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LETTERE EBRAICHE E CODICE BIBBIA...

 
TENSIONE DELL'EBRAISMO AD UNA BIBBIA SEGRETA

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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SVILUPPO DEL TESTO DEI LIBRI EBRAICI DELL'A.T. »
VICENDE DEI SEGNI EBRAICI »
IL GIUDAISMO E LA TORAH ORALE »
LA BIBBIA SEGRETA CERCATA DALLA CABBALÀ EBRAICA »
DIFFERENZE DEL METODO DI DECRIPTAZIONE E CABBALÀ »

ISAAC NEWTON CERCAVA IL TESTO SEGRETO NELLA BIBBIA
Sul Vecchio Testamento si agitano in definitiva le seguenti questioni:

- fu Dio a dettare a Mosé la Torah sul Monte Sinai in una serie unica di 304.805 lettere senza interruzione?
- la Torah ha subito modifiche?
- vi sono profezie sul futuro dell’uomo?

Su ciò studiosi ebraici hanno molto discettato.

Nel 1991, Eliyahu Rips, Doron Witztum e Yoav Rosenberg, matematici israeliani provarono ad usare il computer con un programma di sequenziamento di lettere equidistanti per filtrare la Torah, rimuovendo le vocali e gli spazi tra le parole, alla ricerca di parole e frasi segrete.
La prima lettera della Genesi, la legarono ad ogni settima lettera, oppure ad ogni diciassettesima lettera o ad ogni tremila e settima lettera o in altre combinazioni, in cerca di risultati significativi.
Quando non ottenevano più alcuna combinazione significativa, ricominciavano con la seconda lettera della Genesi; e così via.
Rips, implementò il programma per cercare nella Genesi i nomi di noti rabbini che vissero secoli prima che la Torah fosse scritta. Coi suoi colleghi trovò i nomi di 32 rabbini e le loro date di nascita nascoste nel testo della Torah.
Nel 1994, i tre matematici pubblicarono le loro scoperte nella rivista specialistica "Statistical Science", provocando un acceso dibattito su scala mondiale.
Nel 1995, Michael Drosnin, giornalista del Wall Street Journal, lesse l’articolo e si recò in Israele per mettere le mani sul software da loro messo a punto.
Nel suo libro, Drosnin scrisse che la Torah conteneva per lo più predizioni comprensibili solo retrospettivamente, come l’assassinio del Primo Ministro israeliano Yitzhak Rabin.

Ciò che interessa a chi scrive però è il fatto che sostiene Drosin: l’ipotesi che le lettere dei primi cinque libri della Bibbia contengano un codice segreto, come pare abbia intuito lo stesso grande scienziati Isacco Newton, ipotesi però che il predetto metodo non persegue.
Alcune osservazioni, infatti, su questo metodo sono:

- provocando una permutazione delle lettere del il testo, si rende facile far dire al testo ciò che si vuole;
- non riesce a far parlare il testo in modo continuo;
- fa nascere la domanda se facendo così non si potrebbe far parlare qualsiasi testo.

Aldilà d’ogni considerazione e fede religiosa sulla sacralità del testo biblico e sulle opinioni di profezie, che lascio ad altri più autorevoli giudizi, ciò che interessa è, in definitiva, che c’è perfetta assonanza tra la tensione cabbalistica e l’intuito di Newton col metodo di decriptazione riportato in ""Parlano le lettere" di "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche"; inoltre le prove riportate su tale rubrica sono notevoli ed estese e fanno concludere che il testo nascosto c’è sicuramente.

Michael Wite - nella biografia "L'ultimo mago" (Rizzoli) che dedica al padre della gravitazione universale, Sir Isaac Newton - conclude che questi, fu anche mago e alchimista, infatti, "aveva passato più tempo assorbito nelle sue ricerche alchemiche che nell'esplorazione delle limpide acque della scienza".
Lo scienziato s’impegnò a lungo allo studio della cronologia della Bibbia, dell'astrologia e della numerologia, esaminò profezie, si dedicò alla magia cercando di rivelarne i segreti ermetici (la "prisca sapientia").
Newton non si occupò soltanto della ricerca scientifica, ma dedicò molto del suo tempo anche allo studio delle Sacre Scritture e lasciò copiosi manoscritti che trattavano temi biblici, ma ciò trovò incomprensione da parte dei curatori delle opere di Newton.
Timossi, nel suo libro "Dio e la scienza moderna", scrive:

"Gli eredi di Newton si limitarono a conservare in una grande cassapanca quegli strani manoscritti. Samuel Horsley - scrupoloso curatore... dell'opera omnia newtoniana (1779-1785) - appena li ebbe sotto gli occhi... li ripose nella cassa sbattendo il coperchio e raccomandando ai proprietari di non farli vedere a nessuno... Questi atteggiamenti degli studiosi e scienziati che esaminarono le opere teologiche di Newton risentivano della mentalità empiristica e positivistica allora dominante, la quale tendeva a contrapporre radicalmente la scienza alla metafisica e alla teologia: la prima produceva verità certe e fattuali, le seconde soltanto chiacchiere o letteratura (quindi opere fantastiche). Per chi sosteneva una simile demarcazione tra conoscenza scientifica e teologia filosofica doveva apparire assurdo e inconcepibile che nella mente di uno scienziato convivessero contemporaneamente rigore scientifico e speculazione metafisica, metodo sperimentale ed esegesi biblica."

