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ATTESA DEL MESSIA...

 
IL GIUSTO E I GIUSTI

di Alessandro Conti Puorger
 
 

I PRIMI GIUSTI
Questo versetto 16 del Salmo 71 potrebbe essere il sottotitolo dell'intera Bibbia:

"Dirò le meraviglie del Signore, ricorderò che tu solo sei giusto".

Entrato in tale insieme di libri con tale pensiero, mi sono reso conto che la prima volta che la Genesi - vale a dire il primo dei cinque libri della Torah o Pentateuco, libro d'inizio sia nella Tenak, o Sacre Scritture canoniche ebraiche, sia nella Bibbia cristiana - riporta le lettere ebraiche , tradotte in italiano solitamente col termine di "giusto", si verifica nell'ambito del racconto biblico del diluvio universale.
Com'è noto, la narrazione di tale evento prende spunto dalla considerazione/ constatazione del Signore che "...la malvagità degli uomini era grande sulla terra e ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male, sempre" (Genesi 6,5).
Questa era l'opinione Dio stesso ed era pura verità in quanto: "Tu sei giusto in tutto ciò che hai fatto; tutte le tue opere sono vere, rette le tue vie e giusti tutti i tuoi giudizi." (Daniele 3,27)
Per la regola dei pesi e dei contrappesi della bilancia della giustizia, infatti, non v'era possibilità di pareggio né attenuanti in favore dell'umanità.

Di fatto, addirittura, può parere che fosse stata superata la pazienza divina!
Primo pensiero che se ne può trarre è che la creazione era in divenire come lo è un vaso in formazione sotto le mani di un vasaio in cui era prossima però la decisione di rimpastare l'argilla per dargli una forma più adatta.
Riprese però la stessa argilla, cioè la stessa umanità e la bagnò con un diluvio di grazia!
(Vedi: "Cosa nasconde il racconto di Noè e del Diluvio?")
Nella Sua immensa giustizia misericordiosa o misericordia giusta Dio, il Signore IHWH , ritenne, infatti, d'attingere all'istituto della grazia, provvedimento questo, appunto, nei pensieri terreni, al limite tra giustizia e misericordia.
Ci fu così un diluvio d'acqua spirituale per lavare i peccati di quell'umanità.
La decisione prese spunto dal comportamento di un solo uomo, Noè.
Il testo, infatti, prosegue:
"Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore". (Genesi 6,8)



Le stesse lettere di "a'in" , "occhio" in ebraico, indicano anche "sorgente", il che rende lecito poter pensare che è come se nel Signore fosse disponibile una sorgente da cui spunta , sgorga come acqua, "acqua giù origina ", la "grazia" "chen" che altro non è che la "nascosta energia " propria di Dio, la Sua divina e angelica natura. ("Parlano le lettere")
Vi è però un diaframma che va aperto per farla sgorgare.
Da ciò un'altra conclusione se ne può trarre.
Il libro della Genesi intende sancire così che la terra, con tutta la sua vita compresa l'intera umanità attuale che aveva ben motivo di venir distrutta, sussistono solo per grazia di Dio.
Dio, perciò, nel contempo è giusto e salva; "Dio è giudice giusto." (Salmo 7,12)
Essendo Dio "il Giusto", il racconto avverte anche di un'altra realtà.
Si aprì il diaframma e cadde la grazia dal cielo in forma di pioggia, un'acqua purissima, profezia di un evento futuro, di una grazia in grado di assicurare una nuova natura, quella che poi il cristianesimo riconoscerà propria del battesimo che scenderà dal "Giusto".
Era l'embrione della profezia che poi pronunciò anche il profeta Ezechiele, "Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli, vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme. Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio. Vi libererò da tutte le vostre impurità..." (Ezechiele 36,25-29)
Il diluvio, con Noè che si salva con la propria famiglia poi sta a sancire il fatto che Dio fa distinzione tra chi vuole redimersi e chi osserva la sua parola, e forse da solo nemmeno ce la fa, e chi è ribelle e che nemmeno ci prova.
Appena ci fu uno che volle obbedire al Signore, nella fattispecie Noè, questi fu da Lui considerato già un giusto, infatti, è detto "Signore, tu benedici il giusto: come scudo lo copre la tua benevolenza." (Salmo 5,3)
E fu così!
Si salvò perché Dio ritenne che: "Noè era uomo giusto e integro..." (Genesi 6,9a) e Dio stesso che è "...un Dio giusto e salvatore" (Isaia 45,21) nel libro dell'Esodo (23,7) insegna: "Ti terrai lontano da parola menzognera. Non far morire l'innocente e il giusto, perché io non assolvo il colpevole".
La sorgente del Signore si presenterà poi col racconto di Numeri 20 nel deserto di Sin a Qades ove, secondo la parola del Signore stesso, sgorgò acqua dalla roccia indicata a Mosè e ad Aronne.
Il Signore stesso poi per quel fatto in varie occasioni è definito la Roccia:
  • Deuteronomio 32,4 - "Egli è la Roccia; perfetta è l'opera sua
    ; tutte le sue vie sono giustizia; è un Dio verace e senza malizia;
    Egli è giusto e retto."
  • Deuteronomio 32,18 - "La Roccia, che ti ha generato, tu hai trascurato;
    hai dimenticato il Dio che ti ha procreato!"
  • Isaia 17,10 "Perché hai dimenticato Dio tuo salvatore e non ti sei ricordato della Roccia, tua fortezza."
Giovanni nel suo Vangelo mette in risalto come dal Signore Gesù crocefisso e morto in croce, colpito al fianco destro dalla lancia di un soldato romano, sgorgò una sorgente d'acqua e sangue.
Era il segno dell'avvento della grazia e del perdono per tutti, infatti: "Venuti da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate." (Giovanni 19,33-35)

