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IL PRIMO MATRIMONIO COL SIGNORE
di Alessandro Conti Puorger

TESI IN DISCUSSIONE
Ringraziando il Signore per il mio matrimonio di cui sto per celebrare il giubileo, 50 anni di vita con la donna che Dio mi ha preparato, in cui i sentimenti sono passati dalla passione alla condivisione alla comprensione ed ove è stata per me l'amore, la compagna, la sorella e me stesso, ho intrapreso una meditazione sul matrimonio cristiano di cui presento i risultati.
Il rotolo del Pentateuco o "Torah", al capitolo 2 del primo dei cinque libri che lo costituiscono, quello della Genesi e per l'ebraismo quello detto "Bere'eshit", con una narrazione in forma midrashica, vale a dire di ricerca sapienziale e teologica in forma di parabola, presenta il prototipo del matrimonio secondo la volontà di Dio.
Tale matrimonio, di fatto, secondo l'ispirazione meditata dell'autore delle Sacre Scritture, costituì per il Creatore la desiderata santa unione a cui s'ispira tutta la creazione prodotta per amore gratuito.
Questo amore, che costituisce l'imput assoluto dell'esistenza voluta da IHWH, Benedetto sia il Suo Santo Nome, volle rivelarsi in modo palese al massimo livello dello sviluppo gerarchico degli esseri che aveva voluto creare sulla terra, perciò all'umanità.
Per quanto sappiamo perciò in campo umano, propose attivamente l'unità creativa tra loro e col Signore stesso ad una prima coppia di un maschio e di una femmina della razza umana.
Doveva essere quel matrimonio di lui con la prima coppia e della coppia tra di loro l'atto costitutivo di tutta l'umanità che avrebbe avuto inizio da loro.
Voleva essere quello il patto fondante con l'umanità della terra per proseguire assieme un cammino meraviglioso.

Questo tentativo iniziale di matrimonio però, subito dopo le nozze, in una "location" come si dice in termini cinematografici, particolare, il Paradiso Terrestre, fu rotto da parte degli umani alla prima prova, ma non fu rotto da Dio che ne ricercò sempre l'attuazione.
Dio, misericordia infinita, perciò l'ha nuovamente proposto nel cammino di salvezza che nel frattempo Lui stesso ha portato avanti nella storia con i noti eventi di cui è detto nella Bibbia e con gli sviluppi successivi dei due millenni d.C. trascorsi dalla Chiesa nel mondo, onde, tramite questa è riproposto in pienezza alle nuove generazioni.
Il tutto avvenne alla presenza di Dio che, infatti, non fu solo un notaio passivo, bensì fu pronubo e pronuba, il testimonio e l'attivo legante dell'evento, che ovviamente si può esplicare solo nella piena reciproca libertà.
Se, infatti, non ci fosse libertà non ci potrebbe essere l'amore e se c'è amore di certo c'è anche libertà.
Tale unione fu il primo passo di un'alleanza totalizzante tra la coppia e Dio stesso, atta a dare la vita a figli che sarebbero stati anche figli di Dio e a favorire il donarsi l'uno all'altro onde testimoniare sulla terra l'amore del Signore, alleato e "sposo" della coppia, re e regina della terra, che dopo il superamento del necessario rodaggio sarebbe stata definitivamente elevata a dignità divina.
Questi due umani prescelti sono il primo sposo e la prima sposa, figura del volere di Dio per i destini del mondo, uniti, appunto, per volontà di Dio che intendeva costituire così un nuovo essere, "una carne sola", un unico nuovo individuo, perché i due sarebbero stati nella libertà legati in modo inscindibile dal cemento dell'amore di Dio, cioè dallo Spirito Santo.
Tutto ciò è il tema discusso in questo scritto con l'aiuto però delle lettere ebraiche con cui è descritto l'evento, lettere che dicono di più delle sole e semplici parole che aiutano a formare, perché dotate anche di significati grafici come fossero degli pseudogeroglifici onde, usate in modo innovativo, consentono d'estrarre da quelle Sacre Scritture scritte in ebraico messaggi di secondo livello sul Messia finalità totalizzante della profezia e delle attese di tutte le Sacre Scritture dell'Antico Testamento.
Tale, infatti, è il filone principale della mia ricerca iniziata tanti anni or sono, esplosa alla fine degli anni '90 e che presentai in Internet a partire dal 2003-4 con "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche".
Per comprendere vastità ed i significati del tema principale propongo questi miei articoli ove l'ho sviluppato:
ADAMO, CHI ERA COSTUI?
Nell'immaginario collettivo c'è il nome dei nostri progenitori.
Pensiero comune è che il primo uomo abbia il nome proprio d'Adamo e che questi sposi Eva.
È proprio così?
Chi li ha chiamati con quei nomi?

Un grande equivoco può, infatti, nascere dal fatto che l'ebraico "'adam" si traduce in italiano con "uomo", invariabile in quella forma pure al plurale e porta molti a ritenere che:
  • sia il vero nome proprio, quindi 'Adamo, del primo essere umano di sesso maschile;
  • di conseguenza sarebbe stato dato alla luce prima il maschio della femmina.
Quel 'adam invece dovrebbe essere scritto in italiano con l'iniziale minuscola, perché potrebbe essere inteso come un indistinto individuo maschio o femmina, o anche entrambi, i prototipi della razza umana, rappresentanti cioè la prima coppia, quindi l'embrione dell'umanità.
Questa è la prima tesi che è da verificare.

Il capitolo 1° del libro della Genesi ci aveva bene informati al riguardo.
Aveva, infatti, precisato che "Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò." (Genesi 1,27)
(Molti ritengono essere quella di Genesi 1 la descrizione della creazione da parte della corrente detta "'elohista" dell'Antico Testamento in quanto nomina Dio col termine di "'Elohim", perché in quel capitolo non è mai nominato col Tetragramma sacro IHWH. Pur se così fosse tale prima descrizione non ha minor valore della seconda descrizione della creazione di Genesi 2 ed è da ritenere che la prima integri l'altra e viceversa.)

Quel "li creò" nel testo ebraico è detto "'otam" , cioè "loro", indi non porterebbe ad equivoci se fosse detto: "Dio creò l'umanità a sua immagine; a immagine di Dio la creò: maschio e femmina creò loro ."
Un semplice sillogismo porta così a dire che è il nome comune della prima coppia.
C'è però di più, quello è anche il nome proprio della prima coppia che Dio desidera considerare in modo speciale, come un'unità, perché solo così è veramente a propria immagine e somiglianza.
Tale pensiero trova la prova evidente in Genesi 5,1-2 ove il testo della traduzione C.E.I. del 2008 dice: "Questo è il libro della discendenza di Adamo (prima coppia) . Nel giorno in cui Dio creò l'uomo (umanità) , lo (la) fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li (la) creò, li benedisse e diede loro il nome di uomo ('Adam) nel giorno in cui furono creati."
È qui dichiarato in modo inequivocabile che Dio "diede loro il nome di uomo "; quindi 'Adam non è il nome proprio del maschio, ma pare essere veramente il nome proprio della prima coppia che Dio scelse.
In effetti, lì quei due versetti sarebbero ben potuto tradursi con: "Questo è il libro della discendenza di 'Adam (la prima coppia). Nel giorno in cui Dio creò 'Adam, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò, li benedisse e diede loro il nome di 'Adam (uomo) nel giorno in cui (la prima coppia) fu creata."
Il testo C.E.I. precedente (del 1975), diceva: "Quando Dio creò l'uomo, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò, li benedisse e li chiamò uomini ('Adam) quando furono creati.", ciò in forza della considerazione che in ebraico il plurale di "'adam" è comunque "'adam".
Il testo ebraico però è chiaro, e ben ha recepito l'ultima traduzione C.E.I., non uomini al plurale, ma "'adam" ossia uomo al singolare; solo loro due assieme sono "'Adam" cioè Adamo.
Dio, infatti, dice chiaramente il testo, "diede il nome" ossia chiamò col nome di Adamo la prima coppia; indi Adamo è il nome della coppia primigenia e non del primo individuo maschio.
Dio stesso, insomma, chiamò col nome proprio di "'Adam" la prima coppia costituita da un maschio e da una femmina e non l'uomo da solo, anche se poi come individuo della coppia, l'uomo può definirsi col nome comune di "'adam" (che in italiano per distinguerlo traslittero con la lettera 'a minuscola).
Il Talmud per far comprendere l'importanza del matrimonio (Yevamot 63a), prendendo spunto evidentemente da considerazioni analoghe, argomenta che un uomo senza moglie non è un uomo, poiché è scritto: che Dio "maschio e femmina li creò... e li chiamò uomo"! Da quelle lettere ebraiche del nome "'Adam" della prima coppia, lette opportunamente con i significati grafici delle lettere stesse (Vedi: "Parlano le lettere"), si ricavano queste caratteristiche appunto per la coppia:
  • "all'Unico somigliante ()", in quanto maschio e femmina, perché l'assieme ha qualità paterne e materne e cosi "l'Unico aiutano per (dare) la vita ";
  • "uniti per aiutarsi nella vita ", e "uniti per proteggersi nella vita ", scopi umani che dovrebbero scoprire e perseguire i maschi e le femmine di questo mondo con lo sposarsi.
Dio li benedisse e disse loro di essere fecondi e di moltiplicarsi (Genesi 1,28), cioè fate frutti e divenite molti.
Un matrimonio che si rifà alla Bibbia occorre però di un apporto divino, lo Spirito Santo, l'amore, il grande sconosciuto!
Penso perciò che in quei versetti ci sia di più, perché l'autore nell'episodio fondante relativo al matrimonio dei matrimoni, non voleva fare solo un discorso di una costruzione umana, ma un discorso spirituale.
La narrazione, infatti, implica un riconoscimento ed un accoglimento di questo dono che Dio fa alla prima coppia che ha creato con la finalità che si riassume in "Vi dò un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri." (Giovanni 13,34) che, come riconosce la prima lettera di Giovanni è anche: "...un comandamento antico, che avete ricevuto fin da principio. Il comandamento antico è la parola che avete udito. E tuttavia è un comandamento nuovo." (1Giovanni 2,7s)
Da principio è "bereshit", il nome che l'ebraismo dà al libro della Genesi, perché è la parola con cui inizia.
Traccia evidente che nel Paradiso Terrestre, che appunto è una allegoria del Matrimonio secondo Dio, circola lo Spirito Santo è al versetto Genesi 3,8, quando, dopo il peccato della coppia, i due "...udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l'uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino." (Genesi 3,8)
"La'" "brezza del giorno" è inequivocabilmente "ruach" soffio, che però è anche "spirito", termine di solito usato nell'Antico Testamento per ricordare lo Spirito del Signore.
Questi, infatti, passeggiava, incedeva, "mitehallek" nel giardino, lettere che rivelano ciò che era accaduto, segnalavano, infatti, "degli uomini l'uscita dal cammino (sottinteso dal cammino giusto) o anche "dagli uomini usciva del Potente la rettitudine " qualità questa della sostanza divina.
Avevano purtroppo peccato e lo Spirito Santo li stava abbandonando, perché è un ospite delicato, l'ospite dolce dell'anima, ed ormai si sentiva un intruso.

