poi lo spingeva e lo faceva rotolare di sotto.
Il Sommo Sacerdote allora uccideva il toro e l'altro capro e le parti sacrificali le bruciava sull'altare quando l'altro capro veniva rotolato e si dice che un altro filo di porpora veniva collocato nell'entrata del Tempio e quando il capro arrivava al deserto il filo iniziava ad impallidire.
Arrivavano, infatti, dei segnali da lontano con bandiere da varie postazioni dell'itinerario e veniva sostituito il filo del Tempio con quello bianco, così il popolo si rendeva conto che il capro era stato ucciso.
Dopo aver offerto incenso nel Santo dei Santi col sangue del toro e del capro sacrificati era asperso il propiziatorio poi l'altare.
I sacerdoti e il popolo stavano nell'atrio del Tempio e quando ascoltavano il nome di Dio secondo il Tetragramma Sacro IHWH per la seconda volta tra i suoni dello shofar prostrati benedicevano il Signore.
Il profeta ricorda questo rito quando dice in Isaia 1,16-18: "Lavatevi, purificatevi, togliete il male delle vostre azioni dalla mia vista. Cessate di fare il male... Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana."
Orbene, in "Dieci parole, distintivo di chi ha Dio per alleato", articolo in .pdf nella rubrica "Attesa del Messia", al paragrafo "Capri e pecore" ho riportato la decriptazione dell'intero capitolo 16 del Levitico che riguarda il capro espiatorio, e la seconda pagina che ho ottenuto è esplicitamente messianica, indi è da pensare che anche quella della "giovenca rossa" dovrebbe fornire un analogo risultato.

L'ISLAM E LA "GIOVENCA"
La II Sura, la più lunga dell'intero Corano, è detta "Al-Baqara", in arabo, appunto, "la giovenca" di cui è detto al versetto 67 e il cui tema è trattato nei versetti 67-73, nel seguente modo:

67 - E quando Mosè disse al suo popolo: Allah vi ordina di sacrificare una giovenca! Risposero:Ti prendi gioco di noi? Mi rifugio in Allah dall'essere tra gli ignoranti.

68 - Dissero: Chiedi per noi al tuo Signore che ci indichi come deve essere. Rispose: Allah dice che deve essere una giovenca, né vecchia, né vergine, ma di età media. Fate quello che vi si comanda!

69 - Dissero: Chiedi per noi al tuo Signore che ci indichi di che colore deve essere. Rispose: Allah dice che dev'essere una giovenca gialla, di un colore vivo che rallegri la vista.

70 - Dissero: Chiedi al tuo Signore che dia maggiori particolari, perché veramente per noi le giovenche si assomigliano tutte. Così, se Allah vuole, saremo ben guidati.

71 - Rispose: Egli dice che deve essere una giovenca che non sia stata soggiogata al lavoro dei campi o all'irrigazione, sana e senza difetti. Dissero: Ecco, ora ce l'hai descritta esattamente. La sacrificarono, ma mancò poco che non lo facessero!

72 - Avevate ucciso un uomo e vi accusavate a vicenda.... Ma Allah palesa quello che celate.

73 - Allora dicemmo: Colpite il cadavere con una parte della giovenca. Così Allah resuscita i morti e vi mostra i Suoi segni affinché possiate comprendere.


La prescrizione è meno dettagliata di quella riportata dalla Bibbia.
È però evidente che si riferisce proprio a quel brano di Numeri 19.
Gli elementi essenziali relativi alla giovenca vi sono, anche se quella bestia è gialla anziché rossa.
Viene anche accennato ad un morto, ma non è precisata la motivazione della prescrizione, pur tuttavia, cosa interessante, si dice che in qualche modo ha un collegamento col risuscitare i morti, come poi vedremo.
Il versetto 74 infine accenna a pietre - rocce, da cui sgorga acqua - ruscelli, come del resto nel libro dei Numeri dopo il brano della giovenca rossa del capitolo 19, segue al capitolo 20 quello delle "acque di Meriba", in cui l'acqua sgorga dalla roccia colpita dal bastone di Mosè.
Tale versetto così recita:

74 - Dopo di ciò i vostri cuori si sono induriti ancora una volta, ed essi sono come pietre o ancora più duri. Vi sono infatti pietre da cui scaturiscono i ruscelli, che si spaccano perché l'acqua fuoriesca, e altre che franano per il timore di Allah. E Allah non è incurante di quello che fate.

Ibn Abbas (619 - 688) cugino di Maometto (i loro padri erano fratelli, figli di Shayba ibn Hçshim), compagno del profeta, teologo e esegeta del Corano, al riguardo del brano sulla giovenca ha dichiarato:

"Un vecchio tra i figli d'Israele, molto ricco con vari nipoti fu ucciso da uno di loro. Seguirono controversie e chiesero al profeta Mosè che gli comandò di prendere la giovenca gialla, li istruì al macello e con una parte della mucca colpirono il defunto. Il vecchio morto tornò a vivere. Mosè gli chiese chi l'aveva ucciso e questi rispose: il nipote, e di nuovo morì."

CONTRO IL VITELLO D'ORO LA GIOVENCA ROSSA
Mi sono chiesto perché il Corano parla di giovenca gialla invece che rossa?
Non mi sono dato una risposta, però quel giallo m'ha portato a pensare all'immagine che ho usato nell'articolo in .pdf " L'episodio del vitello d'oro preso alla lettera" nella rubrica "Decriptazione Bibbia" con cui, tra l'altro, ho presentato decriptato l'intero capitolo 32 del libro dell'Esodo.

