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LETTERE EBRAICHE E CODICE BIBBIA...

 
IL CRISTIANESIMO DI FRONTE AD UNA BIBBIA SEGRETA

di Alessandro Conti Puorger
 
 

Come fatto con "Tensione dell’ebraismo ad una Bibbia segreta", proseguo sulla via tracciata dall’introduzione generale sul tema di quanto esposto in "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche", per sondare le attese dei primi tempi del cristianesimo di profezie sul Cristo, e verificare se risentivano anche dell’aspettativa ebraica inerente i testi biblici con segni originari.

Cerco cioè l’esistenza di cenni iniziali d’esegesi particolari, sia nella Chiesa di Gerusalemme che nella Grande Chiesa, per verificare se nella ricerca di profezie avesse avuto qualche spazio l’esame delle lettere, prima che, abbandonata la Bibbia ebraica, vennero, di fatto, escluse letture che non trovassero fondamento in quella letterale delle traduzioni detta "dei Settanta" e poi della Vulgata.
Sviluppo i seguenti punti:

Profezie che sono e non ci sono.
La Chiesa di Gerusalemme e la Grande Chiesa.
Esegesi dei giudeo-cristiani.

PROFEZIE CHE CI SONO E NON CI SONO
Premetto che lo scrutare con i segni, cioè leggere non le parole, ma le lettere ebraiche, supera la lingua e rientra nell’universale delle immagini, ma per evitare una decriptazione troppo trita alcune volte è opportuno accoppiare più lettere e leggerle sulla scorta di un dizionario (uso F. Scerbo - Firenze 1912), pur senza conoscere grammatica e sintassi ebraica né la pronuncia delle parole, in quanto le vocali non c’erano.
Col metodo che è descritto in "Parlano le lettere" di "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche" leggo profezie e messaggi continui che in altro modo non si ricavano dai testi bagaglio di tradizioni ebraiche; gli autori biblici pare proprio che abbiano inserito nella redazione del testo messaggi, leggibili con il criterio dei segni, che aumentano la sacralità del testo stesso fornendo un senso di mistero capace di rendere il lettore attento e curioso.

Ad esempio, poiché l’indicazione di Ger. 23,29 in "Il Giudaismo e la Torah orale" quasi a fine paragrafo mi incuriosì, sono andato a scrutare quella pericope di Geremia e ne riporto la decriptazione a maggior chiarimento di quanto vado dicendo.

Il Capitolo 23 di Geremia nei versetti 1-8 fornisce una chiara profezia sul Messia figlio di Davide, poi condanna i falsi profeti e qui "sogno" è ripetuto più volte e sogno è il modo in cui si rivela ai profeti; ciò porta a far pensare che in quel brano di Geremia si trovi una visione, vale a dire una lettura di secondo livello - tra l’altro la parola "sogno" spezzata dice: "di nascosto il Potente si porta ai viventi ."

Dio, infatti, non ha nulla contro i sogni in quanto in Nm. 12,6 "il Signore disse: Ascoltate le mie parole! Se ci sarà un vostro profeta, io, il Signore, in visione a lui mi rivelerò, in sogno parlerò a lui", (ad esempio, a Giuseppe del Genesi ed a Giuseppe padre putativo di Gesù nel vangelo di Matteo parla nei sogni), ma la sua ira è con chi riporta sogni falsi e parole false.

Inizio dal versetto 28 (con dimostrazione della decriptazione) perché c’è "oracolo del Signore" e continuo fino al 33 perché tutti quei versetti riportano la stessa espressione.

Ger. 23,28 "Il profeta che ha avuto un sogno racconti il suo sogno; chi ha udito la mia parola annunzi fedelmente la mia parola. Che cosa ha in comune la paglia con il grano? Oracolo del Signore."




"Entrò nei profeti per primi ad illuminare le menti/teste , che veniva () a portarsi per l’ammalare () che portavano i viventi che sarebbe stato in pienezza il Verbo nel corpo a chiudere la potenza da portare ai viventi . Porterà l’Unigenito a scappare da dentro i corpi la forza che fu all’origine a segnarli portandosi a starvi insinuandosi () nei corpi ; sarà l’Unigenito un uomo per recidere alla fine a casa l’angelo (ribelle) che venne dentro i corpi . Per l’angelo l’Unigenito in un vivente sarà una calamità !"

Ger. 23,29 "La mia perla non è forse come il fuoco - oracolo del Signore - e come un martello ne spacca la roccia."

Decriptato: "Al mondo la potenza porterà l’Unigenito della rettitudine ad entrare insinuata in un corpo; (questa) sarà ad affliggere da fuoco l’angelo che originò nei viventi la forza della perversità portando della rettitudine a soffiare nei cuori l’essenza, che sarà a liberare, giù lo getterà l’azione."