È invalsa però la generale idea che Adamo sia il nome personale del primo uomo maschio; ma quando e chi gli avrebbe dato tale nome?
Ci aiuterà approfondire sotto tale aspetto il testo di Genesi 2.
Nel capitolo 2 della Genesi, detto di tradizione "Ihavista", non vi si dice mai che Dio chiamò con il nome personale di Adamo il primo marito o il primo maschio della razza umana.
Vediamo quando e come appare il termine "'adam" in Genesi 2:
  • Genesi 2,6 - "...non c'era uomo che lavorasse il suolo" ed è da intendere, "non c'era nessuno", quindi, là "'adam" è il nome generico di un individuo della razza umana, maschio o femmina;
  • Genesi 2,7 - "Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente."
Il maschilismo però impera... indi conclude: fu formato per prima un maschio, e spinge il concetto a considerare che poi uscirà dal costato di quel primo la donna come se la donna fosse partorita dall'uomo con un parto cesareo operato da Dio stesso alla stregua di reminiscenze di miti pagani.
Il testo ebraico, però, in tale occasione, cioè con la "operazione" che fece Dio, in verità chi fu estratta, fu non la femmina, ma la "donna"; perché?
Qui, il pensiero dei sapienti di Israele espresso nei "midrash", per spiegarsi il successivo fatto della "costola" da cui sarebbe stata tratta la femmina, è costretto a fare un'ipotesi fantastica: Adamo sarebbe stato un individuo androgino dotato di entrambi i sessi, diviso successivamente, onde poi il nome "'Adam" rimase alla parte maschile.
L'immaginazione così ha tentato di piegare la più semplice realtà del fatto, in quanto erano e siamo ancora condizionati da un maschilismo atavico, tuttora imperante.
La soluzione è molto più semplice, "Adamo" è una semplice prima coppia di un maschio e di una femmina e non un individuo singolo immaginifico col nome proprio di Adamo restato poi solo al maschio.
La costola, inoltre, è uno dei due lati o parti della coppia maschio - femmina e non una costola del corpo dell'androgino che addirittura sarebbe stato tagliato in due parti.
Dio, come poi vedremo, forgiò in modo particolare le due parti della coppia tanto da passare ad una evoluzione importante, dal semplice ed istintivo accoppiamento, all'amore coniugale.

Vi sono ora tre atti importanti che Dio compie coinvolgendo "'adam" in cui è fondamentale comprendere se questi momenti coinvolgono o no anche la parte femminile:
  • Genesi 2,8 - "Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo ('adam) che aveva plasmato."
  • Genesi 2,15 - "Il Signore Dio prese l'uomo ('adam) e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse."
  • Genesi 2,16 - "Il Signore Dio diede questo comando all'uomo ('adam)..."
Dobbiamo perciò distinguere, o "'adam" era:
  • solo il maschio, allora solo questi dopo la formazione sarebbe stato portato nel Paradiso terrestre, onde la femmina sarebbe stata formata là nel Gan Eden (versetto 21), quindi per il versetto 2,16 non avrebbe sentito il comando di non mangiare dell'albero della conoscenza del bene;
  • quel immaginario androgeno dei "midrash" ebraici;
  • la coppia primigenia di un maschio e di una femmina.
La soluzione più semplice e più naturale pare proprio essere questa ultima.
Solo l'estremo maschilismo poi può considerare che i fatti dei versetti 2,18-20, ossia il dare il nome a tutti gli animali, questi peraltro tutti formati già separati in maschi e femmina, venisse dato solo o da un maschio o da un androgino e non assieme dalla coppia "'Adam".
Tutto ciò male interpretato porterebbe, ed ha portato nel passato, ad una "diminuitio" della donna con tutte le negative implicite conseguenze ancora in atto.
È giusto chiarire e fugare ogni dubbio al riguardo, perché di fatto quegli eventi hanno avuto per attori entrambi, sia lui che lei, finché ci fu la trasformazione da maschio e femmina in uomo e donna, vale a dire in marito e moglie.

Proviamo a leggere il capitolo 2 del Genesi in un altro modo.
Dio prende la coppia che ha creato e la porta in un luogo speciale che ha preparato per loro ove c'è il meglio del meglio, il Gan Eden, il paradiso terrestre.
"Prendere " è usato per la prima volta ed è verbo che nell'ebraismo caratterizza il "prendere moglie o prendere marito", quindi implicitamente porta all'idea delle nozze.
Perché allora il Gan Eden?
Per fare la festa del matrimonio.
Il matrimonio, in effetti, nel caso specifico è tra Dio e un'unità, la coppia "'adam", che è trasformata dall'azione dello Spirito Santo di Dio, l'Amore, che li lega tra loro e con Lui.
C'è però un segreto!
Il matrimonio non è solo la magia dello sposalizio e la festa delle nozze, ma una costruzione di giorno in giorno di un rapporto col Signore e con la moglie o col marito, in cui la chiave di volta è servire e custodire l'un l'altro.
Il Signore, infatti, prese, ossia in senso allegorico "sposò " non l'uomo da solo, ma la prima coppia, e la pose nel matrimonio, "...nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse ..." (Genesi 2,15)
Quello del Paradiso era il regalo di nozze che Dio aveva preparato proprio per la Sua sposa, cioè per "'Adam", i due della coppia, a loro volta sposi tra loro, e i futuri figli che, se nati in quel matrimonio, sarebbero stati oltre che figli dell'uomo anche figli di Dio.
Il "Giardino dell'Eden" si può quindi vedere in terra come paradigma ed allegoria portata all'estremo di un matrimonio ben riuscito con Dio e davanti a Dio!
La finalità è elevarli ad una dignità che i due, solo come maschio e femmina non avevano, preparandoli ed educandoli nel migliore dei modi ad amarsi e ad essere uniti in modo completo grazie allo Spirito Santo e non solo per bisogno.
Toglie loro così, come è tuttora nelle classiche lune di miele delle coppie benestanti, ogni bisogno pratico e gli dona tutta la pienezza possibile per l'unico scopo, la loro felicità che però può essere completa solo se s'adoperano a conservarla con intelligenza e amore nell'unità: infatti nell'amore e nell'unità risiede il succo del matrimonio voluto da Dio.

La coppia poteva mangiare di tutti i frutti degli alberi del giardino con una esclusione, infatti: "Il Signore Dio diede questo comando all'uomo ('Adam la prima coppia): Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire." (Genesi 2,16s)
Ricordiamoci però che da Dio non era stato negato il comando di lavorare intorno e di custodire anche l'albero della conoscenza del bene e del male.
La conoscenza del bene e del male ci doveva pur essere per la completezza della vita e per il bene della coppia implicante la libertà, quindi l'approfondire il conoscere per l'acquisizione del discernimento sul bene e il male è essenziale.
Il divieto era solo di mangiare i frutti di quel albero.
L'albero era stato piantato da Dio, quindi era cosa buona!
Era essenziale e necessario che fosse nel giardino, ma non ne dovevano mangiare i frutti.
Perché?

Il problema che i frutti dell'albero della conoscenza, come quelli di tutti gli alberi di quel giardino, possono essere buoni da mangiare e graditi alla vista (vedi: Genesi 2,9) ed, infatti, lo erano, ma quelli dell'albero della conoscenza contengono potenzialmente assieme alla cognizione i semi del male.
Occorre quindi non mangiarne per essere sicuri a meno che non si possegga come Dio il pieno e corretto discernimento sul bene e sul male.
Tale discernimento si può apprendere solo alla Sua scuola, dal maestro che sa ben separare al tempo opportuno il grano dalla zizzania.

