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LO SCETTRO DI DIO, IL BASTONE DI MOSÈ E IL MESSIA
di Alessandro Conti Puorger

LA GUERRA CONTRO IL DIO DI QUESTO MONDO
Scienza, ragione e fede concordano sul fatto che prima dell'uomo sulla terra c'erano già varie forme di vita.
Il racconto biblico, peraltro, propone che quando l'uomo fu fatto insediare dal Creatore sulla terra fu insidiato da un essere nemico che insinuò pensieri contro Dio e contro la verità.
La presenza di un tale subdolo suggeritore implica che l'autore biblico riteneva la terra già "regno" di satana, un angelo ribelle, caduto dal cielo coi suoi seguaci, rifugiatisi proprio in questo mondo.
Il che fornisce un'ulteriore angolatura al perché l'uomo fu posto nel "Gan Eden", il giardino terrestre, preparato ad hoc, separato dalla steppa "shadoeh" dove viveva il demonio "shad" , col fine di costituire un avamposto in terra del regno celeste in cui l'uomo poi sarebbe stato fatto entrare.
Al riguardo, gradualmente portano a tale idea questi miei precedenti articoli:
Quel tale angelo, detto satana "shatan" , accusatore, mentitore, nemico, non voluto nel giardino, v'era entrato con inganno, apparendo come il serpente "nachash" di Genesi 3,1 per spargere seme "zoerà'" di discordia.
Ciò ha molta attinenza con la parabola della zizzania: "...i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo." (Matteo 13,27s)
Si parla così di "mysterium inequitatis", il mistero del male nel mondo, come pure è un mistero il perché Dio l'abbia consentito.
Al riguardo Beato Giovanni Paolo II ebbe a dire: "Non dimentichiamo però che il peccato in se stesso è un mistero di iniquità, il cui inizio nella storia, e anche il successivo sviluppo, non possono essere compresi appieno senza riferimento al mistero di Dio-Creatore, e in particolare del Creatore degli esseri che sono fatti a immagine e somiglianza di lui. Le parole del Vaticano II già riportate, dicono che il mistero del male e del peccato, il "mysterium iniquitatis", non può essere compreso senza riferimento al mistero della redenzione, al "mysterium paschale" di Gesù Cristo..." (mercoledì 10-12-1986)
L'uomo si trovò così chiamato ad essere coinvolto in una lotta che, in effetti, era iniziata in cielo prima di lui.
È implicito che era possibile che potesse incappare nella morte provocata dal nemico, ma sarebbe comunque fuggito dal maligno per tornare, dopo il turno di militanza in terra, nel regno di provenienza, quello dei cieli, infatti "...impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile." (Matteo 19,26)
Era perciò assodato che il Signore l'avrebbe guardato con occhio benevolo, pronto ad operare con grande misericordia, in quanto l'Essere Supremo conosceva bene gli antefatti e avrebbe operato di conseguenza salvando l'uomo se fosse rimasto sconfitto nei tentativi di colonizzazione.
L'uomo però liberamente poteva scegliere d'essere l'alleato di Dio in terra o no, ma i progenitori propesero per il no.
Questo fu il peccato originale, credere che Dio operasse verso l'uomo in modo volutamente ingannevole e che non amasse veramente l'uomo.
Tale modo di vedere le cose assume più autorevole concretezza col fatto che la caduta degli angeli ed il regno in terra del maligno sono realtà che la Chiesa Cattolica prende in considerazione ai punti dal 391 al 395 del Catechismo.
Nella voce tentatrice del serpente di Genesi 3, che provocò la scelta di disobbedienza della prima coppia e che si riverberò sull'umanità tutta intera, la Scrittura e la Tradizione della Chiesa intravedono, infatti, l'espressione di un angelo caduto - satana, il diavolo, il divisore - capo di schiere angeliche create da Dio naturalmente buone, ma da sé trasformatisi in malvagie in quanto con libera scelta hanno rifiutato Dio.
Quel peccato è radicale ed irrevocabile, cioè dopo la caduta non v'è possibilità col loro pentimento di rientrare nel suo Regno, come non v'è possibilità di pentimento per gli uomini dopo la morte.
Questa realtà è il motore della storia di salvezza preparata da Dio per l'uomo che con la risurrezione di suo Figlio rende palese che "tutto concorre al bene di coloro che amano Dio" (Romani 8,28) onde quella dei nostri progenitori fu una "felice colpa", felix culpa come s'esprime l'Exultet pasquale del Rito romano.

Le lettere ebraiche di:
  • serpente hanno come valore somma ( = 300) + ( = 8) + ( = 50) = 358;
  • satana hanno come valore somma ( = 50) + ( = 9) + ( = 300) = 359.
Quanto apparve ad Eva in Genesi 3, in effetti, era satana = 359 che s'era degradato dell'Unico = 1 e aveva preso la forma di serpente = 358.

Il mistero del "seme di satana" "zoera' leshatan" dà luogo al numero diabolico:

= ( = 50) + ( = 9) + ( = 300) + ( = 30) + ( = 70) + ( = 200) + ( = 7) = 666.

Il Vangelo di Giovanni al riguardo di satana commenta "...il diavolo... è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui... è menzognero e padre della menzogna." (Giovanni 8,44)

Seguendo tale pensiero allo stesso numero somma di 666 si perviene pure con:
  • "il demonio padre del primo serpente "

    = ( = 4) + ( = 300) = 304
    = ( = 2) + ( = 1) + ( = 1) = 4
    = ( = 300) + ( = 8) + ( = 50) = 358
  • "il maligno , il primo mentitore "

    = ( = 10) + ( = 30) + ( = ) + ( = 5) = 65
    = ( = 200) + ( = 100) + ( = 300) + ( = 1) = 601
Che satana regnasse e che ancora signoreggia è assodato, pur se è in essere il combattimento coi seguaci di Gesù Cristo che hanno ricevuto il suo Spirito.
Nell'Apocalisse si trova: "All'angelo della Chiesa di Pèrgamo scrivi: Così parla Colui che ha la spada affilata a due tagli: So che abiti dove satana ha il suo trono..." (Apocalisse 2,12s)
Lui, il demonio, infatti, è:
  • "il principe di questo mondo", chiamato così ben tre volte nel Vangelo di Giovanni 12,31; 14,30; 16,11;
  • "il dio di questo mondo" come lo definisce San Paolo in 2Corinzi 4,4;
  • "l'Anticristo" (1Giovanni 4,3)
IL MESSIA VIENE DALLA TERRA O DAL CIELO?
Cristo è il Messia, è "Il Figlio di Dio apparso per distruggere le opere del diavolo" (1 Giovanni 3,8) e tornerà a recare verità, giustizia, ma soprattutto amore.
Molti sentono che tali assoluti non possono trovare qui soddisfazione e ripetono che la giustizia non è di questo mondo, perché generalizzato è lo scetticismo sul poter conoscere quaggiù la "verità" e c'è scoramento nei riguardi del poter vivere in un mondo in pace con gli uomini che s'amano come fratelli.
La pace, infatti, è contrastata dagli istinti dell'uomo e, pur se auspicata, resta attesa con la progenie nuova messianica in cui "il lupo dimorerà insieme all'agnello" (Isaia 11,6a).
I concetti di verità, bellezza, amore, giustizia, eternità... però, sussistono come se gli uomini l'avessero assaporate, quasi che avessero latente, ma indelebile, un ricordo, tanto da far domandare se tali assoluti siano il prodotto di proiezioni delle circonvoluzioni celebrali o residui d'una cultura di un altro mondo da cui proveniamo, come propende la Scrittura:
  • "...quelli che Egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli." (Romani 8,29)
  • "Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per...". (Efesini 1,3-5)
Per contro cristiani ed ebrei attendono un regno eterno: "Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d'uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai." (Daniele 7,13s)
Nel suo "Messaggio per la Quaresima" Benedetto XVI il 4-2-2010 evidenziò: "giustizia", che nel linguaggio comune implica dare a ciascuno il suo - "dare cuique suum", secondo la nota espressione di Ulpiano, giurista romano del III secolo. In realtà, però, tale classica definizione non precisa in che cosa consista quel "suo" da assicurare a ciascuno. Ciò di cui l'uomo ha più bisogno non può essergli garantito per legge. Per godere di un'esistenza in pienezza, gli è necessario qualcosa di più intimo che può essergli accordato solo gratuitamente: potremmo dire che l'uomo vive di quell'amore che solo Dio può comunicargli avendolo creato a sua immagine e somiglianza. Sono certamente utili e necessari i beni materiali - del resto Gesù stesso si è preoccupato di guarire i malati, di sfamare le folle che lo seguivano e di certo condanna l'indifferenza che anche oggi costringe centinaia di milioni di essere umani alla morte per mancanza di cibo, di acqua e di medicine - ma la giustizia "distributiva" non rende all'essere umano tutto il "suo" che gli è dovuto. Come e più del pane, egli ha infatti bisogno di Dio. Nota sant'Agostino (De civitate Dei, XIX, 21): se "la giustizia è la virtù che distribuisce a ciascuno il suo... non è giustizia dell'uomo quella che sottrae l'uomo al vero Dio".
È, però, pure opinione comune, consolidata anche in molti atei, che la Bibbia è un insieme di testi di sapienza e storici in cui v'è un'anima poetica antica, che si rivela in particolare col libro dei Salmi o Salterio, costituito da 150 "passi, odi, carmi, inni, ecc...." attuali, con cui hanno pregato e pregano generazioni e generazioni di fedeli ebrei e cristiani, perché riguardano quegli assoluti e le risposte nei vari stati d'animo a Dio che interpella la vita degli uomini.
Quel libro, infatti, vibra con la frequenza del cuore dell'uomo e di Dio con canti spirituali capaci d'elevare l'anima al cielo e di aprire le porte di un mondo inaccessibile.
Quest'anima poetica, frutto di mistici e sapienti vissuti oltre 25 secoli fa, ispirati da Dio per i credenti, coglie e presenta le aspirazioni immutabili dell'uomo e le trasferisce in preghiera personale o liturgica verso il mistero che lo sovrasta.
Se ne ricava che quegli uomini, tutto vagliato, conclusero che per l'attuazione di quelle aspirazioni, che avevano considerato venire dall'alto, occorreva proprio un aiuto dall'alto che definirono "salvezza", una congiunzione favorevole, un connubio felice mai prima verificatosi: "La sua salvezza è vicina a chi lo teme e la sua gloria abiterà la nostra terra. Misericordia e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno. La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo. Quando il Signore elargirà il suo bene, la nostra terra darà il suo frutto." (Salmo 85,10-13)
È buona norma cercare per le parole chiave come salvezza e gloria quando e come si verifica la prima citazione nel testo ebraico dell'Antico Testamento.
S'ottiene che la prima volta in cui è usato:
  • il verbo da cui deriva salvezza è nel libro dei Numeri nel versetto: "Quando nel vostro paese andrete in guerra contro il nemico che vi attaccherà, suonerete le trombe con squilli di acclamazione e sarete ricordati davanti al Signore vostro Dio e sarete liberati dai vostri nemici." (Numeri 10,9), quindi, la salvezza è liberazione da un nemico attuata da Dio e sarà preceduta dal suono di tromba;
  • il termine "gloria del Signore" è nella Torah (Esodo 16,7-11; 24,16-17; 40,34-35; Levitico 9,6-23; Numeri 14,10-20; 17,7; 20,6) in occasione di teofanie, cioè di manifestazioni di potenza extraterrena, quale Dio sul monte Sinai.
Ora, salvezza unita alla parola gloria certamente portò il pensiero dei cultori della parola in attesa di un liberatore al versetto "Tale m'apparve l'aspetto della gloria del Signore" (Ezechiele 1,28b), relativo "carro di fuoco", visione con descrizione apocalittica di una manifestazione extraterrestre avuta da Ezechiele in esilio a Babilonia.
I ricercatori cristiani della prima ora, considerato che il "carro di fuoco" era visione che si riferiva agli ultimi tempi come aveva accennato Gesù stesso nella predicazione riportata nel Vangelo di Matteo, nello scrutare i sacri testi per rinvenire profezie sul Cristo, di certo hanno verificato i versetti che includono la parola salvezza, che in ebraico ha le stesse lettere del nome Gesù.
Il trovare unito alla parola gloria certamente li ha confortati e li ha portati a considerare messianico il salmo 85, profetico su Gesù stesso.
Lui, Gesù, poi nel Vangelo di Giovanni si dichiara: "Io sono la via, la verità e la vita" ed afferma che "nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Giovanni 14,6); asserisce così d'essere il compimento di tutte le speranze che ha l'uomo per passare ad una nuova dimensione, superando le strettoie spazio-temporali dell'invecchiamento e della morte in quanto, appunto, lui è la Vita.
Perché s'attendeva un personaggio del genere?