A prima vista come detto pare che nell'occasione del diluvio il merito della salvezza sia venuto da un solo uomo giusto!
Questo però del diluvio è il "midrash" o parabola, profetico di quella salvezza totale che sarà merito del Messia, per i cristiani Gesù, il nuovo Noè, che traghetterà l'umanità redenta in un mondo nuovo in assenza ormai del male e del peccato vinto definitivamente dal Messia stesso in un combattimento apocalittico.
Nelle lettere di quel versetto "Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore",



peraltro, col metodo di "Parlano le lettere", si poteva pur leggere: "Ma per guidare () i viventi giù in un fratello ad inviare per le preghiere l'energia sarà il Signore ".

Nel caso specifico del diluvio Dio ebbe a affermare una prima alleanza con una nuova umanità, cioè con Noè e la sua famiglia e i loro discendenti, nonostante che dovette nuovamente constatare "...ogni intento del cuore umano è incline al male fin dall'adolescenza..." (Genesi 8,21)
Più tardi così reciterà il Salmo 14,1-3 scritto da David: "Lo stolto pensa: Dio non c'è. Sono corrotti, fanno cose abominevoli: non c'è chi agisca bene. Il Signore dal cielo si china sui figli dell'uomo per vedere se c'è un uomo saggio, uno che cerchi Dio. Sono tutti traviati, tutti corrotti; non c'è chi agisca bene, neppure uno."