La narrazione aveva detto che il Signore Dio "...fece scendere un torpore sull'uomo ('Adam) , che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto." (Genesi 2,21)
Secondo la tesi che portiamo avanti quel "'Adam" è la prima coppia di individui maschio e femmina che dormono a fianco uno dell'altro nei rapporti fisici senza, pur dormendo, entrare appieno nel riposo reciproco.
A questo punto vi sono tre elementi da sottolineare e da scrutare attentamente:
  • il torpore;
  • la costola;
  • l'atto del richiudere la carne al suo posto.
Il torpore
Dio risveglia la coppia "'adam" da quel torpore.
L'ebraico indica quel torpore col termine "tareddemah" con la lettera "dalet" raddoppiata come suono.
Evidentemente nel pensiero ispirato dell'autore c'è la presa d'atto che Dio consentì per un tempo che quella coppia di maschio e femmina cadesse in questo torpore.
Perché questo torpore?
Cosa sta a significare?
A questo punto è da ricorrere all'aiuto che possono dare i radicali ebraici e le stesse lettere di quel alfabeto con i loro significati grafici:
  • = + + = indica il calpestamento () della somiglianza ;
  • = + + = indica alla mente/testa la somiglianza .
C'è una traccia forse di questo pensiero nel fatto che prima il Signore nel racconto aveva considerato "Non è bene che l'uomo (la coppia 'Adam) sia solo (sola): voglio fargli un aiuto che gli corrisponda." (Genesi 2,18)
Cioè pur essendo una coppia ciascuno era solo!
Un "aiuto che gli corrisponda" ossia "un aiuto di fronte all'altro" o "opposto all'altro" lì è "e'zoer" "kenoegeddò" , "forza nella debolezza con energia fortunata gli rechi ".
"Se l'uomo sarà meritevole, la donna gli sarà d'aiuto, altrimenti gli si opporrà per contrastarlo." (Rashi)

Non necessariamente nel matrimonio occorre che sempre vi sia l'accordo totale, anzi è utile che uno presenti i difetti all'altro, perché l'aiuto sia totale.
Tra l'altro per vedere i difetti dell'altro occorre riconoscerli perché si sono in qualche modo avuti.
L'interpretazione più corrente però, in genere, è che il maschio era solo e Dio gli creò la femmina prendendogliela da una costola, ma se si parte dal pensiero che Adamo era già una coppia di maschio e di femmina, quel versetto sarebbe da interpretare appunto in altro modo.
Sarebbe, infatti, una presa d'atto da parte di Dio che i due non collaboravano tra loro efficacemente e che doveva procedere ad un altro passo creativo, vale a dire era da mettere in atto un istituto efficace su cui avrebbe dovuto vigilare ed in cui il cemento sarebbe stato Lui stesso, l'Amore misericordioso, lo Spirito Santo, onde i due fossero veramente collaboranti alla pari, ognuno secondo le proprie precipue capacità.
Questo istituto, benedetto da Dio, è il matrimonio davanti a Lui, patto d'alleanza completo tanto da rendere unica ed indivisibile la persona unita dei due, capace di sublimare al meglio le loro anime ("noefoesh" in ebraico è respiro, anima, anelito, quindi anche desiderio), quindi i loro desideri in un unico desiderio, una sola anima.
Da qui il detto formarono "due anime in un nocciolo", in una sola carne.
C'è stato un tempo, che dura tuttora, che il maschilismo ha sopraffatto e sta ancora facendo da padrone nel rapporto maschio-femmina, onde la creazione della prima coppia, uomo - donna, marito - moglie è avvenuta, e può ancora avvenire, volta per volta, solo per grazia del Signore.
In questo mondo, dopo la caduta, infatti:
  • l'uomo tende a usare la parte femminile come cosa e non come persona esaltando il lato sessuale del rapporto, mentre questo è solo l'elemento più "terra terra" del più complesso rapporto che deve essere collaborativo su tutti i piani che è proprio di un matrimonio;
  • la donna spesso è spinta dall'interesse per una sistemazione e così strumentalizza il partner;
  • vi possono essere prevaricazioni e anche inversioni di ruoli di una parte sull'altra in vari modi.
La costola
La "costola" nel versetto Genesi 2,21 è "tsela'" , termine che può venire tradotto anche come "lato", quindi, non necessariamente comporta un taglio fisico.
Quelle sono anche le lettere che indicano il verbo ebraico di "zoppicare", usato ad esempio per Giacobbe quando si ritrova zoppicante dopo il combattimento con un essere misterioso al torrente Yabbok ove gli fu cambiato il nome, quindi il "destino", da Giacobbe a Israele (Genesi 32).
Quella prima coppia 'Adam difatti era ancora zoppicante e Dio, in effetti, mentre sembra separare la coppia, ne corresse una stortura e li unì in matrimonio tra loro e con sé che era l'Unico che li poteva rendere perfetti.
La sposa, infatti, in ebraico si dice anche "kallah" , dal radicale "rendere perfetto", quindi, si può dedurre che se la sposa la dà Dio è quella che alla fin fine è in grado di perfezionare il marito.

Richiuse la carne al suo posto
In ebraico in Genesi 2,21 "richiuse la carne al suo posto" è "vaiiseggor bashar tachettoennah" perciò, passando alla sfera allegorica, più nel merito si può concludere che per entrambi i due della coppia: "consegnò un alla carne inferiore ", cioè relegò al giusto posto il rapporto fisico esaltando anche gli altri aspetti trascurati.

Ecco che finalmente "Il Signore Dio formò con la costola (lato), che aveva tolta all'uomo (alla coppia 'Adam) , una donna e la condusse all'uomo (all'altra parte residua della coppia ora 'adam) ." (Genesi 2,22)
Qui il primo "'Adam" è la coppia maschio e femmina e il secondo "'adam", che appunto scrivo con la lettera minuscola, è la parte residua della coppia, l'uomo della coppia, il marito.
Nel frattempo però, e questo è il fatto specifico creativo, il Signore Dio ha preso da un lato della coppia la parte femminile, l'ha formata , l'ha costruita, l'ha forgiata e l'ha presentata all'altra parte.
Al versetto Genesi 2,22 è usato, infatti, il verbo radicale relativo al costruire, edificare, al fabbricare una casa "baiit" che poi è lo stesso termine che è usato per il Tempio, "la Casa" "ha-baiit" di Dio, nel quale trapela la parola figli "ben" , ossia Dio ha dato un indirizzo funzionale ed elevato al sesso, oltre il solo il procreare.
D'altronde la casa, il matrimonio, è la famiglia di Dio, il Suo Tempio in terra.

"Se il Signore non costruisce la casa,
invano vi faticano i costruttori." (Salmo 127,1)


Dio ha costruito la prima coppia mettendo nella mente dei due, anche nell'elemento fisicamente più forte, il maschio, con l'atto reciproco di chiudere la carne, di basare l'unione non solo sulla differenza della fisicità.
L'elemento preminente deve ora essere la presa d'atto della completa somiglianza, vale a dire tenendo presente la volontà di pacificazione assicurata dalla presenza del Signore al fine precipuo di costruire mattoni per edificare il Tempio di Dio nel mondo.
A ciò si assolve non solo con l'essere aperti alla vita procreando figli, ma aiutando la costruzione, ossia custodendo e coltivando, come ogni buon padre o madre di famiglia fa, la prole che gli è affidata, propria o per adozione, al limite anche spirituale.
All'autore sacro, quindi, interessa proprio informare che il matrimonio è una specifica creazione del Signore.
Adamo, la prima coppia di sposi, costruita durante quel torpore, si sveglia ed alla parte maschile, ora resta il termine di uomo "'adam".
Ciò del resto è giusto perché uomo derivato da "homo" può indicare l'essere umano in generale quindi è anche un nome che può comprendere sia il maschio sia la femmina; infatti, anche la femmina della razza umana è comunque un uomo, pur non essendo maschio.
Questi, poi, nomina in modo diverso sé e l'altra parte.
La parte maschile che ora però è sposata con la femminile davanti al Signore si autodefinisce "'ish" , "uno che è stato illuminato " e riconosce l'altra parte quale parte di se stesso e la chiama donna "'ishah" che in ebraico è anche il termine che designa la moglie.
Dio sveglia "'Adam", la prima coppia e presenta il lato che ha forgiato ad "'adam" il primo uomo... "Allora l'uomo disse: Questa volta" (prima non lo era)

è osso dalle mie ossa,
carne dalla mia carne.
La si chiamerà donna ('ishah ),
perché dall'uomo ('ish' )
è stata tolta ." (Genesi 2,23)


La coppia 'Adam ora al suo interno distingue l'uomo, il marito, che chiama "'ish" e la donna "'ishah" , nomi per la prima volta usati nella Genesi, che letti con le lettere separate, riferendo a Dio la , dicono:
  • "'ish" dall'Unico è stato acceso/illuminato ;
  • "'ishah" l'Unico alla luce uscirà .
In quei versetti c'è il fondamento d'ogni matrimonio giudeo - cristiano, quando "'Adam", la coppia, apre gli occhi e riconosce la rivelazione che dall'Uno è stata accesa per il fine che dell'Unico la Luce esca.
È questa una profezia d'incarnazione.
Proposi in "Lo sposo della coppia nel matrimonio, roveto ardente", l'ardito accostamento del matrimonio al roveto ardente, quello in cui Mosè incontrò il Signore, un fuoco che non si consuma; infatti, non a caso Mosè incontra Dio dopo la sua unione con Zippora.
Due fuochi "'ech" ed si possono vedere come un roveto ardente che non si consuma solo perché al loro centro c'è "Iah" ossia IHWH.
Lo stesso avviene per l'unione uomo e donna nel matrimonio, il Paradiso terrestre, in quanto se c'è Lui, il Signore, il rapporto non si consuma, sarà cioè non più scindibile come confermerà Gesù stesso: "Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi". (Matteo 19,5s)
Roveto ardente = + + = + = uomo e donna = matrimonio alla presenza del Signore.
Di ciò prende atto il Talmud che sottolinea: "Se l'uomo e la donna sono meritevoli (di tale nome) la Shekinah (presenza divina) è tra loro." (Talmud Sotà 17 a)
In un matrimonio voluto, preparato e portato avanti dal Signore vi sono tre persone, perché oltre alla coppia c'è il Signore, altrimenti restano due fuochi che non durano, due unità distinte che si bruciano l'uno con l'altro.
La coppia ha bisogno di un'alleanza, un patto continuo con Lui, perché l'essere simili e ad immagine di Dio possa attuarsi, infatti, la Scrittura parla di un "aiuto che gli corrisponda" e solo se c'è il Signore è raccoglibile la critica pur costruttiva dell'altra parte.
Quel versetto 2,23 conclude che "...dall'uomo è stata tolta", usando il verbo il cui radicale è che oltre che togliere vuol dire anche prendere e pigliare, verbo poi usato dalla Bibbia per dire prendere moglie e prendere marito e che come vedremo Gesù sottolineerà per far comprendere che il matrimonio è ben più di prendere, ma è entrare in una opportunità elettiva offerta da Dio che prepara i due, li fa incontrare e fornisce i doni necessari.
Ed ecco cha proprio a questo punto nel testo v'è una considerazione che appunto riguarda i futuri matrimoni: "Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie , e i due saranno un'unica carne ." (Genesi 2,24)
Si "unirà" come un pezzo di un puzzle si unisce all'altro in modo unico, con quel solo pezzo e non con altri perché sarebbe impossibile, non darebbe il disegno voluto.