Vitello d'oro

Ho cosi cercato di vedere se e come i due episodi "vitello d'oro" e "giovenca rossa" potessero essere accostati e se abbiano tra loro qualche rapporto.
Poi, rileggendo l'episodio della "giovenca rossa", m'ha colpito il versetto Numeri 19,16: "Chiunque sulla superficie di un campo avrà toccato un uomo ucciso di spada o morto di morte naturale o un osso d'uomo o un sepolcro, sarà impuro per sette giorni."
Mi sono detto, ma la prescrizione uscì che erano nel deserto e tra gli episodi che sono raccontati quando apparve di certo la necessità di seppellire cadaveri di colpiti di spada?
Al Capitolo 32 dell'Esodo nell'episodio del "vitello d'oro" si legge dell'ira di Mosè che accese i Leviti: "Mosè si pose alla porta dell'accampamento e disse: Chi sta con il Signore, venga da me! Gli si raccolsero intorno tutti i figli di Levi. Disse loro: Dice il Signore, il Dio d'Israele: Ciascuno di voi tenga la spada al fianco. Passate e ripassate nell'accampamento da una porta all'altra: uccida ognuno il proprio fratello, ognuno il proprio amico, ognuno il proprio vicino. I figli di Levi agirono secondo il comando di Mosè e in quel giorno perirono circa tremila uomini del popolo. Allora Mosè disse: Ricevete oggi l'investitura dal Signore; ciascuno di voi è stato contro suo figlio e contro suo fratello, perché oggi egli vi accordasse benedizione." (Esodo 32,26-29)
Ecco che ben c'era una necessità di purificazione.
I fratelli si erano macchiati del peccato d'idolatria e loro, i Leviti, erano stati come angeli della morte, ma comunque fuori dal comandamento dell'amore.
Tutto il popolo evidentemente seppellì i morti e tutti erano da purificare.
Siamo colpevoli del sangue sparso a causa del vitello d'oro, allora ecco le ceneri di una giovenca con polvere rossa ricorderanno a Dio la causa del loro peccato e la volontà di uccidere alla radice ogni ritorno del vitello essendo insito l'intento di non ricadere nel peccato del vitello d'oro visto che di fatto è stato distrutto anche la futura madre del vitello, la giovenca.
Pare quasi che a reazione di quella vicenda cruenta entrambi i fratelli di Mosè, Aronne e Maria, muoiono.
Dopo il racconto di Numeri 19 della giovenca, infatti, il capitolo 20 inizia così: "Ora tutta la comunità degli Israeliti arrivò al deserto di Sin il primo mese, e il popolo si fermò a Kades. Qui morì e fu sepolta Maria." (Numeri 20,1)
Del pari il libro del Deuteronomio ci dice che dopo l'evento del vitello d'oro, morì Aronne.
Mosè spezzò le prime tavole e: "In quel tempo il Signore mi disse: Tagliati due tavole di pietra simili alle prime e sali da me sul monte. Costruisci anche un'arca di legno. Io scriverò su quelle tavole le parole che erano sulle prime che tu hai spezzato, e tu le metterai nell'arca. Io feci dunque un'arca di legno d'acacia e tagliai due tavole di pietra simili alle prime; poi salii sul monte, con le due tavole in mano. Il Signore scrisse su quelle tavole come era stato scritto la prima volta, cioè le dieci parole che il Signore aveva promulgato per voi sul monte, in mezzo al fuoco, il giorno dell'assemblea. Il Signore me le consegnò. Allora mi voltai, scesi dal monte e collocai le tavole nell'arca che avevo fatto. Là restarono, come il Signore mi aveva ordinato. Poi gli Israeliti partirono dai pozzi di Bene-Iaakàn per Moserà. Là morì Aronne e là fu sepolto. Al suo posto divenne sacerdote suo figlio Eleàzaro." (Deuteronomio 10,1-6)
Questi versetti sono densi di notizie:
  • le nuove tavole furono comunque scritte dal Signore;
  • su queste, come era stato scritto la prima volta, vi erano le 10 parole;
  • era stata costruita l'arca;
  • muore Aronne;
  • Eleazaro diviene sacerdote.
Al rito della giovenca rossa, infatti, presiederà Eleazaro.

PURIFICAZIONE E BATTESIMO
La cenere, con l'acqua bollente, forma il famoso "ranno" che nei tempi antichi, fino a quelli delle nostre bisnonne, serviva a fare il bucato, cioè a lavare lenzuola e biancheria per farle tornare bianche cangianti.
Tale fatto fisico, ben noto agli antichi, potrebbe essere stato il motore dell'idea che la cenere della giovenca rossa con l'acqua della purificazione scaldata dall'aiuto della grazia di Dio, assicurata questa dalla promessa d'alleanza col compiere quel rito prescritto dalla Torah, possa far diventare "puliti", anche se nella cenere si mette dello scarlatto, che poi va via col successivo bagno lustrale nelle famose vasche con sette gradini... le antiche "miqwot".
Ecco che con queste vasche ci si avvicina a quello che fu l'embrione del battesimo cristiano.
Il battesimo cristiano però è diverso e molto di più di una purificazione; pur tuttavia l'atto in sé affonda le proprie radici in quel comportamento rituale ebraico.
Per il rituale ebraico della purificazione è fondamentale poter disporre di una raccolta di acque, una "miqwah" , vale a dire un serbatoio pieno di acqua.
Le lettere di questa parola ci dicono "acqua si riversa portandosi da fuori " e non manualmente, ma direttamente o con un condotto da una sorgente, insomma vi deve essere acqua viva e non stagnante.
Le lettere poi spiegano anche il senso del rituale della purificazione.
Se si spezza , infatti, s'ottiene:
  • + = di vita speranza ;
  • + + = putredine porta fuori ;
  • + + = per la vita (vera) una fune per entrare .
La prima volta che si trova la parola "miqvah" nella Torah è al capitolo 1 del libro della Genesi, per la raccolta di acque formata sulla terra nel terzo giorno della creazione ed è la vasca piena d'acqua di tutti gli oceani e del mare: "Dio chiamò l'asciutto terra e la massa delle acque mare. E Dio vide che era cosa buona" (Genesi 1,10), ove, in effetti, quanto tradotto con "massa delle acque" massa delle acque, è raccolta miqwah delle acque.
È evidente cosi che appena si è avuta della fede nel Dio unico del primo giorno se si è conseguenti è da fare una scelta nel secondo giorno (Vedi: "Spirito creato in 7 tappe - Genesi codice egizio-ebraico" articolo in .pdf nella rubrica "Ricerche di Verità") è da farsi una vasca di purificazione e solo dopo si daranno i primi germogli.
Costruirne una era importante!
Precedeva addirittura la costruzione della sinagoga, perché l'immersione era da praticare prima di ogni attività connessa al Sacro e la Scrittura.
(Il Talmud chiama gli Esseni ed altri "tovelei shaharit" i "bagnanti dell'alba")

