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LETTERE EBRAICHE E CODICE BIBBIA...

 
DECRIPTARE LE LETTERE PARLANTI
DELLE SACRE SCRITTURE EBRAICHE

di Alessandro Conti Puorger

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CHI LEGGE DOPPIO È BRILLO
Nella tradizione degli ebrei c’è che Mosè avrebbe ricevuto una rivelazione, che non si legge nel modo usuale nella Torah, tramandata ad un’élite; ad eredi di tale rivelazione si erano eretti i Farisei, ma a ciò non credevano i Sadducei, persone autorevoli che bene conoscevano i testi, ma si attenevano alla sola lettura esterna del canone ebraico in quanto non la rinvenivano con certezza, come pure la risurrezione, perché, (tolti i libri dei Maccabei che non fanno parte del canone ebraico) questa può essere variamente interpretata.
I Farisei rispondevano, infatti, alla questione fondamentale della giustizia di Dio spiegando che il successo dei cattivi e la sventura dei buoni in questo mondo non è l’ultima parola, perché alla fine dei tempi gli uomini saranno risuscitati per un castigo od un premio eterno; la fede nella resurrezione fu, poi, pienamente accolta:

  • dal Talmud come dedotta dalla Torah: "Le seguenti persone non prenderanno parte al mondo futuro: chi dice che la risurrezione dei morti non può essere dedotta dalla Torah..." (Sanhedrin X,1);
  • da Gesù nei Vangeli (vd. Mt 22,23-33; Mc 12,18-23; Lc 20,27-30), che precisa ai Sadducei, non citando la Toràh orale, che la risurrezione viene proprio dalle Scritture, dicendo: "Voi v’ingannate, non conoscendo né le Scritture né la potenza di Dio" (Mt 22,29), cioè li chiama a "conoscerle " in modo più approfondito, attraverso un ulteriore via, scrutandole ( = aiutarsi guardando i segni ).
Il libro "Simboli del pensiero ebraico" di Giulio Busi (Enaudi ’99), nella introduzione, riferisce che la tradizione nella lettura del messaggio biblico: "assegnava alla Bibbia settanta facce, che indicavano in realtà, secondo l'uso linguistico semitico, il numero infinito dei significati racchiusi nel testo sacro. Entro ciascun versetto e, all'interno di questo, entro ogni singola parola si celava un profondo sedimentarsi di messaggi che si ritenevano depositati dalla sapienza divina sin dall'inizio dei tempi. La scommessa dell'esegesi stava nello svelare questi sensi occulti e nel ridare luce, anche solo per un attimo ad una delle facce intagliate nella materia sonora della lingua ebraica, con un’azione ermeneutica che tendeva ad estrarre l'essenza delle parole."
Ciò è ulteriore tassello a conferma che gli Ebrei pensano ad un messaggio segreto e ritengono che la lettura del testo sacro ha più facce.
La decriptazione del criptato con le regole che propongo rientra perciò nella tradizione e mette in evidenza una delle facce non conosciute.

Nel midrash Numeri Rabbah XIII15, si legge:
"Come il valore del vino è settanta, così la Torah ha settanta volti",
ed associa la Torah al vino.

Secondo la gimateya o gimatria, regola omiletica che associa parole o frasi che hanno lo stesso valore numerico (che hanno cioè eguale somma dei valori delle lettere a ciascuna delle quali è associato anche un numero), si ha che:
il vino è pari a 70 ; ® = ( = 10) + ( = 10) + ( = 50) = 70
(Per si è assunto il valore della minuscola uguale a 50).

C’è da domandarsi perché quel detto cita il vino (sarà per il fatto che il vino, come è noto, fa vedere doppio?) e viene in aiuto un detto (b’Eruvin 65a) evocato da una frase talmudica che dice:
"Quando entra il vino esce il segreto."
Questa frase, che al primo impatto sembra un proverbio sensato (perché a chi beve si scioglie la lingua) sottende che come il "vino" per la gimatria equivale a 70 anche la parola "segreto" equivale a 70:
= ( = 4) + ( = 6) + ( = 60) = 70
Avvicinando tra loro questi due detti, ed applicando la proprietà transitiva,
come il valore del vino è settanta, così la Torah ha settanta volti
quando entra il vino
esce il segreto,
anche se si dà credibilità al criterio della gimatria ebraica, ne conseguirebbe che c’è una faccia nascosta, cioè la Torah segreta, e quando si parla di vino s’evoca questo concetto.

Dire 70 sottende così in questo campo una lettura segreta che è sempre riferita al Messia, esito cui mira tutta la storia della salvezza oggetto della Torah; cioè quando la Torah è letta in modo particolare - usando il vino cioè il metodo per cui si perviene alla lettura doppia - ne viene una illuminazione, esce il segreto, ne esce una luce e la Luce per antonomasia è il Cristo, il Messia e la risurrezione che reca.

"Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo." (Gv 1,9)
C’è poi un altro detto ebraico : quando entra la luce esce il mistero.

Per la gimatria pure luce e mistero hanno lo stesso valore:
= ( = 200) + ( = 6) + ( = 1) = 207 ß à = ( = 7) + ( = 200) = 207
Il numero 70 ricorda il midrash sull’accennata traduzione dei settanta, che in sostanza assicura che il segreto=70 fu mantenuto; tant’è che il messaggio del 70 ha prevalso sul fatto che i traduttori invero erano 72 - Elasar gli mandò 72 anziani, sei per ogni tribù - dai quali uscì un unico progetto di traduzione.