I rabbini del Talmud si chiesero: di cosa s'interessò Dio dopo la creazione?
Ed al riguardo risposero col seguente midrash.
"Una matrona romana una volta chiese al maestro del Talmud rav Yosè ben Chalaftà cosa avesse fatto Dio dopo la fine della creazione del mondo. Il Saggio replicò che Dio era stato molto occupato a combinare matrimoni. La matrona restò sorpresa. Questo è ciò che fa il vostro Dio? Ma come! Posso farlo persino io! Ho molti servitori e serve; potrei accoppiarli in un attimo! Il Saggio le disse: Può pure sembrarti semplice, ma per Dio è un compito complesso come aprire le acque del Mar Rosso! La matrona se ne andò e fece mettere in fila i suoi tanti servi e serve quindi comandò: Tu sposerai questa donna e questa donna sposerà questo uomo, e così via. Il giorno successivo le coppie arrivarono tutte abbattute, alcuni anche feriti, perché questo uomo non era felice con sua moglie e quella donna non era felice con suo marito. La matrona mandò a chiamare rav Yosè e gli disse: Rabbi la tua Torah è vera." (Bereshit Rabbà 68,4)
(Vedi: "Famiglia santa, sorgente dell'uomo nuovo")

Un'unica carne può sottintendere sia che fonderanno i propri geni per produrre figli, ma anche che saranno un'unica creatura, perché, di fatto, il matrimonio comporta un cambiamento dei singoli che trovando l'anima che gli corrisponde sono in realtà una creatura nuova, la coppia sposata.
Il dormire e lo svegliarsi segnala che i due hanno acquisito la stessa rivelazione.
Il dormire e il sogno sono elementi importanti, perché Dio nella Bibbia spesso si rivela in tale situazioni; si pensi ai sogni di Giuseppe viceré d'Egitto e di Giuseppe, lo sposo di Maria.
Tale rivelazione ha avuto il potere di creare un legame indissolubile, perché realizza un evento predisposto da Dio stesso, l'incontro della donna scelta solo per lui da Dio per essere la moglie e lui scelto solo per lei per esserne il marito.
Quando l'uomo, infatti, conosce la "donna" datagli da Dio, la chiama per nome Donna "la sceglie per moglie e formano una carne "una casa/famiglia di illuminati nella mente/testa ".
Questa carne è una carne sola , vale a dire per un:
  • patto umano "uniti strettamente per aiutasi ";
  • patto reciproco col divino "l'Unico li stringe tiene uniti con l'aiuto " ed "all'Unico stretti per aiutarlo " facendo la propria parte per introdurre le anime nel mondo.
Il Signore dà fiducia alla coppia di sposi affidandole in genere bambini da custodire e curare; infatti, i figli non sono proprietà della coppia, ma pegni in custodia.
In definitiva dalla coppia primigenia s'era formato un unicum, guidato e protetto dal Signore stesso.
Tale unicum era chiamato a camminare davanti a Lui per fare la Sua volontà.
Questa creazione nella fede si rinnova in ogni matrimonio se la coppia nel proprio intimo riconosce d'essere predestinata, ossia voluta da Dio.

Siamo finalmente al versetto conclusivo di Genesi 2: "Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie, e non provavano vergogna." (Genesi 2,25)
Questo versetto è molto importante per lo sviluppo di questo articolo.
nizia qui un filo rosso appassionante legato ad alcune lettere.
Per questo motivo pongo l'attenzione sul concetto di essere nudi e sul provare vergogna.

Lì, nudi è "a'rummim" che discende sia dal radicale "essere scoperto", da cui "a'rah" luogo nudo (di alberi), sia da un altro radicale di "essere denudato" da cui deriva "a'or" pelle cute e "nudo".
Questo caso con le lettere come icone si spiega con questo predicato: "si vede il corpo apertamente " vale a dire senza coperture.
Derivati:
  • "oe'revah" ed "oe'revah" nudità, vergogne, pudende;
  • "oe'revat" come "cose turpi, brutture, indecenza, che la C.E.I. del 2008 in Deuteronomio 24,1 traduce "qualcosa di vergognoso" e in Deuteronomio 23,15 traduce "polluzione notturna".
In quel versetto Genesi 2,25 il "non provavano vergogna" in ebraico è "lò itebboshashu" da "bosh" o "boeshoet" vergogna o ignominia che "dentro accende completamente " facendo diventare rossi per la vergogna.
L'uomo e la donna non avevano ancora mangiato dell'albero proibito e non avevano ancora in loro l'istinto del male.
Tutto era molto naturale.
Abdia Sforno, rabbino italiano dei primi del seicento disse al riguardo: "Per loro le relazioni intime erano pari all'atto di mangiare e di bere, perciò non avevano motivo di coprirsi."
Perché il mangiare col radicale e il bere col radicale sono atti che possono anche ricordare unioni carnali:
  • il mangiare porta all'idea di "unirsi con la sposa ()" da cui forse s'è insinuato il pensiero che il peccato originale fosse connesso al sesso;
  • il bere si trova poi anche in "boeshoet" vergogna o ignominia "l'ardore finisce entrando ".
EVA, PERCHÈ TALE NOME?
Il capitolo 3 del libro della Genesi inizia con un versetto con cui è presentato sinteticamente un personaggio strano: "Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna..." (Genesi 3,1a)
Qui il testo ebraico per "astuto, furbo" porta "ar'um" .
Ecco che quel un filo rosso, di cui dicevo prima, si sviluppa.
Col capitolo Genesi 2 ci siamo fermati al fatto che la coppia umana appena sposata era nuda e praticamente ora, quindi, quasi subito dopo, troviamo un altro essere che è anche lui.
Le stesse lettere però qui valgono per "astuto, furbo" se si considerano provenienti dal radicale appunto "essere astuto, furbo" ed anche "accumularsi" (di acque) da = = alto, vale a dire "vedere alto", quindi vedere prima degli altri.
Comprende in sé però anche un senso di orgoglio e di superbia in quanto "si vede alzarsi ", ma il significato più semplice è che di fatto è un nemico "a'r" = tsar , onde "un nemico si portò dall'acqua " (Vedi: "Il midrash della pesca gloriosa")
Ecco che con Genesi 3,1 entra in scena il serpente, figura del demonio, che interroga la donna "...È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?"
Questi, il nemico potenziale, vestito di sapienza e conoscenza, qualità del resto attribuite nei miti antichi al serpente, apre bocca con una domanda che contiene una falsità!
Lui, infatti, è mentitore fin da principio!
Gesù, infatti, dirà: "...voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna." (Giovanni 8,44)
La donna risponde con un eccesso di zelo ed ogni eccesso è radice d'errore, infatti, aggrava il comandamento di Dio perché "Rispose la donna al serpente: Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete." (Genesi 3,2s)
Forse era stato un commento che aveva fatto la coppia, le cui lettere erano però profetiche in quanto "non lo dovete toccare" è "vel'ò tigge'ù" e tali lettere lette in altro modo portano a pensare anche: "portandosi il serpente verrà () a scorrere il peccare ()".


Tentazione d'Adamo ed Eva - Michelangelo - Cappella Sistina


Dobbiamo evitare di cadere nel maschilismo perché per il matrimonio davanti a Dio "i due saranno una carne sola" (Genesi 2,24) onde fu il matrimonio della coppia "'Adam" che per voce della donna disse quello che disse al serpente e non è da accusare solo la donna.
In quel modo troppo zelante fu a cadere proprio 'Adam, ciò l'intera coppia, perché tra loro avranno pur parlato e commentato l'ordine di Dio.
Se il marito avesse avuto qualcosa da ridire avrebbe potuto rettificare, infatti, certamente era presente anche lui, come ben sottolinea il Buonarroti nella Cappella Sistina con l'immagine che ho sopra riportato.
Per il commentatore biblico Rashi "'Adam" aggiunse un precetto e così finì per peccare, in quanto "non devi aggiungere nulla alle Sue parole". (Bereshit Rabbà 19,3)
Il serpente stando sull'albero li spinse a toccarne il legno (infatti nella immagine della Sistina l'uomo tocca l'albero) e il serpente secondo il midrash avrebbe detto "come non sei morto toccandolo non morirai mangiandone i frutti". (Mishlé 30,6)

Il serpente, figura di Satana, s'insinua furbescamente, ed evidentemente attorcigliato all'albero disse una mezza verità: "Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male." (Genesi 3,4s)
Dio, infatti, fa perfetta distinzione tra bene e male, ma il mangiare di un frutto di un albero ibrido che non dà frutti differenziati di bene e di male è pericoloso, perché in chi lo mangia s'insinuerà anche il male.
Il segreto è ancora nelle lettere, infatti, il verbo ebraico di "mangiare" in ebraico ha per radicale che comprende il bi-letterale kol cioè "tutto", onde si arriva al pensiero "unificare il tutto "; quindi, appunto come dicevo, unificare senza fare differenza bene e male è male.