Ger. 23,30 "Perciò, eccomi contro i profeti - oracolo del Signore - i quali si rubano gli uni gli altri le mie parole."

Decriptato: "Uscirà l’angelo tra i lamenti per l’azione potente entrata; l’energia dentro dell’Unico sarà a rivivere per l’angelo che dall’origine vi viveva. La forza della perversità della vita nel giardino dentro fu ad insinuarsi nel corpo; fu nell’uomo a vivere venne il cattivo con la perversità."

Ger. 23,31 "Eccomi contro i profeti - oracolo del Signore - che muovono la lingua per dare oracoli."

Decriptato: "Uscirono per l’angelo lamenti in alto dal mondo (onde) invierà dentro l’Unico dalla destra l’Unigenito tra i viventi. Il Signore entrerà nel mondo dal serpente per rovesciarlo. Chiusa sarà in un vivente la potenza della risurrezione che riporterà energia ai viventi e ad essere belli i viventi riporterà, per l’energia ricominceranno a vivere."

Ger. 23,32 "Eccomi contro i profeti di sogni menzogneri - dice il Signore - che li raccontano e che traviano il mio popolo con menzogne e millanterie. Io non li ho inviati né ho dato alcun ordine; essi non gioveranno affatto a questo popolo - parola del Signore."

Decriptato: "Al mondo angeli inviati furono dall’alto ai profeti, che saranno dalle tombe dal Potente dalla morte risorti versarono nelle menti, oracoli del Signore portarono, furono negli scritti a portarli ai viventi .E sarà la fine del peccare a venire. Per l’azione dai viventi sarà da dentro il mentitore che v’è ad uscire .Ai viventi recherà dentro il soffio nel petto riportando la purezza e l’Unigenito ad uccidere sarà il serpente .L’Unigenito risusciterà con potenza dalle tombe tutti. Sarà nei viventi a portargli il rifiuto, giù porterà la forza per finirlo .I viventi porteranno alla perversità che v’agiva del serpente il rifiuto, (in quanto) era a portargli rovine e il serpente che agisce nei viventi uscirà da questi - oracolo del Signore ! Saranno i viventi a portare alla perversità che agisce nell’esistenza per il serpente il rifiuto, (in quanto) è a portare rovine; la potenza che portò che agisce nei viventi uscirà da questi fuori - oracolo del Signore!"

Ger. 23,33 "Quando dunque questo popolo o un profeta o un sacerdote ti domanderà: Qual è il peso del messaggio del Signore?, tu riferirai loro: Voi siete il peso del Signore! Io vi rigetterò. Parola del Signore."

Decriptato: "E bruciature saranno per la risurrezione al maledetto che lo spengeranno, lo vedranno i viventi uscire colpito .Nel mondo, dell’Unigenito portarono ad uscire i profeti il desiderare la rettitudine, che entrando finisse l’origine dell’amarezza che nei viventi entrò, salvandoli .Che dall’Unico sarà nel mondo a portarsi ad entrare dicevano indicando che Dio sarà nel mondo a vivere che verrà in un vivente ad entrare per salvarli. La malvagità nei cuori brucerà in tutti, saranno a venire retti i viventi - oracolo del Signore!"

Il discorso è continuo e congruente e ciò che trovo non sarei in grado di produrlo senza il testo ebraico e senza il metodo che uso. Quanto ricavato, essendo nato dal testo e risultando con questo in stretta biunivoca corrispondenza è vera e propria decriptazione.

Ritengo che la conoscenza d’una lettura del genere si sia conservata tra i profeti, sapienti e i sacerdoti, anche se in forma sempre più rarefatta, diradandosi poi fino al solo sapere che c'era, ma non fino a ricordare com'era in modo totale; col metodo dei segni, nella Legge, nei Profeti e nei Salmi, trovo, infatti profezie sul Messia, che Gesù nei Vangeli cita, ma che poi spesso non si trovano nelle Scritture con la normale lettura.

Per chiarire, una profezia nei Vangeli, leggibile in modo normale è quella in Matteo (1,22ss), che propone la profezia d’Isaia (7,14) della ‘almàh = fanciulla nubile (vergine) che partorirà un figlio:

"Tutto questo avvenne perché s’adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta." (tradurre ’almah in vergine è indicare uno stato solo presumibile d’una fanciulla nubile; vedi Giustino, Dialogo con Trifone 67,1).

Vi sono però dei casi, come negli annunci della passione di Gesù agli apostoli, in cui i riferimenti alle Scritture da Lui asseriti, non si trovano con la sola lettura usuale della Bibbia, anche se l'autorità di Lui afferma che ci sono e capita di cercare nelle Bibbie commentate riferimenti, ma le note tacciono ed i riferimenti di Gesù alle profezie od alle promesse compiute restano velati.