È questi inquadrabile e congruente al pensiero biblico originario sul Messia?
Il Messia per l'Antico Testamento è solo un uomo o viene dal cielo?
Era bestemmia la possibilità prospettata da Gesù davanti al Sinedrio che il Messia venisse dal cielo con la dichiarazione che richiama la profezia di Daniele "Vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra di Dio e venire sulle nubi del cielo"? (Matteo 26,64; Marco 15,62; Luca 23,69).
(In Matteo vi sono altre due dichiarazioni di Gesù con riferimento ai cieli aperti, al 24,30 nell'annuncio della fine dei tempi ed al 25,31 sul giudizio finale.)

La questione della visione del "carro di fuoco" era proprio essenziale per i primi cristiani tanto che il protomartire diacono Stefano, nel 34 d.C., 4 anni dopo il processo a Gesù, morì lapidato per lo stesso motivo e con le stesse parole sulla bocca: "Ma Stefano pieno di Spirito Santo, fissando gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù (salvezza) che stava alla sua destra e disse: Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo che sta alla destra di Dio." (Atti 7,55s)
Al riguardo, il Messia, dall'ebraico e/o "l'unto", è in greco "cristòs" cristos, un cristo, in quanto unto col crisma, l'olio sacro.
Tale parola usata nei riguardi dell'azione d'unzione di sacerdoti si trova per la prima volta nel libro del Levitico 4,3 e 6,22, uno dei più antichi libri della Torah.
Poi nelle Sacre Scritture il titolo di unto fu attribuito ad uomini quali i re (Saul - 1Samuele 9,16; Davide - 2Samuele 2,4.7 - Salmo 89,21; Salomone - 1Re 39,45) anche pagani (Ciro - Isaia 45,1), per patriarchi e profeti (Salmo 105,15 -1Cronaca 16,22) fino a definire così lo stesso Israele (Abdia 3,13), comunque, è riferito a persona scelta e delegata da Dio per far da tramite col popolo con sfumature crescenti fino ad indicare un personaggio che ha catalizzato su di sé la tensione che attuerà le speranze esistenziali dell'uomo (1Samuele 2,10; Salmo 2,2; Siracide 46,19).
Nel II° secolo a.C. le profezie di Daniele aumentarono la tensione per un futuro "David" che sarà un unto, "un principe consacrato" (Daniele 9,25) e costituirono la scintilla che sottolineò la grande attesa, poi alimentata dalla spiritualità dei monaci di Qumran - le cui tracce sono state recuperate in alcuni scritti là ritrovati, confermata poi in libri, definiti apocrifi dal canone ebraico e cristiano. (Salmi di Salomone, librl di Enoch, Oracoli Sibillini ebraici ecc.)
Il desiderio dell'avvento di un'era messianica peraltro s'era esteso anche a culture non ebraiche ed al riguardo è da ricordare la tensione registrata nel Vangelo di Matteo sui Magi provenienti appunto dai "gentili" e la IV Egloga di Virgilio (4-9) che canta: "Giunge ormai l'ultima età dell'oracolo cumano, inizia da capo una grande serie di secoli ormai torna anche la Vergine, tornano i regni di Saturno, ormai una nuova progenie è inviata dall'alto cielo. Col fanciullo che ora nasce cesserà la razza del ferro e sorgerà in tutto il mondo quella dell'oro..."
Sotto l'occupazione romana, iniziata nel I secolo a.C., gradualmente in Israele crebbe il desiderio di libertà e l'attesa dell'avvento dell'era messianica toccò l'acme proprio nel secolo successivo.
S'attendeva, infatti, un liberatore, e tale stato d'animo lasciò molti impreparati alla svolta inattesa, che dette a tale speranza l'ebreo Gesù di Nazaret.
L'eccitazione per il Giudaismo finì poi amaramente, con le vicende legate alla I insurrezione che terminò con la distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C. e con la II insurrezione (131-135 d.C.) capeggiata dall'acclamato messia Simone bar Kokeba, ma riapparve in successive forme sporadiche ed intimistiche nel medioevo e poi tra i Chassidim, e ora la tensione resta relegata ai tempi finali.
Proprio nel I-II secolo d.C. si verificò la grande controversia che dette luogo alla scelta da parte del residuo ebraismo di definire "eresia" il credo cristiano sulla natura del Messia; cioè dopo la scissione dall'ebraismo della "setta " cristiana:
  • per ebraismo residuale il Messia è un uomo che aprirà la fine dei tempi;
  • per il cristianesimo Gesù di Nazaret è il Cristo, e nella propria persona ha la doppia natura d'uomo e di Dio, perciò gli ultimi tempi sono iniziati con la sua 1° venuta nel nascondimento e si concluderanno col suo ritorno nella gloria.
In pratica per il cristianesimo si stanno vivendo i tempi del Messia, mentre per l'ebraismo quei tempi debbono iniziare.
(Per l'islam "il Corano è rivelazione ultima e definitiva" e al Masih è solo l'appellativo d'un uomo Mahdì "ben guidato ")
È da ciò evidente che ci fu un tempo in cui la questione era controversa, onde ha senso cercare nelle radici per farsi un'idea il più possibile obiettiva sul come si concili la figura del "servo sofferente" d'Isaia 52,13 - 53,12, assorbita ed inquadrata dal Cristianesimo con la prima venuta del Cristo nel nascondimento, col Messia glorioso atteso dal Giudaismo.
Nella tradizione ebraica, per conciliare la sofferenza con la gloria, c'è traccia dell'attesa di due personaggi, come s'evince dalla voce Messia dal "Dizionario di usi e leggende ebraiche" di Alan Unterman (Laterza): "Il re unto dal Signore della casa di Davide di Betlemme, che alla fine dei tempi Dio manderà a dare fine alla redenzione finale. Nel folklore ebraico, il Messia della casa di Davide, sarà preceduto da un Messia della casa di Giuseppe, che guiderà le armate d'Israele contro Gog e Magog, ma sarà ucciso nella guerra che seguirà. Il Messia della casa di Davide distruggerà alla fine le forze malefiche e guiderà con l'ausilio del profeta Elia il raduno degli esiliati. Durante il regno del Messia, principe della pace avverrà la risurrezione dei morti, seguita dal gran giorno del giudizio per tutta l'umanità. Sarà rivelata la via per arrivare al giardino dell'Eden. I giusti seguiranno il Messia in un nuovo ordine del mondo, 'olam-haba', in cui sarà distrutta l'inclinazione cattiva. I giusti festeggeranno mangiando la carne del Behamot, del Leviatano, e dello Ziz e berranno il vino messo da parte dai sei giorni della creazione. ...Il Tempio scenderà giù costruito dal cielo..."
Nasce così la domanda, se l'attesa messianica d'un salvatore dell'uomo è soltanto degli ultimi scritti dell'Antico Testamento, come sostengono taluni, o piuttosto sottende tutto il testo sacro a partire dagli scritti più antichi, Torah e Salmi?
È cioè da investigare se l'idea del Messia abbia avuto sviluppo per accrescimento teologico, che poi ha seguito vie diverse nell'ebraismo e nel cristianesimo, o se derivi dalle Scritture.
È mia opinione che le divergenze sono avvenute quando si perse il modo di leggerle nelle Scritture, pur se nella tradizione ebraica restò traccia d'una meta-scrittura e d'un esoterismo interno al testo, per cui ritrovato il metodo è possibile poterle scrutare.
(Questi articoli parlano di quel metodo "ritrovato")
Intendendo dare una prova sintetica di tale seconda tesi, porto a considerare proprio i due Salmi che entrambe le tradizioni, ebraica e cristiana, concordano nel definire messianici con prospettive escatologiche; precisamente il n° 2 e il n° 110, salmi antichi, scritti nel periodo dei Re.
Il Salmo 2 decriptato si trova in "Nel DNA dei Salmi: il Messia", articolo in .pdf nella rubrica "Attesa del Messia".
Il Salmo 110 decriptato si trova in "Abdia, libro del servo di Iahwèh " e la sua dimostrazione nella 2a parte di "Melchisedek, personaggio enigmatico, e il Messia", articolo in .pdf nella rubrica "Attesa del Messia".
Il fatto che i Salmi 1, "le due vie", e il 2 "sul Messia" sono premessa del Salterio è conferma che l'attesa messianica è, dall'origine, tema centrale dell'ebraismo solo che il Salmo 2 esprime in termini collettivi - nazioni, popoli, re, governanti - ciò che nel Salmo 1 è in forma individuale e non sono preghiere.
I Salmi 1 e 2 sono, infatti, un'unità in quanto hanno in comune che:
  • la benedizione di 1,1 e finale in 2,12 pare confermare l'intenzione d'unità;
  • l'affinità del meditare/cospirare in Salmo 1,2 e 2,1, entrambi con lo stesso verbo ebraico di ;
  • il perdere la strada sia in Salmo 1,6 che 2,12;
  • le sorti dei nemici del Signore e del consacrato o del giusto descritti nei due Salmi con gli stessi termini.
Il Salmo 110 poi s'auto attribuisce al re David, perciò d'epoca precedente le elaborazioni attribuibili ai profeti, compresa la teologia del "servo" d'Isaia.
Per entrambi più avanti faremo alcune considerazioni.
Connessa all'idea del Messia c'è poi anche nel giudaismo l'attesa della risurrezione dei morti, pur se nei testi della Bibbia canonica ebraica, letti in modo ordinario, pochi sono i passi certi di riferimento non essendovi compresi i libri dei Maccabei del canone cristiano cattolico, che hanno più concreti riferimenti espliciti con l'usuale lettura parola per parola.
Di questa idea associata al Messia si ha un primo riscontro con l'approccio dell'uso delle lettere ebraiche costituenti la parola, che hanno in sé un proprio specifico significato (rimando alle schede delle lettere inserite nel metodo citato).
Le lettere di Messia e/o possono leggersi:
  • i viventi risorgerà dalle tombe ;
  • salverà () dalla tomba ;
  • in vita risorto sarà dalla tomba ;
  • rivivrà dalla fossa ();
  • vivrà la Luce un'esistenza nascosta ;
  • vivrà dimesso ().
S'apre in questo modo uno spaccato sulle prerogative del Messia e quei predicati danno l'idea che il personaggio atteso sarà soggetto di risurrezione, come pure avrà in una certa fase un'esistenza nascosta.
Segnalo poi l'evidente voluto riferimento del Vangelo di Luca (3,22) al Salmo 2 al momento del battesimo di Gesù; quand'è riferito che s'udì dire da una voce dal cielo: "Tu sei il mio figlio prediletto in te mi sono compiaciuto", a dichiarazione che la missione di Gesù di Nazaret è proprio messianica, e la lettera agli Ebrei 1,5 che cita il versetto 7 del Salmo 2 e l'associa a 2Samuele 7,14 in cui da parte di Dio è detto: "Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio".
La prova palmare della natura divina del Messia risulterebbe conseguenza poi della fede nella dichiarata risurrezione che il Cristo "...secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture". (1Corinzi 15,4)
San Paolo però richiama anche le profezie su tale evento nelle Scritture!
Ora, qui s'entra in pieno nella tematica accennata nel paragrafo "Perché cerco un segreto" di "Decriptare le lettere parlanti delle Sacre Scritture ebraiche".
Il Vangelo di Luca (24,44ss), infatti, accenna all'attività del Risorto con gli apostoli tra Pasqua e Pentecoste del 30 d.C. per rendere palesi le profezie che lo riguardano, soprattutto sulla risurrezione, che altrimenti, nelle Scritture sono velate: "Poi disse loro: Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi. Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture disse: ...Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme."
Allora, dove si trovano queste profezie così complete e compatte?
Le profezie dei "canti del Servo di Iahwèh" ed i brani biblici riferibili al Cristo non esautorano il tema, ed i commentatori non forniscono riferimenti esaurienti per individuare le specifiche profezie evocate da Gesù con tanta sicurezza.
La certezza, inoltre, con cui Gesù asserisce sull'esatto compimento della Legge e dei Profeti assicura l'esistenza di profezie nei canonici ed apre il varco ad ipotizzare l'uso di una forma particolare per scrutare i testi sacri visto che con la lettura ortodossa quelle profezie sono rare o discutibili.
L'attività dello scrutare, per chi conosce le Scritture, ha però bisogno d'una breve iniziazione, in quanto comporta d'aver visto un quid senza il quale non si può leggere ed occorre accedere alle stesse con modi non usuali.
Il Salmo 110 poi è in armonia al Salmo 2, con quel "io ti ho generato" da parte di Dio, parrebbe proprio non riferire un'adozione, ma una vera filiazione prima dei tempi con quel "dal seno dell'aurora".
I vangeli sinottici (Matteo 22,41-46; Marco 12,35-37; Luca 20,41-44) in ordine al primo versetto di questo Salmo 110 hanno questo episodio che riporto nella forma di Matteo: "Trovandosi i farisei riuniti insieme, Gesù chiese loro: Che ne pensate del Messia? Di chi è figlio? Gli risposero di Davide. Ed egli a loro: Come mai allora Davide, sotto ispirazione (dello Spirito Santo annota Marco) lo chiama Signore dicendo: Ha detto il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io non abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi piedi? Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essergli figlio ? Nessuno era in grado di rispondergli nulla; e nessuno, da quel giorno in poi, osò interrogarlo." (Matteo 22,41-46)
L'argomento è acuto e stringente perché il Salmo 110 dice: "Oracolo del Signore al mio Signore", vale a dire Dio Unico, il Signore, Yahwèh dà un'investitura ad un altro Signore di cui dichiara "io ti ho generato" vale a dire ha la sua stessa natura "dal seno dell'aurora".
Questi però è anche uomo con funzione di sacerdote eterno - Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melkisedek (Salmo 110,4), è un ponte, un collegamento tra Dio e l'uomo, ed in sé c'è interfaccia e compatibilità delle due nature la divina e l'umana; è così l'unica via che ha l'uomo per entrare nell'eternità, lo "stargate" per il cielo!
(Vedi: "Midrash dello stargate - Corsa senza pit-stop per l'aldilà")

