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LA VIA E IL DISCEPOLO COL LENZUOLO
di Alessandro Conti Puorger

PRIMA PARTE: LA SORGENTE DELLA VIA - IL NUOVO EDEN
Tra le colonne della Chiesa nascente vi sono evidentemente le figure poderose di Pietro il pescatore e di Paolo di Tarso.
Furono questi come due polmoni che fecero respirare il seme iniziale dando respiro al corpo del Cristo risorto, vale a dire alla sua Chiesa nata dalla sua predicazione ed irrorata dal suo sacrificio salvifico.
Tanti furono però i discepoli che contribuirono all'affermarsi di quella Via che ha scosso il mondo negli ultimi 2000 anni.
Mi riferirò però ad uno particolare, colui che fu il collaboratore di entrambe quelle colonne, Marco, ritenuto dalla tradizione l'evangelista del Secondo Vangelo.

Quel momento iniziale, i primi 40 anni dalla morte e risurrezione di Gesù di Nazaret, furono, infatti, epoca di formazione e crescita della nuova Eva, anni essenziali per l'affermarsi di quella che fu la Via del Cristianesimo.
Di fatto, il Cristianesimo che sgorgò dalla croce pareva era un rigagnolo che presto si sarebbe seccato, ma era volontà di Dio che divenisse un fiume che porta la salvezza, una Via su cui navigare.
Ci vide bene Gamaliele, grande Rabbi dell'epoca, quando disse: "Se infatti questo piano o questa opera fosse di origine umana, verrebbe distrutta; ma, se viene da Dio, non riuscirete a distruggerli. Non vi accada di trovarvi addirittura a combattere contro Dio." (Atti 5,38s)
Questo flusso di vita nuova alla prima ora si convogliò in un luogo concreto, il Cenacolo, e da qui come tanti corsi d'acqua uscirono i discepoli ad irrigare.
Una vera Via d'acqua e spirito Santo che investì il mondo e lo percorse rapidamente proprio come una buona notizia.
La buona notizia, infatti, è che c'è una Via per vivere in modo ordinato nel mondo e per arrivare al cielo.
Questa Via, partendo dall'Ebraismo, rompendo con alcune tradizioni e rendendo la Torah accessibile ai pagani, perché comunicata viva e compiuta in un uomo che è risorto dai morti, portò l'annuncio della salvezza dell'umanità dalla condizione di schiavitù alla corruzione che gradualmente s'estese fino ai confini della terra.
Apparvero così sorgenti di questo cammino nelle varie comunità.
Il cero pasquale, il nuovo roveto ardente, mantenuto continuamente acceso nel Cenacolo, presenza e ritrovo di Cristo Risorto, fu dai vari discepoli, quali valenti tedofori, acceso nelle principali città del mondo allora conosciuto.
È noto che Paolo, così chiamato come cittadino di Roma, ma il cui nome ebraico era Saulo (come quello del 1° re d'Israele, anche lui della tribù di Beniamino) fu agli inizi, acerrimo oppositore di questa Via, com'è detto nel libro degli Atti degli Apostoli al capitolo 9,1-16 che così inizia: "Saulo, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote 2e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco, a fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via." (Atti 9,1s)
Lui, che si riteneva un ebreo integerrimo "...circonciso l'ottavo giorno, della stirpe d'Israele, della tribù di Beniamino, ebreo da Ebrei, fariseo quanto alla legge; quanto a zelo, persecutore della Chiesa; irreprensibile quanto alla giustizia che deriva dall'osservanza della legge" (Filippesi 3,5s) capitolò e si convertì.
Questo evento personale della propria capitolazione Paolo lo ebbe a leggere come profezia di vittoria totale finale del Cristo, capace di entrare vittorioso nel cuore di tutti gli uomini per aprire la via del ritorno, compresi gli ebrei più riottosi, alla stregua di sé stesso.
Lo stesso concetto Paolo, infatti, protetto dai soldati romani, confermò in propria difesa alla folla di Gerusalemme che ne reclamava la morte: "Fratelli e padri, ascoltate ora la mia difesa davanti a voi. Quando sentirono che parlava loro in lingua ebraica, fecero ancora più silenzio. Ed egli continuò: Io sono un Giudeo, nato a Tarso in Cilìcia, ma educato in questa città, formato alla scuola di Gamaliele nell'osservanza scrupolosa della Legge dei padri, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi. Io perseguitai a morte questa Via, incatenando e mettendo in carcere uomini e donne, come può darmi testimonianza anche il sommo sacerdote e tutto il collegio degli anziani. Da loro avevo anche ricevuto lettere per i fratelli e mi recai a Damasco per condurre prigionieri a Gerusalemme anche quelli che stanno là, perché fossero puniti." (Atti 22,1-5)

Se si segue nel libro degli Atti questo termine di Via per l'annuncio del Cristianesimo si trovano i seguenti versetti che la richiamano:
  • "Arrivò a Èfeso un Giudeo, di nome Apollo, nativo di Alessandria, uomo colto, esperto nelle Scritture. Questi era stato istruito nella via del Signore e, con animo ispirato, parlava e insegnava con accuratezza ciò che si riferiva a Gesù, sebbene conoscesse soltanto il battesimo di Giovanni. Egli cominciò a parlare con franchezza nella sinagoga. Priscilla e Aquila lo ascoltarono, poi lo presero con sé e gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio." (Atti 18,4-6)
  • "(Paolo) Entrato poi nella sinagoga, vi poté parlare liberamente per tre mesi, discutendo e cercando di persuadere gli ascoltatori di ciò che riguarda il regno di Dio. Ma, poiché alcuni si ostinavano e si rifiutavano di credere, dicendo male in pubblico di questa Via, si allontanò da loro, separò i discepoli e continuò a discutere ogni giorno nella scuola di Tiranno." (Atti 19,8s)
  • "Dopo questi fatti, Paolo decise nello Spirito di attraversare la Macedonia e l'Acaia e di recarsi a Gerusalemme, dicendo: Dopo essere stato là, devo vedere anche Roma. Inviati allora in Macedonia due dei suoi aiutanti, Timòteo ed Erasto, si trattenne ancora un po' di tempo nella provincia di Asia. Fu verso quel tempo che scoppiò un grande tumulto riguardo a questa Via." (Atti 19,21-23)
  • "(Paolo) ...io adoro il Dio dei miei padri, seguendo quella Via che chiamano setta, credendo in tutto ciò che è conforme alla Legge e sta scritto nei Profeti, nutrendo in Dio la speranza, condivisa pure da costoro, che ci sarà una risurrezione dei giusti e degli ingiusti. (Atti 24,14s)
  • "Allora Felice, che era assai bene informato su quanto riguardava questa Via, li congedò dicendo: Quando verrà il comandante Lisia, esaminerò il vostro caso". (Atti 24,22)
Questa Via era considerata una setta dagli ebrei di allora eppure era la Via annunciata dai profeti.
Veniva annunciato dagli apostoli che ora c'è la Via per tornare al Padre.
Effettivamente San Paolo fu un esploratore di questa Via.

Al proposito ho trovato in Internet questa preghiera a San Paolo a cura di p. Marfi Ravanello di Trento che è in linea con quanto intendo dire: "A noi Scolte e Rover piace avere te, San Paolo, come nostro patrono perché tu sei stato il primo Rover di Cristo: camminando per tutte le strade del mondo allora conosciuto, hai amato, annunciato a testimoniato colui che ha detto di sé: "Io sono la Via (Strada). Fa' crescere in me il gusto dell'avventura e sostieni la mia volontà nel seguire con slancio e con amore Cristo, unico mio maestro e guida verso la Casa del Padre. Aiutami a conquistare un carattere umile e forte, paziente e costante nelle difficoltà, attento e generoso nel fare della mia vita, come la tua, un servizio a Dio e ai fratelli. Così saprò più facilmente riconoscere nel volto dell'uomo, che cammina sulla stessa mia via (strada), il volto del Signore e ne saprò condividere le speranze e le gioie. Amen."

Sì, Paolo l'ha esplorata e ci ha dato la disponibilità di una via praticata, ma assieme con lui altri hanno attivamente collaborato.

Gesù, infatti, nel Vangelo di Giovanni, con chiaro riferimento a questo concetto, dice: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me." (Giovanni 14,6)
Lui è la Via della Pace, Lui è la Via Santa, annunciata dai profeti.
Per ben tre volte nel testo ebraico detto masoretico del versetto Isaia 35,8 si trova la parola via o strada anche se dalla traduzione pare che vi sia solo due volte: "Ci sarà una strada appianata e la chiameranno Via santa; nessun impuro la percorrerà e gli stolti non vi si aggireranno."
Lui è il cammino su cui gli stolti divengono sapienti e riscattati, vale a dire da creature di una creazione nelle doglie del parto possono divenire a figli di Dio.
Mi sono chiesto come si direbbe in ebraico:

Io sono la via, la verità e la vita


Con i miei criteri regole e significati leggo:
  • Ad incontrare () sarai nel mondo una perla , il retto che uscì per primo dai morti per riportarsi nel mondo vivo !
  • Incontrerete () Iah ! Una generazione ( = ) retta uscirà che la verità porterà per uscire dalla tomba all'Esistenza .
(Criteri regole e significati sono quelli che normalmente uso e che ho inseriti in "Parlano le lettere" "con cui pervengo a letture di 2° livello celate negli scritti in ebraico della Bibbia canonica con le lettere di quel alfabeto. Vi sono vari esempi in questo mio sito. Per comprendere di più al riguardo suggerisco "Scrutatio cristiana del testo masoretico della Bibbia".