Il che rivela ancora una volta che il diluvio sotto l'aspetto del peccato non aveva risolto la situazione, ma era stato palesato da parte del Signore l'intento di salvezza di questa umanità che cercava di obbedire.
Dio, conscio del disastro della ribellione nella prima umanità - Adamo ed Eva -provocata dal serpente tentatore di cui al racconto in Genesi 3, aveva detto a Caino, il loro primo figlio "...il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo." (Genesi 4,5)
Cioè, il peccato ormai era una realtà entrata nel mondo e il serpente avrebbe tentato l'umanità avido della sua vita.
Dal cuore dell'uomo usciva il male e il bene, ma questi veniva combattuto dal serpente: "Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adultéri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie. Queste sono le cose che rendono immondo l'uomo". (Matteo 15,19s)
C'era poco da fare, per portare a compimento il primitivo disegno, di creare un uomo che nella libertà amasse Dio, occorreva che per un tempo l'umanità convivesse col peccato finché non avesse compreso la necessità della conversione.
Quando la messe fosse cresciuta sarebbe stato facile sradicare la zizzania senza rovinare il grano buono e senza sprecare il seme!
Dio, l'Eterno, nell'eternità avrebbe poi saputo come ricompensare le temporanee sofferenze dei malcapitati!
Il mondo, infatti, e purtroppo l'umanità, erano stati invasi da un nemico, uno spirito maligno a cui non poteva sottrarsi nemmeno Noè!
D'altronde l'uomo doveva poter pur scegliere tra Dio e il suo contrario.
Al riguardo valgono i seguenti versetti:
  • "Non c'è infatti sulla terra un uomo così giusto che faccia solo il bene e non pecchi." (Qoelet 7,20)
  • "Che cos'è l'uomo perché si ritenga puro, perché si dica giusto un nato di donna?" (Giobbe15,14)
  • "L'uomo pio è scomparso dalla terra, non c'è più un giusto fra gli uomini: tutti stanno in agguato per spargere sangue; ognuno con la rete dà la caccia al fratello." (Michea 7,2)
Eppure questo altro versetto "Può il mortale essere giusto davanti a Dio o innocente l'uomo davanti al suo creatore?" tratto da Giobbe 4,17, pare non avere applicazione nel caso di Noè che invece nel prosieguo del racconto è definito "giusto" da Dio stesso.
Del pari, la Bibbia sancisce anche molti altri come giusti.
Esiste, infatti, una giustizia assoluta, quella di Dio, ed una relativa.
Per Dio il desiderio di un uomo che perpetra l'intento di cercare di essere giusto è già un gran passo avanti rispetto al peccatore che non si pente, ed ogni giusto, se è tale, è perciò in un continuo cammino di conversione.
Gesù ebbe al riguardo a sottolineare: "Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione." (Luca 15,7)
Noé, in particolare, nella propria vita col suo comportamento aveva suscitato evidentemente l'interesse di Dio onde dal trono di Dio Padre scese il dono della grazia per lui e per la sua famiglia.
Aveva mostrato Noè segni di conversione e ciò s'arguisce anche dalla conversione che Dio fa col suo nome.
Con la conversione lo stesso nome Noé "Noach", peraltro, era suscettibile con un'inversione delle lettere ebraiche che lo costituiscono, di trasformarsi per lui in "chen" = , vale a dire la "grazia" che, in effetti, procede da un atto unilaterale di Dio verso il colpevole, perdono che non potrebbe ottenersi col solo comportamento umano, pur quanto ottimo di per sé che sia, essendo la colpa contro Dio irrimediabile e solo Lui ha potere di rimetterla.
Condizione poi necessaria per ottenere la grazia di Dio è che l'uomo si sforzi a preservarsi dal male e si rialzi ogni volta per camminare con Dio e non permanga nella volontà di aderire all'istinto malvagio.
Un agire del genere rispetto al generalizzato negativo comportamento non può non destare un compiaciuto interessamento da parte di Dio stesso.
Dico però che quella è solo condizione necessaria, ma non sufficiente, perché quanto manca tra rimedio e colpa può essere colmato solo dalla grazia di Dio!
E se la colpa ha misura infinita?

Il libro della Genesi, però, accenna che prima di Noè, tra i discendenti di Set, il terzo figlio della prima coppia, s'era già trovato un uomo che aveva camminato con Dio e che da Lui fu preso come avvisaglia che un comportamento virtuoso era gradito a Dio.
Questo antenato era Enoch il bisnonno di Noè (Enoch-Matusalemme-Lamech-Noè).
Si legge, infatti, che "Enoc aveva sessantacinque anni quando generò Matusalemme. Enoc camminò con Dio; dopo aver generato Matusalemme, visse ancora per trecento anni e generò figli e figlie. L'intera vita di Enoc fu di trecento sessanta cinque anni. Enoc camminò con Dio, poi scomparve perché Dio l'aveva preso." (Genesi 5,21-24)
Dio cioè lo accompagnava nelle sue azioni.
Accompagnare ha il radicale ebraico ed è utile ricordarlo per quando in un prossimo paragrafo accennerò al tema dei 36 giusti.
Ed anche nel nome di Enok c'è una profezia in quanto fanno bella mostra di sé le due lettere iniziali che definiscono appunto il termine ebraico di grazia.
"Giusto è il Signore, ama le cose giuste; gli uomini retti vedranno il suo volto." (Salmo 11,7)

Quella stessa condizione necessaria per ricevere la grazia da Dio fu ritrovata poi in Noè a dimostrazione che l'insegnamento di quel avo giusto aveva lasciato tracce in famiglia.
La narrazione, infatti, prosegue con questo commento in Genesi 6,9:

"Noè era uomo giusto e integro    
tra i suoi contemporanei              
e camminava con Dio ".     ".        