Al riguardo riporto di seguito una serie di versetti che ho raccolto:

Mt. 22,29 - Mc. 12,24 - Gesù rispose: Siete in errore, perché non conoscete le Scritture né la potenza di Dio.
Mt. 26,56 - Ma tutto questo è avvenuto perché si adempissero le Scritture…
Mc. 14,49 - Ogni giorno ero in mezzo a voi ad insegnare nel tempio, e non mi avete arrestato. Si adempiano dunque le Scritture!
Gv. 7,38 - Colui che crede in me, come dice la Scrittura: Dal suo seno sgorgheranno fiumi d’acqua viva.
Gv. 17,12 - Quando ero con loro, io li ho conservati nel tuo Nome che mi hai dato e li ho custoditi e nessuno è andato perduto, eccetto il figlio della perdizione, onde si adempisse la Scrittura.
At. 1,16 - Fratelli, era necessario che si adempisse ciò che nella Scrittura fu predetto dallo Spirito Santo per bocca di David riguardo a Giuda, che fece da guida a quelli che arrestarono Gesù.
1Cor. 15,3.4 - Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati "secondo le Scritture", e che fu sepolto e risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture.

"Secondo le Scritture"! Quali Scritture?
I commentatori tacciono.
Queste scritture non erano certo i Vangeli, appena coevi e anche più tardivi della 1° Corinzi, scritta nel 57 d.C..
Graf Reventlow Henning "Storia dell’interpretazione biblica" (Piemme) a proposito di 1 Cor. 15,3-5 osserva: "Questa asserzione contenuta nella citazione paolina, ha suscitato negli esegeti non pochi problemi… Il riferimento non è un passo specifico - si parla delle Scritture al plurale -,ma a tutto il canone vetero testamentario, che è chiamato in causa come testimone della morte di Gesù e del suo risuscitamento. In questo modo si chiarisce un punto determinante: la giovane Chiesa è decisa a non lasciare al giudaismo le Sacre Scritture tramandate, ma ad interpretarle rapportandole all’evento Cristo."

Ai "discepoli d’Emmaus" (Lc. 24,27) è Cristo stesso che spezza le profezie che Lo riguardano: "E cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro quanto lo riguardava in tutte le Scritture."; ed i discepoli d’Emmaus commentano: "...Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le scritture?"

Se ne ricava che nel ministero pubblico, importante è stata l’attività di Gesù per iniziare gli apostoli ed i discepoli alle profezie della risurrezione, ma la mancanza ancora dell'evento pasquale - "Non avevano infatti ancora capito la Scrittura: che egli cioè doveva risuscitare dai morti." (Gv. 20,9) - lasciava l’insegnamento inefficace.

Il Vangelo di Luca (24,44ss) accenna all’attività del Risorto con gli apostoli nel tempo tra la Pasqua e la Pentecoste del 30 d.C. per rendere palesi le profezie che lo riguardano, soprattutto quelle relative alla risurrezione, che altrimenti, pur se esistenti nelle Scritture erano di fatto velate:

"Poi disse loro: Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi. Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture disse: …Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme";

parole riprese da San Paolo (1Cor. 15,3.4) con: "morì per i nostri peccati secondo le Scritture, e che fu sepolto e risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture."

Allora, dove si trovano queste profezie così complete e compatte?
Le profezie dei "canti del Servo di Iahwèh" ed i brani biblici riferibili al Cristo non esautorano il tema, ed i commentatori non forniscono riferimenti esaurienti per individuare le specifiche profezie evocate da Gesù con tanta sicurezza, ma la certezza con cui Gesù asserisce sull'esatto compimento della Legge e dei Profeti apre il varco ad ipotizzare l’uso d’una forma particolare per scrutare i testi sacri canonici.
Per chi conosce le Scritture quest’attività dello scrutare ha bisogno d’una breve iniziazione, in quanto comporta aver visto un quid senza il quale non si può leggere ed a tale riguardo, il Vangelo di Giovanni (2,22) osserva: "Perciò quando risuscitò dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo e credettero alla Scrittura e alle parole che aveva pronunciato Gesù."

Sembra cogliersi che credettero a "come" Gesù leggeva le Scritture: "Non avevano infatti ancora capito la Scrittura: che egli cioè doveva risuscitare dai morti." (Gv. 20,9)

Non le avevano capite, ma allora le avevano lette!

La nota della Bibbia di Gerusalemme a tale versetto dice: "L’evangelista non cita alcun testo, vuole sottolineare lo stato di impreparazione dei discepoli circa la rivelazione pasquale, nonostante le Scritture."

però poi il commentatore non indica alcuna scrittura tra le Scritture.