Interessante è verificare in quale situazione è collocato l'episodio del colloquio di Gesù con i farisei sul Salmo 110 che Matteo, Luca e Marco citano dopo che Gesù aveva affrontato con i sadducei il tema della risurrezione, alla quale questi non credevano, richiamandoli, visto che facevano solo una lettura tradizionale dei testi, proprio alle promesse di Dio ad Abramo, Isacco e Giacobbe che essendo promesse fatte dall'Eterno non ha senso il concetto di fine; la risurrezione è una conseguenza essendo via all'eternità.
Matteo e Marco poi v'interpongono la risposta di Gesù ad un dottore della legge sul comandamento più importante - amare Dio e il prossimo -, tutti argomenti fondamentali di fede che confermano l'autorità rabbinica di Gesù davanti al popolo e preparano la risposta che abbiamo visto sul Messia.
A Gesù sta stretto il titolo di Figlio di Davide, che pure è attributo messianico (Vedi ad esempio Matteo 12,23 e gli episodi delle guarigioni del Cieco di Gerico, d'altri due ciechi, della figlia di una Cananea, ecc.), ma pare preferire (si verifichi il numero di citazioni nei Vangeli) il titolo di Figlio dell'uomo che evoca la visione del carro di fuoco nel Capitolo 1 di Ezechiele 1,26-28, in cui "Sopra il firmamento che era sulle loro teste apparve come una pietra di zaffiro in forma di trono e su questa specie di trono, in alto, una figura dalle sembianze umane."
L'attributo di Figlio dell'uomo è in relazione a situazioni che superano la realtà terrena e propone l'immagine e somiglianza che Dio diede ad Adamo ("Il carro di fuoco di Ezechiele: Ufo e/o macchina del tempo?").
Tale riferimento è esplicito ed accolto nell'Apocalisse:
  • nella visione delle sette chiese "in mezzo ai candelabri c'era uno simile a figlio d'uomo" (Apocalisse 1,13);
  • nell'immagine del giudizio sulle nazioni "Io guardai ancora ed ecco una nube bianca e sulla nube uno stava seduto, simile ad un Figlio d'uomo; aveva sul capo una corona d'oro e in mano una falce affilata." (Apocalisse 14,14)
Dalla decriptazione del Salmo 2, a cui rimando, è evidente che la profezia riguarda eventi connessi alla prima venuta del Messia - annunciazione, nascita, Magi, fuga e ritorno dall'Egitto, vita pubblica..., morte, resurrezione - (come là è evidenziato nelle note tra parentesi a fianco la riportate), con dettagli e sequenze tali, pur se sintetiche, che seguono da presso i fatti raccontati dei Vangeli.
La decriptazione del Salmo 110, invece, fornisce profezia, con motivazioni e spiegazioni teologiche, sulla venuta alla fine dei tempi del Messia (la II venuta per i Cristiani) con l'apporto della risurrezione per tutti gli uomini, col giudizio sul vero colpevole ed il passaggio alla vita fuori del tempo di questo mondo presso Dio Unico, con lo stesso accenno del viaggio attraverso il cuore del Cristo in comunicazione col cuore del Padre.
Questo è un ulteriore caso in cui s'è ottenuto con la decriptazione un testo congruente e chiarificatore di quello di partenza, come se l'autore in modo esplicito non avesse avuto l'ardire di proporre in termini più concreti i motivi della speranza lasciata alla lettura nascosta degli esperti dell'epoca, sacerdoti e profeti, dottori della legge, che parlavano una lingua "da iniziati" e che, solidi nella fede, restavano vigilanti pur se l'attesa si fosse allungata.

IL MESSIA VIENE DAL CIELO ED È PROFETIZZATO NELLE SCRITTURE
La 1a lettera di Pietro 1,10 propone: "Su questa salvezza indagarono e scrutarono i profeti", ovviamente nella Torah e negli scritti sacri antichi, come appunto i Salmi, e non solo leggendo semplicemente, ma in armonia al "Voi SCRUTATE le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza." (Giovanni 5,39)
Tale attività profetica dello scrutare non s'esplica perciò con la semplice lettura, ma aprendo il testo sigillato sottostante, come suggerisce il profeta Isaia quando parla di due livelli di lettura: "Per voi ogni visione sarà come le Parole di un libro sigillato; si dà ad uno che sappia leggere dicendogli: Leggilo. Ma quegli risponde: Non posso perché è sigillato. Oppure si dà il libro a chi non sa leggerlo dicendogli: Leggilo, ma quegli risponde: Non so leggere." (Isaia 29,11-12)
Profeta non è solo chi profetizza gli eventi, che può confondersi con gli indovini, ma anche chi parla unica realtà vera salvifica per l'uomo ed indaga sui tempi ultimi del Cristo e lo è, sia chi predispose i testi, sia chi li indaga; infatti: "Le ispirazioni dei profeti debbono essere sottoposte ai profeti." (1Corinzi 15,32)
Tra l'altro, in aiuto alla lettura per decriptazione c'è anche un pensiero che nasce dalla 2Timoteo 3,14: "...conosci le sacre scritture: queste possono istruirti per la salvezza che si ottiene per mezzo di Cristo Gesù."
La queste sacre scritture nel testo latino sono "sacras litteras" e in quello greco sono "grammata = grammata" ossia anche lettere singole, il che non esclude lo spirito della decriptazione.
Il discorso fatto sugli "iniziati ", infine, porta il pensiero al 1° versetto del 3° canto del servo di Isaia: "Il Signore mi ha dato una lingua da iniziati, perché io sappia indirizzare allo sfiduciato una parola. Ogni mattino fa attento il mio orecchio perché io ascolti come iniziati." (Isaia 50,4) ove iniziato è "limmud" "avvezzo, ammaestrato, dotto" e "discepolo, profeta di IHWH" chi "ai perché () reca aiuto " e qual è la parola da dire agli sfiduciati?
La lettera 1Pietro indica quale fosse l'attività profetica: "Su questa salvezza indagarono e scrutarono i profeti, che preannunciavano la grazia a voi destinata; essi cercavano di sapere quale momento o quali circostanze indicasse lo Spirito di Cristo che era in loro, quando prediceva le sofferenze destinate a Cristo e le glorie che le avrebbero seguite" (1Pietro 1,10s)
Sofferenze e gloria cioè passione e risurrezione, ascensione e discesa dello Spirito Santo che sono a base del Kerigma o annuncio della buona notizia.

Nel giardino dell'Eden Adamo ed Eva erano felici, ma il serpente, l'angelo ribelle, fece intendere ad Eva che Dio era geloso e non voleva altri potenti come Lui capaci di realizzare tutto quello che avrebbero voluto.
Fu la prima grande bugia; suggeriva che Dio non è buono e non li amava.
Così la prima coppia si nutrì di tale pensiero del demonio che prese dimora nella loro carne come un parassita impossessandosi delle loro vite.
Per l'umanità quel peccato, appunto, il pensare che Dio è giudice severo e non è amore, fu origine di una tara ereditaria onde l'umanità non può amare, perché ha inaridito la sorgente separandosi dalla fonte dell'amore e dà all'amore una declinazione tutta umana sempre col riflesso di compiacenza su noi stessi.
Ecco però l'annuncio: Dio stesso si fa uomo obbediente in cui è incarnato l'Amore e sul legno di un albero, la croce, s'inchioda per aderire completamente a questo amore, così chi ne mangia genera nello spirito frutti di fede e di libertà, il ritorno al giardino dell'Eden.
L'Uomo-Dio che v'è inchiodato si cerchia la testa per non pensare come il mondo, si trafigge il cuore per amare di un puro vero Amore, si fora le mani secondo il comando dello Shemà (Deuteronomio 6,4s), muore e con Lui muoiono tutte le debolezze dell'umanità che sono su quel legno che diviene glorioso.
L'amore però è portentoso; ha in sé la forza della risurrezione.
"Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l'amore, tenace come il regno dei morti è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma divina!" (Cantico 8,6)
La Chiesa annuncia che Cristo è risorto perché l'Amore di Dio non può morire, anzi quando muore, uccide il peccato, ci dà la comunicazione con la fonte dell'Amore e ci restituisce la libertà di amare, persa col peccato originale e per il quale eravamo anche schiavi e non avevamo più vita vera in noi.
Entrare in questa fede porta ad assaporare la vittoria sulla morte.
Nel suo "Messaggio per la Quaresima" Benedetto XVI il 4-2-2010 evidenziò: "La giustizia divina non è quella degli uomini, non segue la regola classica che la identifica nel "dare a ciascuno il suo", ma quella per cui " il giusto muore per il colpevole e il colpevole riceve la benedizione che spetta al giusto" e costringe l'uomo a "uscire dall'illusione dell'autosufficienza", superando "quella strana forza di gravità che lo porta a ripiegarsi su se stesso, ad affermarsi sopra e contro gli altri: è l'egoismo, conseguenza della colpa originale. Adamo ed Eva, sedotti dalla menzogna di Satana, afferrando il misterioso frutto contro il comando divino, hanno sostituito alla logica del confidare nell'Amore quella del sospetto e della competizione; alla logica del ricevere, dell'attendere fiducioso dall'Altro, quella ansiosa dell'afferrare e del fare da sé sperimentando come risultato un senso di inquietudine e di incertezza."...
"L'annuncio cristiano risponde positivamente alla sete di giustizia dell'uomo".
La "giustizia di Cristo" è "giustizia che viene dalla grazia", perché "non sono i sacrifici dell'uomo a liberarlo dal peso delle colpe, ma il gesto dell'amore di Dio che si apre fino all'estremo, fino a far passare in sé la 'maledizione' che spetta all'uomo, per trasmettergli in cambio la 'benedizione' che spetta a Dio".

Tutto ciò, col tema dell'incarnazione, trapela evidente dai testi decriptati.
Nello stesso versetto d'Isaia 50,4 sul servo anche il testo nascosto è in stretto collegamento alla storia nascosta del Messia come risulta dalla decriptazione che ne conferma l'origine divina. (Vedi: "Visione su Abele, il pastore gradito al Signore")

Isaia 50,4 - "Il Signore mi ha dato una lingua da iniziati, perché io sappia indirizzare allo sfiduciato una parola. Ogni mattino fa attento il mio orecchio perché io ascolti come iniziati."




Dalla nube inviato è stato il Signore , con gli angeli finalmente l'energia di notte alla luce reca ; inviato perché () porti aiuto agli esseri viventi , dal serpente proteggerli nel tempo dalla potente oppressione (). Venuta () è alla vista col volto la Parola , è in azione scagliato () dentro una casa al freddo (versato in un corpo ) gli abita in casa per lo scontro . Ad agire sarà col corpo ; dal serpente è l'Unigenito per colpirlo per finirlo (). Sorge in vita per agire da retto ; da Profeta è dai viventi ."

S'è così costatata vera la parola di Gesù quando dice "sono proprio esse (le Scritture) che mi rendono testimonianza" e poi osserva: "Se credeste a Mosè, credereste anche a me, perché di me ha scritto." (Giovanni 5,39.46)
Ciò è integralmente vero se si procede a decriptazione dei testi, altrimenti la figura del Messia nella Torah resta velata e s'attuano le parole profetiche del Vangelo di Luca 16,31: "Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno rinascesse dai morti saranno persuasi".
In definitiva, delle decriptazioni dei predetti Salmi, in armonia a tutto quanto detto e decriptato in altri passi biblici nel mio sito, il Messia è un uomo, perché nato da donna, ma viene dal "cielo" in armonia al credo cristiano.
Questi è la via, il mezzo che a guisa d'astronave là ci porterà; infatti, nel credo Cristiano c'è "la risurrezione della carne, la comunione dei santi, la vita eterna".
In definitiva nel substrato del testo canonico ebraico c'è un'estesa e continua profezia sul Cristo.