Il serpente è furbo perché inizia a parlare con la donna, in genere più curiosa e ciarliera di un uomo, e doveva essere così anche allora, con una domanda con cui "ingenuamente" propone qualcosa d'errato per coinvolgerla e perché desse una risposta: "È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?" (Genesi 3,1b)
Il Talmud Baba Batra 16° afferma che "il serpente è Satan" questi inculca nell'uomo l'istinto, il seme del male, il verme che conduce alla morte.
Tra l'altro nascosto nelle lettere ebraiche che definiscono "animali selvatici" "chaiiat hasshadoe" , di cui dice il testo era il più furbo, vi si trovano le lettere che indicano il demonio "shad" e questi doveva così proprio esserne il capo.
Dove era il marito quando il serpente parlò con la donna?
Forse era andato a cercare cibi sopraffini e s'erano allontanati tra loro per cercarli, oppure semplicemente era proprio là vicino, tant'è che appena lei s'è convinta gli offre di mangiarne, ma senza alcun discorso e lui ne mangia, perché ha sentito ed anche lui è stato ingannato.
Si è, infatti, tanto abituati all'uso, entrato anche nel galateo, della norma maschilista onde è l'uomo il soggetto a cui è opportuno rivolgere domande da parte di un estraneo, che si è stati portati a pensare che l'uomo "'adam" in quella occasione non fosse presente, così la donna fu ritenuta la prima colpevole.
È mia motivata opinione che non è così.
Opportunamente, infatti, la traduzione C.E.I. come del resto le traduzioni fatte nell'ebraismo, riporta: "Allora la donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch'egli ne mangiò." (Genesi 3,6)
"Era attraente agli occhi: il cuore e gli occhi sono due intermediari del peccato" (Talmud Yerushalmi Berakot 1,8) ed al riguardo Rashi spiega: "sono le spie del corpo e gli intermediari dei peccati: l'occhio vede, il cuore desidera e il corpo commette i peccati" (Bemidbar 15,39).
Il testo subito dopo (Genesi 3,7) segnala: "Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture."
Se avesse mangiato prima la donna e non avessero mangiato in contemporanea perché l'uomo non era lì si sarebbe dovuta vergognare prima lei mentre il testo al riguardo prevede una contemporaneità.
Qui, nudi è "e'irummim" , lettere che segnalano un evento in quanto con "la rovina del verme () vivranno " e questo è il destino dell'umanità dopo il peccato, subire la corruzione, vale a dire essere mangiata dai vermi.
È da ricordare che ora spesso "'adam" segnala l'uomo, perché spesso è nominato accanto alla moglie, ma alcune volte è anche l'intera coppia.
Quel versetto è da porre in contrapposizione al seguente che si trova dopo il colloquio di Dio con la coppia: "Il Signore Dio fece all'uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì." (Genesi 3,21)
In effetti, Dio fece delle tuniche "katenot" che ricordano le vesti rituali in lino bianco con cui si coprono i sacerdoti, gli sposi e con cui gli ebrei vestono i loro morti.
Il testo poi non dice pelli, ma pelle al singolare "o'r" .
La prima coppia si era coperta perché nuda e ora si parla di pelle che segnala il "peccare () col corpo ", ma Dio stesso la riveste con abiti nunziali e il Talmud segnala che Dio "non solo fece loro dei comodi indumenti, ma egli stesso li rivestì per dimostrare che li amava ancora, malgrado il peccato" (Rabbenu Bekaiè).
(Vedi: "Il vestito d'Adamo")
Nell'ebraismo c'è proprio il pensiero che il matrimonio, crei appunto una nuova realtà; quindi, preparati col bagno rituale, appena dopo sposati i due sposi sono senza peccato.
Ecco che s'apre il discorso del vestito del perdono di Dio che copre i peccati e giustifica i peccatori pentiti e che sarà la veste che coprirà i fedeli nel giudizio finale di cui parla San Paolo e che rivela le attese dell'ambiente ebraico del tempo: "Sappiamo, infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un'abitazione, una dimora non costruita da mani d'uomo, eterna, nei cieli. Perciò, in questa condizione, noi gemiamo e desideriamo rivestirci della nostra abitazione celeste purché siamo trovati vestiti, non nudi. In realtà quanti siamo in questa tenda sospiriamo come sotto un peso, perché non vogliamo essere spogliati ma rivestiti, affinché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. E chi ci ha fatti proprio per questo è Dio, che ci ha dato la caparra dello Spirito." (2Corinzi 5,1-5)

Siamo al colloquio di Dio con la coppia e poi col serpente: "Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l'uomo con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: Dove sei? Rispose: Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto. Riprese: Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato di non mangiare? Rispose l'uomo: La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato. Il Signore Dio disse alla donna: Che hai fatto? Rispose la donna: Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato." (Genesi 3,8-13)

Inizia con "Ma il Signore chiamò l'uomo"... beh qui molti intendono che chiamò il maschio della coppia, ma in effetti dopo quanto esposto pare proprio che Egli chiami la prima coppia "'Adam", infatti entrambi avevano trasgredito ed entrambi s'erano nascosti e per Lui erano proprio un unicum.
Risponde però per prima il maschio, onde si pensa che Dio volesse parlare proprio con lui; il maschio, infatti, si sbrigò a parlare per primo e lo fece per sopraffare la parte più debole.
Sì, parlò per primo, ma per accusare la moglie e Dio stesso che gli aveva posta accanto la donna.
Il demonio ha ottenuto il risultato a cui voleva arrivare: rompere quel primo matrimonio, ridividere quell'unicum.
La prima coppia "'Adam" ora non è più un unicum, ma s'è creato il muro dell'inimicizia.
Il primo effetto è che non si aiutano più, non c'è più solidarietà!
Già la sola solidarietà umana è una grande difesa: infatti, è: "Meglio essere in due che uno solo, perché due hanno un miglior compenso nella fatica. Infatti, se vengono a cadere, l'uno rialza l'altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi. Inoltre, se due dormono insieme, si possono riscaldare; ma uno solo come fa a riscaldarsi? Se uno aggredisce, in due gli possono resistere e una corda a tre capi non si rompe tanto presto." (Qoelet 4,9-12)
Il demonio però ha fatto di più, è riuscito ad incrinare il loro patto, che era come una muraglia di difesa, infatti, oltre che sposi erano più che fratelli.
Viene in mente così la traduzione dei LXX del versetto Proverbi 18,19 che è la seguente: "Un fratello aiutato da suo fratello è come una città fortificata ed elevata, è forte come un bastione regale", " "Frater qui adiuvater a fratre quasi civitas firma..."
A rafforzare questo avvicinamento agli sposi del rapporto anche di fratellanza c'è anche il fatto che proprio pochi versetti dopo il libro dei Proverbi sostiene il concetto che: "Chi ha trovato una moglie ha trovato una fortuna, ha ottenuto il favore del Signore." (Proverbi 18,22)

Ecco che questo fatto è segnalato in modo chiaro dal marito che è come dicesse alla sorella moglie: "accidenti a me e a quando ti ho dato retta, vedi che cosa ci hai procurato" e il testo sottolinea: "L'uomo chiamò sua moglie Eva , perché ella fu la madre di tutti i viventi." (Genesi 3,20)
Eva non è il nome che Dio dà alla donna, è invece ora il nome che "'adam" dà alla moglie, ma dopo il peccato.
La coppia non è più l'"'Adam", ma ora sono due divisi e come sono stati dati i nomi agli animali lui la chiama non più "isshah" come aveva detto in Genesi 2,23, ma con un nome diverso, Eva, "Chava" .

In pratica le dice l'uomo che l'ha incolpata: avevamo davanti a noi tutto aperto , ma per colpa tua abbiamo ricevuto una chiusura , il cielo per noi si è chiuso, porterai tutti alla tomba .
Questo è graficamente ciò che ispirano le lettere del nome "Eva" se confrontate col radicale del verbo esistere in cui la lettera dell'esistenza è aperta da entrambi i lati; quindi, ormai gli uomini e le donne avranno una esistenza limitata, rattrappita, in quanto sono scesi indietro nella scala della creazione al livello solo animale.
Da questa coppia divisa, cacciata dal Paradiso, in quanto autoesclusasi dal matrimonio originario, nascono tutte le generazioni seguenti.
Siamo di conseguenza tutti figli di una coppia divisa, non nati dal matrimonio voluto da Dio, onde per Dio iamo figli illegittimi fino a che la misericordia divina non ci avrà regalato una madre nuova che sia anche una perfetta sposa.
Quel primo matrimonio non dette frutto.
Di fatto ci fu un declassamento da uomo ad un essere vivente che nelle strette si porta per il mondo ".
In definitiva né Adamo, l'uomo, né Eva, la donna separata dall'uomo, hanno nomi decisi da Dio, ma solo la coppia primigenia unita ha il nome di "'Adam".

IL DIVORZIO NELL'ANTICO TESTAMENTO
Soffermiamoci a considerare i fatti conseguenti ai versetti:
  • "Dio li benedisse e Dio disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi..." (Genesi 1,28)
  • "Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un'unica carne." (Genesi 2,24)
Queste frasi segnalano quale fosse la volontà del Signore quando si dovessero venire poi a formare nuove famiglie.
Accade però purtroppo che per gli eventi di Genesi 3 tutte le unioni successive si verificheranno fuori del Paradiso terreste, perciò non alla presenza del Signore... finché non ci sarà un segno efficace, un sacramento della Sua presenza.
Lì fuori c'è la steppa, "shadoeh" e quindi il demonio "shad" che subito opererà con i suoi inganni.
I maschi e le femmine degli umani si univano per i motivi più vari e non solo per procreare e nemmeno solo per soddisfare istinti o sentimenti.
Il motore non era solo la necessità di accoppiarsi, ma spesso l'accedere ai benefici diretti ed indiretti d'auspicati apparentamenti per avvicinare fortune familiari in terre e armenti o posizioni sociali.
Ciò che però presto fu ben compreso da ciascuna famiglia è che con i matrimoni di tipo terreno che venivano a costituirsi erano sottratte, perché portate via da casa, femmine giovani, quindi una forza di lavoro efficace, potenziale ricchezza della famiglia d'origine, perciò di certo era subito un danno economico che doveva pur essere remunerato.
Ecco che per tale motivo fu sentita la necessità di considerare il matrimonio un acquisto che comportava un pagamento e spesso un contratto.
Il latino "matrimonium", infatti, etimologicamente è fatto derivare da "matrix", matrice genitrice, e da "munus" regalo, dono oltre che dovere e peso.
Giuridicamente il matrimonio dette così luogo ad un contratto, in base al quale la donna è trasferita dalla potestà del padre a quella del marito con facoltà di entrambi di recedere dalla promessa di matrimonio.
Il libro dell'Esodo prescrive: "Quando un uomo seduce una vergine non ancora fidanzata e si corica con lei, ne pagherà il prezzo nuziale, e lei diverrà sua moglie. Se il padre di lei si rifiuta di dargliela, egli dovrà versare una somma di denaro pari al prezzo nuziale delle vergini." (Esodo 22,15)
Il prezzo nuziale è il "mohar", il prezzo per generare, infatti, deriva dal quel radicale "generare" che in ebraico appunto è .
La prima volta che s'incontra nella Bibbia una necessità del genere, cioè di dover corrispondere un prezzo nuziale, è in Genesi 34 nel seguente racconto:
"Dina, la figlia che Lia aveva partorito a Giacobbe, uscì a vedere le ragazze del posto. Ma la notò Sichem, figlio di Camor l'Eveo, principe di quel territorio, la rapì e si coricò con lei facendole violenza. Ma poi egli rimase legato a Dina, figlia di Giacobbe; s'innamorò della giovane e le rivolse parole di conforto. Quindi disse a Camor, suo padre: Prendimi in moglie questa ragazza. Intanto Giacobbe aveva saputo che quello aveva disonorato sua figlia Dina, ma i suoi figli erano in campagna con il suo bestiame, e Giacobbe tacque fino al loro arrivo. Venne dunque Camor, padre di Sichem, da Giacobbe per parlare con lui. Quando i figli di Giacobbe tornarono dalla campagna, sentito l'accaduto, ne furono addolorati e s'indignarono molto, perché quegli, coricandosi con la figlia di Giacobbe, aveva commesso un'infamia in Israele: così non si doveva fare! Camor disse loro: Sichem, mio figlio, è innamorato della vostra figlia; vi prego, dategliela in moglie! Anzi, imparentatevi con noi: voi darete a noi le vostre figlie e vi prenderete per voi le nostre figlie. Abiterete con noi e la terra sarà a vostra disposizione; potrete risiedervi, percorrerla in lungo e in largo e acquistare proprietà. Sichem disse al padre e ai fratelli di lei: Possa io trovare grazia agli occhi vostri; vi darò quel che mi direte. Alzate pure molto a mio carico il prezzo nuziale e il valore del dono; vi darò quanto mi chiederete, ma concedetemi la giovane in moglie!" (Genesi 34,1-12)