Anche nell'episodio della conversione di San Paolo c’è una incomprensione e poi una comprensione delle Scritture.
Lui, com'è noto, persecutore dei Cristiani che riteneva eretici, era anche un fariseo studioso della Torah e dei Profeti già della scuola del Rabban Gamaliele (Atti 22,3), nipote del grande Hillel e maestro di Johanan ben Zakkai (che riorganizzò il giudaismo dopo il 70 d.C.).
Gamaliele, però, "fariseo, dottore della legge, stimato presso tutto il popolo", nell'intervento in Sinedrio (At. 5,34-41) non contestò per Gesù e per la sua dottrina un’incompatibilità con le profezie ad essere il Messia, ma auspicò solo una meditata sospensione di giudizio dei convenuti, perché "non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio."

Se le profezie non ci fossero state nella Torah e nei Profeti, o fossero state lette in modo scorretto, sarebbero state da lui ritenute infondate ed il giudizio sarebbe stato severo.
(Cosa rara, la tradizione ha conservato tre sue lettere - Tosefta Sanhedrin II,6-11b-18d, Ma’aser Sheni 56c, che furono dettate ad un segretario sulla scala del Tempio, il che fa pensare che riunisse i suoi discepoli all’aperto; tant’é che gli Atti 22,2 affermano che Paolo era stato istruito "ai piedi di Gamaliele nella conoscenza esatta della legge dei nostri padri" il che ci riporta proprio a quella scalinata. Là pare che Gamaliele ordinò di murare un targum di Giobbe, per lo scrupolo di non conferire autorità alla traduzione rispetto all’originale ed a quanto doveva restare orale. Vedi Hillel di Mirelle Hadas-Lebel, Portalupi Editore.)

In "Recogniziones di Pseudo Clemente" Cap I, a proposito di Gamaliele, con evidente riferimento ad At. 5,35-39 si legge:

65 - Gamaliele - capo del popolo - che in incognito era fratello nostro nella fede, ma per nostro suggerimento rimaneva tra essi …
67 - Io Gamaliele, non ho vergogna né della mia istruzione, né della mia vecchiaia, e sono disposto ad imparare qualcosa anche dai bambini e dagli incolti se questo dovesse portarmi utilità e salvezza.
68 - Dopo il discorso di Gamaliele Caifa: pregò Giacomo, primo tra i vescovi, che di Cristo si parlasse unicamente sulla base delle Scritture per sapere - disse - se è proprio Gesù, il Cristo, oppure no.
69 - Il nostro Giacomo cominciò allora a dimostrare che anche i profeti, nel parlare hanno attinto alla Legge o hanno detto cose consone alla Legge. Ma si fermò alquanto sui Libri dei Re per spiegare come e quando e da chi erano stati scritti e come bisogna servirsene. La parte più ampia del suo discorso fu comunque sulla Legge, e con cristallina esposizione mise in luce tutti i passi che riguardano il Cristo dimostrando con abbondantissime prove che Gesù è il Cristo e che in lui si sono adempiute tutte quante le predizioni fatte riguardo al suo umile avvento. Disse che infatti due sono le sue venute preannunciate: la prima nel nascondimento, già avvenuta, e l’altra nella gloria che è ancora oggetto di speranza.
73 - Giacomo, ritto sulla scalinata aveva dimostrato a tutto il popolo per sette giorni di seguito attraverso le Scritture che Gesù è il Cristo

Aldilà della contestazione dell’attribuzione a Clemente, successore di Pietro a Roma, del testo di Ricognitionesi, dal testo sul tema che interessa ricavo che c’era un’evidente tensione sin dai primi tempi (la critica attribuisce il testo ad origine Siriaca-Transgiordana del 220-230 d.C. Bousset, Heintze, Shmidt e Cullmann, contro Harnack e Waitz che pensano invece a Roma anche con buoni argomenti) per recepire da parte dei primi cristiani la stretta conseguenza dalle Scritture di Gesù-Messia e dell’evento risurrezione in quanto, dalla traduzione greca o latina dei testi biblici dell’A.T. non poteva evidenziarsi a pieno.
Saulo di Tarso, perché fariseo e studioso della parola, credeva alla risurrezione ed attendeva il Messia, però non era pronto ad accettare che potesse aver preso in Gesù di Nazaret la condizione del servo che si lascia uccidere, anche se gli erano noti i "canti del Servo di Iahwèh" d’Isaia e il Salmo 16,8-11 ed Os. 6,2 ma riteneva che la fede in Gesù fosse una pericolosa aberrazione in quei tempi delicati in cui occorreva la compattezza dell'ebraismo nei riguardi dei romani; combatteva, perciò la setta e la perseguitava con zelo e purezza di cuore.