Ciò premesso, appunto come uno scout che vuole esplorare le cateratte d'origine di un gran fiume, mi sono imbattuto sotto la croce con lo scaturigine di quel sangue ed acqua ben noto, quindi con Maria, la Madre di Cristo.
Lei, la nuova Eva, madre dei Cristiani, fratelli di Lui, fu consegnata ad un discepolo e poi andò ad abitare in un ben determinato luogo fisico in Gerusalemme.
Seguendo questa traccia trovo subito nel Cenacolo la nuova fucina ove la vita eterna è di casa ed è portata in tutte le direzioni.
È quello il luogo ove sostò Dio, il luogo da cui partì la Merkabah, cioè l'evangelizzazione, la tenda del convegno, la tenda della riunione, la madre Chiesa.

Ero, infatti, convinto che si può comprendere di più avvicinandosi alla figura della madre di Gesù e madre di ogni cristiano, cercando di mettere in evidenza e collegare aspetti e vicende degli scritti neotestamentari.
Un discepolo di cui si sa poco è Marco, ritenuto l'autore del 2° Vangelo che prende appunto il suo nome e fu personaggio importante per la formazione e lo sviluppo della Chiesa dell'origine; eppure, come vedremo, anche lui s'incontra proprio partendo dal Cenacolo.
Le notizie che si trovano su di lui negli scritti del Nuovo Testamento consentono di seguirne le tracce.
Il Vangelo a lui attribuito, infatti, parte subito dall'idea di seguire una nuova Via.
Quel testo, omettendo preamboli sull'infanzia di Gesù e complicate genealogie va al succo, si apre così:

"Inizio del Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaia: Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua Via." (Marco 1,1-2)

È, infatti, pragmatico come lo erano i romani a cui predicava:
  • Gesù è il Cristo, cioè è il Messia;
  • Gesù è figlio di Dio;
  • Gesù è una buona notizia.
Il Vangelo è proprio la buona novella, cioè euaggeliou, il Vangelo di Cristo!

Ora, quel cenacolo è una "stanza al piano superiore" come si legge negli Atti.
Questa sede, infatti, è così, sia in senso fisico che in senso spirituale.
Quella sala è posta proprio a metà altezza... tra cielo e terra.
È un luogo ponte, appunto, tra Dio del cielo e gli uomini della terra.
Là il Dio del cielo si è fatto presente in terra e ha mangiato con gli uomini.
È un luogo privilegiato.
In ebraio il luogo è "maqom" e come vedremo, leggendo le singole lettere, è dove:
  • vive il Risorto ;
  • sta la madre del Risorto ;
  • vengono gli apostoli che portano ai viventi la risurrezione ;
  • dalla putredine ci porterà alla vita ;
  • ove per i viventi c'è speranza di vita ;
  • da dove l'acqua si riversa per portare alla Vita .
È quello il nuovo Eden dove Dio parla con l'uomo.
È lì, infatti, che c'è la nuova Eva e da cui nascono, non più semplici creature, ma i figli di Dio.

Cercherò di procedere con ordine.
Dapprima riporterò i fatti certi, poi farò delle ipotesi, infine, ciò che non ha certezze lo svilupperò come racconto nella Seconda Parte "Il discepolo col lenzuolo".

LA SORGENTE DELLA VIA - IL DISCEPOLO CHE GESÙ AMAVA
"Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù." (Giovanni 13,23)
Chi è questo discepolo?
Le ipotesi sono ridotte a due.
Giovanni il fratello di Giacomo, un giovane pescatore di Cafarnao o la Maddalena?

Nel racconto della Passione del Vangelo di Giovanni si trova: "Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora l'altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro." (Giovanni 18,15-16)
Pietro segue Gesù con un altro discepolo, ma in questo caso non c'è il commento "il discepolo che Gesù amava".
Il tutto fa presumere però che quel discepolo fosse Giovanni, perché poi il Vangelo, che la tradizione attribuisce a Giovanni, riferisce del colloquio tra Gesù e il Sommo Sacerdote, e solo quel discepolo che vi entrò l'ha potuto riferire e chi lo riferisce è Giovanni che appunto si presume essere quel discepolo.

Proseguendo la narrazione si trova: "Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre Maria di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: Donna, ecco tuo figlio! Poi disse al discepolo: Ecco tua madre! E da quel ora il discepolo l'accolse con sé." (Giovanni 19,25-27)
Il primo versetto, il 19,25 non nomina Giovanni, ma la Maddalena.
Ciò può aver ingenerato il dubbio che il discepolo che Gesù amava fosse la Maddalena, ma quel primo versetto fornisce soltanto l'indicazione di quali fossero le donne sotto la croce.
Maria di Cleofa da molti esegeti cattolici è indicata come moglie di Cleopa, fratello di San Giuseppe e madre dei cosiddetti fratelli di Gesù, Giacomo e Ioses, vale a dire suoi cugini.
Peraltro, lui, l'autore di quel Vangelo, non vuole dire che era l'unico degli apostoli ad essere presente, in quanto indirettamente sarebbe stato un atto di vanagloria.
Pur se non parla di un discepolo specifico, il discepolo che Giovanni prima aveva citato, quello che conosceva il Sommo Sacerdote è logico ed implicito che, poi uscito abbia continuato a seguire il corteo della passione.
L'episodio del discepolo e di Maria sotto la croce così indirettamente ci parla di Gesù, figlio primogenito e unico di Maria che sta per lasciare la madre sola.
È, perciò, il momento di un affidamento, non solo domestico, ma che è da inquadrare nei grandi avvenimenti biblici pieni di significato.
Gesù incaricò Giovanni di prendersi cura di Maria, come Mosè incaricò Giosuè, di prendersi cura, in sua vece, del popolo ebraico, rappresentato da Maria da cui nascerà, appunto, il nuovo Israele. (Efrem siro IV secolo).
Maria è chiamata in questo episodio "Donna" come nel racconto delle nozze di Cana, chiaro riferimento alla Donna" di Genesi 3 che schiaccerà la testa al serpente, la nuova Eva.
Questo discepolo che prende con sé Maria, sarà, quale nuovo Giosuè, destinato con la propria comunità ad entrare nella terra promessa.
È perciò questo discepolo "amato".
È qui da aprire una parentesi.
È questo discepolo amato come un bambino, perché solo i figli della nuova Eva entreranno nella Terra Promessa.
D'altronde, se ci si va a fondo col parallelo di Giosuè, di quelli della generazione dell'antico esodo solo i figli dei fuoriusciti entrarono nella terra promessa.
Al ritorno degli esploratori della terra promessa, dopo la mormorazione del popolo, infatti, Dio, disse: "...vi entrerà Giosuè, figlio di Nun, che sta al tuo servizio; incoraggialo, perché egli metterà Israele in possesso di questo paese. E i vostri bambini, dei quali avete detto: Diventeranno oggetto di preda! e i vostri figli, che oggi non conoscono né il bene né il male, essi vi entreranno; a loro lo darò ed essi lo possiederanno". (Deuteronomio 1,38s)
Perciò il Discepolo che Gesù amava rappresenta quei bambini figli della promessa.
Alla luce di questo pensiero sono da leggere le frasi e gli episodi di Gesù con i bambini come ad esempio: "Gesù però disse loro: Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli". (Matteo 19,14)

La precedente versione C.E.I. della madre di Gesù sotto la croce dice che quel discepolo: la prese a casa sua.
In greco, infatti, c'è la parola idia "ìdia" e può significare anche "casa, proprietà, patria", ma nel prologo del Vangelo di Giovanni il termine idia "ìdia/ìdioi" indica "i suoi", la sua gente, cioè il popolo di appartenenza di Gesù "Venne tra i suoi, ma i suoi non l'hanno accolto". (Giovanni 1,11)
Lo stesso Vangelo, poi, nell'episodio della lavanda dei piedi, così si esprime: "...avendo amato i suoi (ìdioi) che erano nel mondo..." (Giovanni 13,1)
Dal libro degli Atti non risulta però che Maria andò a casa di Giovanni a Cafarnao.