M'è venuto il desiderio di decriptare a tappeto anche il Salmo 85, di cui ho detto prima e che riporto come successivo paragrafo, per verificare se pure questo sia congruente alle attese.
Dai testi antichi di questi tre salmi 2 - 85 - 110, scrutati secondo un'ermeneutica accettabile dalla tradizione ebraica per aprire una "delle settanta facce della Bibbia", applicata a tappeto, escono racconti inattesi e sorprendentemente coerenti da cui è evidente che il Messia è Figlio di Dio, e che nasce da donna.
(Il Talmud insegna che la Bibbia in ebraico è una "veste" detta "corpo" con una storia che racchiude significati più profondi con 70 facce che sono l'"anima" onde esiste una Torah rivelata, "Nigleh", ed una Torah interna e nascosta, "Nistar" ed esistono 4 livelli esegetici individuati nell'acronimo della parola "Pardes": Peshat, Remez, Darash e Sod cioè segreta. Vedi: "Il cristianesimo di fronte ad una Bibbia segreta" e "Tensione dell'ebraismo ad una Bibbia segreta")

In linea con i Vangeli è così un vero matrimonio tra la natura divina e la natura umana, pensato da prima della creazione e di durata eterna anche se attuato nel tempo, in cui la contingenza umana è stata posta, per la crescita alle dimensioni dello sposo e questo dono sarà dato con la risurrezione dai morti.
La fede nel Messia Figlio di Dio e nella risurrezione ha così senso non solo come rivelazione per i fatti avvenuti riportati da autorevoli testimoni, ma anche come profezia collegata alle Scritture.
In definitiva il Messia viene dal cielo e dalla terra, ma alla fine dei tempi riverrà dal cielo nella gloria come profetizza Ezechiele col suo "carro di fuoco", ma che oggi si manifesta con l'evangelizzazione in cui chiamati lo riconoscono Messia per portare alla fine con sé l'umanità tutta intera e le profezie convergono su di Lui, Gesù di Nazaret è il Messia, è della casa di Davide, è nato a Betlemme, è il bambino Emmanuele "Dio con noi", è il Servo sofferente delle profezie d'Isaia, è il re pacifico di Zaccaria, è il Melkisedek del Genesi, è il principe unto di Daniele.
Il Messia è il "primogenito tra molti fratelli " (Romani 8,29), la razza nuova venuta in terra, ma mandata dal cielo come dichiarato nel Vangelo di Giovanni: "Nessuno è mai salito al cielo fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo... perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna." (Giovanni 3,13-14b)
C'è una profezia interna nell'Antico Testamento che va saputa leggere, infatti non con Mosè s'entrò nella terra promessa, ma con Giosuè, così sarà Gesù ad aprire il Regno.
C'è, infine, una lettura del Messia , sintesi di quanto detto; il Messia si trova già nella Torah, cioè negli scritti di Mosè; infatti: "in Mosè () è nascosto "; potenza delle sacre lettere!

SALMO 85 - TESTO TRADIZIONALE E TESTO DECRIPTATO
Il Salmo nel testo esterno promette ai rimpatriati la pace messianica.

Salmo 85,1 - Al maestro del coro. Dei figli di Core. Salmo.

Salmo 85,2 - Signore, sei stato buono con la tua terra, hai ricondotto i deportati di Giacobbe.

Salmo 85,3 - Hai perdonato l'iniquità del tuo popolo, hai cancellato tutti i suoi peccati.

Salmo 85,4 - Hai deposto il tuo sdegno e messo fine alla tua grande ira.

Salmo 85,5 - Rialzaci Dio, nostra salvezza, e placa il tuo sdegno verso di noi.

Salmo 85,6 - Forse per sempre sarai adirato con noi, di età in età stenderai il tuo sdegno?

Salmo 85,7 - Non tornerai tu forse a darci vita, perché in te gioisca il tuo popolo?

Salmo 85,8 - Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza.

Salmo 85,9 - Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: egli annuncia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con tutto il cuore.

Salmo 85,10 - La sua salvezza è vicina a chi lo teme e la sua gloria abiterà la nostra terra.

Salmo 85,11 - Misericordia e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno.

Salmo 85,12 - La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo.

Salmo 85,13 - Quando il Signore elargirà il suo bene, la nostra terra darà il suo frutto.

Salmo 85,14 - Davanti a Lui camminerà la giustizia e sulla via dei suoi passi la salvezza."

Riporto di seguito il risultato della decriptazione che è un racconto continuo e compatto, perfettamente in linea con i salmi 2 e il 110 e con i Vangeli.

Salmo 85,1 - Perché dall'angelo (ribelle) scese l'ammalare il Figlio fu a versarsi per misericordia per colpirlo nei viventi e dai corpi...

Salmo 85,2 - a scacciarlo sarà finalmente il Signore dalla terra con la rettitudine che lo risuscitò da dentro la croce. Il Risorto dentro si riporterà alla fine per spazzarlo rovesciandolo da (dove) abita.

Salmo 85,3 - Toglierà finalmente l'iniquità che agisce nei viventi. Così di rettitudine li riempirà, sarà la perfezione racchiusa nei cuori che all'origine tutti i viventi riempiva che per il serpente uscì.

Salmo 85,4 - L'Unigenito farà perire in tutti, con la rettitudine, il serpente che agisce dentro i corpi. Completamente lo spengerà. La risurrezione dentro riporterà l'integrità. Dalle tombe i corpi si riporteranno per l'energia originata dal soffio della rettitudine.

Salmo 85,5 - Simili al Figlio li porterà la divinità che ad uscire sarà da Gesù. L'energia riporterà e uscirà il soffio della fiacchezza che agiva riempiendoli di rettitudine. Agendo, i viventi angeli porterà.

Salmo 85,6 - Dal mondo al Potente si vedranno portati potenti gli uomini. Incontreranno in faccia il Figlio che portarono in croce vivo risorto. Rette dell'Unico al volto tutte, aiutandoli col corpo, condurrà le generazioni.

Salmo 85,7 - Dal mondo al Potente Unico verranno entrando nel Crocifisso. I risorti si porteranno dentro tutti a vivergli, che sarà tra gli angeli a condurli. A portarsi si vedranno nella piaga da cui sarà stata la risurrezione in vita nelle tombe a recare da dentro con la rettitudine.

Salmo 85,8 - Usciranno alla vista degli angeli portati dal Signore, che per misericordia nel vaso si portò di Gesù che da retto in croce crocefissero. Tra gli angeli del Potente abiteranno.

Salmo 85,9 - Nell'Unico i risorti in seno i viventi del mondo saranno ad insinuarsi con i corpi; entreranno in Dio a stare. Dal mondo li porterà fuori così a stare. La Parola i risorti accompagnerà, da vivi Dio a vedere i viventi porterà, ma l'Unigenito al serpente chiuso in un buco sarà stato il basta a recare ed il rifiuto sarà stato col fuoco a portargli dentro avendo recato il serpente la stoltezza nel mondo.

Salmo 85,10 - Dell'Unico la rettitudine rovesciata nei corpi gli porterà la distruzione (ma) si vedrà essere portata la forza per risorgere; l'azione porterà il serpente a bruciare. La rettitudine l'ucciderà. Dentro per il recato aiuto in un pozzo giù l'angelo (ribelle) porterà.

Salmo 85,11 - Per grazia portata dall'Unico i viventi il Crocifisso tra gli angeli del Verbo che camminano nella luce recherà. I giusti porterà nella pace inviando la risurrezione che speravano.

Salmo 85,12 - Dall'Unico gli uomini che vivevano in terra col Crocifisso su a vivere nell'assemblea Tra i giusti vivranno con il Risorto i viventi, alla destra gli appariranno.

Salmo 85,13 - Nel cammino visse il Signore, fu Crocifisso! L'angelo (ribelle) aprì il cuore portando un'asta dentro all'Unigenito con in testa le spine ed in croce finì tra i lamenti. Dentro porterà il serpente nel mondo...

Salmo 85,14 -...giù nella polvere potente in persona sarà a riportarsi. Sarà a rientrare nel cammino per portare ad esistere della risurrezione ai viventi la potenza. Da via per i (loro) passi sarà a portarsi.

IL TRONO DEL RE DEL CIELO
La Bibbia ci dice che Dio andò alla ricerca di un popolo con cui allearsi per conquistare la terra e scelse una coppia anziana, Abramo e Sara e lei era anche sterile, eppure Dio e Abramo avevano gli stessi desideri: figli e terra!
Come propone la Bibbia, l'episodio che costituisce l'uscita dalle acque del parto del popolo di Dio si verifica dopo circa quattro secoli con i discendenti di Abramo e di Isacco e di Giacobbe con cui Dio farà poi una specifica alleanza. L'evento fu l'apertura del Mar Rosso di cui è detto in Esodo 14 e fu proprio un episodio glorioso in cui Dio manifestò il suo braccio santo e fu chiaro che era più potente del faraone dei suoi carri, dei suoi cavalli e dei suoi cavalieri.
Il cantico che Mosè allora propose al popolo conclude con "Il Signore regna in eterno e per sempre!" (Esodo 15,18) che è la constatazione che il fedele, anche quando non sa darsi spiegazioni, fa mirando i cieli, valutando con sguardo sintetico le vicende umane, certo che nulla accade se non inquadrato in un insieme, la storia, che vedrà la vittoria finale di Dio sul demonio e sul male.
Tutto ciò fu ben chiaro a Davide che si propose come interprete della volontà di Dio proponendo in effetti Dio stesso come re, sì che di fatto lui, l'unto dal Signore, altri non era che il suo vice in terra.
Ciò fu evidente quando Davide, gli anziani e i capi d'Israele procedettero con gioia al trasporto dell'Arca dell'alleanza del Signore dalla casa di Obed-Èdom a Gerusalemme e introdussero e collocarono l'Arca di Dio al centro della tenda eretta per essa da Davide.
Qui offrirono olocausti e sacrifici di comunione a Dio.
In quello stesso giorno Davide per la prima volta affidò ad Asaf e ai suoi fratelli una composizione di lode al Signore, riportata in 1Cronache 16,8-36 che, tra l'altro, al versetto 31 propone:

"Gioiscano i cieli ed esulti la terra si dica fra i popoli: Il Signore regna".