Dalla pagina degli Atti (9,17-20) si ricava che Gesù sbarrò la via per Damasco a Saulo, l’abbagliò e lo fece cadere letteralmente folgorato: "Allora Anania andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: Saulo fratello mio, mi ha mandato a te il Signore Gesù, che ti è apparso sulla via per la quale venivi, perché tu riacquisti la vista e sia colmo di Spirito Santo. E improvvisamente gli caddero dagli occhi come delle squame e ricuperò la vista; fu subito battezzato, poi prese cibo e le forze gli ritornarono, poi rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damasco e subito nelle sinagoghe proclamava Gesù Figlio di Dio."
Paolo fu battezzato, perché perfettamente iniziato ed illuminato dal Signore, e subito, nelle sinagoghe, quindi appoggiandosi alle Scritture, proclamava Gesù Figlio di Dio (siamo nel 36 d.C.); cioè aveva ora riferito a Gesù di Nazaret un corpus di profezie riferibili al Cristo ed alla sua passione morte e risurrezione presenti e leggibili in qualche modo nella Legge e nei Profeti altrimenti non avrebbe detto: "Vi ho dunque trasmesso, anzitutto, quello che ho ricevuto, che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, e che fu sepolto e risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture."
Di fatto, diceva: è proprio Lui quello di cui si legge nelle Scritture, nella grande epopea del Cristo; quelle profezie sono vere, non sono una favola, non è un racconto d’ubriachi che leggono vedendoci doppio, come avessero bevuto vino! (vedi: "Chi legge doppio è brillo" di "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche").

Gesù, chiama i contemporanei a scrutare le scritture per trovarvi testimonianze sulla propria persona (Gv. 5,39 e Gv. 5,46s):

- Voi scrutate le Scritture, credendo di avere in esse la vita eterna: ebbene sono proprio esse che mi rendono testimonianza.
- Se credeste, infatti, a Mosè, credereste anche a me; perché di me ha scritto. … Ma se non credete ai suoi scritti, come potete credere alle mie parole?

Gesù, come nell’episodio dei discepoli di Emmaus (Lc. 24,13-35), evidenzia che alcuni ebrei non "credevano" (Lc. 24,25s) agli scritti di Mosè, eppure erano anche molto ligi e zelanti; se ne ricava che non credevano in un particolare modo di indagare la Torah e li chiamava a cercarlo con la "scrutatio", cioè a leggere riferendo a Lui quanto è scritto in quel modo che calzerà alla sua storia; questo è il sigillo da aprire per la lettura che altrimenti resta enigmatica, cioè quanto scritto da Mosè è da leggere con un modo particolare.

Dopo la folgorazione ricevuta, Paolo credette ed il costatare l’attuazione in Gesù delle profezie nascoste sul Cristo gli tolse la cecità.
San Paolo ha provato nella carne la cecità sulle Scritture, infatti, con quel gli caddero dagli occhi come delle squame e ricuperò la vista parla d’una propria esperienza nel dire degli Ebrei: "Ma le loro menti furono accecate infatti, fino ad oggi quel medesimo velo rimane, non rimosso, alla lettura dell'Antico Testamento, perché è in Cristo che esso viene eliminato. Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sui loro cuori; ma quando ci sarà la conversione al Signore quel velo sarà tolto." (2 Cor. 3,14.15).
In Paolo prima c'era la conoscenza delle Scritture e ne sapeva leggere il diritto ed il rovescio, ma il rovescio rimaneva evidentemente a livello d’epopea, però venuta la fede, alla rilettura, l'epopea fu profezia attuata che testimoniava in Gesù il Cristo e Saulo era pronto ad accettarle non essendo un sadduceo e credeva nella risurrezione, com’è riferito negli Atti (26) ove San Paolo racconta al re Agrippa che (26,6) "era in prigione a causa della speranza nella promessa fatta da Dio ai nostri padri … Perché è inconcepibile fra voi che Dio resusciti i morti?"
Come prima aveva osteggiato i seguaci di Gesù, appena questi gli apparve si convertì ed iniziò a fare proseliti ai quali: "Null’altro io affermo se non quello che i profeti e Mosè dichiarano che doveva accadere, cioè che il Cristo sarebbe morto, e che, primo tra i risorti da morte, avrebbe annunziato la luce al popolo e ai pagani." (At. 26,22b.23)

Analogo comportamento si trova in Apollo su cui gli Atti (18,14-28) danno testimonianza; questi era un Giudeo nativo d’Alessandria: "...colto versato nelle scritture. Questi era stato ammaestrato nella via del Signore e pieno di fervore parlava e insegnava esattamente ciò che si riferiva a Gesù, sebbene conoscesse soltanto il battesimo di Giovanni" e dopo una breve istruzione come nel caso di Paolo (ma senz’alcuna apparizione o particolare riferita rivelazione) "confutava vigorosamente i Giudei, dimostrando pubblicamente attraverso le scritture che Gesù è il Cristo."