Scavi archeologici sinora hanno trovato ben 48 "miqwot" vicino la grande scalinata che conduce nel complesso del Tempio, varie a Qumran, a Cafarnao, e nelle localita dei Vangeli.
La seconda volta che c'è la parola "miqvah" nella Torah è nel libro dell'Esodo in occasione della 2° piaga: "Il Signore disse a Mosè: Di' ad Aronne: Prendi il tuo bastone e stendi la mano sulle acque degli Egiziani, sui loro fiumi, canali, stagni e su tutte le loro riserve di acqua; diventino sangue e ci sia sangue in tutta la terra d'Egitto, perfino nei recipienti di legno e di pietra!" (Esodo 7,19), cioè li avvertiva che i loro peccati rossi come sangue non potranno essere purificati.

La terza volta si trova nel libro del Levitico e certifica che "Però, una fonte o una cisterna, cioè una raccolta di acqua, resterà pura; ma chi toccherà i loro cadaveri sarà impuro" (Levitico 11,36), pur se vi si trovasse dei rettili morti.

L'immersione era necessaria e negli ultimi due casi opportuna:
  • per le donne, che si convertivano al giudaismo;
  • per gli uomini, che si convertivano al giudaismo oltre alla circoncisione;
  • per una donna che ha avuto il suo flusso mensile (Levitico 15,28);
  • il giorno precedente allo "Yom Kippur",
  • prima del Sabato.
Si legge in Ebrei 9,19-22: "...dopo che tutti i comandamenti furono promulgati a tutto il popolo da Mosè, secondo la legge, questi, preso il sangue dei vitelli e dei capri con acqua, lana scarlatta e issòpo, ne asperse il libro stesso e tutto il popolo, dicendo: Questo è il sangue dell'alleanza che Dio ha stabilito per voi. Alla stessa maniera asperse con il sangue anche la Tenda e tutti gli arredi del culto. Secondo la legge, infatti, quasi tutte le cose vengono purificate con il sangue e senza spargimento di sangue non esiste perdono."
Accade così che chi si pentiva ed esprimeva la propria decisa intenzione di cambiare faceva l'atto di immergersi come il voler pulirsi, ma soprattutto di entrare in una nuova vita.
In effetti nella letteratura rabbinica l'immersione è menzionata come una nuova nascita e l'acqua battesimale dai rabbini era considerata come l'acqua del ventre della madre terra.
L'uscita dall'acqua del convertito era considerata era la rinascita che lo separava dal mondo pagano, era, così, in effetti un bambino appena nato (Talmud Ger. Yebamos 22a; 48b; 97b).
Vediamo il Nuovo Testamento che utilizza pensieri del genere nel discorso di notte di Gesù con Nicodemo (Giovanni 3).
Era considerata nuova nascita attraverso il rito della miqvah, quando:
  • un Gentile si converte al Giudaismo;
  • un uomo era incoronato re;
  • un ragazzo giudeo passa alla maggiore età ed assume interamente la Torah;
  • ci si sposa;
  • si diviene rabbino.
Tale immersione era la premessa, perché "niente può resistere davanti al pentimento" (Yebamos 47b), ma l'acqua può purificare il corpo solo se l'anima è stata prima purificata attraverso il pentimento e la rettitudine.
Il cristianesimo aggiunge grazie al sangue versato da Gesù Cristo.
Anticamente quella premessa trovava la conclusione con un sacrificio del sangue di vitelli e capri, questo però era la figura di uno più valido, quello di un uomo che fosse senza colpa per cancelare le colpe.
Sia l'acqua che il sangue sono citati nell'Antico Testamento connessi alla purificazione.
Il sangue è usato per la purificazione in relazione:
  • all'agnello pasquale (Esodo 12);
  • al Giorno dell'Espiazione (Levitico 16);
  • alle feste solenni (Levitico 23);
  • alle offerte di sacrificio (Levitico 1-7);
  • in relazione all'espiazione per l'anima (Levitico 17,11-14).
L'acqua è usata per la purificazione in relazione:
  • alle ceneri della giovenca rossa (Numeri 19);
  • alla consacrazione al ministero sacerdotale (Levitico 8,6);
  • ai lebbrosi (Levitico 14,1-8).
L'immersione era accompagnata dall'affermazione (Maimonide) della propria accettazione della Torah, come fece il popolo d'Israele nel deserto quando Mosè "...prese il libro dell'alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto." (Esodo 24,7) Il rituale dimostrava la volontà del gentile di rivestirsi dell'identità giudaica assumendo su di sé la Torah.
Nel caso del Battesimo cristiano il catecumeno assume su di sé la fede in colui che è lo spirito della Torah e che la porta a compimento, che è morto e risorto per il perdono del peccato dell'uomo.