Era Gerusalemme divenuta così figura della Gerusalemme celeste con cui si conclude il libro dell'Apocalisse: "Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il 'Dio-con-loro'". (Apocalisse 21,1-3)
Da questa allegoria del re e di un regno dei cieli ne conseguono anche altri elementi; avrà appunto un trono, uno scettro, una corona e i suoi ambasciatori.
È interessante seguire sulla Bibbia quanto relativo a tali argomenti per approfondire l'idea che spunta dai sacri testi su tali temi.
L'antico libro di Giobbe vede che Dio "Copre la vista del suo trono stendendovi sopra la sua nube." (Giobbe 26,9) e la tradizione ebraica e biblica, infatti, immagina Dio seduto su una nube in cielo sul Trono di Gloria "Kiss'e ha kavod".
Oltre Ezechiele lo vide anche Michea che: "...disse: Pertanto, ascoltate la parola del Signore. Io ho visto il Signore seduto sul trono; tutto l'esercito celeste stava alla sua destra e alla sua sinistra." (2Cronache 18,18)
Solo Lui, il Re, può stare seduto, assieme ai 24 vegliardi.
Al momento della vittoria finale, infatti, si legge: "Il settimo angelo suonò la tromba e nel cielo echeggiarono voci potenti che dicevano: Il regno del mondo appartiene al Signore nostro e al suo Cristo: egli regnerà nei secoli dei secoli. Allora i ventiquattro vegliardi seduti sui loro troni al cospetto di Dio, si prostrarono faccia a terra e adorarono Dio". (Apocalisse 11,15s)
Gesù, infatti, agli apostoli che stavano con lui dopo l'ultima cena disse: "Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove; e io preparo per voi un regno, come il Padre l'ha preparato per me, perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno e siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele." (Luca 22,28-30)
Le altre figure angeliche stanno in piedi davanti al trono: "...alle sette Chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono, e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra." (Apocalisse 1,4)
L'idea del trono è estrapolata da quella di un re terreno ed il Talmud sostiene:
Questo trono fu visto dal profeta Ezechiele che presenta così la sua visione: "Sopra il firmamento che era sulle loro teste apparve qualcosa come una pietra di zaffìro ( 'aben safir) in forma di trono ( demut kiss'e) su questa specie di trono, in alto, una figura dalle sembianze d'uomo . Da ciò che sembravano i suoi fianchi in su, mi apparve splendido come metallo incandescente e, dai suoi fianchi in giù, mi apparve come di fuoco. Era circondato da uno splendore simile a quello dell'arcobaleno ( qoeshet) fra le nubi in un giorno di pioggia. Così percepii in visione la gloria del Signore ( kavod IHWH)." (Ezechiele 1,26-28)
Il trono era circondato dall'arcobaleno "qoeshet", e si può intendere che la vera prima lontana visione del trono della gloria ci fu per gli otto salvati quando si presentò quel primo arcobaleno nel racconto del Genesi del diluvio per sancire la prima alleanza con la nuova umanità.
Dal punto di vista dell'antichità della Sacra Scrittura la prima volta che, in effetti si parla, del trono del Signore è in Esodo 17, quando gli Israeliti furono attaccati da Amalek come ho evidenziato nei versetti che seguono.
È noto, infatti, in base a quel racconto che "Quando Mosè alzava le mani, Israele era il più forte, ma quando le lasciava cadere, era più forte Amalek. Poiché Mosè sentiva pesare le mani dalla stanchezza, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l'altro dall'altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. Giosuè sconfisse Amalek e il suo popolo passandoli poi a fil di spada. Allora il Signore disse a Mosè: Scrivi questo per ricordo nel libro e mettilo negli orecchi di Giosuè: io cancellerò del tutto la memoria di Amalek sotto il cielo! Allora Mosè costruì un altare, lo chiamò Il Signore è il mio vessillo ( IHWH nissi) e disse: Una mano contro il trono del Signore ( iad a'l kes IH)! Vi sarà guerra del Signore contro Amalek di generazione in generazione!" (Esodo 17,11-15)
Viene così palesata l'esistenza di una guerra perenne "di generazione in generazione" del Signore in terra contro il male, personificato là da Amalek.
Il popolo di Dio, perciò, si troverà sempre vicino il Signore "...che avanza come un prode, come un guerriero eccita il suo ardore; grida, lancia urla di guerra, si mostra forte contro i suoi nemici." (Isaia 42,13)
Gesù, infatti, nel Vangelo di Luca "Interrogato dai farisei: Quando verrà il regno di Dio? Rispose... il regno di Dio è in mezzo a voi!". (Luca 17,20s)
La guerra contro il dio di questo mondo era in pieno atto e il re il cui regno non è di questo mondo fu crocifisso sul suo trono di gloria, la croce gloriosa, e sulla croce scrissero che era re.
Visione simile a quella del profeta Ezechiele è quella dell'autore dell'Apocalisse: "Subito fui rapito in estasi. Ed ecco, c'era un trono nel cielo, e sul trono uno stava seduto. Colui che stava seduto era simile nell'aspetto a diaspro e cornalina. Un arcobaleno simile a smeraldo avvolgeva il trono. Attorno al trono, poi, c'erano ventiquattro seggi e sui seggi stavano seduti ventiquattro vegliardi avvolti in candide vesti con corone d'oro sul capo. Dal trono uscivano lampi, voci e tuoni; sette lampade accese ardevano davanti al trono, simbolo dei sette spiriti di Dio." (Apocalisse 4,2-5)
Dio come sovrano nei cieli ha evidentemente anche uno scettro.
Balaam il veggente dei pagani chiamato a maledire Israele ha una visione, una nascita celeste, una stella e uno scettro da Israele: "...Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele, spezza le tempie di Moab e il cranio dei figli di Set..." (Numeri 24,17)
Lo scettro qui è "shevoet e la lettera è particolare in quanto di uso molto meno frequente rispetto alle altre lettere e quindi caratterizzante la parola.
Tale lettera ha come significati base "cuore, pozzo, sigillato, utero" e come significati traslati "carità, bontà, amore, bellezza". (Vedi: scheda lettera tet cliccando nella colonna a destra delle pagine del Sito)
Se si spezza la parola coi significati delle varie lettere (Vedi: "Parlano le lettere") per scettro si ottengono questi predicati un significato:
  • gnostico, "per illuminare dentro il sigillato ";
  • sessuale, "accende dentro l'utero ";
  • spirituale o etico "accende dentro l'amore ".
Tra i vari significati che possono dare le lettere di questa parola però c'è anche "stare in esilio () per amore ".
Questo scettro, allora, è quello del Messia; sarà, infatti, Lui che "...pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce." (Filippesi 2,6-8)
Il Vangelo di Matteo 27,28s sottolinea che schernirono Gesù vestendolo da re di burla con una canna per scettro: "Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: Salve, re dei Giudei!"
Di fatto i salmi messianici segnalano la presenza di questo scettro eterno associato al Messia, ancora con l'uso della parola ""shevoet :
  • "Il tuo trono, o Dio, dura per sempre; scettro di rettitudine è il tuo scettro regale. Ami la giustizia e la malvagità detesti: Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di letizia, a preferenza dei tuoi compagni." (Salmo 45,7s)
  • "Di Davide. Salmo. Oracolo del Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi. Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: Domina in mezzo ai tuoi nemici." (Salmo 110,1s) (Vedi: "Nel DNA dei Salmi: il Messia" articolo in .pdf in "Attesa del Messia")


Faraone dell'XI Dinastia

Per gli egiziani assurse a significato di scettro per i propri faraoni il bastone di pastore, il Hekat , segno della civiltà su cui regnavano, basata su allevamento e agricoltura; il faraone, d'altronde, era il buon pastore del suo popolo e per il popolo ebraico che ebbe alle origini una cultura egizia, quanto nei racconti biblici dell'Antico Testamento è relativo a bastone da pastore spesso nasconde l'idea di un vero e proprio scettro.
Altro termine poi collegabile a tale concetto che in ebraico indica "bastone, bastone di comando, verga, o scettro" è "mattoeh" , che indica anche tribù, come ramificazione, termine in cui c'è pure quella lettera che è come un utero, una gemma ancora chiusa della pianta, l'utero da cui esce il ramo della pianta stessa; quindi, estrapolando, da dove escono i figli della tribù e ne evoca la prolificità: "Vita dall'utero uscita ", per tribù;

"Vita dalla gemma uscita " per ramo.

Il bastone che batte sulla roccia e fa uscire acqua è un "mattoeh" che riferito in un discorso più ampio porta al Cristo in croce, la nostra roccia, che colpito al costato "acqua dal cuore esce ".

La sposa che attende di essere introdotta nella sala del re, il cui accesso è impedito dalla legge se il re non chiama, è tema che si trova nel tardivo libro biblico di Ester (II secolo d.C.).
Nei versetti che seguono lo scettro ha una sua rilevanza:
  • Ester 4,11, "Tutti i ministri del re e il popolo delle sue province sanno che se qualcuno, uomo vo donna, entra dal re nell'atrio interno, senza essere stato chiamato, in forza di una legge uguale per tutti, deve essere messo a morte, a meno che il re non stenda verso di lui il suo scettro d'oro, nel qual caso avrà salva la vita. Quanto a me, sono già trenta giorni che non sono stata chiamata per andare dal re".
  • Ester 5,2, "Ma Dio volse a dolcezza lo spirito del re ed egli, fattosi ansioso, balzò dal trono, la prese fra le braccia, sostenendola finché non si fu ripresa, e andava confortandola con parole rasserenanti, dicendole: Che c'è, Ester? Io sono tuo fratello; fatti coraggio, tu non devi morire. Il nostro ordine riguarda solo la gente comune. Avvicinati! Alzato lo scettro d'oro, lo posò sul collo di lei, la baciò e le disse: Parlami! Gli disse: Ti ho visto, signore, come un angelo di Dio e il mio cuore si è agitato davanti alla tua gloria. Perché tu sei meraviglioso, signore, e il tuo volto è pieno d'incanto".
Quello scettro in Ester è parola persiana "sharebit" , ma c'è ancora la lettera e un predicato che si può conseguire dalla lettura delle lettere ebraiche è "il principe in casa sta con la bella ".

L'AMBASCIATORE DI DIO
Il libro dell'Esodo al capitolo 3 nel dire della prima rivelazione di IHWH a Mosè mette in primo luogo in evidenza un roveto "senoeh" , un fuoco "'esh" che non si consuma e l'angelo del Signore "mala'ak" IHWH .
Questo è l'inizio del racconto: "Ora Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb. L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia? Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal roveto e disse: Mosè, Mosè! Rispose: Eccomi! Riprese: Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa! E disse: Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe. Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio." (Esodo 3,1-6)
Il Signore IHWH (iniziale ) appare a Mosè in mezzo al fuoco , indi si forma la parola "'aish", cioè uomo:


L'uomo così è un fuoco che non si consuma, in lui c'è lo Spirito dell'Essere.
Implicite sono due conseguenze:
  • l'incarnazione, Dio si farà uomo;
  • la risurrezione, l'uomo non verrà consumato, vincerà la morte.
La parola roveto è ripetuta più volte per richiamare l'attenzione. ("Tetragramma Sacro nella Torah", ove c'è il capitolo "Esodo 3 decriptazione")
Fuoco: una fiamma, il geroglifico egiziano è UJA, indica "essere sano", "essere libero".


Signore, YHWH = YH+WH in egiziano può significare:
"I miseri YH " "fa scappare WH"
Roveto in ebraico "senoeh" ; SNH nei geroglifici in egiziani è "rivelazione".
Poi il Signore fa chinare Mosè perché si tolga i sandali; si realizza, così, in base ai geroglifici la parola "fratello" individuabile dalla biconsonante SN unita al determinativo d'un uomo seduto non in piedi, ma proprio per evocare tale geroglifico c'è il comando a Mosè di togliersi i sandali che avendo parecchi legacci per toglierli bisognava sedersi.
Nei versetti Esodo 3,2-4 complessivamente la parola roveto è ripetuta cinque volte, che interpretandole in egizio una volta da "rivelazione", una volta per indicare la parola "fratello" e tre volte per indicare una quantità grande di fratelli (tre elementi nei geroglifici indica il plurale, come i nostri tre... che ne sono un residuato).
Il messaggio che se ne ricava è l'anticipazione di tutto lo sviluppo della storia, infatti: Rivelazione! Il Signore farà scappare sani e liberi i miseri fratelli.
Dio qui si manifesta con una scena che parla come un geroglifico vivente, cioè la parola in ebraico è (o vuol sembrare) sottesa dal pensiero egiziano dell'autore.
Ciò porta a concludere che:
  • la Bibbia vuole là iniziare ad istruirci sui messaggi criptati;
  • quando ci sono parole ripetute è l'avviso d'un messaggio;
  • nel Pentateuco, di certo nell'Esodo, vi sono letture miste ebreo-egiziane.
(Vedi: "Chi ha scritto l'Esodo conosceva i geroglifici"; "Geroglifici nella Bibbia: Gesù primo figlio dell'uomo e non di satana"; "Tracce di geroglifici nel Pentateuco - Prima Parte " e "Seconda Parte " articoli in .pdf)

Il racconto conferma che quello è il messaggio.
Subito dopo, infatti, il racconto procede: "Il Signore disse: Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell'Egitto." (Esodo 3,7s)
Ed ecco l'investitura di ambasciatore: "Ora va'! Io ti mando dal faraone. Fa' uscire dall'Egitto il mio popolo, gli Israeliti!" (Esodo 3,10)
Mosè si preoccupa che gli Israeliti e il Faraone non gli crederanno, ma il Signore rassicura "...sarò con te..." "'oeioeh i'mmak" (Esodo3,12)
Passo oltre la questione del Nome di cui ho detto nel richiamato articolo "Tetragramma Sacro nella Torah" per andare ai segni in Esodo 4 che Dio dà a Mosè per parlare col Faraone.
Per far ciò occorre ancora riferirsi ai geroglifici.

Primo segno
"Il Signore gli disse: che hai in mano? Rispose: un bastone. Riprese: Gettalo a terra! Lo getto a terra e il bastone diventò un serpente, davanti al quale Mosè si mise a fuggire. Il Signore disse a Mosè: stendi la mano prendilo per la coda! Stese la mano lo prese e diventò di nuovo un bastone nella sua mano." (Esodo 4,2-4)
Un bastone, in egiziano MeDU, anche da solo, per l'egiziano antico è abbreviabile con "parola".
Il geroglifico che ho indicato è "medu neteru" ossia parole divine, cioè il bastone preceduto dal vessillo segno della presenza di un dio in un tempio e seguito da tre segni per indicare il plurale.
Un uomo seduto , una mano , un bastone sono, infatti, la visione plastica d'un geroglifico.
Avviene così che in questo primo colloquio Dio a Mosè spezza il geroglifico di "Parole" e "parlare": bastone+mano col determinativo di uomo seduto (come prima per tale motivo nel racconto ha fatto piegare Mosè facendogli togliere i sandali).
Con quel "Riprese: gettalo a terra! Lo gettò a terra ed il bastone diventò un serpente..." (Esodo 4,3a) si producono nuovi geroglifici di:
  • "terra" che è come un bastone orizzontale con sotto tre granelli di sabbia corrispondente la biconsonante TA (A = alef);
  • "serpente" che corrisponde alla lettera egizia D;
  • un geroglifico DT con terra e serpente significa "eternità, per sempre".
Mosé stava perciò per sentire e doveva poi riportare "Parole eterne" o "Parole dell'Eterno", vale a dire doveva parlare per conto di Dio.
San Pietro che poi sarà l'ambasciatore del Signore Gesù, come Mosè comprende che chi gli parla è L'Eterno, infatti: "...rispose Simon Pietro: Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio". (Giovanni 6,68s)
Accade che Mosè davanti al serpente "...Mosè si mise a fuggire." (Esodo 4,3b)
Mosè nella sua vita era fuggito un'altra volta e accadde quando fuggi dal Faraone, infatti, le stesse lettere DT con il determinativo del serpente cobra indicano proprio il serpente ureo simbolo che era sulla corona del Faraone. Un serpente generico era SA-TA - la biconsonante SA si rappresenta anche con una anatra - da cui con la lettera N "emanazione" deriva Satana, mentre il geroglifico dell'anatra SA con vicino il determinativo di uomo seduto significa figlio.
Questo geroglifico invece è SA'-TA'-N , ottenuto da SA'-TA' con l'aggiunta del segno di N d'emanazione e con quel determinativo, che rappresenta la sinuosità del Nilo; si legge:

"Il figlio della terra emanazione del serpente mitologico".