Tutto ciò era necessario perché le profezie non erano così palesi!
Per contro i sadducei, che accettavano solo quanto strettamente deducibile dalla teologia esterna dell’A. T. (Torah scritta letterale), furono poco suscettibili a convertirsi al cristianesimo.
Prendono così consistenza le domande:

- da dove originava nei farisei la fede nella risurrezione?
- perché non era accettata dai sadducei che non ritenevano probanti i pochi riferimenti in Ezechiele, Daniele e Giobbe?
- i farisei avevano altre fonti?
- la deducevano con particolare esegesi dei testi dell'A.T.?

Nel "Diz. Unterman", si trova: "Farisei" (in ebraico "perushim" che significa separati o interpreti) Membri di un gruppo interno all’ebraismo alla fine del secondo Tempio che si opponeva al letteralismo biblico dei più aristocratici sacerdoti sadducei e all’ascetismo degli Esseni. Dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 dell’era volgare, gli ultimi due gruppi praticamente scomparvero e fu l’insegnamento orale dei farisei a modellare il giudaismo rabbinico quale emerse dal consiglio dei saggi di Yabneh …Il nome del gruppo è stato spiegato come se significasse o "quelli che si sono tenuti separati" dalla contaminazione rituale o quelli "che hanno interpretato" il testo scritto della Torah, sviluppando così la tradizione rabbinica.

La tesi è che i farisei fossero lettori dei testi interni, mentre i sadducei solo degli esterni, in quanto chi accetta la Torah orale può ammettere anche un testo nascosto (I sadducei in un certo senso sopravvivono con quell'ebraismo, detto "riformato", che rifiuta il credo sulla risurrezione; questa fede invece è conservata dall'ebraismo ortodosso che accetta la Torah orale e la lettura non solo letterale della Bibbia. Le profezie d’Ezechiele, versetto 37, e le apocalittiche di Daniele, Capitolo 12, che parlano di resurrezione alla fine dei tempi, sono considerate dai sadducei e poi dagli ebrei riformati allegoria legata al ritorno dall’esilio.)

In Daniele, circa la profezia e i tempi d’attuazione, è detto ... queste parole sono nascoste e sigillate fino alla fine (Dn. 12,9); cioè quelle parole si trovano nei testi sacri ebraici sciogliendo i sigilli, decriptando.

San Pietro, in occasione del secondo Kerigma afferma:
- "Dio però ha adempiuto così ciò che aveva annunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo sarebbe morto." (At. 3,18)
- "Tutti i profeti, a cominciare da Samuele e da quanti parlarono in seguito, annunziarono questi giorni." (At. 3,24)

Anche i Rabbini convengono che: "Tutti i Profeti hanno profetizzato esclusivamente sui giorni messianici" (Berachot 34 b)

Eppure con la lettura esplicita non troviamo vere queste asserzioni, mentre, effettivamente, tutti i profeti e Samuele (come ho verificato) parlano in tal senso con la criptatura che consente d’attingere all'origine di tradizioni di cui s’era persa traccia.
Gershom Scholem nel libro "Il Nome di Dio e la teoria cabbalistica del linguaggio" (Adelphi '98) afferma: "Per i cabbalisti la mistica del linguaggio è però anche, nello stesso tempo, una mistica della scrittura." e si è anche visto nella cabbalà, che il movimento con cui s’attua la creazione è un movimento linguistico per la concezione simbolica delle lettere, come segnature segrete del divino presenti in tutte le sfere e in tutti i gradi del processo della creazione e dallo stesso libro di Scholem si ricava che:

"La parola ebraica 'ot non significa soltanto lettera, ma anche, precisamente, segno, segnatura. Al plurale la forma 'otot indica i segni divini nel senso di prodigi, segni miracolosi, mentre la forma 'otiyyot indica i segni alfabetici in quanto specifici segni grafici.
Così almeno i primi cabbalisti hanno interpretato questa differenza nella formazione del plurale.
Nello stesso tempo Isacco il Cieco (Commento Sefer ha-Bahir al Sefer Yesirah il più antico documento della mistica cabbalistica del linguaggio)…1200 d.C. ... (anche David ben Zimra in Magen David Circa 1540 d.C) … interpreta la parola ebraica 'ot derivandola dal verbo 'atah "venire", e le lettere sono per lui quei segni che "provengono dalle loro cause", che rinviano cioè a quelle cause nascoste da cui esse, come segnature presenti in ogni cosa derivano. Inoltre il plurale 'otiyyot poteva essere inteso nel senso di "ciò che viene o ciò che verrà" (Is. 41,23): alle lettere era così attribuita anche una qualità profetica rivolta al futuro, cioè all'ambito messianico."

Latente nel pensiero ebraico, perciò è che, scrutando le lettere, si può scrutare il senso della storia che Dio sviluppa con l'uomo per averne chiarezza sull'epilogo, insito già nei segni che provocarono la formazione o creazione del creato, alla stregua che dal tessuto di un individuo si può ricavarne il suo DNA.