I fratelli di Dina poi con uno stratagemma si vendicarono e fecero strage di tutti i maschi di Sichem.

C'è poco da fare il matrimonio assunse il vero e proprio titolo d'acquisto e quindi fu regolato nello spirito della riparazione segnalata da Esodo 22,15.
Quindi intervene l'interesse, il denaro, perciò mammona e la donna fu merce di scambio o comunque doveva essere acquistata presso la famiglia d'origine.
Accadde che addirittura un re, Saul, dette la propria figlia, Mikal, in moglie a David in questo modo: "Allora Saul disse: Riferite a Davide: Il re non vuole il prezzo nuziale ( "mohar"), ma solo cento prepuzi di Filistei, perché sia fatta vendetta dei nemici del re. Saul tramava di far cadere Davide in mano ai Filistei." (1Samuele 18,25)

Oltre a prendere una donna e comprarla col denaro lasciando in secondo ordine i rapporti d'altro tipo, che se c'erano ovviamente erano bene accolti, l'uomo ebbe presto anche il desiderio di chiudere rapporti che a proprio parere divenivano pesanti.
Fu a tale riguardo istituito l'istituto del divorzio, vale a dire il rimandare alla sua casa, o comunque via, la donna che era stata prima presa in sposa.
Di questo istituto del divorzio si trova preciso riferimento nel libro della "seconda legge" detto del Deuteronomio, il che fa capire che fu una disposizione postuma a quella degli altri libri della Torah.
Il primo versetto del Capitolo 24, infatti, dice "Quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che ella non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni in mano e la mandi via dalla casa." (Deuteronomio 24,1)
In ebraico per le parti più specifiche che ho rappresentato in grassetto sono state usate le seguenti lettere:
  • "qualche cosa di vergognoso" è "oe'rvat dabar" di cui ho già detto in altro punto;
  • "scriva per lei un libello di ripudio" è "katab lah sefoer keritut" vale a dire con le lettere ebraiche ove "ripudio" "keritut" viene dar radicale verbale di dividere, separare e tagliare ed, in effetti, è un taglio, quindi, separazione.
Ecco sviluppato così un altro tratto del un filo rosso portato avanti dallo "spirito di questo mondo" contro il matrimonio voluto da Dio.
Questo istituto del matrimonio santo subisce un altro colpo, che rivela ancora un misto di furbizia e di nudità da cui appunto deriva il termine "oe'rvat" , che però non riesce nascondere ormai un fatto certo: "il nemico ha portato un altro segno " o "il nemico , li porta a scegliere (sottinteso il divorzio)" ed infine tra loro "da nemici si portano completamente ".
La dizione "qualcosa di vergognoso" è amplissima e troppo soggettiva.
Per gli ebrei tale dizione non poteva contemplare il fragrante adulterio, atto punito a parte con la nota pena della lapidazione prevista dalla Torah.
Potevano però rientrare in quel "qualcosa di vergognoso" comportamenti licenziosi, rapporti particolari, anche solo sospetti, nonché questioni non legate al sesso.
Si pensi poi alla pratica del bere le "acque amare della gelosia", rito descritto in Numeri 5,11-31 che un marito geloso, sospettoso o anche veramente "tradito" poteva far subire alla propria moglie.
Queste separazioni ovviamente provocavano gravi sofferenze nelle rifiutate e reazioni da parte delle famiglie delle donne, ma siccome tutte le famiglie potevano venire a subire fatti del genere fu trovato l'escamotage almeno di riparare in qualche modo col denaro, ma come al solito i più ricchi e potenti certamente facevano il loro comodo.
Attualmente, ma il tutto trova fondamento in atti antichi, il divorzio ebraico, detto "gerushim", dal radicale scacciare - in cui appare il termine "ger" di straniero, quindi considerarla straniera, come una estranea - diviene un contratto che è firmato da testimoni ed il documento risultante è detto "get".
Per contro nacque la necessità di salvaguardare la parte debole, vale a dire la donna, del pari con un contratto scritto, "Ketubah", a protezione per la sposa al momento delle nozze.
Tale contratto matrimoniale veniva a sostituire il ruolo del "mohar" biblico pagato ai genitori della sposa dallo sposo stesso con il "Prezzo della sposa".
La somma dovuta alla moglie sarà poi pagata alla moglie stessa per cessazione del matrimonio per divorzio, sia a causa della morte del marito.
In definitiva un'unione si poteva aprire con un contratto e chiudere con un contratto, quindi a fronte al matrimonio, legame indissolubile davanti a Dio, le unioni che si contraevano avevano il risultato di configurarsi al limite in rapporti a tempo per danaro ed a questo punto sono così evocati e messi in parallelo rapporti molto vicini al mestiere più antico del mondo che riduce il tempo perfino ad ore e in consumazioni.
È poi da tener conto che per il maschilismo imperante nel mondo ebraico solo il marito poteva concedere il divorzio, onde la moglie era ed è ancora certamente svantaggiata.
Oggi, pur con tutte le difficoltà e gli ostacoli del caso la moglie ebrea può presentare domanda d'annullamento e/o chiedere lei il "get" anche di fronte al rifiuto del marito sperando di trovare rabbini che accolgano e valutino favorevolmente e sperando ancora che il marito si manifesti piuttosto liberale e si assoggetti alla loro decisione.

I DURI DI CUORE
Gesù nei Vangeli ebbe modo di chiarire esplicitamente il pensiero divino sul matrimonio.
Nel Vangelo di Matteo l'insegnamento avviene in due tempi:
  • nell'ambito del discorso della montagna. Ove disse: "Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto del ripudio. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all'adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio." (Matteo 5,31s)
  • al suo ritorno nella Giudea, quando "...gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo? Egli rispose: Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e disse: Per questo l'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne? Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto. Gli domandarono: Perché allora Mosè ha ordinato di darle l'atto di ripudio e di ripudiarla? Rispose loro: Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all'inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un'altra, commette adulterio." (Matteo 19,3-9)
Nel Vangeli di Marco si trovano saldati i due brani ed il testo così recita: "Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: Che cosa vi ha ordinato Mosè? Dissero: Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla. Gesù disse loro: Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall'inizio della creazione li fece maschio e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie 8e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto. A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio." (Marco 10,2-12)
In questo brano manca però l'inciso "se non in caso di unione illegittima" che peraltro non è nemmeno in tutti i codici antichi di Matteo, onde potrebbe esser un'aggiunta di qualche comunità locale cristiana della prima ora che viveva tra i pagani ove poteva facilmente sussistere una tale situazione.

Nel Vangelo di Luca invece è solo riportato solo quanto segue: "Chiunque ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio; chi sposa una donna ripudiata dal marito, commette adulterio." (Luca 16,18)

È netto il rifiuto del Signore al divorzio, istituzione umana consentita dalla legge societaria ed inserita, come abbiamo visto, nel libro del Deuteronomio, la legge più tardiva.
Il motivo con cui il Signore chiarisce tale importante questione è che la volontà divina trapela proprio col matrimonio della prima coppia per cui nasce un individuo nuovo che il divorzio uccide.
Gesù afferma, inoltre, che questo successivo permesso al divorzio fu un sancire "la durezza dei cuori" degli uomini.
In greco è chiamata "sklerokardia", cioè la "skleres" "durezza o sclerosi" del "kardia" "cuore", vale a dire l'indurimento degli uomini per egoismo nei confronti delle cose di Dio.
C'è, infatti, bisogno di cambiare il cuore di pietra in cuore di carne come auspica il profeta Ezechiele per ben due volte nel libro omonimo:
  • "Darò loro un cuore nuovo, uno spirito nuovo metterò dentro di loro. Toglierò dal loro petto il cuore di pietra, darò loro un cuore di carne, perché seguano le mie leggi, osservino le mie norme e le mettano in pratica: saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio." (Ezechiele 11,19s)
  • "Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli, vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme. Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio." (Ezechiele 36,25-28)
Il Vangelo di Giovanni, per contro, esalta il matrimonio e pare proprio significare la volontà di rifarlo nuovo, tanto che quel Vangelo al Capitolo 2 apre il tempo dei segni di Gesù con il miracolo della trasformazione dell'acqua in vino durante un banchetto di nozze a Cana di Galilea.
Com'era avvenuto nel primo matrimonio narrato dalla Genesi il Signore assicura la sua presenza e lo ricorda in modo criptico che lascia alquanto sorpresi chiamando appunto "Donna" la propria madre che sarà poi figura della Chiesa, madre di tutti i fratelli adottivi di Gesù, Donna a cui dalla croce donerà il discepolo che ama (Giovanni 19,26s).
Gesù, di fatto, è venuto per cambiare in vino nuovo l'acqua della vecchia alleanza, ormai sofferente e subita, dandole nuovo vigore e per elargire all'umanità sofferente il perdono dei peccati, rinnovando con un sacramento il senso del vero matrimonio ed infine, col fondamentale dono alla coppia dello Spirito per compierla, il vino nuovo, capace di trasformare in loro i cuori di pietra in un cuore di carne, capace di amare.
Certamente Gesù con quel segno annuncia che è venuto il tempo profetizzato dal profeta Osea in cui ci sarà il vino nuovo del matrimonio del Signore: "Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell'amore e nella benevolenza, ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore. E avverrà, in quel giorno - oracolo del Signore - io risponderò al cielo ed esso risponderà alla terra; la terra risponderà al grano, al vino nuovo e all'olio e questi risponderanno a Izreèl. Io li seminerò di nuovo per me nel paese e amerò Non-amata, e a Non-popolo-mio dirò: Popolo mio, ed egli mi dirà: Dio mio". (Osea 2,21-25)