Ancora più avanti lo stesso Vangelo precisa: "Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto! Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro." (Giovanni 20,1-3)
Questi versetti tagliano la testa al toro, "il discepolo che Gesù amava" non era la Maddalena.
Forse non era nemmeno solo il Giovanni, nel senso che Giovanni viene a rappresentare il prototipo del discepolo.
La Maddalena, Pietro e gli altri apostoli e discepoli sono tutti strumenti per la costruzione del nuovo Israele.
Si rafforza, perciò l'idea che quel discepolo che Gesù amava, che Giovanni nel suo Vangelo indica in modo postumo, indirettamente con sé stesso, è figura di tutti i battezzati che nasceranno da Maria, la chiesa nascente, tanto più che Gesù non fa differenza di persone e non ama uno più di un altro in quanto giustizia e misericordia infinita.

"Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: È il Signore! Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare." (Giovanni 21,7)
Accade che il discepolo che Gesù ama è, perciò, quello che riconosce il Risorto!

"Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: Signore, chi è che ti tradisce? Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: Signore, che cosa sarà di lui? Gesù gli rispose: Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi. Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte..." (Giovanni 21,20-23)
Il discepolo che Gesù amava è l'autore del 4° Vangelo, ma il discepolo che Gesù amava è anche una sintesi teologica a cui è pervenuto l'autore dopo il cammino di una vita.

In conclusione, quale può essere il motivo di questo inciso "il discepolo che Gesù amava"?
È il riconoscimento di chi, viste tutte le grazie ricevute nella propria cammino di fede accompagnato dal Signore, significa, con una valutazione a consuntivo, la condizione di chi è un fedele discepolo.
D'altra parte solo a lui, Giovanni, è concesso di stare sotto la croce e ricevere in consegna la madre di Gesù.
Effettivamente sotto la croce c'erano tante Marie, ma una sola è quella che conta.
"Il discepolo che Gesù amava" viene così a costituire la personificazione del discepolo perfetto che è figlio di Maria.

LA SORGENTE DELLA VIA - LA QUESTIONE DEL CENACOLO
Quale prima sede della Chiesa nascente a Gerusalemme il libro degli Atti degli Apostoli indica la "sala al piano superiore", quella in cui gli apostoli si ritirarono al ritorno dell'Ascensione.
Se, infatti, seguiamo in tali Atti le vicende di Maria, la madre di Gesù, che dopo la consegna di essere madre del "discepolo" che Gesù amava, ha assunto sotto la croce la personificazione della Chiesa nascente, la nuova Eva uscita dal costato del nuovo Adamo, si trova: "Entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi: vi erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo figlio di Alfeo, Simone lo Zelota e Giuda figlio di Giacomo. Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui." (Atti 1,13s)
Questa descrizione di una "stanza al piano superiore" fatta da Luca, l'autore degli Atti, ci rimanda a quella della sala del Cenacolo dello stesso Luca nel suo Vangelo "Egli vi mostrerà al piano superiore una sala, grande e arredata; lì preparate". (Luca 22,12)
È così confermata la validità della traduzione C.E.I. 2008, quando precisa che Giovanni portò con sé Maria, e non che la portò a casa sua come diceva in modo generico la traduzione precedente.
La casa ove abitò Maria fu, così, quella ove c'era la sala dell'ultima cena di Gesù con i dodici, cioè dove avevano celebrato l'ultima Pasqua.

La descrizione che si trova in Matteo di questa casa è molto sintetica.
Nulla, infatti, di specifico prospetta sulla sala.
Sottolinea solo che Gesù dice di andare in città da un tale preciso, che evidentemente conosceva bene, infatti, quel Vangelo così scrive: "Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua? Ed egli rispose: Andate in città da un tale e ditegli: Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli. I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua. Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici." (Matteo 26,17-20)
La descrizione del Vangelo di Luca poi, in effetti, è da pensare che non sia di prima mano, bensì solo riportata da quella del Vangelo di Marco in quanto, in questo Vangelo, da tutti gli esperti considerato precedente come redazione, sono riportati in modo pressoché identico tanti particolari.
In pratica, infatti, la descrizione che fa Luca è la stessa ed il Vangelo di Marco è riconosciuto dagli esperti essere stato la fonte anche del Vangelo di Luca.
È vero che Marco ha attinto pressoché tutte le notizie del suo Vangelo dalla predicazione diretta di San Pietro apostolo, ma vi sono alcune notazioni che paiono proprio essere personali.
In tale descrizione in Marco, infatti, si parla di:
  • un uomo con una brocca d'acqua che li condurrà ad una casa precisa, quindi un servo di una casa benestante;
  • il padrone di quella casa conosce il Signore;
  • la sala è al piano superiore;
  • è una grande sala;
  • la sala è arredata e pronta.
Pare quasi che Marco sia affezionato a quella sala e l'apprezzi particolarmente, anzi, come vedremo, la conosce bene.
Le parole precise sono: "Il primo giorno degli Azzimi, quando s'immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua? Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi. I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici." (Marco 14,12-17)
Il Signore aveva già preso accordi!
Manda due discepoli imprecisati, questi però non conoscevano quella casa.
Si nota poi un particolare, il Signore dice "gli direte: dov'è la mia stanza?"
Come a dire ...la mia sala, quella usuale... in cui celebro da sempre.
Di chi era quella casa?
Era evidentemente un posto che Gesù aveva frequentato.

Fu poi lì, in quella sala superiore che radunati circa in 120 elessero Mattia in sostituzione di Giuda Iscariota.
Fu lì, peraltro, che avvenne la teofania dello Spirito Santo: "Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi." (Atti 2,1-4)

Quando si parla nel libro degli Atti di un posto dove stavano i fratelli era quella sala al piano superiore, il ritrovo per la nuova Comunità:
  • "Rimessi in libertà, Pietro e Giovanni andarono dai loro fratelli e riferirono quanto avevano detto loro i capi dei sacerdoti e gli anziani." (Atti 4,23)
  • "Quand'ebbero terminato la preghiera, il luogo in cui erano radunati tremò e tutti furono colmati di Spirito Santo e proclamavano la parola di Dio con franchezza." (Atti 4,31)
C'è poi un episodio illuminante, quando miracolosamente a Gerusalemme Pietro fu liberato dalle catene e dal carcere: "Pietro allora, rientrato in sé, disse: Ora so veramente che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che il popolo dei Giudei si attendeva. Dopo aver riflettuto, si recò alla casa di Maria, madre di Giovanni, detto Marco, dove molti erano riuniti e pregavano". (Atti 12,11s)
Si scopre così che il vero nome ebraico di Marco era Giovanni e che il nome di sua madre era Maria e che il luogo dove si riunivano i fratelli era la casa di lei, molto probabilmente del padre di Marco.
Marco - Giovanni si sente un privilegiato, è proprietario di fatto del Cenacolo, è omonimo a chi Gesù aveva consegnato la madre e la propria madre nella carne è omonima con Maria la madre di Gesù!
Quel racconto così prosegue: "Appena (Pietro) ebbe bussato alla porta esterna, una serva di nome Rode si avvicinò per sentire chi era. Riconosciuta la voce di Pietro, per la gioia non aprì la porta, ma corse ad annunciare che fuori c'era Pietro. Tu vaneggi! le dissero. Ma ella insisteva che era proprio così. E quelli invece dicevano: È l'angelo di Pietro. Questi intanto continuava a bussare e, quando aprirono e lo videro, rimasero stupefatti. Egli allora fece loro cenno con la mano di tacere e narrò loro come il Signore lo aveva tratto fuori dal carcere, e aggiunse: Riferite questo a Giacomo e ai fratelli. Poi uscì e se ne andò verso un altro luogo. Sul far del giorno, c'era non poco scompiglio tra i soldati: che cosa mai era accaduto di Pietro? Erode lo fece cercare e, non essendo riuscito a trovarlo, fece processare le sentinelle e ordinò che fossero messe a morte; poi scese dalla Giudea e soggiornò a Cesarèa." (Atti 12,13-19)
È da arguire che a Gerusalemme era noto quale casa fosse dove si riunivano, perciò Pietro saggiamente in tale occasione non vi si rifugiò, ma "uscì e se ne andò verso un altro luogo".
Pietro diede solo l'avviso che era libero, cosicché quando gli inviati d'Erode andarono a cercarlo non lo trovarono.