È da ricordare che la venuta di Gesù Cristo fu in pieno periodo apocalittico in cui era importante il Libro di Enoch (un apocrifo del II sec. a C, dell’epoca dei Maccabei: descrive i viaggi in cielo e le rivelazioni sui destini d’Israele e dell’umanità. Nel 1773 l’esploratore scozzese Bruce scoprì il libro in una versione etiopica ad Addis Abeba, dove era considerato un libro canonico dalla Chiesa Etiope; anche in un paio di versetti della lettera di Giuda (14-15) si trova una citazione tratta da quel libro di Enoch.) e l’apocalittica è il complesso di opere, con motivi dall’aggadah e dei midrash, che contengono rivelazioni in forma di visione relative agli insegnamenti segreti di Dio sugli angeli, sul Messia, sulla fine dei giorni e sul giudizio finale, cioè sull’escatologia.

Tra i rotoli del Mar Morto vi sono molti scritti apocalittici; là a Qumran vivevano gli Esseni, attivi dal II sec. a C. al 68 d.C., setta ascetica che adottava la comunione di beni, vestivano abiti di lino bianco simbolo di purezza ed erano in opposizione all’idea nazionalista dei Farisei ed alla classe sacerdotale che ritenevano corrotta, perciò stavano lontani dal Tempio di Gerusalemme e c'era tutto un fervore ascetico per l’attesa dei tempi finali (da alcuni è ipotizzato che Giovanni Battista ed alcuni discepoli, poi di Gesù, avessero radici in quella comunità).

Enoch (nacque 622 anni dopo Adamo, visse 365 anni) antenato di Noè, padre di Matusalemme, evidentemente eccitò la ricerca per il versetto: "Poi Enoch camminò con Dio e non fu più perché Dio l’aveva preso." (Gn. 5,24), in quanto della generazione degli uomini fu il settimo della linea dei primogeniti: Adamo, Set, Enos, Kenan, Maalaleèl, Iared e Enoch ma fu il primo a sparire dalla terra (nell’anno assoluto 987, dopo 57 anni che morì Adamo; tutti questi sono numeri si ricavano dal libro della Genesi - Cap. 11).
Mentre gli altri morirono per Enoch non ci fu quella fine come commenta la Bibbia e suo figlio Matusalemme, nato quando il padre aveva 65 anni, ebbe la vita più lunga di tutti i patriarchi (979 anni).
Essendo quello di Enoch il primo caso in cui si può pensare ad una vittoria sulla morte, quei versetti del Genesi (5,21-24) che ne parlavano costituirono un jolly dei farisei e degli esseni per dimostrare che la vita nell’aldilà e la risurrezione erano sostenibili e venne l’idea di scrutare l’interno di quei versetti, peraltro, il nome di Enoch , spezzato con i segni: "grazia gli portò per la rettitudine " apre ad un trattamento preferenziale.
Ho perciò letto con i segni quei versetti in quanto gli antichi, trovando quel cenno dell’apertura da parte di Dio nel muro della morte, possono aver pensato che là vi fossero tracce per arrivare a profezie nascoste, e raccolta di seguito si trova proprio in Enoch, che tanto attirò l'attenzione degli "apocalittici - uno spaccato di profezie sul Messia con embrioni di sulla vita di Cristo ed annunci della:

-Gn. 5,21 - Incarnazione
E sarà chiusa dall'Essere la grazia in un vaso.
Si chiuderà la Luce in un vivente.
La Luce sarà per illuminare i viventi.
La Luce degli angeli al mondo si porterà.
Si porterà in cammino l'Unigenito, segno che i morti si reca a risorgere con potenza dalle tombe.

- Gn. 5,22 - Risurrezione
E sarà finalmente nel mondo in cammino la grazia portata della rettitudine.
Inizierà il segno nel mondo che Dio è uscito da Madre.
L'Unigenito in una grotta sarà.
Per la perversità dei potenti, in cui c'è l'essere impuro, verrà tra i morti, ma dopo tre giorni risorgerà con potenza dalla tomba.
Per l'angelo una calamità sarà.
Per sbarrare il serpente dal Figlio sarà la Madre portata.
Da casa gli apostoli recherà il Crocefisso.

- Gn. 5,23 - La grazia ha recato dal costato
E sarà al mondo una forza dal maligno con l'acqua ad esistere.
La grazia porterà a coppe dalla quinta costola.
La porterà alla luce in dono.
Per la seconda volta al mondo si riporterà per bruciare il serpente
risorgendo i viventi.
L'Unigenito si porterà a finire col fuoco l'angelo ribelle dal mondo.

