VEDRANNO LA MIA GLORIA
di Alessandro Conti Puorger
OGNI BAMBINO PORTA IL SUO CESTINO
Vivendo a Roma quella parte del centro della città detta "ghetto", ove Papa Paolo IV nel 1555 confinò gli ebrei dell'Urbe, per me fu un posto speciale ancor prima che m'interessassi di lettere, usi e tradizioni ebraiche legate al cristianesimo.
Fin dai tempi dell'università con gli amici frequentavo quel luogo perché nelle trattorie si gustavano, e ancor oggi si gustano, sapori antichi e speciali dei piatti della tradizione giudaico-romana che spero non siano dimenticati nella spinta globalizzazione.
Parlando con un amico ebreo venni a conoscere dell'usanza rituale per cui, alla nascita di un bimbo le madri ebree preparano dei cestini, che chiamano "kavod", con dolci squisiti che poi distribuiscono a parenti e conoscenti.
Quel segno compiuto da quelle mamme con quel cestino poi a me e a mia moglie parve sapiente e ne riconoscemmo il senso profondo.
Ogni bambino che nasce è una fortuna e reca amore; è, pertanto, un dono divino che si paleserà al mondo con la propria vita, allora, intanto con quel cestino se ne fa un profetico e augurale assaggio di dolci che reca!
L'usanza entrò nella nostra famiglia ed è proseguita alla nascita dei nipoti, ora 10, per cui in occasione dei loro "battesimi" con mia moglie ogni volta si è andati al ghetto a comprare gli ottimi dolcetti "kosher" o "kascer" e, avvolti in fogli di cellophane fermati con un mazzetto di fiorellini, erano messi su rustici fazzoletti dentro piccoli cestini con manico con un bigliettino col nome del neonato - neonata su cui riportavamo pure una augurale versetto della Bibbia per offrirli alla festa che seguiva il rito.
Del resto la nascita di un bambino ebreo, Gesù di Nazaret, portò e reca grandi doni al mondo e secondo il Vangelo di Matteo 2,1-12 i Magi se ne resero conto e lo rilevarono con l'oro, l'incenso e la mirra che Gli portarono in omaggio.
La tradizione ha colto quel messaggio riflesso nella festa dell'Epifania o "manifestazione" per cui c'è l'usanza nella notte prima della festa di far appendere delle calze sotto il camino che al mattino seguente i bambini di casa trovano riempiti di dolci e caramelle o di finto "carbone"; ma tale uso è considerato pagano in quanto se ne è perduto il senso e si attribuiscono i doni all'atto della magica Befana e non alla manifestazione al mondo di Nostro Signore.
Ecco che, quando cominciai a interessarmi delle lettere e della scrittura ebraica con cui sono scritti i libri della Tenak, passati tutti nella Bibbia cristiana nella parte detta Antico Testamento, m'interessai di quella parola "kavod" con cui definivano quel panierino e appresi che indipendentemente dalla vocalizzazione quella parola si scrive con le seguenti lettere ebraiche:
Presto notai che per i valori numerici che hanno le lettere ebraiche, la somma di quelle tre lettere è pari a 26 =
=
(
= 4) +
(
= 2) +
(
= 20), lo stesso valore della somma delle quattro lettere del Tetragramma Sacro
IHWH che nell'ebraismo, per rispetto è letto, "Adonai" ossia Signore, infatti:
=
(
= 5) +
(
= 6) +
(
= 5) +
(
= 10) = 26.
Ora, due parole composte dalle medesime lettere disposte in un ordine differente o due parole composte da lettere diverse, secondo la "gimatria" o "gematria" usata dalla tradizione ebraica nell'analisi esegetica del Testo Sacro, se hanno entrambe lo stesso valore numerico somma, hanno un'intima relazione da indagare.
È come il caso di:
L'analogia di queste parole, "Luce", "segreto" e "Senza Fine", ognuna di valore 207, è che
il "segreto" che abita la Luce è la presenza di Colui che non ha né inizio né fine.
A questo punto è chiaro, c'è una stretta analogia di
= 26 e
= 26.
È vero, quel cestino "kabod" è proprio segno del regalo che IHWH fa al mondo con quel bambino che sta nascendo.
Questo bambino, infatti, reca fortuna e amore "gad"
e "'ahavah"
:
=
(
= 5) +
(
= 2) +
(
= 5) +
(
= 1) +
(
= 6) +
(
= 4) +
(
= 3) = 26