Il figlio della terra d'Egitto, emanazione del serpente mitologico, è proprio il Faraone discendente dei Teniti.
"Il Signore disse a Mosè: stendi la mano e prendilo per la coda! Stese la mano lo prese e diventò di nuovo un bastone nella sua mano." (Esodo 4,4)
Con quest'azione è proposto al pensiero di Mosè un altro geroglifico che indica "proclamare", dire con forza, dire con autorità, costituito dal bastone dal serpente e dalla mano.

Ed il Signore a questo punto precisa:

"Questo perché credano che ti è apparso il Signore..." (Esodo 4,5)
Con questi segni, geroglifici viventi, dirai al Faraone di stare attento perché stai: "proclamando parole d'eternità al Faraone".
Dio così si è presentato al Mosè egiziano con alcuni geroglifici perché fosse colpito e poi fosse efficace e toccante il colloquio col il Faraone, "il grande scriba "che era estremamente sensibile alla propria sorte nell'eternità.
Il Faraone aveva sacro timore dell'eternità e davanti a "parole d'eternità" si sarebbe messo seriamente in ascolto, perché si preparava alla morte fisica curando di stare in pace con gli innumerevoli dèi della cosmogonia dell'Egitto per poter poi passar con tutti i riti finali alla vita eterna tramite la mummificazione e la conservazione nella tomba che faceva costruire ed arredare con tutte le accortezze e con segni alchemici.

Secondo segno
"Il Signore gli disse ancora: Introduci la mano nel seno! Egli si mise in seno la mano e poi la ritirò; ecco la sua mano era diventata lebbrosa bianca come la neve. Egli disse: rimetti la mano nel seno. Rimise in seno la mano e la tirò fuori: ecco era tornata come il resto della sua carne." (Esodo 4,6.7)
Nel testo c'è il gesto ripetitivo di mettersi la mano in seno, ed il segno del mano candida, e davanti a questo segno ci si limita a pensare al prodigioso, ma al testo non interessa tanto sorprendere col miracolo della guarigione dalla lebbra, quanto piuttosto col fatto che la mano diviene bianca come la neve, perché tale colore in Egitto faceva presente il divino, lo splendore della luce del sole, bianco accecante e della luna bianco latte, Osiride e Iside.
Gli egiziani per indicare la divinità presente, come già ho accennato avevano un segno inequivocabile che si vedeva sui templi da lontano: una bandiera bianca su di un'asta molto alta.
Questo segno era NTR da "natron", carbonato idrato di sodio, il sale bianco che serviva per conservare i corpi da imbalsamare.
In ebraico, lebbra si dice , ma in egiziano le lettere SRA"H indicano S "uomo" del dio RA, "uomo di Ra", H "in campo aperto", un suo inviato, come se il dio l'avesse investito e la pelle fosse appunto divenuta biancastra del colore della divinità e nell'ebraismo la lebbra col suo biancore era segno di persona sotto l'azione del male, perché Ra è il male assoluto.
Il potere del secondo segno dato dal Signore a Mosè è di far presente il divino ad un egiziano con l'universale del sacro a questi noto.
È come se Mosè prendesse dal seno, dall'interno dei suoi abiti, scritte sulla propria pelle una missiva, la credenziale di Dio che parla al re col colore che lo rappresenta più potente del Faraone; diveniva cioè emissario provato e credibile di Dio che annunciava.
Quel colore, il bianco, sarà poi il colore delle vesti di lino dei sacerdoti ebrei, e della veste battesimale dei Cristiani, segno del vestito splendente del Cristo nella trasfigurazione e nella risurrezione.
La scena s'è andata arricchendo rispetto alla prima immagine del solo bastone, e siamo per gradi alla descrizione di un geroglifico più complesso.
Questo potere del biancore, infatti, associato al segno precedente comporta che chi riceverà il primo segno da Mosè lo dovrà ritenere: "espressione di un divino decreto" MeDU-NTR, di cui questo è il geroglifico:


Terzo segno
"Se non credono neppure a questi due segni... allora prenderai acqua dal Nilo e la verserai su terra asciutta; l'acqua che avrai preso dal Nilo diventerà sangue sulla terra asciutta." (Esodo 4,9)
La morte fisica veniva indicata dagli egiziani con le lettere MT, una civetta M e una mezza pagnotta T e come determinativo un uomo caduto inginocchiato da cui cola un fiotto di sangue dalla testa.


La vita è legata alla circolazione d'energia nel corpo, cioè alla circolazione del sangue, infatti, un altro significato di MT, ma con altro determinativo, indica vaso sanguigno, canale conduttore.
Il concetto di "puro" WA'B in egiziano contiene il segno di un'anfora che si rovescia, biconsonantica WA' (A'=avin), con il determinativo di acque.
Lo stesso, con un uomo seduto con mano destra alzata indica "prete".
I termini "vittima" e "purificazione" hanno le stesse consonanti A'BW, ma due determinativi diversi, il primo l'uomo che gli esce il sangue dalla testa, l'altro un corno con anfora che versa acqua lustrale.

In definitiva, ciò che deve proporre Mosè al Faraone è una vera e propria dichiarazione di guerra per conto di Dio, cioè:
  • dire parole di vita eterna;
  • far presente Dio recando "l'espressione di un divino decreto";
  • dare un aut aut con un segno che crei timore e profetizzi la morte di quelli che risiedono sulle sponde del Nilo se non obbediranno alle parole di Dio.
Mosé deve comportarsi da ambasciatore plenipotenziario del Signore ed Aronne sarà la voce, così dice: "Parlerà lui al popolo per te: allora egli sarà per te come bocca e tu farai per lui le veci di Dio. (Esodo 4,16)
A questo punto si materializza come un nuovo bastone: "Terrai in mano questo bastone, con il quale compirai prodigi." (Esodo 4,17)
Questo è il bastone, lo scettro, di Dio!
La parola ebraica qui usata per bastone è MTh "mattoe" - simile all'egiziano MeDu, infatti i suoni dell'egizio madu e dell'ebraico mattoe con dh e th interdentali potevano essere molto simili.
Mosè tiene in mano la parola-bastone col potere e Aronne è solo la voce.
Sul racconto di Esodo 4 la tradizione ebraica congettura d'un bastone fisicamente consegnato da Dio ad Mosè con sopra una pietra portentosa.
Dio, attesta la Bibbia, ha consegnato a Mosè la sua Parola, che in egiziano è MeDU, ma chi la porta in egiziano è il "servo" che si indica con lo stresso bastone rovesciato, bilitterale HM; e Mosè infatti è definito il servo di Dio.
MeDU = parola HM = servo.
Dopo questo colloquio: "Il Signore disse a Mosè in Madian: Và, torna in Egitto, perché sono morti quanti insidiavano la tua vita!" (Esodo 4,19)
"Mosè prese la moglie e i figli, li fece salire sull'asino e tornò nel paese di Egitto. Mosè prese in mano anche il bastone di Dio." (Esodo 4,20)
Quel bastone era destinato ad essere lo strumento dell'Esodo.
Nel Pirké Derabbi Eli'ezer si dice che questo bastone fu creato al tramonto del sesto giorno della creazione e consegnato volta per volta nel corso delle generazioni ad Adamo a Noè, ai patriarchi e così via finché fu dato a Mosè.
Sul bastone erano incise le iniziali delle 10 piaghe che Mosè ha poi provocato.
Mosè era diventato il vicere di Dio.
In Appendice riporto la decriptazione dei 31 versetti di Esodo 4.

IL RE NELL'INTIMITÀ CON LA SUA SPOSA
La Bibbia col Cantico dei Cantici propone la scena di due amanti nell'intimità.
Chi sono? Prima di rispondere è da considerare che il testo del Cantico, in effetti, fu inserito nel canone biblico ebraico e cristiano perché è poema che nell'allegoria dell'amore totalizzante tra l'uomo e la donna - erotico, passionale, sentimentale e di dedizione pratica sotto tutti gli aspetti - fa trapelare il rapporto d'amore tra Dio e l'umanità chiamata a collaborare all'atto creativo, perché la loro unione è capace di produrre altri figli di Dio.
L'amata, vista con l'occhio particolare dell'ebraismo, è il popolo ebraico, ma nella visione più ampia dei profeti è il popolo di Dio ed il singolo membro.
L'amata desidera, infatti, in Cantico 1,2 quel soffio vitale, "...soffiò nelle sue narici un alito di vita..." (Genesi 2,7) l'incontro faccia a faccia, bocca a bocca, che altro non è che il ricevere lo Spirito di Dio, il Suo Spirito Santo creativo che supera l'unione dei soli corpi destinata a finire, ma consente all'amato di vivere nell'amata e all'amata di vivere nell'amato.
L'amata, infatti, chiede: "Baciami con i baci della sua bocca! Sì, migliore del vino è il tuo amore" e "M'introduca il re nelle sue stanze gioiremo e ci rallegreremo di te. Ricorderemo il tuo amore più del vino..." (Cantico 1,4)
Quel libro pur se dice di sé d'essere stato scritto da Salomone, in realtà da commentatori e da vari studiosi della Bibbia è considerato opera tardiva di scrittore anonimo del V secolo a.C., periodo quello dopo la ricostruzione del Tempio, quando il piccolo rotolo o "megillah" di quel poemetto cominciò ad essere usato nella liturgia pasquale ebraica.
Evidentemente, come si legge dai versetti iniziali, l'amato è il re!
Ma quale re? Erano tornati dall'esilio e non v'era più un regno.
Il popolo tutto, i profeti e i cultori della parola di quei tempi attendevano l'avvento di una nuova età, estrapolazione di quella d'oro dei tempi di Salomone, per la restaurazione del regno del Figlio di Davide, l'amato, il Messia, che in Sion ossia a Gerusalemme riprendesse la sovranità finale ed aprisse l'epoca della fine dei giorni, ossia l'inizio di un regno eterno.
Come ho evidenziato in grassetto, fin dai primi versetti del Cantico v'è una evidente tensione sul vino; perché?
Il vino è il primo prodotto di Noè dopo il diluvio e l'alleanza di Dio con l'umanità.
Il vino col pane sono poi, il segno del Messia, perché questi è re e sacerdote del Dio Altissimo di cui nel libro della Genesi al capitolo 14,18 è figura "Melchisedek" che incontra Abramo nel territorio della futura Gerusalemme: "Melchisedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo" (Genesi 14,18)
Poi il tema della vigna dallo stesso Isaia è associato al popolo d'Israele:
  • Isaia 5,1-7 - "Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle. Egli l'aveva vangata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato scelte viti; vi aveva costruito in mezzo una torre e scavato anche un tino. Egli aspettò che producesse uva, ma essa fece uva selvatica... Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa di Israele..."
  • Isaia 27,2 - "La vigna deliziosa! Cantate di lei! Io il Signore ne sono il guardiano, a ogni istante la..."
Gesù stesso, il Messia, poi s'identificò con la vite: "Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto". (Giovanni 15,1-2)
Le parole che annunciano l'amore di Dio palesato con la morte e risurrezione di Cristo ossia, il Kerigma, già fanno inebriare, perché il rendersi conto di ciò dopo la 1° Pentecoste quando San Pietro aprì la predicazione "Altri li deridevano e dicevano: Si sono ubriacati di mosto" (Atti 2,13) perché, appunto "Più inebriante del vino è il tuo amore." (Cantico 4,10)
Il profeta Isaia profetizza che quello del Messia sarà un Regno eterno aperto per tutti i popoli che verranno al Tempio del Signore .

"Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore
sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli;
ad esso affluiranno tutte le genti." (Isaia 2,2)
"...il mio tempio si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli". (Isaia 56,7b)

La stanza più importante nel Tempio di Gerusalemme era il Santo dei Santi e l'amata del Cantico attende ed auspica in definitiva di venirvi introdotta:
  • 1,12 - "Mentre il re è sul suo divano, il mio nardo effonde il suo profumo".
  • 2,4 - "Mi ha introdotto nella cella del vino e il suo vessillo su di me è amore." Quale è quel divano? Perché si parla di profumo?
Qui, il riferimento all'Arca coi cherubini sul coperchio ed al Tempio è evidente.
"Il Signore regna, tremino i popoli; siede sui cherubini, si scuota la terra.
Grande è il Signore in Sion, eccelso sopra tutti i popoli." (Salmo 99,1-2)
Vi è perciò una menzione chiara al Santo dei Santi ove cui c'era appunto l'arca con i cherubini sul coperchio, divano di Dio, e in cui c'era la presenza o Shekinah di Dio, che in una visione antropologica è come un re sul trono, ma è un trono mobile trasportabile dai Leviti, il trono vero è in cielo!
L'arca è il trono-divano e i cherubini le spalliere del divano.
Viene poi ricordato il profumo e tra poco vedremo con chiarezza il perché.
Poi è detto "nella cella del vino", scritto e quelle lettere se lette con le regole "al tikrei" suggeriscono l'idea "di Dio nel tempio ".
(Per l'ebraismo ogni brano della Bibbia è ammissibile leggerlo con la tecnica esegetica "al tikrei", cioè "non leggere", ossia leggere in altro modo, con diversa vocalizzazione o forma ortografica rispetto alla usuale. L'uso "al tikrei" non esclude in ogni caso la lettura originaria del testo, e perciò si può più correttamente definire come "non leggere questo passo solo in modo usuale, ma anche in altro modo" e il procedimento permette una nuova interpretazione, perfino quando le leggi della grammatica e della sintassi rendono necessaria la sola lettura tradizionale.)
Ai tempi del Tempio, in effetti, solo il Sommo Sacerdote una volta sola ogni anno entrava nel Santo dei Santi, ma la struttura e gli arredi del Tempio stesso suggerivano una tensione costante al desiderio d'entrare da parte di tutto il popolo oltre la tenda di separazione tra il Santo e il Santo dei Santi.
Nel Santo, davanti al Santo dei Santi, infatti, v'era l'altare dei profumi su cui due volte al giorno, al mattino ed alla sera, un sacerdote addetto, offriva bruciato con carbone in sacrificio una miscela d'incensi. ("Nel Santo l'altare dei profumi davanti al Santo dei Santi")
Questo altare dell'incenso "mizebeach qetoroet", anche detto altare d'oro o interno, era nell'ambito della Tenda del Convegno ove risiedeva la presenza divina che si posava su Israele come Re e veniva accolto con l'incenso, mentre il Santissimo era la stanza interna del trono dove c'era "l'arca del Dio degli eserciti che siede sui cherubini" (1Samuele 4,4), i cherubini del coperchio, il luogo del colloquio faccia a faccia con Mosè, o bocca a bocca, perciò luogo di "adorazione", ma anche d'amore nel parallelo tra lo sposo e la sposa, perché là lo spirito dello sposo entrava nella sposa che n'usciva col viso raggiante.
L'altare dei profumi in sé d'oro e con cornice lavorata a mo' di corona, nell'allegoria dello sposo e della sposa personifica la Regina tutta profumata con la corona, cioè il popolo d'Israele di Dio, che attende d'entrare nella cella del Re e s'annuncia con il profumo... le preghiere dei Santi... là dove saranno faccia a faccia, quell'anelata cella del vino per la sposa nel Cantico dei Cantici.
Il Cantico, infatti, più avanti pare voler ricordare anche il rito dell'incenso serale quando l'amato cioè il Signore dice: "Prima che spiri la brezza del giorno e si allunghino le ombre, me ne andrò sul monte della mirra e sul colle dell'incenso." (Cantico 4,6) e richiama il desiderio del perdono di Adamo che peccò e fu segnalato dallo spirare della brezza del giorno (Genesi 3,8).
Come dicevo nella visione allegorica ed antropomorfica di Dio che si trova nella Bibbia c'è quella di Dio che regna sul trono.

"Cantate inni a Dio, cantate inni; cantate inni al nostro re, cantate inni;
perché Dio è re di tutta la terra, cantate inni con arte.
Dio regna sui popoli, Dio siede sul suo trono santo." (Salmo 47,7-9)

Lo sposo del Cantico dei Cantici in definitiva è il creatore di tutta la terra!
Dal contesto si comprende che la sposa è appunto l'Israele di Dio, vale a dire è la comunità che ha accettato la sua alleanza, quella che il Signore ha sposato con l'atto scritto della Torah che altro non è che la "ketubah" del patto matrimoniale e ogni individuo di questa.
Lo dice chiaramente il profeta Isaia:

"Poiché tuo sposo è il tuo creatore, Signore degli eserciti è il suo nome;
tuo redentore è il Santo di Israele, è chiamato Dio di tutta la terra." (Isaia 54,5)

I cristiani non sono alieni da questo contesto perché hanno accolto il pane del suo corpo e il calice del vino della "...nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi" (Luca 22,20) e hanno avuto il mandato "...di fare questo in memoria di me" (Luca 22,19) e fanno parte del popolo santo di Dio.
"Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce; voi, che un tempo eravate non popolo, ora invece siete il popolo di Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia." (1Pietro 2,9s)
I due, il re e la regina sono nella camera nuziale ed il re abbraccia la sua sposa.
È il momento fondante ed eterno perché tra l'altro scritto dall'eternità con le sacre lettere dell'alfabeto ebraico che secondo la tradizione sono state incise prima dei tempi sul trono di Dio e che poi sono all'interno delle tavole dell'Arca Santa, appunto il trono mobile dell'Altissimo.



(Vedi: "Alfabeto ebraico, trono di zaffiro del Messia")

In tale alfabeto, proprio al centro, letto da destra, si trova la scritta "il mio re" e subito alla sinistra si trova la lettera che indica bellezza e amore, un pozzo, una sorgente tappata che mi viene tanto alla mente quando per l'amata, la "Bella" dice "Giardino chiuso tu sei, sorella mia, mia sposa, sorgente chiusa, fontana sigillata." (Cantico 4,12) e "Fontana che irrora i giardini, pozzo d'acque vive che sgorgano dal Libano." (Cantico 4,15)
(Vedi scheda della lettera "tet" cliccandoci sopra nella colonna a destra di tutte le pagine del Sito)

Ciò pare proprio colto dal versetto 2,6 del Cantico, peraltro ripetuto nel finale in 8,3 a sottolineare che tutto il Cantico ci parla solo dell'intimità di quel rapporto:

"La sua sinistra è sotto il mio capo e a sua destra mi abbraccia."

L'idea del Signore che sta alla destra si ritrova nel Salmo 16 ove David parla sia del Signore come calice e sia della sua protezione, onde sì che si riposa sicuri con lui alla propria destra:

"Il Signore è mia parte d'eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita.
Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi: la mia eredità è stupenda.
Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio animo mi istruisce.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.
Per questo gioisce il mio cuore ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.
Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra." (Salmo 16,5-11)

Il Salmo 16 si trova decriptato nell'articolo in .pdf "Salmi del Salterio e di Qumran - Gesù e gli Esseni" in "Racconti a sfondo biblico".
In questo decriptato tra l'altro si trova l'idea della sposa uscita dal costato di Cristo, ovviamente dalla parte destra:

Salmo 16,4 Sarà il corpo dentro portato su un legno e crocifisso dai viventi. Per i fratelli dal corpo acqua uscirà. Dal corpo porterà la sposa, l'originerà da un foro. Sarà la rettitudine ad inviare dal foro con cui sarà aperto. Ai viventi con l'acqua il sangue porterà. Per la rettitudine il Potente per primo ne risorgerà il corpo, riverrà risorto dalla morte il crocifisso. In seno la potenza della risurrezione nel Verbo crocifisso ci sarà.

Questo abbraccio, infatti, è fondante ed eterno, perché riguarda il passato, il presente ed il futuro; fondante, perché pensato sin dall'inizio dei tempi.
Riguarda il passato, perché è stato promesso da Lui, e atteso da entrambi coinvolti in una plurimillennare storia di salvezza.
È atto presente, perché produce la gioia del vivere e del permanere nella fede.
È atto che riguarda il futuro, perché capace di generare i figli che saranno fedeli del Signore.

"Mi ha introdotto nella cella del vino
e il suo vessillo su di me è amore." (Cantico 2,4)

È qui da notare:

"Mi ha introdotto hebi'ani
nella cella del vino" 'oel bet haiain
e il suo vessillo vedigelù
su di me è amore e'li 'ahabah

Altro modo per dire vessillo in ebraico è "nes" e queste due lettere si trovano nella sequenza alfabetica ebraica partendo verso destra del "melki" centrale.


Accade anche che partendo verso sinistra dopo la lettera si trova la parola "chazù" "visione, aspetto".
Quindi guardando ancora quella sequenza dell'alfabeto ebraico viene l'dea di "il vessillo del mio Re sulla bella di aspetto " che è stato poi riportato con parole diverse nel versetto Cantico 2,4.
A questo punto si può leggere il tutto espandendo dal centro:
  • verso destra "Si vedrà il Verbo scendere
    per versare nei corpi la risurrezione alla fine ";
  • verso sinistra "le aprirà le porte in alto () dell'Unico "
E di seguito: "Si vedrà il Verbo scendere per versare nei corpi la risurrezione alla fine il vessillo del mio Re sulla bella di aspetto le aprirà le porte in alto dell'Unico", quindi il vessillo è la bandiera di Cristo risorto.


Cristo risorto di Piero della Francesca

La sposa che attende di essere introdotta nella sala del re, il cui accesso è impedito dalla legge se il re non chiama, è tema che come abbiamo visto si trova nel di Ester.
Questa in quel racconto in Ester 1,6 e 7,8 si trova il termine divano che ha le stesse lettere di bastone .
Nel Cantico in 1,2 quel termine invece si trova anche col significato di "lettiga":
  • 1,12 - "Mentre il re è sul suo divano, il mio nardo effonde il suo profumo";
  • 3,7 - "Ecco, la lettiga di Salomone: sessanta uomini prodi le stanno intorno, tra i più valorosi d'Israele".
In definitiva tutto era pronto e profetizzava la venuta dello sposo, il Messia.
(Vedi: "C'è il Messia nel Cantico dei Cantici?")
Il Vangelo di Matteo 25,6 ci invita "...Ecco lo sposo, andategli incontro!"

Ritornando alla sequenza dell'alfabeto a destra del RE secondo il procedere usuale di lettura da destra a sinistra si trovano le due lettere .



Secondo le regole di decriptazione, essendo le lettere tutte separate si può considerare anche ogni spazio aperto che le separa sostituibile all'occorrenza con una lettera che rappresenta anche lo spazio aperto.
Abbiamo visto che nel racconto della prima rivelazione a Mosè in Esodo 4, il Signore si presenta con in fuoco in un roveto "senoeh" che non si consuma.
Quelle lettere ci portano all'idea del roveto () con riferimento al racconto di Mosè e a quello della corona di spine sulla testa di Gesù sotto la scritta INRI Iesus Nazarenus REX Iudeorum.

APPENDICE - ESODO 4 - DECRIPTAZIONE
Esodo 4,1 - E per spazzare l'angelo dai viventi bruciandone la perversità fu l'Unigenito a vivere in un corpo portando nel mondo all'angelo il rifiuto (in quanto) fu dall'origine i viventi ad opprimere portandosi da serpente (quando) fu a portarsi a guizzare nell'uomo in seno. Portò dentro ad abbattere il serpente la forza della rettitudine che ci stava. Fu ad iniziare l'amarezza portata dal serpente che iniziò ad inviare nei corpi dell'Unico fuori la divinità che è la rettitudine; ci fu perversità.

Esodo 4,2 - E furono ad iniziare ad essere ribelli con Dio (in quanto) fu portata la forza della perversità nei viventi. In questi entrò dentro a starvi l'essere impuro. Fu ad iniziare l'amarezza della vita nei cuori entrata.

Esodo 4,3 - E furono ad iniziare per l'essere ribelle ad uscire delitti che furono ad indebolirli. Ed in terra entrò. E fu per strapparlo via con la rettitudine Lui in un corpo a scendere nel mondo. E fu nel mondo a stare dal serpente per guidare i simili e, (onde) fosse a fuggire salvando i viventi, in persona fu a recarsi.

Esodo 4,4 - E sarà per il primo ribelle una calamità. Dio per salvare con la risurrezione dal serpente le vite, per aiutare la rettitudine portò in un fratello. Questi in casa per colpire l'angelo dentro si portò. E fu per bruciare l'angelo tra chi vive; a sbarrarsi si portò. E fu a chiudersi nei ceppi dentro. E si portò a stare nel mondo. Fu a guizzare in un vivente nel cuore. Al mondo dentro la rettitudine il Verbo recò.