Il libro degli Atti riferisce: "Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno." (Atti 2,44s)
Se ne deve concludere che la casa di Gerusalemme, la prima Domus Ecclesiae, la casa dove stava Maria, era stata di fatto ormai, appunto, messa a disposizione della Chiesa.
"Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno. Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Bàrnaba, che significa figlio dell'esortazione, un levita originario di Cipro, padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò il ricavato deponendolo ai piedi degli apostoli." (Atti 4,34-37)

Si apprende così che:
  • il vero nome di Barnaba era Giuseppe e Barnaba era il soprannome;
  • era nato a Cipro, ma evidentemente di famiglia ebrea;
  • mantenne il suo nome ebreo;
  • era un levita, vendette un terreno, evidentemente che aveva a Gerusalemme.
Nella lettera ai Colossesi di San Paolo apostolo si legge: "Vi salutano Aristarco, mio compagno di carcere, e Marco, il cugino di Barnaba, riguardo al quale avete ricevuto istruzioni - se verrà da voi, fategli buona accoglienza - e Gesù, chiamato Giusto. Di quelli venuti dalla circoncisione questi soli hanno collaborato con me per il regno di Dio e mi sono stati di consolazione." (Colossesi 4,10s)

Si apprende così che:
  • Marco e Barnaba erano parenti, cugini;
  • Marco e Barnaba erano stati circoncisi, quindi erano ebrei per nascita;
  • il nome ebraico di Marco era Giovanni e Marco vuol dire nato di Marzo;
  • la famiglia di Barnaba era benestante;
  • il cenacolo era del padre o della madre di Marco;
  • non si sa se Barnaba sia parente di Marco per parte di padre o di madre.
Barnaba è quello, come poi vedremo, che accreditò Paolo di fronte alla Chiesa, fu suo compagno nel primo viaggio missionario e nel primo Concilio di Gerusalemme.

La mia opinione e che Barnaba e Maria la madre di Marco sono figli di sorelle.
Partendo dalla considerazione che quel cenacolo era in una casa già frequentata da tempo da Gesù e che Barnaba era un levita, mentre Marco no, propendo appunto sul fatto la parentela tra Barnaba e Marco fosse per via materna.
Per contro, alla lontana Marco per via paterna forse poteva essere della tribù di Giuda legato a parenti di Betlemme e quindi in qualche modo anche a Gesù.
La tradizione pone quel cenacolo su un luogo da sempre attribuito alla famiglia di David, infatti, la tradizione anche ebraica conviene che sotto vi fosse la "tomba" o comunque un cenotafio di Davide.
Il cenacolo poi sarebbe stato il luogo tradizionale in cui Gesù celebrava la Pasqua con la sua famiglia:
LA SORGENTE DELLA VIA - IL GIOVANETTO DEL LENZUOLO
Nel Vangelo di Marco al momento dell'arresto di Gesù sul Monte degli Ulivi nell'orto del Getsemani, che vuol dire del frantoio "get" dell'olio "shemen", si trova una curiosa e particolare annotazione.
Di fatto dei quattro Vangeli canonici quello di Marco è l'unico che riporta quel particolare, eppure i versetti del Vangelo di Marco si trovano pressoché integralmente nei sinottici Matteo e Luca, ma un particolare episodio, avvenuto al momento del fermo di Gesù non è riportato dagli altri.
È da ricordare, infatti, che questo Vangelo detto di Marco, di fatto, è un Vangelo anonimo, scritto in lingua greca che la tradizione attribuisce a Marco che fu discepolo di Pietro apostolo.
Tale attribuzione trova fondamento in Papia, vescovo di Hierapolis in Turchia nella prima metà del II secolo d.C., che cita un certo Giovanni il presbitero possibile pretendente autore, assieme a Giovanni evangelista, del libro dell'Apocalisse.
A tale avviso di Papia si associarono Ireneo di Lione, Origene di Alessandria, Tertulliano e Clemente di Alessandria.
Papia scrisse parecchio sui detti del Signore, ma dei suoi scritti sono pervenuti solo echi per citazioni degli antichi padri, specie da Ireneo di Lione ed Eusebio di Cesarea.
Nella "Storia ecclesiastica", 3.39.15 Eusebio cita Papia in questo modo "Anche questo il presbitero (il Giovanni di cui dice Papia) era solito dire. Marco, che fu interprete di Pietro, scrisse con cura, ma non in ordine, ciò che ricordava dei detti e delle azioni del Signore. Poiché egli non aveva ascoltato il Signore né era stato uno dei suoi seguaci, ma successivamente, come ho detto, uno di Pietro. Pietro adattava i propri insegnamenti all'occasione, senza preparare un arrangiamento sistematico dei detti del Signore, cosicché Marco fu giustificato a scrivere alcune delle cose come le ricordava. Poiché egli aveva un solo scopo, non tralasciare nulla di quanto aveva ascoltato e di non scrivere nulla di errato."
Gli esegeti sono concordi sul fatto che questo Vangelo, il più breve di tutti, fu il primo ad essere scritto e fu usato come una fonte dagli autori degli altri due sinottici Matteo e Luca.

La totalità dei versetti di Marco è 662 e di questi:
  • 406 sono in comune con Matteo e Luca;
  • 145 col solo Matteo;
  • 60 col solo Luca;
  • 51 appena sono solo in Marco.
Lo schema del Vangelo è molto semplice e riguarda:
  • la predicazione del Battista,
  • il ministero di Gesù in Galilea,
  • il cammino verso Gerusalemme e l'ingresso solenne nella città,
  • la Passione, Morte e Resurrezione.
C'è poi un capitolo finale aggiunto più tardi sulle apparizioni del Risorto considerato canonico dalla Chiesa, ma non per questo scritto necessariamente da Marco, infatti non su tutti i manoscritti antichi di quel Vangelo è riportato.

Il testo de versetto dell'evento di cui sto argomentando è il seguente: "Tutti allora, abbandonandolo, fuggirono. Un giovanetto però lo seguiva, rivestito soltanto di un lenzuolo, e lo fermarono. Ma egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo." (Marco 14,50s)
Il Vangelo di Giovanni di fatto rettifica quella dichiarazione "Tutti allora, abbandonandolo, fuggirono" perché chi seguì Gesù si trovò poi sotto la croce ed è Giovanni stesso come dichiara il Vangelo di Giovanni.
Su chi è quel giovanetto del lenzuolo la tradizione si è divisa considerando che potrebbe essere l'apostolo Giovanni oppure proprio Marco, l'autore del Vangelo.
Nel racconto di Marco, nei riguardi di Giovanni si trova però che: "Giunsero intanto a un podere chiamato Getsemani, ed egli (Gesù) disse ai suoi discepoli: Sedetevi qui, mentre io prego. Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia." (Marco 14,32s)
Se può concludere che per il Vangelo di Marco non è certo Giovanni quel giovanetto, ma è l'omonimo Giovanni - Marco che poi lo annotò nel proprio Vangelo.
Vari esegeti, infatti, considerano l'episodio del giovane col lenzuolo essere una notazione autobiografica di Marco.
Secondo questo pensiero Marco nell'anno della morte di Gesù era un giovanetto quindi al massimo di 12-13 anni.
Questa tesi pare proprio probabile.
Marco effettivamente non era stato tra i seguaci del Signore, ma si può pensare che Gesù avesse frequentato in qualche modo la sua famiglia anche precedentemente al suo ministero pubblico.

Nasce un'altra domanda.
Perché Marco, se era lui, sarebbe stato lì in quel giardino?
Una ipotesi è che forse era figlio o parente anche dei proprietario del giardino e avendo lasciata la casa libera per Gesù e gli apostoli per quella ultima cena, era andato con l sua famiglia a passare alcuni giorni nel rustico in campagna, e forse era proprio quello il giardino vicino a quello che poi Barnaba vendette in favore della Chiesa e che era frequentato dalla madre di Marco con la sua famiglia.
Sarebbe quello il posto da cui proveniva il puledro d'asino che Gesù usò per l'entrata in Gerusalemme.
"Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli e disse loro: Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: Perché fate questo? rispondete: Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito. Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: Perché slegate questo puledro? Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra." (Marco 11,1-6)
Certo la narrazione dalla parte del Signore e degli apostoli proviene dal racconto che avrà fatto Pietro a Marco, ma il ricordare quei particolari chiama in gioco un qualcuno a cui quei luoghi e l'asinello erano particolarmente familiari.
Quella descrizione, con dovizia di particolari, fa emergere infatti un particolare piacere del narratore, cioè di Marco, che anche in questo caso pare esporre una vicenda in cui fu come coinvolto.
In questo caso Marco del pari è particolarmente informato e le persone di quel posto conoscono bene il Signore e il Signore per contro sa tante cose di quel posto e dei proprietari, evidentemente li ha frequentati e sa di quel puledro.
Il descrittore è così ben informato che conosce anche un particolare, "troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito".
Che dire se Marco era un nipotino o un cugino e frequentava quel poderino sapeva bene che c'era un puledro legato su cui, "purtroppo"... non era salito ancora nessuno... nemmeno lui... che essendo fanciullo ne aveva tanta voglia.
In questo caso i sinottici Matteo e Luca sono del tutto concordi con questa descrizione articolata riportata da Marco.
Il Vangelo di Giovanni non lo nega, ma è molto sfuggente "Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra." (Giovanni 12,14)
Il racconto a Marco sarà stato riferito da Pietro, ma solo un testimone oculare poteva dare una descrizione del genere sui particolari dell'asinello non ancora mai cavalcato.
In definitiva si profila la tesi che l'orto del Getsemani, era in quel momento parte di Barnaba e parte di Maria sua cugina e Barnaba vendette la sua parte in favore della Chiesa, mentre a Maria la madre di Marco rimase la parte con il rustico e il frantoio che anch'esso era a disposizione della Chiesa.
In definitiva il cenacolo pare essere di proprietà del padre di Marco e l'orto degli ulivi della madre di Marco.
Si trova poi nel Vangelo di Marco, ripreso poi dagli altri due sinottici, un cenno relativo ad una vigna che riprende una profezia di Isaia, ma che anche un qual cosa di descrizione familiare che potrebbe riferirsi alla vigna del suo podere: "...Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano." (Marco 12,1)
D'altronde Gesù è l'agnello di Dio come riconosce Giovanni Battista che è profeta.
È lui il sacrificio che intravide Abramo e salvò Isacco sul monte Moria.