NUMERI 19 - DECRIPTAZIONE
Tutto quanto è stato premesso porta ad interpretare la prescrizione della "giovenca rossa" in termini messianici.
Dovevo perciò verificare il mio metodo di decriptazione di cui ho accennato al primo paragrafo anche su tale testo.
D'altronde le lettere della "Parah 'adummah" la giovenca rossa sono di per sé così attraenti e parlano in modo chiaro "il Verbo nel corpo entra di uomo nel mondo " promessa di profezia nascosta sull'incarnazione.
Cominciai ad interrogare il versetto Numeri 19,6: "Il sacerdote prenderà legno di cedro, issòpo, tintura scarlatta e getterà tutto nel fuoco che consuma la giovenca" che in ebraico ha le seguenti lettere:




"Lo bastonarono i potenti , lo rovesciarono in prigione , in campo aperto ne spensero () l'energia sul legno , dell'Unigenito il corpo colpirono , ma l'Unigenito questi (gli apostoli) recò . A casa si recò risorto dove gli apostoli stavano . Il Crocifisso si portò potente nel tempo e uscì risorto con potenza essendo per rettitudine Dio . Il Crocefisso recò la rettitudine ad accendere (negli apostoli) per guarire () tutti , onde aprire del Verbo un popolo nel mondo .

Visto ciò ho provveduto alla completa decriptazione dei 22 versetti.
Riporto quanto conseguito tutto di seguito.

Numeri 19,1 - E sono (gli apostoli) per aiutare del cibo portatori nel mondo di Dio ai viventi per bruciare la perversità dal serpente originata.
Dell'Unigenito entra nei corpi l'energia per rifiutare l'essere ribelle.

Numeri 19,2 - Per questi (gli apostoli) viene la legge del Crocifisso del mondo ai confini.
E un corpo/popolo esce per l'Unigenito.
Al rettile portano in campo ad esistere la calamità per la potenza che alle origini della ribellione nelle moltitudini iniziò nei cuori, l'energia fu ad essere accesa nei corpi, per la maledizione furono abbattuti in prigione, ma Dio fu per perdonare nel mondo tra gli uomini ad uscire.
Finalmente dalla Madre fu in vita nel mondo.
L'Unigenito con la risurrezione dai corpi per annullare il bestiale si portò in vita da donna dal corpo.
Il rifiuto dall'alto uscì dell'Altissimo al mondo in azione al serpente.

Numeri 19,3 - E negli apostoli tutta la purezza dell'Unigenito Crocifisso entrò.
Da Dio iniziò un potente aiuto al mondo per spengere il serpente.
Lo portarono con l'annunciare giù che era stato per l'Unico l'Unigenito dalla croce ad uscire, iniziarono con potenza tra i viventi per le strade perché con la grazia al mondo portata della risurrezione il peccato finisse nel mondo, della potente Parola gli apostoli sono portatori.

Numeri 19,4 - E del serpente per abbattere le prigioni da Dio con questi (gli apostoli) dal nemico escono sacerdoti per i viventi.
Nel sangue entra dentro l'Unigenito.
Vi scende per le preghiere che portano al mondo questi.
Entra di Dio l'energia, il vigore col soffio inviato è, dell'Unico entra la potenza nei viventi.
Ed in azione nel sangue l'aiuto per la vita entra del Risorto, dentro agisce il soffio, l'azione sui viventi è alle acque.

Numeri 19,5 - E del Risorto il guarire viene.
(Gli apostoli) fanno frutti per il Potente con l'agire.
Dall'opprimere, dov'erano portati a venire per il nemico, escono.
E l'Unigenito finisce nella carne la perversità, viene nel sangue ad entrare in azione la potenza della Parola.
Nel corpo la brucia, rientra della rettitudine il soffio.

Numeri 19,6 - Lo portarono i potenti, lo rovesciarono in prigione, in campo aperto ne spensero l'energia sul legno, dell'Unigenito il corpo colpirono, ma l'Unigenito questi (gli apostoli) portò.
A casa si riportò risorto dove gli apostoli stavano.
Il Crocifisso si riportò potente nel tempo e riuscì risorto con potenza essendo per rettitudine Dio.
Il Crocefisso portò la rettitudine ad accendere (negli apostoli) per guarire tutti, onde aprire del Verbo un corpo/popolo nel mondo.

Numeri 19,7 - E per spengere intorno la perfidia furono a portarsi per il mondo, con la rettitudine uscirono.
L'angelo (ribelle) che si porta nel corpo chiuso nella carne portavano dentro l'acqua.
Sono della Madre portati fratelli nel corpo a stare dentro dell'Unigenito.
Di Dio entra nei viventi la grazia fuori si porta l'immondo per l'entrata rettitudine.
Entrano per gli apostoli nella comunità all'ascolto le moltitudini.

Numeri 19,8 - E per il mondo della risurrezione dei corpi parlano che l'Unigenito dalla croce uscì.
Sono con la rettitudine dentro a convertire.
Nel cammino aiutano, sono portati dentro i viventi a stare con la Madre.
Porta il corpo (la Chiesa) nella prigione giù dentro per il Risorto la lite, ai viventi è dalla Madre portato nei cuori a vivere l'Unigenito.
Per sempre esce il nemico da dentro.

Numeri 19,9 - Gli uomini puri verranno, dell'Unigenito il soffio nel corpo entrato fa frutti la perversità dell'angelo che è racchiusa nelle midolla si porterà giù perché la grazia entrerà dentro i viventi del Risorto.
La purità si riporterà nel mondo, sarà alla fine ad uscire il serpente per azione della legge divina dentro inviata con la forza della rettitudine.
La maledizione del Potente per salvare i viventi nel corpo del Crocifisso per il serpente tra i viventi sta.
L'impurità del peccatore finirà Lui.