- Gn. 5,24 - Il ritorno con potenza
E risarà il Crocifisso al mondo dal serpente con vigore.
Cogli angeli si porterà ad affliggerlo.
Alla fine riuscirà l'Unigenito con potenza al mondo.
Risarà dai viventi, si porterà ad annullare l'angelo ribelle.
E così sarà con potenza a rovesciare le tombe.
Dell'Unico a finire porterà la maledizione che c'era per i viventi.


La criptatura corrisponde alla base dell'iceberg; ciò che appare in superficie alla lettura diretta è solo una minima parte, il più è sommerso e da questa parte sommersa emerge l’attesa del Messia.


Il processo della criptatura pare costituire il basamento della visione profetica biblica; da questa emergono le isole che sono le non frequenti visioni esplicite sul testo esterno, vi sono poi le convergenze come nel caso di Enoch e sono le sponde delle isole che emergono.
Il sottile spirito profetico alimenta cosi le radici del testo esterno che esce dall'oceano delle paure dell'uomo con atolli di speranza costituiti dalle profezie che si leggevano al popolo; c'è così una risposta alle tante questioni che alimentano le tradizioni ebraiche, da dove possono aver trovato le origini ora perdute, sul dove hanno sede tutte quelle idee sulla vita beata dei tempi primordiali, la cacciata degli angeli ribelli ecc., tradizioni orali che erano incontrollabili.
I messaggi profetici palesati al popolo nel testo ebraico formale, infatti, sono relativamente pochi, punte d’una materia che si stava elaborando, sviluppando i più antichi messaggi che attendevano il manifestarsi nella carne del Dio degli eserciti per guidare il popolo.
Da tutta questa materia antica, accresciuta gradualmente con cautela, ma con continuità dagli scritti profetici che registravano e proiettavano la spiritualità e la fede del popolo provocata da Iahwèh, derivano, quelle profezie che il popolo poteva leggere in pochi versetti od elaborati in forma allegorica o in forma poetica e che erano poi tenute accese e sostenute con autorità da giudici, profeti, pastori e rabbini che le leggevano in forma estesa.
Che la crittografia potesse risultare necessaria si può spiegare con la considerazione che grande era la posta e che l'attesa doveva esserci, ma restare contenuta, perché temerarie sarebbero state le profezie se proposte in modo palese a tutti o troppo grande sarebbe stata la tensione del popolo che avrebbe potuto degenerare e/o decadere.
Sono rientrato in quel percorso procedendo con la traduzione dei segni di testi di libri completi ricavando una struttura costruita come un ricamo in cui c'è un tessuto solido di base, con trama ed ordito ben compatti, costituito dai racconti salienti e fondanti della storia d'Israele e sull’incarnazione, morte risurrezione e ritorno nella gloria del Cristo che si ottengono con chiarezza solare dalla lettura con i segni, mentre nel testo ebraico ufficiale di prima lettura ci sono immagini di sgargianti colori riportate dallo stesso autore sul tessuto.
Questi libri, nella trama e nell'ordito, contengono, forti profezie sul Messia tutte congruenti con i Vangeli e con le tradizioni ebraiche, riguardanti i tempi a venire e la stessa epopea è raccontata da ogni autore, e dallo stesso anche più volte, con varianti solo formali e con considerazioni profonde che allargano ogni volta il tema come se fossero esercitazioni d’una scuola.
I testi hanno origine da approfondita ricerca spirituale e le due parti, palese e nascosta, nascono in contemporanea e sono tra loro in corrispondenza; cioè non ci potrebbe essere la prima senza la seconda e viceversa e nella produzione del testo c’è la stessa tensione di ricerca e di meditazione usata dal monachesimo orientale nella produzione delle icone e da quell’occidentale nei codici miniati.
Dai testi criptati ci si rende conto dei desideri invocati ed attesi d’una promessa incarnazione della sostanza di Dio e della venuta del Cristo, preparati da un millennio degli scritti più nobili d’un popolo.
Non è da escludere che il declino di una lettura con i segni possa essere avvenuto in più tempi:

- con i due re empi, Manasse e Amon in Giuda (687-640 a.C.), onde la Torah fu dimenticata fino al regno del re Giosia (622 a.C.);
- con la distruzione del Tempio (586 a.C.) e l'esilio a Babilonia, sì che solo i profeti e cultori della parola ed i sacerdoti che tornarono (538 a.C. editto di Ciro) n’avevano cognizione;
- definitiva, con la gran diaspora, I sec. d.C., dopo la guerra giudaica, quando l'ebraismo iniziò a concentrare e a riversare l'energia sulla tradizione orale talmudica, ecc. e parti consistenti del sapere ebraico originario su una lettura del genere rimasero relegate in cerchie sempre più ristrette sino alla perdita.

Il desiderio e l'esigenza d’una lettura del genere riapparvero nel giudaismo verso il XII sec. d.C. con ricerche di letture segrete.
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