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SAN GIUSEPPE...

 
GIUSEPPE, PADRE NELLA FEDE DEL FIGLIO DI DAVIDE

di Alessandro Conti Puorger
 
 

IL DONO DELLA VITA
Col vivere nel mondo ci si trova davanti al mistero della vita.
Una costatazione, che pur se ovvia mi pare fondamentale, è che gli straordinari sviluppi degli ultimi secoli della tecnica e delle scienze assieme alle scoperte sul DNA, sulle forze atomiche e sul cosmo hanno fatto credere all'uomo d'avere grandi poteri tanto da potersi svincolare da ritenuti antichi preconcetti quale l'essere in definitiva una semplice creatura.
Ecco, allora che la figura di un Dio creatore per l'uomo civilizzato diviene sempre più evanescente e il "civilizzato" tende a farlo sparire dall'orizzonte dell'umanità.
Le speranze e le attese che nell'essere umano insorgono ed hanno portato a far si che sin da tempi atavici crescesse la dimensione spirituale, negli ultimi tempi sembrano spuntate e le cose di "religione" specialmente nei paesi più sviluppati da molti dell'élite sono beffeggiate come irrazionalità o trattate con superstizione.
Gli stessi rapporti sociali ne risentono non essendovi remore etiche, ma solo leggi di mercato che impoveriscono i paesi già saccheggiati da secoli di colonialismo e si riflettono negativamente sui poveri e sui deboli.
Appaiono esodi di masse di persone in cerca di vita e radicalismi in cui si agita la bandiera dell'odio esasperando motivi "religiosi" che dovrebbero ispirare la pace.
Spesso, da parte di chi vive la vita ripetitiva d'ogni giorno, il vivere è considerato il modo scontato d'esistere, senza che ne siano estratte le debite essenziali conseguenze che dovrebbero suggerire di godere la vita come dono eccezionale, qual è, dono che promana dalla creazione.
Visto che tutto è soggetto a leggi che parlano di un inizio e di una fine, senza riscontri che gli certifichino la saldezza della speranza, l'uomo teme di perdere la vita che conosce anche quando la vive nei minimi termini legato e costretto da invisibili impacci che lo fissano in una micro esistenza come uno schiavo di fatto.
Si vivacchia in una continua routine, quando addirittura non ci si aliena in tanti modi che oggi il mondo offre più o meno leciti, ma comunque il più delle volte deleteri per la salute non solo spirituale, ma anche intellettuale e perfino fisica.
Per contro, quelli che riescono ad alzare gli occhi dal proprio ombelico e guardare il cielo stellato, e spero siano ancora molti, si pongono domande.
Tra questi vi sono quelli che ritengono il creato e la materia eterni, pur se in continuo mutamento e autorinnovamento con fine di mondi e produzione di nuovi e altri che sono portati a ritenere l'esistenza di un "Qualcuno" che ha prodotto tutto quanto "creato", ma con una netta divisione:
  • alcuni sono propensi a ritenere che il Creatore dopo aver posto regole autonome a quanto ha creato resterebbe in disparte, lasciando andare il tutto secondo quelle regole,
  • altri, invece, ritengono che l'Essere che l'ha creato conserva il tutto, lo fa sviluppare e guida anche la storia del mondo.
In tale presupposto, allora, l'esistenza pare essere solo un minimo bagliore di quella che è la vita in pienezza del Creatore che viene a definire una sfera esistenziale che ignoriamo, ma che in definitiva è aspirata per sfuggire alle sofferenze che riserva la vita.
Questa problematica è antica, ma sempre attuale ed è capace di far mutare gli atteggiamenti di fronte al vivere nelle varie età che l'individuo percorre portandolo ad essere più riflessivo e attento alla dimensione religiosa del problema, quando i vuoti che ha provato a riempire ormai si sono presentati come senza fondo.

Del resto l'uomo è un essere particolare, in quanto, gode il singolare dono di trovarsi a essere un individuo di una nicchia particolare di "creature".
Fino a prova contraria, infatti, è al vertice della piramide esistenziale conosciuta e, grazie all'intelletto, ai sentimenti e allo spirito anche di ricerca di cui è dotato è stato messo in grado di valutare e soppesare la gratuità e preziosità di tale dono che pur se ineluttabilmente in tutti ha la stessa conclusione individuale segnata dall'esistenza di un traguardo o di un angolo di svolta, la morte.
D'altro canto, sembrando tutto rinnovarsi, in quelli che propendono per l'esistenza di Dio fa nascere speranze sulle capacità di sorpresa che può aver riservato il Creatore nella creazione stessa e tale speranza mitiga le disillusioni del vivere che tutti, più o meno, intensamente provano.
Per contro le menti che si ritengono "razionali", volendo rimanere con i piedi per terra, ma non potendo reprimere la fantasia spesso la subiscono con spaccati che evocano mondi pieni di superstizioni e di mostri che attecchiscono tra i giovani, ma alienano anche i più sprovveduti di ogni età.