In ebraico agnello, ariete è "kar" .
La lettera di vita è = .
Dove può vivere quel agnello?
In una vigna "koeroem" .
Vicino ad una vigna, peraltro, Gesù sarà preso per essere sacrificato.
Stava, infatti, nel podere del Getzemani.

LA SORGENTE DELLA VIA - MARCO DISCEPOLO ITINERANTE
Marco, che tra l'altro era ormai all'età della bar - mitzvah, fu evidentemente uno dei battezzati della prima ora da parte di San Pietro.
Ciò si arguisce perché nella sua 1° lettera Pietro quando dice "Vi saluta la comunità che vive in Babilonia" aggiunge e anche "Marco, figlio mio" (1Pietro 5,13) in quanto, evidentemente, egli Marco era suo figlio nella fede.
Babilonia è da intendere Roma, la grande Prostituta dell'Apocalisse che, nell'immaginario della città del male in opposizione alla Città di Dio, aveva ormai soppiantato Babilonia.

Sono note le vicende di Saulo, persecutore della Chiesa, che (Atti 8 e 9) si convertì miracolosamente avendo avuta una visione del Signore sulla via per Damasco.
Battezzato nel nome del Signore, subito cominciò ad annuncialo nelle sinagoghe di quella città, e per questo, preso in odio dai giudei che volevano ucciderlo, fu fatto fuggire in modo rocambolesco e venne a Gerusalemme.
"Venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo." (Atti 9,26)
Appare però Barnaba che gli tende una mano: "Allora Bàrnaba lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come, durante il viaggio, aveva visto il Signore che gli aveva parlato e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. Così egli poté stare con loro e andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore. Parlava e discuteva con quelli di lingua greca; ma questi tentavano di ucciderlo. Quando vennero a saperlo, i fratelli lo condussero a Cesarèa e lo fecero partire per Tarso." (Atti 9,26-30)

Intanto dei fuoriusciti da Gerusalemme al tempo delle persecuzioni ove perse la vita il diacono Stefano produssero frutti ad Antiochia: "...gente di Cipro e di Cirene, giunti ad Antiòchia, cominciarono a parlare anche ai Greci, annunciando che Gesù è il Signore. E la mano del Signore era con loro e così un grande numero credette e si convertì al Signore. Questa notizia giunse agli orecchi della Chiesa di Gerusalemme, e mandarono Bàrnaba ad Antiòchia " (Atti 11,20ss)
La persecuzione conseguente ai fatti di Stefano ci fu nel 34 d.C. e già nell'anno precedente tra i diaconi si trova un cittadino di Antiochia, Nicola (Atti 6,5).
Mandarono Barnaba per vedere cosa avevano combinato ad Antiochia quei fratelli che provenivano da Cipro.
Barnaba, tra l'altro, forse li conosceva essendo anche lui proveniente da Cipro.
"Quando questi giunse e vide la grazia di Dio, si rallegrò ed esortava tutti a restare, con cuore risoluto, fedeli al Signore, da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede. E una folla considerevole fu aggiunta al Signore. Bàrnaba poi partì alla volta di Tarso per cercare Saulo: lo trovò e lo condusse ad Antiòchia." (Atti 11,23-26)
A Barnaba venne evidentemente l'ispirazione di avere manforte e d'utilizzare Paolo, infatti, il suo racconto della conversione sarebbe potuto risultare altamente efficace.
Paolo, infatti, com'è noto convertitosi e battezzato da Anania verso il 36 d.C., era forzatamente dormiente a Tarso forse proprio perché là era fuori mano rispetto ai risentimenti dei giudei.
Fu così che Barnaba e Paolo "Rimasero insieme un anno intero in quella Chiesa e istruirono molta gente. Ad Antiòchia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani." (Atti 11,25)
Tale situazione che costituì una svolta fondamentale per lo sviluppo del cristianesimo.
Là per la prima volta fu sancito un distacco dal giudaismo con conversioni di pagani, perché la comunità giudea di Antiochia leggeva la Bibbia in greco, come afferma Giuseppe Flavio in Guerra Giudaica VII,45, onde anche molti pagani venivano ad ascoltare.
Questi poi da Barnaba e Paolo nelle stesse sinagoghe ricevettero l'annuncio della morte e risurrezione di Cristo.
Siamo verso al 40 d.C..
Dopo ciò Barnaba e Saulo furono incaricati di portare il risultato di una colletta che avevano fatto per i fratelli di Gerusalemme.
Quando Paolo e Barnaba, parente del giovane Marco, rifurono a Gerusalemme da Antiochia, forse nel 42 d. C., e a questo punto riappare il giovane Marco che ormai avrà avuto 20-22 anni, infatti: "Intanto la parola di Dio cresceva e si diffondeva. Bàrnaba e Saulo poi, compiuto il loro servizio a Gerusalemme, tornarono prendendo con sé Giovanni, detto Marco." (Atti 12,24s)
Tornarono Paolo e Barnaba dagli Apostoli e in quella casa Marco - Giovanni avrà ascoltato i loro racconti e quando tornarono là ad Antiochia, forse proprio per invito del cugino Barnaba, Marco li accompagnò.
Il libro degli Atti al capitolo 13 precisa che ormai Paolo e Barnaba furono considerati incardinati in quella comunità e furono inviati in missione come catechisti itineranti e per aiutante si portarono Giovanni - Marco il cugino di Barnaba: "Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: Riservate per me Bàrnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati. Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li congedarono. Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, scesero a Selèucia e di qui salparono per Cipro. Giunti a Salamina, cominciarono ad annunciare la parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei, avendo con sé anche Giovanni come aiutante. Attraversata tutta l'isola fino a Pafo." (Atti 13,2-6)


Accade un fatto strano e non spiegato.
Dopo aver operato nell'isola di Cipro, in modo inatteso Marco non prosegue il viaggio, (siamo attorno al 43 d.C.) infatti: "Salpati da Pafo, Paolo e i suoi compagni giunsero a Perge, in Panfìlia. Ma Giovanni si separò da loro e ritornò a Gerusalemme." (Atti 13,13)
Non si conoscono i motivi di tale rientro.
Deve però essere stato un motivo serio.
Il cugino Barnaba non si oppose, forse coinvolgeva anche qualche fatto familiare.

LA SORGENTE DELLA VIA - RIPRESA DELL'ITINERANZA DA PARTE DI MARCO
Cinque anni dopo Paolo e Barnaba tornarono a Gerusalemme in difesa dei pagani convertiti ai cui giudeo cristiani volevano imporre la legge mosaica per poter ricevere il battesimo (Atti 15).
La questione fu risolta in loro favore e Barnaba e Paolo dovevano tornare nelle comunità di cui erano padri nella fede accompagnati da Giuda e Sila a convalidare la decisione in favore a nome della Chiesa di Gerusalemme.
Fu così che rividero Marco nella casa del Cenacolo dove parlarono con gli anziani del, cammino.
"Dopo alcuni giorni Paolo disse a Bàrnaba: Ritorniamo a far visita ai fratelli in tutte le città nelle quali abbiamo annunciato la parola del Signore, per vedere come stanno. Bàrnaba voleva prendere con loro anche Giovanni, detto Marco, ma Paolo riteneva che non si dovesse prendere uno che si era allontanato da loro, in Panfìlia, e non aveva voluto partecipare alla loro opera. Il dissenso fu tale che si separarono l'uno dall'altro. Bàrnaba, prendendo con sé Marco, s'imbarcò per Cipro. Paolo invece scelse Sila e partì, affidato dai fratelli alla grazia del Signore." (Atti 15,36-39)
Paolo si era indurito e ci fu così la rottura con Barnaba.
"Bàrnaba, prendendo con sé Marco, s'imbarcò per Cipro. Paolo invece scelse Sila e partì, affidato dai fratelli alla grazia del Signore." (Atti 15,40)

È impossibile che Paolo non avesse grande riconoscenza per Barnaba.
Era stato lui che l'aveva presentato agli apostoli a Gerusalemme quando tutti lo sfuggivano ed erano stati colleghi per anni nella predicazione ad Antiochia e nei viaggi di itineranza.
Eppure il ripresentare a Paolo la figura di Marco è il casus belli che sembra provocare una rottura tra di loro.
C'è chi ha suggerito che il fatto di Marco fu solo la goccia che fece traboccare il vaso, ma che la vera causa fu un attrito crescente, domato dai due, attrito nato a seguito di una inversione di ruoli.
Da Barnaba capo equipe a Saulo di fatto capo équipe.
Ai Listra, infatti i pagani al vedere guarito un paralizzato "Chiamavano Barnaba Zeus e Paolo Hermes". (Atti 14,12)
Mentre prima Barnaba era l'inviato numero uno di Antiochia e da Gerusalemme, anche perché era il più anziano, a un certo punto è Paolo che pare prendere l'iniziativa, perché il libro degli Atti dice "Dopo alcuni giorni Paolo disse a Bàrnaba: Ritorniamo a far visita ai fratelli in tutte le città nelle quali abbiamo annunciato la parola del Signore, per vedere come stanno". (Atti 15,36)
Questi però sono discorsi del mondo, ma non sono credibili tra persone che vivono nella verità e che basano la propria vita sul perdono e sulla carità.
Si, forse ci fu un momento di crisi, ma poi è da pensare che Paolo e Barnaba si siano riconciliati, come considereremo più avanti.
Certo è che Barnaba era più anziano di Paolo e probabilmente ridusse l'attività d'itineranza e si ritirò per qualche anno a Cipro.