Ora, com’è noto, il vino porta ad essere brilli ed a vedere doppio e, dopo quanto detto nell’ambito di questa tematica, il dire di bere vino s’adatta bene all’idea del leggere un testo doppio nell’A.T.; ed in effetti gli scettici, che credono ai miracoli solo se sono stati presenti, all’idea della lettura di un secondo testo possono considerare ubriaco chi ne asserisce l’esistenza.

Una metafora diffusa fu quella del vino con la Torah perché nell’insegnamento scritturale, come nel vino, è insita un’energia e nel Cantico rabbah I.19 si legge: "il vino lascia un segno quando viene bevuto, e così lo lasciano le parole della Torah e la gente può indicare col dito, dicendo: Ecco uno studioso."
Lo vedono come ubriacato, perché legge doppio!
Si trova traccia di questo pensiero negli Atti quando la mattina di Pentecoste (At. 2) gli apostoli a Gerusalemme proclamarono che ciò che i profeti annunciarono s’era verificato ed in tale occasione esce il concetto d’aver bevuto vino con: "Altri, invece, li deridevano e dicevano: Si sono ubriacati di mosto." (Att 2,15)
Con quella frase la gente e i dotti di Gerusalemme era come se dicessero: questi affermano che il mito incredibile raccontato della lettura segreta si è verificato!

Nel noto episodio delle nozze di Cana (Gv 2,1-11) si ha un simile accostamento al vino; le nozze evocano l’immagine delle profezie (Os 2,21-25 Ger 2,2 Is 54,5; 62,5) sul Signore che negli ultimi tempi sposerà Israele: "E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore - io risponderò al cielo ed esso risponderà alla terra; ...la terra risponderà con il grano, il vino nuovo e l’olio..." (Os 2,23,24a) ed i versetti del Vangelo dicono che l’acqua che stava nelle giare di pietra (oggetti che provenendo dalla roccia richiamano la terra) è mutata in vino, compiendo la profezia d’Osea, quindi Gesù è il Messia e questo miracolo però nasconde anche un’allegoria.
Nella descrizione delle nozze appare il personaggio (citato due volte) del maestro di tavola che parla con lo sposo; seguendo l’idea del matrimonio di Iahweh con Israele quel maestro rappresenta l’autorità rabbinica, che parla con familiarità con lo sposo tramite la Torah, e si congratula che "ha riservato per gli ultimi tempi il vino (=segreto) migliore" mentre i servi che sono testimoni che l’acqua diviene vino sono i rabbini e i loro discepoli che dal materiale che vedono versare, acqua lustrale (cioè dalle pagine della Torah relative a prescrizioni rituali, ad es., come verificato, dalla decriptazione del Levitico) vedono, senza manipolazioni, ma tramite Gesù, uscire vino nuovo.

Ormai siamo pronti, il vino 70 richiama il segreto 70 e c’è anche il concetto che ora che non c’è più vino per divenire brilli, è dato il vino migliore, quello che esce direttamente dal paradiso; ossia, non si vede più doppio, le profezie che si leggono nei testi nascosti si stanno attuando e quello che è acqua nelle pagine della Torah sono base del segreto palesato; anche i Vangeli sinottici del "Vino nuovo in otri nuovi" (Mt 9,17; Mar 2,22; Lc 5,37) portano a pensare a questa problematica e, pur se non sono così espliciti, vi sono tutti gli ingredienti (Gesù attesta che è presente lo sposo - lui stesso - ci sono i farisei e discepoli di Giovanni e ci sono il vino nuovo e vecchio).
C’è infine il discorso chiaro d’Isaia (29,11.12): "Per voi ogni visione sarà come le Parole di un libro sigillato; si dà ad uno che sappia leggere dicendogli: Leggilo. Ma quegli risponde: Non posso perché è sigillato. Oppure si dà il libro a chi non sa leggerlo dicendogli: Leggilo, ma quegli risponde: Non so leggere." che è in linea con quanto sostengo.

Isaia parla chiaro, c’è un I° ed un II° livello di lettura, uno normale, cioè il saper leggere usuale ed uno speciale, per leggere il sigillato, per il quale occorre avere una particolare iniziazione e, chi non sa leggere, non supera il I° livello e chi legge soltanto quanto ufficiale, non supera il II°.

Nell'Apocalisse 5,1 si legge: "E vidi nella mano destra di Colui che era assiso sul trono un libro a forma di rotolo, scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli." ed anche qui si parla di due facce, come per le Tavole della Legge, ma se per sigillato s’intendeva non apribile in senso fisico, l’autore dell’Apocalisse non avrebbe potuto sapere che era scritto sulle due facce, perciò era invece apribile, ma era sigillato in senso di criptato; allora anche qui c’è una dichiarazione che nella Torah ci sono le due facce, ma tutti piangevano perché non si conosceva ancora la chiave e si poteva leggere solo una faccia, ma la chiave è stata data, riferendo il nascosto a Gesù, il Cristo!
Poi c'è quella parola di Gesù che non dice leggete, ma di più: eraunav, indagate, frugate, esplorate: "Scrutate le scritture..." (Gv 5,39).
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