Per le religioni dette "abramitiche" - ebraismo, cristianesimo, islamismo - Dio è l'Essere perfettissimo indicato quale il motore del tutto che si fa conoscere in primo luogo dagli uomini di ogni parte del mondo e di ogni tempo proprio con l'opera della creazione.
Del resto è impossibile che il singolo uomo sotto la volta celeste non abbia modo di valutare e meditare lungo l'arco della propria vita tale realtà.
In tutto il mondo, infatti, pur indipendentemente da rivelazione o credi religiosi, molti, di ogni popolo, nazione, lingua ed etnia sentono e interpretano che il dono della vita e del creato è lo spettacolo di un atto d'amore che si sviluppa davanti ai propri occhi e che la stessa vita li fa partecipi e cerca di coinvolgerli a fare il possibile in sintonia con questo tutto e a chi lo regola con grande sapienza.
La stessa ecologia, l'amore per la natura e l'empatia per gli animali, sono sintomi di questo sentire che rasenta la perfezione quando non trascura nel suo afflato il "prossimo" e non fa favoritismi rispetto ai propri interessi personali e valuta ogni alto uomo come proprio fratello.
Dio, però, non si è fermato a manifestarsi con questo spettacolo vivente, ma vista la cecità dei più s'è poi formato negli ultimi tempi, a partire da circa 3300 anni fa, un popolo che ha chiamato Israele cui ha rivelato la "Torah", vale a dire gli ha dato l'istruzione e con lui ha stretto un'alleanza cui almeno Dio stesso resta fedele tanto che, aldilà di ogni umana comprensione, questo popolo tra gli odi e le invidie che ha destato riesce a sopravvivere e a conservarsi nonostante le vicende contrarie subite nella storia a causa dei tanti e agguerriti nemici.

Tale "Torah" o istruzione in Genesi 1,26 insegna che nel momento di crearlo: "Dio disse: facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza".

Eppure a fronte di queste parole si alza la dura esperienza di ogni uomo con le sofferenze di vario tipo che ne costellano la vita e che sono il patibolo su cui la storia di ogni giorno s'incarica in misura diversa di affliggerne l'esistenza.
Per contro quel paragone d'immagine e somiglianza con Dio sono parole importanti e meditate, profezia di qualità particolari dell'uomo diverse dalle altre creature cui ciò non fu detto, qualità che l'uomo stesso non ha del tutto sufficientemente approfondite e che gli riservano potenziali riserve esistenziali che attendono d'essere rese pienamente attive.
Il cristianesimo attesta però che ciò è senz'altro avvenuto per un uomo che definisce il Figlio di Dio.
Il cristianesimo con i Vangeli annuncia, peraltro, che Dio, quando l'ha ritenuto opportuno, oltre 2000 anni or sono, s'è incarnato in un uomo di quel popolo Israele, in Gesù di Nazaret che, come agnello sacrificale, fu ucciso per i peccati di tutti gli uomini suoi fratelli - ebrei e romani - ma è stato rivestito della gloria della risurrezione per proclamare l'inizio della liberazione di tutta l'umanità dalla schiavitù dei residui impedimenti all'essere in pienezza e, a chi lo desidera, dà il poter di fare anch'egli alleanza con Lui e divenire proprio inviato per farlo conoscere nel mondo.

Gesù, infatti, disse ai suoi discepoli: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? Perché il Figlio dell'uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni.." (Matteo 16,24-27)

Con i suoi inviati, che hanno aderito alla sua chiamata sta creando un popolo tra tutte le nazioni per preparare il suo atteso ritorno nella gloria alla fine dei tempi.
Dio, intanto, per quell'uomo che ha chiamato suo Figlio, fatto ascendere "alla sua destra", ha aperto i cieli e in attesa del compimento dei tempi, provoca conversioni personali in chi accoglie lo Spirito Santo che invia.

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