Numeri 19,10 - E per la rettitudine dentro la pienezza rientrerà delle origini.
La pienezza del soffio riverrà, riinizierà il soffio nei corpi ad entrare, con la parola del corpo (Chiesa) nel mondo dell'Unigenito finirà la violenza che è stata portata e del peccatore per sempre uscirà l'azione dalle moltitudini.
E nel mondo sarà alla fine ad entrare nei cuori per gli apostoli la forza della rettitudine di Dio che porterà il serpente straniero nel mondo.
Nel cammino le moltitudini tutte porterà rette la Madre, il vigore verserà, finirà la malvagità dai viventi.

Numeri 19,11 - Uscì lo splendore alla vista dentro per gli uomini in cammino.
Gli apostoli parlano della risurrezione ad un uomo portata.
Dal cuore la Madre dell'Unigenito sorse da dentro.
Agisce per il Crocifisso nei giorni dei viventi.

Numeri 19,12 - In Lui saranno alla fine a chiudersi nel cuore.
Dal Padre li porterà a casa nel giorno del mondo terzo (all'alba del terzo giorno della creazione dopo quello, il sesto, della creazione dell'uomo; quindi nell'ottavo giorno).
E dentro saranno portati vivi dal mondo dalla schiavitù, dalle rovine, saranno nel cuore ad entrargli col corpo e dall'Unico alla pienezza saranno tutti a chiudersi nel cuore del Padre.
Saranno portati vivi dal mondo.
Entrata della risurrezione la potenza che sara in dono riportata, a casa saranno portati dal mondo nel Risorto ad abitare.
Spazzato sarà stato il serpente delle origini, dall'Unigenito saranno nel cuore rigenerati.

Numeri 19,13 - Cosi con potenza rientrerà con gli angeli in cammino.
Si rivedrà a casa dei viventi, il Crocifisso.
Il Figlio, il Verbo risorto, riuscirà tra gli uomini.
L'Unigenito a risorgere i corpi sarà dalla morte ed il rifiuto sarà finale per il peccatore che verrà nei viventi bruciato dalla rettitudine inviata dal Signore.
Nei cuori dei viventi l'annullerà, lo sterminerà dal mondo, uscirà l'angelo ribelle, fuori uscirà per Lui, lo strapperà via dai corpi.
Di Dio la rettitudine sarà nei viventi, sarà per l'impurità il rifiuto, lo colpirà, nei corpi l'abbatterà.
L'Altissimo riporterà nei cuori la vita che originariamente c'era nell'esistenza.
Il peccare sbarrerà nel cuore dei viventi, dall'Unico a tornare li porterà.

Numeri 19,14 - Da Questi verranno dal Crocefisso portati col corpo dal mondo.
Gli uomini retti saranno.
Saranno dalla morte dentro l'Unigenito ad entrare camminando per la potenza rientrata dentro delle origini.
Di Dio dal mondo allo splendore li porterà tutti felici a casa.
Una tenda sarà il suo cuore.
Vivranno nell'Unigenito del settimo alla fine i giorni i viventi.

Numeri 19,15 - E da tutti del maligno il soffio a finire porterà.
Nelle tombe l'Unigenito con la risurrezione nei corpi l'annullerà.
A rialzare i viventi sarà stato l'aiuto per cui il soffio finito sarà del serpente per l'azione potente che sarà stata portata, l'immondo fuori lo porterà l'Unigenito.

Numeri 19,16 - Ed in tutti l'Unigenito l'avrà bruciato nei corpi.
Afflitto dall'azione si vedrà il serpente.
Dalle persone sarà fuori, il demonio uscirà con lo schifo del serpente che chiudeva nei corpi dentro il desiderio che abitassero tra i morti.
L'Unigenito ha riportato dentro l'albero ella vita che all'uomo quella originaria riporterà, da dentro il sepolcro risaranno per amore a vivere.
Il primo (dopo) il settimo segno dei giorni rivivranno.

Numeri 19,17 - E con potenza ad abbattere in prigione porterà il serpente immondo.
Dal seno soffierà nei corpi il fuoco che guarirà tutti entrando nelle tombe.
Nei cuori riverrà a portare energia che finirà l'angelo (ribelle).
L'azione potente sarà a riportare della vita la forza.
Nelle midolla ci risarà la forza della vita di Dio; in tutti risarà.

Numeri 19,18 - E prenderà l'Unigenito questi e dentro li porterà nel cuore ad abitare.
Dal Potente a casa i viventi saranno a vivere.
Nell'Unico staranno risorti dal mondo, nel cuore ad entrare li porterà col corpo.
Dal mondo questi entreranno nell'innalzato che all'Unico dal mondo li accompagnerà in alto; della rettitudine la potenza entrerà in tutti.
Saranno i viventi portati in alto dal mondo tra gli angeli dal Verbo, simili tutti all'Unigenito risorti con i corpi.
Dal mondo saranno portati tra i Nomi ed in alto entreranno tra gli angeli.
Camminando vedranno l'albero della vita desiderata.
Ad abitare il trafitto Unigenito porterà dentro gli uomini, dall'Unico li porterà a casa, li verserà dentro col corpo.

Numeri 19,19 - Porterà dal mondo questi fuori. gli entreranno nel cuore, li ripartorirà in alto.
Gli usciranno dal cuore per vivere dal Padre, saranno portati vivi dal mondo, da placenta il Risorto sarà a portarli dentro.
Nel giorno usciranno risorti, da dentro a spazzare sarà stato l'immondo ed a casa saranno portato dai viventi fuori nel settimo (giorno) allo spengersi.
In un buco la perfidia sarà stata condotta e col corpo alla fine a casa a vivere saranno i viventi, porterà monde dentro col (proprio) agire le moltitudini.