Esodo 4,5 - Dal serpente tra i viventi miseri l'Unigenito da vivente fu ad abitare; la rettitudine fu ad inviare in un corpo l'Unico nel mondo. La divinità fu con la rettitudine del Signore dal maledetto a stare. Dell'Unigenito in una figlia la vita divina entrò; fu un essere forte ad entrare nella Madre. Dio al mondo fu a stare; scese nella prigione per vomitare il serpente dal mondo. Sarà a spazzarlo abbattendolo a casa.

Esodo 4,6 - E fu l'Unigenito per il ribelle nel mondo a portarsi; v'entrò (in quanto) il serpente portava il peccare. Per bloccarlo gli entrò in casa per incontrarlo; la calamità della rettitudine dentro la vita gli verserà per arderlo; questa sarà dentro l'infortunio che gli porterà in casa; la vita sperata riporterà. Sarà a portare giù l'Unigenito la perversità dell'angelo fuori. Sarà l'essere impuro dai viventi a scendere dai corpi (ove) agiva da oppressione; con la risurrezione il serpente scapperà.

Esodo 4,7 - E fu l'Unigenito per l'essere ribelle in esilio per fiaccare il maledetto nei viventi abbattendolo con la rettitudine che reca. Dimorò nell'esistenza per l'aiuto recare con l'originario vigore che era sperato e fu a recarlo giù l'Unigenito entrando in un vivente a vivere; per chi aspettava portò nel mondo l'energia. Entrò nel mondo ad accendere dentro la rettitudine; nella carne la recò.

Esodo 4,8 - E nell'esistenza l'originaria pienezza ci risarà; l'Unigenito ai viventi sarà l'energia a riportare della potente rettitudine. E la potenza in un uomo nel seno recò per il serpente arrostire. Venne nel corpo di una donna a recare l'energia e al mondo l'Unigenito in un vivente fu ad abitare. Per il serpente abbattere, dal serpente nel mondo venne; v'entrò dell'Unico l'ira.

Esodo 4,9 - Ed al mondo fu ad entrare l'Unigenito a vivere dal serpente a cui guai inizieranno da un vivente a cui l'opprimere recò. In cammino in un vivente la potenza accese degli angeli. Fu al mondo a venire; portò completamente ad entrare la divinità nel mondo recandone la potenza in un uomo. Dai viventi il peccare finirà abbattendo il serpente con la rettitudine portata. Il serpente abbatterà strappandolo dai viventi che vivono nei giorni del mondo. Sarà l'Unigenito dal corpo a recare il fuoco; lo soffierà con la rettitudine dalla Croce. Nel mondo sarà dentro a bruciare la perversità; sarà a riportare ad entrare nei viventi la forza della vita beata. Dalla croce, versato nella tomba, della vita l'energia gli rientrerà. Sarà l'Unigenito con il corpo a riportarsi fuori (in quanto) gli sarà stata riportata la potenza nel sangue: dentro era ad abitare la risurrezione nel Crocifisso.

Esodo 4,10 - E sarà l'Unigenito nei viventi il verme a bruciare; uscirà del maledetto la forza della perversità che dentro sta. Dall'Unico giudicato è stato il serpente. L'Unigenito gli uomini aiuterà dentro il corpo stando; nei viventi l'originaria energia della rettitudine risarà a scorrere. I viventi morti in vita riporterà per la potenza che scorrerà. I viventi salverà dal serpente con la risurrezione. Nei viventi riscorrerà la vita; le centinaia di questi per l'aiuto della benedizione di Dio che dall'aldilà con rette bruciature lo spengerà. Per l'aiuto il soffio della perversità, che portò così dentro, libererà. La risurrezione bastonerà l'angelo; l'Unigenito ad ucciderlo sarà.

Esodo 4,11 - E ci sarà per il primo ribelle una calamità da Dio. Un giorno ne sarà bruciato nei viventi il soffio. Uscirà il serpente dagli uomini che desideravano vivi riessere. Saranno per la risurrezione portata i viventi Dèi. La vita delle origini riporterà nelle tombe. Con i corpi risorti l'Unigenito li riporterà. Il (proprio) soffio verserà nelle tombe. Il desiderare col peccare dai corpi uscirà con il serpente per l'Unigenito. A scontrarsi con la rettitudine sarà del Signore.

Esodo 4,12 - E si vedrà finalmente uscire il serpente arso per l'incontro con la rettitudine che ci sarà stato. L'originaria esistenza agirà nei viventi per il soffio che ci sarà stato della rettitudine e la perversità dai corpi sarà finita. Afflitto dalla risurrezione dei corpi finirà chi s'insinua nei corpi.

Esodo 4,13 - E sarà l'originaria vita nei corpi dentro a ristare. Il Signore sarà con la risurrezione il vigore ad inviare. Il Padre sarà della legge divina a riaccendere il vigore.

Esodo 4,14 - E fu nella tomba con il corpo dell'Unico il Verbo. Il Signore da dentro vivo risorto riuscì. Riportato fu dall'Unico in vita; col corpo riuscì. La potenza dell'Unico nell'Unigenito rientrò. Nel corpo l'energia ricominciò la vita. Per la rettitudine gli rientrò la potenza e fu a ristare per aiutare nel tempo. Fu così ad essere per aiutare da cibo; fu per aiutare da mangiare a portarsi desiderando che scorresse nei viventi del mondo l'energia. Nel mondo Lui fu giù la divinità a versare nei corpi. Venne la rettitudine a riportare. Nei corpi l'originaria rettitudine riportò che la risurrezione dei viventi dalle tombe dentro i cuori porterà.

Esodo 4,15 - E per aiutare da mangiare il Crocifisso la divinità fu a recare e la risurrezione dai morti venne ad insinuare nei corpi. Fu nei viventi ad abitare il soffio che era stato a recare ed iniziarono per l'angelo bruciature dell'Unigenito nell'esistenza. Ad agire nei viventi il soffio fu della rettitudine che recò; agendo nei viventi il soffio fu della perversità a recare fuori e nei corpi sarà di tutti la forza a venire della rettitudine. I viventi verranno felici tutti; si vedranno simili agli angeli.

Esodo 4,16 - E ad insinuare dentro ai corpi nel mondo ha recato la divinità che affligge il serpente entrando in azione nei viventi portando nell'esistenza la perversità che all'origine fu ad entrare ad essere fuori. Del serpente in tutti il soffio della perversità venne a finire. Nell'esistenza al serpente ha recato il rifiuto (per cui) il serpente ad uscire sarà dai viventi.

Esodo 4,17 - Portò (la divinità) l'Unigenito dalla croce ad uscire con la vita dal cuore. Fuori uscì con il colpo che l'aprì in croce. Si versò dal ventre dove stava sbarrata la rettitudine che l'Unico liberò dal Crocifisso. La risurrezione al mondo da dentro recò; venne dall'Unigenito crocifisso in croce.

Esodo 4,18 - E fu a guizzare la rettitudine che per salvare portò onde fosse ad accendere dentro la divinità che sarà alla fine dai corpi a strappare l'angelo e riporterà nell'esistenza l'originaria vita. Nei corpi al serpente la recata divinità spengerà l'energia desiderando l'Unico di bruciarlo, ma dentro entrando la divinità i fratelli saranno dell'Unigenito liberati dentro dal vivere nelle angustie. Saranno i viventi portati l'Unico a vedere. Uscirà il peccare dal sangue. La vita sarà nei viventi riportata, essendo stato dall'Unigenito il ribelle finito. Saziati di potenza, i viventi risorti usciranno potenti tutti in pace.

Esodo 4,19 - Porterà l'Unigenito per il ribelle, per la perversità maledetto, ai viventi la risurrezione. Uscirà da dentro i viventi punito il serpente dalla rettitudine che lo brucerà dentro i viventi. A scendere dai corpi sarà la piaga che era tra i morti a portarli. Tutti usciranno angeli. Per la risurrezione sarà nei viventi a rivenire l'anima retta.

Esodo 4,20 - E sarà a versarli nella quinta costa (addome); dal mondo verranno dall'Unigenito i risorti tutti portati e dell'Unico tutti figli saranno. E li porterà a stare nel corpo. Così dentro al seno guizzanti gli entreranno a chiudersi i viventi; nel corpo li porterà a dimorare. Dalla terra usciranno i viventi. Su con il corpo saranno i viventi portati e saranno a versarsi dalla quinta costola entrando nell'Unigenito in croce. A vivergli nel cuore entreranno. Dal mondo in Dio entreranno a stare i viventi; a casa saranno alla porta portati.

Esodo 4,21 - E saranno dall'Unico a vivere con il corpo, con il Signore da Dèi vivranno, nella luce entreranno dentro per la potenza della rettitudine, tutti retti per il serpente bruciato, portati a casa a vivere su con il corpo. Saranno i viventi ad entrare a vedere; tutti entreranno da vivi al volto. Completamente saranno i viventi felici; risorti dai morti saranno a casa a stare per l'aiuto della rettitudine portata in azione dalla risurrezione per cui saranno puri dal serpente. Le persone belle con i corpi si vedranno; da Lui con gli angeli staranno. I fratelli da Questo versati verranno dal cuore e porterà dal Potente gli uomini in cui il vigore riverrà ad agire della vita.

Esodo 4,22 - Porterà all'Unico dei viventi nel corpo il Crocifisso le migliaia per il male spento originato dal ribelle con la perversità. A casa ad inviarli sarà stato il primogenito in cui c'era la rettitudine di Dio.

Esodo 4,23 - E all'origine l'essere ribelle maledetto fu a farli inciampare. Nella prigione venne il Figlio a stare; a portarsi fu per servire; inviato fu per portarsi per finire nei viventi per l'Unico l'energia del serpente. Della risurrezione il vigore portò; entrò l'energia nel mondo. L'Unigenito l'ucciderà; sarà ad uscire dai corpi il superbo. Venne il Figlio con la rettitudine; il primogenito dei retti!

Esodo 4,24 - E fu al mondo a stare solo in quel corpo la rettitudine. Dentro i viventi il serpente recatosi ad abitare s'era. Con un fico accese la perversità; fu una calamità. E gli fu a casa a versare risurrezione nel mondo; morte gli reca.

Esodo 4,25 - E da crocifisso verserà per una saetta il soffio dal corpo fuori; giù dal corpo porterà tutta la rettitudine. Dal corpo del Crocifisso verrà in azione. Dai corpi il serpente finirà con dentro l'energia della perversità. Dal Crocifisso scorrerà dall'alto la potenza dal corpo. A rivelarsi sarà per un'asta portata al Crocifisso. Nell'Unigenito la vita nel corpo, che era retta, che v'era chiusa, alla fine invierà in aiuto con il sangue. Sarà con l'acqua a venire con potente forza.

Esodo 4,26 - E sarà dal corpo il soffio della vita ai viventi con l'energia a recare l'Unigenito colpito che l'origine dell'essere ribelle strapperà via. Con l'energia del sangue sarà dai viventi il serpente reciso completamente.

Esodo 4,27 - E fu ad iniziare per il ribelle una calamità; la maledizione dell'Unico uscì da un corpo per l'angelo che con la potenza della rettitudine guizzò versandosi alla vista dal Crocifisso. Per salvare uscì; i viventi aiuterà che mangiarono la perversità che ci fu per il serpente. La rettitudine portata fu dal fico bruciata; la perversità dentro entrò (con quel frutto). Nei corpi entrò il maledetto a stare nei viventi. E l'essenza a versare il serpente portò.

Esodo 4,28 - Si portò ad affliggerli nel sangue. A bruciarli entrò il serpente alle origini uscì dai corpi l'energia; venne la rettitudine il serpente a sbarrare. Dentro i corpi ci fu la forza della perversità. Alle origini la radice a chiudere recò e l'originaria perfezione venne finita; a segnarli iniziò il rettile recandovi perversità.

Esodo 4,29 - E fu il serpente ad anelare di bruciare Lui entrando dentro i corpi ad abitare. Fu l'Unigenito per strapparlo via a portarsi; venne con la rettitudine per il serpente colpire. Per abbattere l'angelo fu il Figlio a stare in Israele.

Esodo 4,30 - E fu per aiutare dentro un corpo l'Unigenito ad entrare. In un corpo l'energia delle origini della perfezione s'insinuò nel corpo di chi gli sarà Madre. In una donna nel corpo s'insinuò. In un corpo il Signore entrò. Dio per salvare si portò; fu per operare al mondo a venire. Per finire il serpente nelle rovine dell'angelo fu ad entrare in azione da vivente.

Esodo 4,31 - E fu dell'Unigenito della vita l'energia ad entrare ad agire nella Madre e l'essenza in seno Le portò. Con la rettitudine fu a visitarLa il Signore; venne da Figlio a stare; fu ad accendere in un corpo la divinità e così fu nel corpo di un primogenito ad entrare. Venne in una misera Madre a portarsi. E fu per obbedienza (la Madre) d'aiuto a portarsi; e fu ad illuminarla con segni. L'annuncio le recò.

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