I manoscritti teologici di Newton furono messi all'asta nel 1936, ben duecentonove anni dopo la morte dell'autore e la maggior parte fu acquistata e donata all'Università di Cambridge, che li ha ammessi alla libera consultazione dei ricercatori ed altra risulta acquistata e data in custodia all'Università di Gerusalemme.

Questi testi di Isaac Newton, pubblicati negli ultimi due anni in Internet dal "Newton Project", dimostrano che lo scienziato si interessò alla teologia tanto quanto alla fisica, se non di più. I metodi di Newton nel decifrare le profezie bibliche sono totalmente diversi da quelli degli entusiasti del codice della Bibbia di oggi.

Stephen Snobelen, direttore del Newton Project, afferma: "Newton credeva in Dio e che la Bibbia fosse una rivelazione di Dio".
Ma Newton non credeva che Dio avesse dettato la Torah a Mosè. Infatti, limitava i suoi sforzi nel decifrare le profezie ai Libri di Daniele e specialmente alla Rivelazione a Giovanni, che credeva dettati direttamente da Dio ai due suddetti profeti.
Snobelen spiega che Newton "era convinto che le sacre profezie della Scrittura non fossero altro che ‘storie di eventi futuri’".
Newton credeva che i Libri profetici contenessero in forma allegorica la storia passata, presente e futura della Cristianità, e che il Libro di Daniele contenesse chiavi nascoste per decodificare tale storia.
Newton non cercò di decifrare questi testi per predire il futuro, anche se finì col predire la fine del mondo nel 2060, spiega Snobelen. Newton voleva piuttosto mostrare che Dio è in controllo della Sua creazione dall’inizio alla fine.
Nelle sue "Osservazioni", Newton scrisse che Dio aveva rivelato le profezie del Vecchio Testamento a Daniele "non per gratificare la curiosità degli uomini consentendo loro di prevedere gli eventi", ma, al contrario, per dar loro "una prova convincente che il mondo è governato dalla provvidenza" una volta che le profezie si fossero realizzate.

Il metodo di Newton non era basato su combinazioni di lettere e numeri, ma seguiva i metodi di Joseph Mede, un membro del Trinity College Anglican, la cui "Clavis Apocalyptica" del 1627 costituì un nuovo e diverso approccio all’interpretazione delle profezie bibliche.
Michael Murrin, professore di religione e letteratura alla Divinity School dell’Università di Chicago, spiega che Newton e Mede credevano che "I profeti condividessero un discorso simbolico comune, simile ad un codice che poteva essere decifrato o a una lingua dimenticata che poteva essere recuperata".
Newton riteneva questo linguaggio simile agli antichi geroglifici egiziani.

Sono queste in effetti la conclusione a cui anch’io sono pervenuto con il mio metodo.

Lo scienziato poi saccheggiò scritti di 2000 e 3000 anni fa per studiare come i sogni venivano interpretati nell’antichità mentre, allo stesso tempo, analizzava l’intera Bibbia alla ricerca di altri esempi di metafore e tipologie in quanto, purtroppo, non disponeva allora dei geroglifici la cui lettura era allora ignota e fu poi palesata da Champollion solo nel dal 1872.

Non conosco più nel dettaglio quanto scrisse Newton sul metodo da lui seguito, perché le notizie di cui sopra l’ho tratte ultimamente in Internet.
Cito tutte queste notizie per mostrare che, quanto da me sostenuto, fu analizzato anche da un autorevole predecessore che, pur dedito a questioni solide quali le azioni gravitazionali, ha tentato la stessa via con riferimento ai geroglifici, che hanno un’evidente importanza come si può rilevare in "Parlano le lettere" di "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche".
Interessante anche il fatto che Newton riteneva che il libro della Genesi nascondesse la volontà dell’autore di dare un tempo concreto alla durata della creazione e, come in fondo sullo stesso tema, non per fare profezie millennaristiche, ma solo per dedurre il ragionamento dell’autore biblico, ho proceduto anch’io con La durata della Creazione.
Prima o poi presenterò in questa rubrica il mio decriptato del libro di Daniele, che Newton cercò di ottenere.

a.contipuorger@gmail.com


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