Numeri 19,20 - E gli uomini felici saranno nel cuore a vivere col corpo nell'Unico ove saranno tutti a chiudersi.
Dai cuori, annullato dalla rettitudine nei corpi, del Crocifisso uscita, uscirà l'angelo ribelle.
Al mondo per Lui i morti si riporteranno.
Retti, si riverseranno nel mondo; usciranno camminando.
Saranno a venire vivi nel santuario del Signore (quindi a Gerusalemme).
Nel cuore a vivere dell'Unico i viventi saranno dall'impurità usciti del serpente.
L'Unigenito l'avrà colpita nei corpi.
Avrà abbattuto con azione potente la forza portata dall'impuro con la perversità alle origini.

Numeri 19,21 - E nel mondo sarà del Crocefisso ad entrare la potenza.
Rientrerà nei viventi il vigore.
Abbatterà completamente il peccare del serpente che ai viventi portava consunzione.
Dai viventi sarà ad uscire l'impurità.
Sarà così dentro un buco la perfidia ad essere portata.
Ed entreranno nello splendore del Padre.
I viventi saranno ad entrare dagli angeli, la porta si aprirà, staranno nel cuore a vivere nell'Unico per sempre.
Entrare si vedranno le moltitudini.

Numeri 19,22 - E dalla prigione liberi gli afflitti si vedranno a casa portati dal mondo.
L'impurità che era nel cuore dei viventi per il desiderare dell'angelo ribelle uscita, entreranno nello splendore.
Si vedranno tutti alla fine nel cuore vivere dell'Unico per sempre.
Entreranno a vederlo con i corpi a casa.

GIOBBE 21
Ho seguito sul testo ebraico dove è usato il termina "parah" o "parat".
Oltre al capitolo 19 del libro dei Numeri, più volte "parah" è nell'episodio del sogno del faraone delle 7 vacche grasse e delle 7 magre in Genesi 39 sogno poi interpretato da Giuseppe che divenne vice faraone.
Una citazione poi mi ha portato a Giobbe 21.
La seconda pagina dedotta per decriptazione da Numeri 19 mi aveva ricordato proprio un altro lavoro di decriptazione che ha dato risultati analoghi che confermano quanto trovato specie sull'azione degli appostoli dopo la risurrezione del Signore ed è questo proprio il capitolo 21 di Giobbe, ove appunto al versetto 10 si parla anche di un toro e di una mucca o meglio giovenca, visto che il testo ebraico riporta "parat" : "Il loro toro monta senza mai fallire, la mucca partorisce senza abortire."
Il brano di Giobbe 21, in tutto 34 versetti, per la traduzione C.E.I. riguarda il lamento per i malvagi che prosperano e per la lentezza del giudizio divino.
Lo riporto integralmente aggiungendo poi di seguito il testo decriptato.

GIOBBE 21 - TESTO C.E.I.
Giobbe 21,1 - Giobbe prese a dire:

Giobbe 21,2 - Ascoltate bene la mia parola e sia questo almeno il conforto che mi date.

Giobbe 21,3 - Tollerate che io parli e, dopo che avrò parlato, deridetemi pure.

Giobbe 21,4 - Mi lamento forse di un uomo? E perché non dovrei perdere la pazienza?

Giobbe 21,5 - Statemi attenti e resterete stupiti, mettetevi la mano sulla bocca.

Giobbe 21,6 - Se io ci penso, rimango turbato e la mia carne è presa da un brivido.

Giobbe 21,7 - Perché i malvagi continuano a vivere, e invecchiando diventano più forti e più ricchi?

Giobbe 21,8 - La loro prole prospera insieme con loro, i loro rampolli crescono sotto i loro occhi.

Giobbe 21,9 - Le loro case sono tranquille e senza timori; il bastone di Dio non pesa su di loro.

Giobbe 21,10 - Il loro toro monta senza mai fallire, la mucca partorisce senza abortire.

Giobbe 21,11 - Mandano fuori, come un gregge, i loro ragazzi e i loro figli danzano in festa.

Giobbe 21,12 - Cantano al ritmo di tamburelli e di cetre, si divertono al suono dei flauti.

Giobbe 21,13 - Finiscono nel benessere i loro giorni e scendono tranquilli nel regno dei morti.

Giobbe 21,14 - Eppure dicevano a Dio: Allontànati da noi, non vogliamo conoscere le tue vie.

Giobbe 21,15 - Chi è l'Onnipotente, perché dobbiamo servirlo? E che giova pregarlo?

Giobbe 21,16 - Essi hanno in mano il loro benessere e il consiglio degli empi è lontano da lui.

Giobbe 21,17 - Quante volte si spegne la lucerna degli empi, e la sventura piomba su di loro, e infligge loro castighi con ira?

Giobbe 21,18 - Sono essi come paglia sollevata al vento o come pula in preda all'uragano?

Giobbe 21,19 - Dio - si dirà - riserva il castigo per i figli dell'empio. No, lo subisca e lo senta lui il castigo!

Giobbe 21,20 - Veda con i suoi occhi la sua rovina e beva dell'ira dell'Onnipotente!

Giobbe 21,21 - Che cosa gli importa infatti della sua casa quando è morto, quando il numero dei suoi mesi è finito?

Giobbe 21,22 - S'insegna forse la scienza a Dio, a lui che giudica gli esseri celesti?

Giobbe 21,23 - Uno muore in piena salute, tutto tranquillo e prospero;

Giobbe 21,24 - i suoi fianchi sono coperti di grasso e il midollo delle sue ossa è ben nutrito.

Giobbe 21,25 - Un altro muore con l'amarezza in cuore, senza aver mai assaporato la gioia.

Giobbe 21,26 - Eppure entrambi giacciono insieme nella polvere e i vermi li ricoprono.

Giobbe 21,27 - Ecco, io conosco bene i vostri pensieri e i progetti che tramate contro di me!

Giobbe 21,28 - Infatti voi dite: Dov'è la casa del nobile, dove sono le tende degli empi?