La domanda perché Marco interruppe quel viaggio con Barnaba e Saulo?
Tutto sommato ebbe il beneplacito e comunque la comprensione del cugino Barnaba che in definitiva era il più anziano dell'équipe.
Doveva essere un fatto legato o a questioni importanti familiari, ma forse nel contempo anche con qualche attinenza a precorse vicende della comunità cristiana che Paolo in quel momento non poteva comprendere preso dall'impeto della evangelizzazione.

A questo punto apro una parentesi.
Nella tradizione c'è a Gerusalemme il luogo della "dormizione" o del "transito" di Maria cioè della sua assunzione al cielo.
Vi è tutto un ciclo di apocrifi sulla "Dormizione della Madonna" ove si legge:
  • "...gli apostoli trasportarono la lettiga e deposero il suo corpo santo e prezioso in una tomba nuova del Getsemani";
  • in un testo in siriaco si trova "Stamattina prendete la Signora Maria e andate fuori di Gerusalemme nella via che conduce al capo valle oltre il Monte degli Ulivi, ecco, vi sono tre grotte: una larga esterna, poi un'altra dentro e una piccola camera interna con un banco alzato di argilla nella parte di est. Andate e mettete la Benedetta su quel banco e mettetela lì e servitela finché io non ve lo dica".
Sono queste Indicazioni topografiche precise che sono state confermate dal noto archeologo francescano padre Bellarmino Bagatti.
Il luogo si trovava, quindi, nell'Orto degli Ulivi.
Una grotta, che allora forse era annessa ad una casa, ove Gesù era solito sostare.
"Dopo aver detto queste cose, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cedron, dove c'era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli." (Giovanni 18,1s)
Il tutto fa pensare che un anonimo discepolo allora fosse proprietario della zona vi abbia poi accolto anche la sepoltura, ovviamente provvisoria, di Maria.
Da quanto detto in precedenza potrebbe proprio essere implicato Marco.

Quando avvenne questa "dormizio" non è noto.
Proviamo però a fare qualche conteggio.
Gesù, in effetti, nacque nel 6-7 anni prima dell'anno 1 d.C., ciò in effetti è dovuto ad una rettifica della sfasatura provocata dal calendario giuliano.
Maria, per la tradizione quando ricevé l'annuncio dell'angelo era molto giovane.
Poniamo che avesse 17 anni nel 7 a.C. al momento della nascita di Gesù e nel 43 d.C. l'epoca del viaggio di San Paolo da cui si dissociò Marco, la madre di Gesù avrebbe avuto 67 anni.
A questo punto si può pensare che quando Marco sbarcò con i compagni a Perge, in Panfìlia sulla costa sud dell'attuale Turchia abbia avuto qualche notizia da qualche giudeo che veniva da Gerusalemme, onde in modo che non poteva che essere affrettato, dovette prendere l'improvvisa decisione di tornare a casa.
L'ipotesi che propongo è che dovette proprio tornare, perché chiamato dalla madre per sistemare cose familiari, connesse però anche allo stato di salute di Maria la madre di Gesù, che stava volgendo al termine della sua vita terrena e che doveva venire sistemata in modo adeguato nella casa di campagna sul Getzemani.
Questa ipotesi rende peraltro giustizia a tutti e salva da critiche Marco.
D'altra parte è da considerare che Paolo, poi, ebbe a ricredersi su Marco, evidentemente quando fu tutto chiaro su quello che era accaduto.
Peraltro se il rientro di Marco, avesse avuto quella motivazione, era anche da conservare, per comprensibili motivi, una certa riservatezza in favore della Chiesa e vedere come si sarebbero sviluppati gli eventi.
D'altronde la Madre, Maria era un faro, ma umanamente si stava spegnendo.
Si pensi quanto avrà sofferto Barnaba che forse anche lui era combattuto a sentirsi come rifiutato da Paolo, pur tuttavia "prendendo con sé Marco, s'imbarcò per Cipro" cioè accettò la decisione di Marco e si imbarcò con lui.
Secondo questa tesi, per via mare il più rapidamente possibile, Marco tornò a casa, mentre Barnaba sembra sparire dalla scena.
Eppure dalla 1 lettera ai Corinzi di San Paolo, scritta una decina d'anni dopo, c'è questa menzione che fa intuire che in qualche modo Paolo e Barnaba si riconciliarono e ripresero la collaborazione: "Non sono forse libero, io? Non sono forse un apostolo? Non ho veduto Gesù, Signore nostro? E non siete voi la mia opera nel Signore? Anche se non sono apostolo per altri, almeno per voi lo sono; voi siete nel Signore il sigillo del mio apostolato. La mia difesa contro quelli che mi accusano è questa: non abbiamo forse il diritto di mangiare e di bere? Non abbiamo il diritto di portare con noi una donna credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa? Oppure soltanto io e Bàrnaba non abbiamo il diritto di non lavorare?". (1Corinzi 9,1-6)
In questa stessa lettera al Capitolo 13 c'è il famoso inno alla carità che Paolo avrà cercato di rendere attuale nella propria vita ripensando all'episodio con Barnaba, inno che tra l'altro recita "La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta." (1Corinzi,13,4-7)
Questa lettera fu scritta dopo aver evangelizzato per oltre 1 anno e mezzo fino a metà del 52 d.C. nella città di Corinto, ove riuscì a sfar attecchire e poi prosperò una comunità.

LA SORGENTE DELLA VIA - MARCO RICONOSCIUTO OTTIMO DA TUTTI
Marco pare che scrisse il suo Vangelo tra il 50 e il 55 d.C., nel periodo in cui si trovava a Roma accanto a Pietro.
Secondo Eusebio, Pietro e Marco giunsero a Roma per la prima volta "al principio del Regno di Claudio" (Hist. eccl., II, 14.6)
Si può così concludere che Marco espletato quanto doveva a Gerusalemme nel 43 d.C. partì per Roma con l'apostolo Pietro che appunto, come abbiamo visto, poi lo chiamerà "figlio mio" (1Pietro 5,13 si era verso il 60 d. C.) e ne seguì le catechesi, scrivendole nel suo Vangelo.
Quindi Marco non aveva lasciato l'itineranza che costretto da momentanee contingenze.
Tema del suo annunzio è la proclamazione di Gesù Figlio di Dio, rivelato dal Padre, riconosciuto dai demoni, ma rifiutato dai potenti e dalle folle ed anche dai discepoli.
In tale Vangelo viene, infatti, messa in particolare evidenza la professione del centurione romano, pagano, ai piedi di Gesù crocifisso: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio" (Marco 15,39).

Il giovane aveva conquistato la fiducia degli apostoli.
Riporterà poi elogi e considerazioni da parte dello stesso Paolo che lo ricorda in più occasioni:
  • "Vi salutano Aristarco, mio compagno di carcere, e Marco, il cugino di Barnaba, riguardo al quale avete ricevuto istruzioni - se verrà da voi, fategli buona accoglienza - e Gesù, chiamato Giusto. Di coloro che vengono dalla circoncisione questi soli hanno collaborato con me per il regno di Dio e mi sono stati di conforto." (Colossesi 4,10s)
    Infatti, nel 61 d.C. risulta che Paolo era prigioniero in attesa di giudizio.
  • "Ti saluta Èpafra, mio compagno di prigionia in Cristo Gesù, insieme con Marco, Aristarco, Dema e Luca, miei collaboratori." (Lettera a Filemone 23s)
  • "Cerca di venire presto da me, perché Dema mi ha abbandonato, avendo preferito le cose di questo mondo, ed è partito per Tessalònica; Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia. Solo Luca è con me. Prendi con te Marco e portalo, perché mi sarà utile per il ministero. Ho inviato Tìchico a Èfeso. Venendo, portami il mantello, che ho lasciato a Tròade in casa di Carpo, e i libri, soprattutto le pergamene." (2Timoteo 4,9-13)
Probabilmente Marco con Luca avrà aiutato Paolo anche nello scrivere alcuni passi delle sue lettere.
La tradizione dice che la basilica romana di San Marco, fu eretta proprio di fronte al Campidoglio sul luogo in cui sorgeva la casa in cui risiedeva l'evangelista nel suo soggiorno a Roma, mentre Paolo risiedeva ove ora c'è il ghetto ebraico sulla sponda sinistra del Tevere, ma in definitiva erano vicini tra loro.