Tale pensiero viene poi confermato all'inizio del capitolo successivo quando, nel riprendere la descrizione, il racconto dice: "Il Signore disse a Noè: Entra nell'arca tu con tutta la tua famiglia (8 in tutto), perché ti ho visto giusto dinanzi a me in questa generazione." (Genesi 7,1)
È confermato così che Dio, nella sua giustizia, fa distinzione tra gli uomini, preda dello spirito maligno, e gli angeli ribelli tanto che i primi possono venire salvati.
Afferma, infatti, la 2a lettera di Pietro: "Dio, infatti, non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li precipitò negli abissi tenebrosi dell'inferno, serbandoli per il giudizio; non risparmiò il mondo antico, ma tuttavia con altri sette salvò Noè, banditore di giustizia, mentre faceva piombare il diluvio su un mondo di empi..." (2Pietro 2,4-5)

Ancora prima di Enoch c'era stato Abele, il secondo figlio della prima coppia, ucciso dal fratello Caino geloso del fatto che "Il Signore gradì Abele e la sua offerta" (Genesi 4,4).
(Vedi: "Visione su Abele, il pastore gradito al Signore")
Di Abele Gesù stesso dirà che era un "giusto": "Serpenti, razza di vipere, come potrete scampare dalla condanna della Geenna? Perciò ecco, io vi mando profeti, sapienti e scribi; di questi alcuni ne ucciderete e crocifiggerete, altri ne flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città; perché ricada su di voi tutto il sangue innocente versato sopra la terra, dal sangue del giusto Abele..." (Matteo 23,33-35)
Anche la figura di Abele è da intendere che fu la profezia della venuta di un "giusto" che sarà ucciso dai fratelli, come fa ben comprendere l'autore della lettera agli Ebrei (12,22-24): "Voi vi siete invece accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all'adunanza festosa e all'assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, al Mediatore della Nuova Alleanza e al sangue dell'aspersione dalla voce più eloquente di quello di Abele."
Dirà al riguardo il vescovo Sant Agostino nel libro delle "Confessioni" (Lib. 10, 43. 68-70; CSEL 33, 278-280): "Il vero mediatore, che la tua segreta misericordia ha quel "mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù", apparve come elemento di congiunzione tra i malfattori mortali e il giusto immortale, lui mortale con gli uomini, giusto con Dio. Ora la rivelato agli umili e che hai inviato perché dal suo esempio imparassero, fra l`altro, la stessa umiltà, ricompensa della giustizia è la vita e la pace. Per questo Cristo con la giustizia, che lo accomunava a Dio, eliminò la morte che, per sua libera scelta, lo accomunava con gli empi giustificati. Quanto ci hai amati, o Padre buono, che non hai risparmiato il tuo unico Figlio, ma lo hai dato per noi peccatori!"
In definitiva Abele, Enoch e poi Noè furono tutte figure di colui che doveva venire, il vero "Giusto" dal sacrificio perfetto, di valore eterno ed infinito, perché della stessa natura divina.
Tutti gli altri giusti così definiti nella Bibbia sono uomini che hanno il merito di aver cercato di evitare il male e di camminare con Dio.
Generazioni e generazioni sono susseguite dal tempo di Noè e quello della prima venuta del Cristo e del pari molti furono i giusti che vissero nel mondo e di ciò era ben consapevole il Signore Gesù quando ebbe a dire: "Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!" (Matteo 13,16s)
Fu così che Gesù, il maestro, illuminò chi lo seguiva con parabole sul Regno dei Cieli, poi con quella del "seminatore" spiegò ai discepoli: "Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!" (Matteo 13,37-43)
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