Giobbe 21,29 - Perché non avete chiesto a chi ha viaggiato e non avete considerato attentamente le loro prove?

Giobbe 21,30 - Cioè che nel giorno della sciagura è risparmiato il malvagio e nel giorno dell'ira egli trova scampo?

Giobbe 21,31 - Chi gli rimprovera in faccia la sua condotta e di quel che ha fatto chi lo ripaga?

Giobbe 21,32 - Egli sarà portato al sepolcro, sul suo tumulo si veglia

Giobbe 21,33 - e gli sono lievi le zolle della valle. Camminano dietro a lui tutti gli uomini e innanzi a sé ha una folla senza numero.

Giobbe 21,34 - E voi vorreste consolarmi con argomenti vani! Nelle vostre risposte non c'è altro che inganno.

Il versetto 33 è particolare, infatti, la Bibbia di Gerusalemme non riporta la parte che ho evidenziato in rosso che ritiene una glossa perché mal si sposerebbe col testo ebraico.
Questa invece è nel testo della Bibbia ebraica e a mio parere è importante perché rivela il criptato sottostante a cui è perfettamente congruente.

Nella decriptazione lo riporto sia come testo sia tradotto segno per segno.

Giobbe 21,33 - "e gli sono lievi le zolle della valle. Camminano dietro a lui tutti gli uomini e innanzi a sé ha una folla senza numero."




"Ai morti ha rovesciato , ha portato la potenza . Si riportano con i corpi in cammino a casa , sono un torrente e camminano dietro a lui tutti gli uomini e innanzi a sé ha una folla senza numero, dall'Unigenito nel chiuso del corpo è riportata la sposa (), l'Adamah ( la nuova Eva) è stata salvata () portata alla rettitudine e con potenza con la persona () è a portarla , all'Unico sono inviati i viventi secondo le Scritture ."

GIOBBE 21 - DECRIPTAZIONE
Giobbe 21,1 - Portata è stata la testimonianza che l'Unigenito si è portato da casa ed è iniziato a vivere un corpo.

Giobbe 21,2 - Lo 'shemàh (l'ascolto) del Risorto la Madre ha portato a sentire ai viventi con potenza.
Ai confini è la forza della croce, il mondo è colpito, viene dal crocefisso la consolazione completa, è così per la Madre.

Giobbe 21,3 - Per ardere la malvagità sono stati portati dall'Unico gli apostoli, retti sono. Dell'Unigenito la parola portano e di fratelli il corpo aiutano del Figlio ad essere completo, potente si vede essere in cammino.

Giobbe 21,4 - Al mondo l'Unico ha inviato così ad esistere la potenza, in un uomo la risurrezione è stata in vita portata.
L'Unigenito la Madre ai viventi per aiutare ha portato in azione, il serpente viene ad abbattere; giù in un corpo/popolo lo Spirito esiste.

Giobbe 21,5 - Il soffio (dello Spirito) per ricusare il serpente è stato portato al mondo, la risurrezione ai viventi ha portato e il dono della Madre ha recato ad essere d'aiuto dall'alto il Verbo al mondo.

Giobbe 21,6 - E inizia di viventi un puro corpo, dalla croce è stato portato e con gli apostoli della paura della morte la fine è stata portata nei fratelli.
In questi, nella carne è il soffio che il serpente giù porterà alla fine.

Giobbe 21,7 - Nei viventi dell'impuro nemico bruciato sarà l'ardore, sarà dalla vita portato l'agire a finire, a rovesciare lo porterà dal cammino la Madre, alto lo Spirito è del Potente.

Giobbe 21,8 - Per colpire il male nei viventi l'energia della rettitudine ha recato.
Per finirlo di persona fu al mondo, dal seno a vivere dalla Madre si portò.
Scese l'Unigenito, giù originato fu al mondo in vita, del Potente si sentirono forti i lamenti (quando) uscì dalla Madre.

Giobbe 21,9 - In una casa è uscito a vivere, alla luce il Potente ha portato dalla Madre.
Vive il Verbo, l'Uno ha porta il rifiuto ad operare dentro un cuore per il maledetto,
L'ha portato al mondo, dall'alto è uscito tra i viventi.

Giobbe 21,10 - Dal nemico s'è portato dall'aldilà e il serpente inizierà a stancare.
Il Potente finalmente per salvare il Verbo in un corpo alla fine ha portato e il serpente verrà ad uccidere.

Giobbe 21,11 - È un fuoco potente nascosto portato così giù dall'Unigenito.
Inviato al peccare è stato dal Potente una forza al mondo per i viventi.
Una Madre ha portato un fanciullo a stare nel mondo dei viventi con una forza nel corpo versata per il giudizio.

Giobbe 21,12 - È alla luce; l'Unico ha portato la rettitudine completa con il Verbo e con la rettitudine ha recato l'energia affinché nei corpi porti ad esistere la risurrezione.
Ai viventi annuncia che il Potente a rovesciare porterà del serpente l'agire portandosi in cammino da casa.

Giobbe 21,13 - E da casa il Potente porta dentro il cuore e in una casa è vivo per stare al mondo dalla Madre portato il Figlio in cammino che in azione il fuoco porterà il serpente, con forza al chiuso a finire lo porterà.

Giobbe 21,14 - Ed è dall'Unigenito in vita col corpo portato il 'no' al serpente.
In un buco porterà il verme, dai viventi con energia lo porterà ad essere sbarrato.
Nel tempo per via è così dal serpente, l'Unico al mondo il Verbo giù all'angelo (ribelle) porta.

Giobbe 21,15 - Dalla madre uscito alle mammelle all'esistenza così è inviato il Servo.
Ad abitare si porta dai viventi del mondo.
Dagli angeli si porta in azione per stare dal serpente con la retta forte energia, la calamità a casa gli reca.