In effetti, Dio stesso era come se avesse dato il libretto di ripudio prima ad Israele, il regno del Nord, e poi a Giuda, il regno del Sud consentendone l'esilio rispettivamente a Ninive e a Babilonia.
Il profeta Geremia nel libro omonimo ricorda questo fatto al Capitolo 3.
(In "Dal libro del profeta Geremia: Il libro della consolazione" tra l'altro vi è la decriptazione di tale capitolo)

Il profeta inizia a considerare:
  • Geremia 3,1 - "Se un uomo ripudia la moglie ed ella si allontana da lui per appartenere a un altro, tornerà il primo ancora da lei? Quella terra non sarebbe tutta contaminata? E tu, che ti sei prostituita con molti amanti, osi tornare da me?"
  • Geremia 3,8 - "ho ripudiato la ribelle Israele proprio per tutti i suoi adultèri, consegnandole il documento del divorzio, ma la sua perfida sorella Giuda non ha avuto alcun timore. Anzi, anche lei è andata a prostituirsi"
  • Geremia 3,20 - "Ma come una moglie è infedele a suo marito, così voi, casa di Israele, siete stati infedeli a me."
Ha usato le stesse regole che usano gli uomini per far vedere quale sia la loro durezza di cuore, ma il Signore in effetti è pronto a riaccoglierla; perché per Lui il matrimonio è irrevocabile.
Il tema della prostituzione e dell'adulterio del popolo eletto è poi tema specifico di Ezechiele 16 in cui con termini durissimi sottolinea la licenziosità di Israele e nel contempo la misericordia che userà nel riaccoglierla.
(In "Miracoli - La sposa vede lo sposo attraverso il velo" ho tra l'altro riportato la decriptazione di Ezechiele 16)

La conclusione però è la profezia di un tempo nuovo, ovviamente alla venuta del Messia, quando, dice il Signore: "...mi ricorderò dell'alleanza conclusa con te al tempo della tua giovinezza e stabilirò con te un'alleanza eterna. Allora ricorderai la tua condotta e ne sarai confusa, quando riceverai le tue sorelle maggiori insieme a quelle più piccole, che io darò a te per figlie, ma non in forza della tua alleanza. Io stabilirò la mia alleanza con te e tu saprai che io sono il Signore, perché te ne ricordi e ti vergogni e, nella tua confusione, tu non apra più bocca, quando ti avrò perdonato quello che hai fatto. Oracolo del Signore Dio." (Ezechiele 16,60-63)
Da ciò s'intravede che "l'alleanza conclusa con te al tempo della tua giovinezza" altro non è che la Legge di Mosè ossia la "Ketubah" matrimoniale col popolo eletto consegnata sull'Oreb.
Questa verrà rinnovata con valore eterno includendo gli altri popoli "le tue sorelle maggiori insieme a quelle più piccole, che io darò a te per figlie" con una nuova Ketubah che è la legge del Messia, il comandamento nuovo, che si riassume nel discorso della montagna la cui vetta è amate i vostri nemici.

C'è un altro famoso detto di Gesù sul matrimonio da meditare; è il seguente:
"...s'avvicinarono poi alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione, e gli posero questa domanda: Maestro, Mosè ci ha prescritto se a qualcuno muore un fratello che ha moglie, ma senza figli, suo fratello si prenda la vedova e dia una discendenza al proprio fratello. C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli. Da ultimo anche la donna morì. Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie. Gesù rispose: I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni dell'altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio." (Luca 20,27-36)
I figli di "questo mondo", qui distingue, perché questo mondo in effetti è contrario a Dio, quindi, sono figli illegittimi.
Quella norma che citano i sadducei nell'esempio limite che portano avanti provoca poi da parte di Gesù un'ulteriore osservazione sulla legge di Mosè che per questioni pratiche di eredità prescrisse la legge del "levirato" di cui è detto in Deuteronomio 25,5-10 simile a norme già esistenti tra gli Assiri e gli Hittiti, gli Arabi e gli antichi Indiani (la niyoga).
Anche questa norma è connessa alla presa atto del legislatore biblico della durezza di cuore degli uomini schiavi del potere del denaro e dei beni in questo mondo onde vi poteva essere la prevaricazione per le vedove.
La regola in senso stretto prevede che se il fratello del marito morto, ossia il cognato, in latino "levir", in ebraico "yabam" vive in casa deve sposare la vedova per dare una discendenza al fratello e quindi conservargli l'eredità dovuta, infatti il loro figlio primogenito sarebbe stato considerato legalmente figlio del defunto.
In definitiva i motivi erano due:
  • evitare ulteriori frazionamenti delle terre nello spirito di nel Levitico (25) e Numeri 36,2-9;
  • proteggere le vedove.
Come si legge in Deuteronomio la norma contempla solo fratelli che "abitano insieme" e pare proprio essere intesa a conservare lo status quo con l'indivisibilità dei beni, delle terre e anche d'imprese commerciali di tipo familiare; tutti interessi umani nell'ambito del potere di mammona.
Evidentemente nei tempi antichi la norma o l'uso erano più estesi come si evince dalle storie del libro di Rut e di Tamar evidentemente vissute prima della stesura della norma del Deuteronomio. (Vedi: "La perla nascosta nel rotolo di Rut del canone ebraico" e "Tamar si traveste per essere antenata di Giuseppe").
È poi da non dimenticare che il matrimonio "perfetto" secondo il racconto fondante della creazione fu un'unione pensata e voluta da Dio stesso che diede luogo da una coppia all'unità e non fu opera di volontà umana.
In unità entrano i due ( = 2) nel mondo è, infatti, tratteggiare con le lettere la parola ebraica di amore e l'amore vero vince la morte.
Fu Dio che volle istituire il matrimonio e non l'uomo o la donna "presero" l'altro: ciò in definitiva è quanto Gesù mette in evidenza con quel discorso.
Sembra dire Gesù: se i due fossero veramente in un matrimonio perfetto sarebbero una cosa sola ed avrebbero la garanzia di chi sta nel Gan Eden, la vita eterna, perché, là sempre era disponibile l'albero della seconda vita (nel testo ebraico del Genesi in cui si parla dell'albero della vita, questa, "chaiim", pare proprio essere un plurale duale) vale a dire l'albero della risurrezione e non c'era la morte entrata in gioco con la caduta.

IL MATRIMONIO CHE DÀ FRUTTO
Il pensiero sintetico della Chiesa sul divorzio è lo stesso del Signore.
Tale pensiero fu sinteticamente espresso dal profeta Malachia e anticipa e prepara i discorsi di Gesù al riguardo.
Ed il pensiero è questo: "...io detesto il ripudio, dice il Signore, Dio d'Israele, e chi copre d'iniquità la propria veste, dice il Signore degli eserciti. Custodite dunque il vostro soffio vitale e non siate infedeli." (Malachia 2,16)
Quel brano, poco prima, conferma che il matrimonio secondo Dio è un patto che trasforma in unica persona i coniugi, un corpo e un'anima sola, "un essere solo dotato di carne e soffio vitale" quando dice: "Perché il Signore è testimone fra te e la donna della tua giovinezza, che hai tradito, mentre era la tua compagna, la donna legata a te da un patto. Non fece egli un essere solo dotato di carne e soffio vitale? Che cosa cerca quest'unico essere, se non prole da parte di Dio? Custodite dunque il vostro soffio vitale e nessuno tradisca la donna della sua giovinezza." (Malachia 2,14s)

Ricordo poi due articoli fondamentali del Catechismo della Chiesa Cattolica sul matrimonio:

1643 - L'amore coniugale comporta una totalità in cui entrano tutte i componenti della persona - richiamo del corpo e dell'istinto, forza del sentimento e dell'affettività, aspirazione dello spirito e della volontà -; esso mira a una unità profondamente personale, quella che, al di là dell'unione in una sola carne, conduce a non fare che un cuore solo e un'anima sola; esso esige l'"indissolubilità" e la "fedeltà" della donazione reciproca definitiva e si apre sulla "fecondità". In una parola, si tratta di caratteristiche normali di ogni amore coniugale, ma con un significato nuovo che non solo le purifica e le consolida, ma anche le eleva al punto di farne l'espressione di valori propriamente cristiani.

1661 - Il sacramento del Matrimonio è segno dell'unione di Cristo e della Chiesa. Esso dona agli sposi la grazia di amarsi con l'amore con cui Cristo ha amato la sua Chiesa; la grazia del sacramento perfeziona così l'amore umano dei coniugi, consolida la loro unità indissolubile e li santifica nel cammino della vita eterna.