Nella tradizione c'è che Pietro, consolidatasi la comunità di Roma, ebbe ad inviare poi Marco ad evangelizzare l'Italia settentrionale, ad Aquileia, e da lì poi sarebbe passato ad Alessandria d'Egitto ove fondò la Chiesa locale e vi subì il martirio.
Secondo gli Atti di Marco, un apocrifo del IV secolo, vi morì probabilmente nel 68 d.C..
Una leggenda dice che nell'828 due mercanti veneziani avrebbero portato il corpo di Marco nella città di Venezia.

A questo punto propongo un racconto che prova ad integrare e collegare fatti certi e ipotesi sul Cenacolo, sul Getzmani e su Marco l'evangelista giovinetto.
L'ho intitolato "Il discepolo col lenzuolo" con chiaro riferimento a l'episodio riferito dal Vangelo di Marco di cui ho detto che pare proprio una testimonianza autobiografica.

SECONDA PARTE: IL DISCEPOLO COL LENZUOLO - LA SALA AL PIANO SUPERIORE
Erano già dieci anni che Erode il grande aveva iniziato ad ampliare ed abbellire il Tempio di Gerusalemme e l'architetto Giuseppe di Betlemme aveva avuto degli incarichi per certi rivestimenti in legno pregiato.
Giuseppe, allora quasi trentenne, era, infatti, un architetto che sapeva trattare bene costruzioni in legname e metallo ed in quel tempo era ricercatissimo, come del resto tutti gli artigiani specializzati.
Un amico e parente di Betlemme aveva una bella casa sul "Monte Sion" in un posto importante adiacente al mausoleo di David nella parte sud del colle occidentale di Gerusalemme, nella parte detta "della città alta".
L'aveva di recente ampliata su progetto di Giuseppe e gli dava ospitalità mentre curava anche quel lavoro.
Era quella una famiglia con tante relazioni d'affari.
Il proprietario desiderava che la casa fosse accogliente per goderla con la sua numerosa famiglia e per accogliere degnamente parenti e amici nelle feste rituali quando salivano a Gerusalemme i pellegrini tra cui c'erano parenti, amici, soci d'affari e persone importanti con cui relazionarsi.
Al piano superiore avevano così realizzato una grande sala rettangolare di 24x16 cubiti, con due colonne centrali e con finestre che consentivano la vista panoramica della città, soprattutto del Tempio, verso nord est.
Giuseppe aveva previsto un bel pavimento in marmo e un rivestimento in legno di cedro delle pareti e del soffitto.
Erano, infatti, venute a Gerusalemme grosse forniture di legname di cedro dal Libano per il Tempio e si poteva trovare materiale pregiato a prezzo conveniente.
Nell'anno Giuseppe avrebbe compiuto 30 anni, perché nato proprio nello stesso anno che iniziò a regnare Erode.
La sala era luminosa e nel contempo austera, venuta proprio secondo i desideri del committente e dell'esecutore.
Era proprio una sala che ricordava il giardino dell'Eden con tralci d'uva in bronzo a decorazione dalle lesene che sporgevano dal rivestimento e sui capitelli delle colonne.
Per questo lavoro Giuseppe con un impegno di due giorni alla settimana, aiutato da alcuni garzoni del padrone di casa, portò a termine quel lavoro in 40 settimane e la sala riuscì ad essere inaugurata in occasione della festa di Pesach.
Fu in quella occasione che incontrò Maria una fanciulla quindicenne bellissima, cugina della moglie di un levita che aveva festeggiato con loro quel Pesach.
Maria era provvisoriamente a casa di questi, anziani e senza figli, che vivevano a Ein Karim, 8 Km da Gerusalemme, in quanto Maria a 13 anni era uscita dal Tempio a cui era stata votata dal momento della nascita.
Fu così che s'accese una scintilla tra Giuseppe e Maria, coltivata per tutto l'anno seguente, perché Giuseppe cercava per lavoro e con altri motivo di andarli a salutare a Ain Karim più o meno ogni mese.
E l'anno dopo si rincontrarono in quella sala ancora per Pesach.
Fu in tale occasione che, con Maria consenziente, si fidanzò con lei in presenza dei parenti ed annunciò che sarebbe dovuto partire per la Galilea per importanti lavori che gli avevano commissionato al porto e alla sinagoga di Cafarnao.
Nel frattempo Maria sarebbe stata in sua custodia a Nazaret, un paese non lontana da Cafarnao.
Là c'era la vedova di un levita che conosceva Zaccaria e Giuseppe, che avrebbe accolto Maria durante l'anno prima del matrimonio.
Fu così che partirono con la benedizione di tutti.

Quella sala al piano superiore di quella casa a Gerusalemme rimase loro nel cuore, ma non poterono tornarci che 13 anni dopo quando Gesù aveva 12 anni e vi celebrarono la Pasqua.
In quel anno il parente, il padrone di quella casa morì.
Maria la madre di Gesù aveva allora 37 anni, Gesù ne aveva 20 anni, e Giuseppe 55.
La casa era passata al figlio che aveva allora 18 anni, che espresse il desiderio che quella santa famiglia, che suo padre tanto amava, venisse tutti gli anni e la considerasse la casa propria.
E fu così.
Grande fu la festa l'anno in cui il padrone di quella casa si sposò, anche lui con una Maria di una famiglia di leviti.
Vennero anche i parenti di lei che provenivano da Cipro, in particolare la sorella col marito e il giovane figlio che si chiamava Giuseppe come il padre di Gesù.

Negli anni successivi Gesù cominciò a frequentare da solo quella casa, perché Giuseppe per problemi alle gambe non poteva muoversi agevolmente per il pellegrinaggio; infatti, alcuni anni dopo morì e da allora Gesù portava con sé in viaggio la madre.
Nello stesso anno che era morto Giuseppe, Gesù aveva 25 anni, nel mese di Nisan, alla luna nuova di primavera nacque il primogenito al padrone di quella casa.
I genitori gli misero nome Giovanni, ma essendo la famiglia anche in grandi relazioni fuori Israele lo soprannominarono Marco, perché i romani chiamano Martius quel mese.
Maria, la madre di Giovanni era proprietaria di un piccolo podere sul Monte detto degli Ulivi.
C'era un frantoio e un casa di campagna davanti ad una grotta.
Là, durante la settimana di Pesach, essendo a distanza consentita nel giorno di sabato, fecero la festa della circoncisione e invitarono amici e parenti, anche quelli di Cipro.
Fu così che Gesù conobbe Giuseppe il nipote di Maria la madre di Giovanni - Marco, proprietario di un terreno vicino a quello di Maria.
Da quel giorno Giuseppe di Cipro fu chiamato Barnaba "figlio dell'oracolo" quando disse, proprio per festeggiare il cugino Marco: "Questi farà grandi cose per il Regno dei cieli" e tutti, anche Gesù, dissero Amen.