Giobbe 21,16 - Al mondo l'energia potente del Padre è nel sangue.
Il Cuore (del Padre) ha portato dentro nel seno giù completamente di un povero per agire tra i viventi.
In un corpo la legge ("choq" , quella della giovenca infatti era un "choq") al mondo con la manna esiste.

Giobbe 21,17 - Così vive al mondo l'energia in un corpo.
In un povero il terribile è, la conoscenza così porta ad esistere dalla casa dell'Unico.
Dall'alto è ai viventi portata.
l'Unigenito si è nel sangue chiuso, nel seno la potenza è in vita, è uscito per il serpente abbattere, a casa l'ira gli porta.

Giobbe 21,18 - Ed al mondo si è porta dalle scritture l'energia del Potente.
Di persona è lo Spirito a recare.
Anela giù al giardino ( = paradiso, dove; scorre l'energia , infatti, vi sono i quattro fiumi d'acqua viva) dentro finalmente di portarsi.
In giro si reca il Verbo per il mondo.

Giobbe 21,19 - Dio si porta al mondo a stare giù di persona.
Del Potente il Figlio è stato portato dall'Unico e gli angeli recano a stare una luce/stella perché Dio si è portato, recano ad esistere la conoscenza.

Giobbe 21,20 - Si è col corpo l'Unigenito portato alla vista, si è dagli angeli portato così a stare dall'impuro e in vita si è chiuso in un uomo.
L'Onnipotente è sorto finalmente al mondo.

Giobbe 21,21 - Così è in vita al mondo.
Puro giù si porta dentro al tempio. (Giovanni 2,21 "Ma egli parlava del tempio del suo corpo.")
L'Unigenito a chiudersi in un corpo s'è portato e dalla scrittura dall'Uno in dono è stato portato; ha chiuso giù il precetto.

Giobbe 21,22 - Esce dal serpente l'Unigenito di notte, dalla Madre alle mammelle nel tempo si porta.
Lui col corpo in vita è dalla Madre, è alla luce; il soffio reca della carità.

Giobbe 21,23 - Con questi uscito è al morire da casa l'albero che all'uomo la vita ha portato.
Alla sposa reca la risurrezione, un 'no' energico per infermare il serpente è a recare.

Giobbe 21,24 - Alla vista bello è, un angelo è portatore di vita del Potente, l'Unigenito porterà alle strette il serpente a casa e in vita lo chiuderà, l'albero della morte gli è portato, è il fuoco a rovesciargli al mondo.

Giobbe 21,25 - Portato colpito in campo aperto sarà in vita condotto in croce.
Da dentro invierà il soffio per una guardia che l'aprirà con un asta.
Per il 'no' l'Unigenito originerà la sposa da dentro al cuore, la porterà al mondo.

Giobbe 21,26 - Fu nella tomba sbarrato.
L'azione del Potente agì, soffiò nel corpo la forza della risurrezione, così a casa si riportò e col corpo ai viventi uscì il crocefisso.
Al trono rientrò in alto.
Restò nel mondo la Madre.

Giobbe 21,27 - Uscì per gli apostoli ad esistere la conoscenza del crocifisso, che rifù in vita dalla tomba, che della risurrezione ha portato il segno e così ai viventi la porterà.
Dal vivere colpirà la morte l'Altissimo, la finirà, alle tombe la vita in pienezza riporterà.

Giobbe 21,28 - Così fu che dalla croce iniziò a vivere un corpo/popolo portato dall'Unico ad esistere al mondo, che dentro è a finire l'impurità.
La forza dentro reca dell'Unigenito a stare nel mondo per far splendere per i viventi la risurrezione, la rettitudine degli angeli reca completamente, le menti illumina, nell'agire è madre.

Giobbe 21,29 - Al mondo il 'no' bruciante di Dio con la purezza al peccare dal Figlio è la via portata, viene dalla croce.
Ai viventi il 'no' completo (al peccare) con gli apostoli l'Agnello ha portato.

Giobbe 21,30 - Così ci sarà per il serpente il giorno della calamità, sarà chiuso bruciato dalla rettitudine, con il corpo dall'Altissimo saranno portati i viventi aldilà e dalle croci saranno portati a casa del Potente ad stare.

Giobbe 21,31 - A vivere dall'Essere saranno, in cammino con forte mano in alto dal Verbo con gli angeli saranno portati per via e Lui avrà operato la risurrezione al mondo dei viventi, saranno dall'esistenza bruciati i serpenti.
Dal Vivente potenti li condurrà.

Giobbe 21,32 - E la perversità Dio rovescerà da dentro i corpi e finirà.
Il giubileo (anno della remissione che era annunziato a suon di corno di montone lo "jobèl") si porta con l'azione del Potente.
Dai sepolcri sono risorti, a rovesciare ha recato le porte.

Giobbe 21,33 - Ai morti ha versato, ha portato la potenza.
Si riportano con i corpi in cammino a casa.
Sono un torrente e camminano dietro a Lui tutti gli uomini e innanzi a sé ha una folla senza numero, dall'Unigenito nel chiuso del corpo è portata la sposa, l'Adamah (la nuova Eva) è stata salvata portata alla rettitudine e con potenza con la persona è a portarla, all'Unico sono inviati i viventi secondo le Scritture.

Giobbe 21,34 - Ed all'Unico sono così finalmente inviati racchiusi i viventi, portati dagli apostoli sono, escono a casa del Potente e il ritorno completo è così.
Vivranno da angeli con la carne (gloriosa) nel seno del Potente.

In conclusione, sono calzanti le parole di San Paolo in 1Tessalonicesi 5,19-23:

"Non spegnete lo Spirito,
non disprezzate le profezie.
Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono.
Astenetevi da ogni specie di male.
Il Dio della pace vi santifichi interamente e
tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo,
si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo."

a.contipuorger@gmail.com

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