IL DISCEPOLO COL LENZUOLO - IL PODERE DEI GETZEMANI
Il praedium o podere del Getzemani era un fondo che aveva tanti pregi:
  • era sul Monte detto degli Ulivi;
  • era in vista del Tempio;
  • era vicino e ci si poteva arrivare anche di sabato;
  • aveva verde e frescura per le leggere brezze che c'erano anche nei giorni più caldi e un'ottima esposizione;
  • c'era una vigna circondata da una siepe e c'era una piccola torre con un torchio;
  • produceva uva che era una benedizione e dava un vino rosso eccellente che era conservato in alcune grotte del podere;
  • c'erano tanti ulivi che producevano olio di prima qualità;
  • c'era altresì una mola di pietre ruotanti per la spremitura;
  • un piccolo campo poi era coltivato a grano e produceva farina ottima che dava anche il centuplo della semina.
Si diceva che da quel podere fossero provenuti il grano e l'uva per il pane e per il vino che il Melkisedech, figura del Messia, re di Salem, appunto di Gerusalemme offri ad Abramo al ritorno della vittoria contro i 4 re.
Era il podere che riforniva il Tempio e quindi spesso venivano sacerdoti addetti a soventi controlli di qualità.
L'olio in particolare serviva, infatti, anche per le lampade del Santo dei Santi e per i sacri crismi.
Soprattutto per l'olio che serviva a tali mansioni le olive dovevano venire raccolte a mano dagli alberi e non da terra; quelle cadute non dovevano far parte della fornitura per il Tempio.
Inoltre, le olive raccolte a mano dagli alberi dovevano essere spremute entro il giorno successivo.
Il fatto che spesso arrivavano sacerdoti a controllare era una garanzia per il vino e per l'olio e venivano venduti solo a clienti scelti o soprattutto erano usati per la famiglia e per gli ospiti.
Inoltre per gli usi della famiglia c'era un orto con alberi da frutta, fichi, sicomori melograni, alcuni cedri e verdure in un appezzamento recintato ove non potevano entrare gli animali, mentre il poco grano che producevano serviva solo per i 12 pani del Tempio da sostituire settimanalmente e per la famiglia.
Gli animali erano tenuti in recinti appositi, sull'aia davanti una costruzione in pietra che costituiva stanze antistanti le grotte per le cantine e per il ricovero degli animali nelle notti più fredde.
C'erano due buoi per sarchiare e arare, alcune caprette, c'erano due cavalli e due asini, galline e galli in quantità.
Era veramente come il giardino dell'Eden, un connubio perfetto tra la creazione e il lavoro dell'uomo e dava un senso di pace e di pienezza.
Era il posto ideale per passarvi la festa di Succot.
Gesù che era venuto a Gerusalemme prima della festa di Succot nell'anno precedente l'inizio del suo ministero si fermò da loro.
Costruì con le sue mani la capanna con tre pareti di canne e il tetto coperti di foglie e il piccolo Marco, allora di 9 anni, si divertì molto ad aiutarlo e andava e veniva con rami ricchi di foglie di fico.
Fu così che parlarono della bella asina bianca che di recente aveva comprato il padre di lui.
Il bimbo disse che quando da quella sarebbe nato un asinello il padre, glielo aveva promesso, sarebbe stato il suo, l'avrebbe cavalcato.
Gesù ripassò da lì a Succot dell'anno precedente la sua morte e risurrezione e Marco gli disse: sai che il mio puledrino d'asino potrò cavalcarlo dopo il prossimo Pesach, così mi ha promesso il mio babbo.

IL DISCEPOLO COL LENZUOLO - L'ULTIMA CENA
Erano già un paio d'anni che Gesù dall'inizio del suo ministero non aveva festeggiato la Pasqua in quella casa.
La sera della cena a Betania nella casa di Simone il lebbroso, che Gesù aveva risuscitato, incontrò anche il padre di Marco.
Gesù gli disse verrò a far Pasqua a casa tua per festeggiare con i miei discepoli, ma un giorno prima, secondo il conteggio del calendario solare.
Capitava quel anno che era il giorno degli azzimi in cui si immolava la Pasqua.
Il padrone di casa ovviamente ne fu felice e disse che con la famiglia sarebbe stato nel podere di Maria, quindi gli avrebbe lasciato ogni disponibilità, che avrebbe fatto addobbare la sala e che bastava che facesse dare conferma al servo più importante che andava a prendere acqua con gli altri ogni mattina nei pressi del vecchio acquedotto vicino casa, così avrebbe potuto fornire l'occorrente per la cena.
Così fu che Gesù mandò due discepoli alla piscina di Siloe, la cui acqua veniva dalla sorgente Ghicon tramite l'acquedotto che aveva fatto fare il re Ezechia.
Fu lì che come erano gli accordi incontrarono quel servo con la brocca e poterono dare gli ultimi ritocchi alla sala.
Ovviamente il pane e il vino erano quelli del podere del Getzemani, quelli di Melkisedech.
Fu li che lui, la vera vite, dette da bere il suo vino agli apostoli... il suo stesso sangue, come annunciò.
Lo videro gli apostoli che era vero.
La stessa notte più tardi, quando assieme andarono al Monte degli Ulivi in quel podere lo videro, infatti, essere proprio una vera vite.
Fu quando dalla fronte imperlata di sudore pareva che da Gesù scendessero chicchi di rossa uva: "Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo. In preda all'angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra." (Luca 22,43s)
Intanto la famiglia di Marco dormiva nel podere accanto.
Marco sentì qualche rumore quando arrivò una turba di gente con lanterne, spade e bastoni.
La turba era guidata proprio da uno dei discepoli, Giuda Iscariota.
Dopo grida e atti concitati presero Gesù che stava immobile con grande dignità.
Marco s'era alzato dal suo letto e si era avvicinato.
Era nudo, ma avvolto da un lenzuolo e si nascose dietro un ulivo.
Vide un gran trambusto e poi i discepoli darsela a gambe.
Mentre le guardie del sommo sacerdote tenevano Gesù e si allontanavano passarono con le lanterne vicino ad un albero da cui si intravedeva ai piedi del tronco spuntare un lembo del lenzuolo strascinato per terra.
Fu così che una guardia l'afferrò, ma lui, Marco, nudo fuggi a zig-zag tra gli ulivi di quel giardino che conosceva bene, sotto i raggi della luna piena.

IL DISCEPOLO COL LENZUOLO - IL TRANSITO DI MARIA
Maria, la madre di Gesù, sentì che doveva abbandonare questo mondo.
Avverti alcuni degli apostoli che in quel momento erano in Gerusalemme e chiese che avvertissero quelli lontani della prima ora.
Voleva che tornassero per dar loro l'estremo saluto.
Chiese anche a Maria la madre di Marco di poter essere portata là dove Gesù le aveva detto, nel paradiso terrestre del monte degli Ulivi, dove sarebbe venuto prenderla.
Da Gerusalemme i discepoli andarono a chiamare tutti.
La notizia tramite la madre Maria arrivò anche a Giovanni Marco che in quel momento stava col cugino Giuseppe Barnaba e Paolo nell'isola di Cipro.
La notizia lo colse all'improvviso appena sbarcato in terra ferma.
La madre aveva bisogno di lui, inoltre Maria la madre di Gesù, la cara Signora, conoscente della madre, stava per andare via da questo mondo.
Tutti i discepoli a Gerusalemme, erano in fermento.
Doveva andare a sistemare le cose, perché nel frattempo suo padre era morto e la madre non era più in grado di provvedere ad alcunché.
Fu così che Marco scelse di tornare e parve abbandonare la propria missione.

Quando arrivò a casa trovò ad accoglierlo la madre che gli raccontò i fatti.
Figlio mio ti ho fatto cercare perché avevo un grande bisogno di te.
La Signora stessa mi ha detto di farti tornare.
Era stata un'estate caldissima.
Il Signore le era apparso dicendole di farsi portare al podere del Getzemani per ripararsi dalla calura e di entrare nella cella del vino ove era più fresco.
Lui sarebbe venuto presto a prenderla per portarla con sé.

Pietro, che nel frattempo era venuto.
Lo abbraccio e proseguì lui il racconto.
Si, la Signora aveva da tempo l'intuizione che doveva passare da questo mondo al Padre, e così è stato!
Riunì quelli di noi della prima ora che erano più vicini a Gerusalemme e ad ognuno disse qualcosa.
È stato così che, la Signora mi ha parlato anche di te.
Mi ha detto fai rivenire Marco, portalo con te, ti sarà utile e servirà per portare il Signore alle genti.
Così la tua mamma che sapeva che eri a Cipro ti mandò a chiamare e tu, come Dio volle, trovasti i suoi incaricati in terra ferma che stavano per imbarcarsi per Cipro.

Poi Pietro proseguì, la Signora, mormorava spesso tra sé e sé le parole del Cantico dei Cantici, il brano 2,1-4 ove è detto:

"Io sono un narciso della pianura di Saron,
un giglio delle valli.
Come un giglio fra i rovi,
così l'amica mia tra le ragazze.
Come un melo tra gli alberi del bosco,
così l'amato mio tra i giovani.
Alla sua ombra desiderata mi siedo,
è dolce il suo frutto al mio palato.
Mi ha introdotto nella cella del vino
e il suo vessillo su di me è amore
."

Ti posso assicurare che La Signora era felice.
Decidemmo, allora, di portarla là nel tuo podere che era tanto caro al Signore, nella grotta principale, per ripararla da quella calura opprimente.
Poi un bel mattino Giovanni, mio nipote, venne di corsa qui al Cenacolo.
Avvertì che nella cella del vino la Signora Maria era sparita.
Trovò solo il giaciglio sfatto e un lenzuolo a terra.
Non si è trovata più... è in cielo con Lui.

È avvenuto come dice il Cantico.
"...parla il mio diletto e mi dice: Alzati, amica mia, mia bella, e vieni! (Cantico 2,10)

Si è attuato quanto anche il brano 5,15:

"Sono venuto nel mio giardino, sorella mia, mia sposa,
e raccolgo la mia mirra e il mio balsamo;
mangio il mio favo e il mio miele,
bevo il mio vino e il mio latte.
Mangiate, amici, bevete;
inebriatevi d'amore.
Mi sono addormentata, ma veglia il mio cuore.
Un rumore! La voce del mio amato che bussa:
Aprimi, sorella mia,
mia amica, mia colomba, mio tutto;
perché il mio capo è madido di rugiada,
i miei riccioli di gocce notturne."

Fu così che Marco seguì Pietro a Roma.

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