Abbiamo però considerato come fallì, non dando frutto, quel primo matrimonio voluto da Dio con la prima coppia.
Era quindi da attendersi per la vittoria del bene sul male il rinnovarsi del tentativo con una famiglia capace di risultare vittoriosa in questo mondo, perché costruita da Dio stesso su una coppia fedele alla volontà di Dio.
Ecco che la Chiesa alla luce dei Vangeli riconosce l'avvento di una famiglia nuova; questa è la Santa Famiglia di Nazaret continuata poi dalla Chiesa stessa:

1655 - Cristo ha voluto nascere e crescere in seno alla santa Famiglia di Giuseppe e di Maria. La Chiesa non è altro che la famiglia di Dio. Fin dalle sue origini, il nucleo della Chiesa era spesso costituito da coloro che, insieme con tutta la loro famiglia, erano divenuti credenti. (Atti 18,8) Allorché si convertivano, desideravano che anche "tutta la loro famiglia" fosse salvata. (Atti 16,31; 11,14) Queste famiglie divenute credenti erano piccole isole di vita cristiana in un mondo incredulo.

Gesù quando disse di Mosè "Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma" (Marco 10,5) aveva ben presente un matrimonio giusto in cui uno, che conosceva bene, Giuseppe, suo padre putativo, per la legge ebraica delle origini s'era comportato da giusto e non aveva usato dell'istituto del divorzio, sciogliendo il fidanzamento che lo legava, credendo quindi alla moglie e soprattutto allo Spirito Santo, tagliando così quel filo rosso che aveva portato dal matrimonio al divorzio per la durezza del cuore degli uomini.
Ciò era parte essenziale della storia della salvezza, che ci fosse cioè finalmente un matrimonio "giusto" da cui potesse nascere Lui, il Figlio di Dio, come chiaramente propone il Vangelo di Matteo.
"Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati. Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù." (Matteo 1,18-25)

Giuseppe, come il primo sposo del "midrash" della Genesi, si svegliò dal sonno e prese con sé Maria per sposa seguendo il consiglio dello Spirito Santo.
Questa è la coppia nuova che entra nel matrimonio voluto da Dio: infatti, l'angelo ne pronuncia i nomi Giuseppe e Maria e dà il nome anche al frutto di quel matrimonio, Gesù.
Si perviene così al fine della creazione, l'incarnazione di Dio stesso, onde: "Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti. Sia benedetto Dio, che non ha respinto la mia preghiera, non mi ha negato la sua misericordia La terra ha dato il suo frutto. Ci benedica Dio, il nostro Dio. " (Salmo 67,6s)


Lo sposalizio di Giuseppe e la Vergine - Raffaello


Di ciò si può trovare avviso dai primi versetti della decriptazione dello stesso Deuteronomio 24 che istituisce il divorzio alla quale ho proceduto secondo il mio metodo in "Parlano le lettere" e di cui dò la dimostrazione del primo versetto e riporto poi in Deuteronomio 24 il risultato tutto di seguito.

Ripropongo il primo versetto di Deuteronomio 24 anche con il suo testo ebraico.

Deuteronomio 24,1 - Quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che ella non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni in mano e la mandi via dalla casa.





Deuteronomio 24,1
La rettitudine dell'Essere fu a riversarsi di nascosto in un uomo . Una donna la portò in una famiglia/casa . Dall'alto al mondo si portò . L'esistenza delle origini piena in tutti i viventi ridiscenderà . Ricomincerà la grazia . Dentro una sorgente sarà a portarsi di rettitudine . Fu da una madre a scendere in un primogenito di una famiglia del mondo . Si vide al corpo portarsi dalla prescelta la Parola . Si portò dalle Scritture il Potente fuori dal libro . L'Agnello fu dalla prescelta . Un'indicazione recò un angelo alla prescelta . L'angelo in casa fu dalla porta ad entrare e l'illuminò che il Potente di nascosto per entrare tra i viventi dentro sarebbe stato nella prescelta a portarsi .

L'annuncio è che ciò che profetizzano le scritture in modo palese, con le profezie esterne, e in modo criptico nel substrato delle lettere "Si portò ? dalle Scritture il Potente fuori dal libro ." questi è il Messia che disse: "Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza." (Giovanni 5,39. Vedi: "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche".)

Può qui così concludersi per il momento questa mia meditazione.
Raccomando di leggere attentamente la decriptazione.

DEUTERONOMIO 24 - TESTO C.E.I.
Deuteronomio 24,1 - Quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che ella non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni in mano e la mandi via dalla casa.

Deuteronomio 24,2 - Se ella, uscita dalla casa di lui, va e diventa moglie di un altro marito

Deuteronomio 24,3 - e anche questi la prende in odio, scrive per lei un libello di ripudio, glielo consegna in mano e la manda via dalla casa o se questo altro marito, che l'aveva presa per moglie, muore,

Deuteronomio 24,4 - il primo marito, che l'aveva rinviata, non potrà riprenderla per moglie, dopo che lei è stata contaminata, perché sarebbe abominio agli occhi del Signore. Tu non renderai colpevole di peccato la terra che il Signore, tuo Dio, sta per darti in eredità.

Deuteronomio 24,5 - Quando un uomo si sarà sposato da poco, non andrà in guerra e non gli sarà imposto alcun incarico. Sarà libero per un anno di badare alla sua casa e farà lieta la moglie che ha sposato.

Deuteronomio 24,6 - Nessuno prenderà in pegno né le due pietre della macina domestica né la pietra superiore della macina, perché sarebbe come prendere in pegno la vita.

Deuteronomio 24,7 - Quando si troverà un uomo che abbia rapito qualcuno dei suoi fratelli tra gli Israeliti, l'abbia sfruttato come schiavo o l'abbia venduto, quel ladro sarà messo a morte. Così estirperai il male in mezzo a te.

Deuteronomio 24,8 - In caso di lebbra, bada bene di osservare diligentemente e fare quanto i sacerdoti leviti vi insegneranno. Avrete cura di fare come io ho loro ordinato.

Deuteronomio 24,9 - Ricordati di quello che il Signore, tuo Dio, fece a Maria durante il viaggio, quando uscivate dall'Egitto.

Deuteronomio 24,10 - Quando presterai qualsiasi cosa al tuo prossimo, non entrerai in casa sua per prendere il suo pegno.

Deuteronomio 24,11 - Te ne starai fuori e l'uomo a cui avrai fatto il prestito ti porterà fuori il pegno.

Deuteronomio 24,12 - Se quel l'uomo è povero, non andrai a dormire con il suo pegno.

Deuteronomio 24,13 - Dovrai assolutamente restituirgli il pegno al tramonto del sole, perché egli possa dormire con il suo mantello e benedirti. Questo ti sarà contato come un atto di giustizia agli occhi del Signore, tuo Dio.

Deuteronomio 24,14 - Non defrauderai il salariato povero e bisognoso, sia egli uno dei tuoi fratelli o uno dei forestieri che stanno nella tua terra, nelle tue città.

Deuteronomio 24,15 - Gli darai il suo salario il giorno stesso, prima che tramonti il sole, perché egli è povero e a quello aspira. Così egli non griderà contro di te al Signore e tu non sarai in peccato.

Deuteronomio 24,16 - Non si metteranno a morte i padri per una colpa dei figli, né si metteranno a morte i figli per una colpa dei padri. Ognuno sarà messo a morte per il proprio peccato.

Deuteronomio 24,17 - Non lederai il diritto dello straniero e dell'orfano e non prenderai in pegno la veste della vedova.

Deuteronomio 24,18 - Ricordati che sei stato schiavo in Egitto e che di là ti ha liberato il Signore, tuo Dio; perciò ti comando di fare questo.

Deuteronomio 24,19 - Quando, facendo la mietitura nel tuo campo, vi avrai dimenticato qualche mannello, non tornerai indietro a prenderlo. Sarà per il forestiero, per l'orfano e per la vedova, perché il Signore, tuo Dio, ti benedica in ogni lavoro delle tue mani.

Deuteronomio 24,20 - Quando bacchierai i tuoi ulivi, non tornare a ripassare i rami. Sarà per il forestiero, per l'orfano e per la vedova.

Deuteronomio 24,21 - Quando vendemmierai la tua vigna, non tornerai indietro a racimolare. Sarà per il forestiero, per l'orfano e per la vedova.

Deuteronomio 24,22 - Ricordati che sei stato schiavo nella terra d'Egitto; perciò ti comando di fare questo.

DEUTERONOMIO 24 - DECRIPTAZIONE
Deuteronomio 24,1 - La rettitudine dell'Essere fu a riversarsi di nascosto in un uomo. Una donna la portò in una famiglia. Dall'alto al mondo si portò. L'esistenza delle origini piena in tutti i viventi ridiscenderà. Ricomincerà la grazia. Dentro una sorgente sarà a portarsi di rettitudine. Fu da una madre a scendere in un primogenito di una famiglia del mondo. Si vide al corpo portarsi dalla prescelta la Parola. Si portò dalle Scritture il Potente fuori dal libro. L'Agnello fu dalla prescelta. Un'indicazione recò un angelo alla prescelta. L'angelo in casa fu dalla porta ad entrare e l'illuminò che il Potente di nascosto per entrare tra i viventi dentro sarebbe stato nella prescelta a portarsi.

Deuteronomio 24,2 - Portato il sia, scese l'Unigenito. Entrò nella madre. Dentro fu nella prescelta a portarsi ed entrò nel cammino onde la perversità fosse a finire nel mondo. Per il serpente guai con la distruzione nascondeva nel corpo.

Deuteronomio 24,3 - Ed ad illuminare l'angelo dall'Unico uscì. Nel mondo all'uomo (della prescelta) che iniziava ad accendersi si portò. L'angelo recò a quel retto l'indicazione che dentro il Potente entrò a riempirla. Per far frutto dell'Agnello era stata prescelta, il segno portava del dono, dentro fosse ad aiutarla nel mondo. Si portava (infatti) a mandar fuori. A vivere in casa fu la prescelta riportata, lo desiderò, retto fu. Fu alla madre a portarsi il segno che usciva il primogenito. Fu alla luce il primogenito in una grotta portato. Gli angeli felici del Potente si riversarono. Di nascosto dal mondo il Potente si portava. Il Potente da una donna uscì.

Deuteronomio 24,4 - Del Potente l'Unigenito fu portato dalla sposa. Dentro dall'alto entrò nel corpo della donna. Recò un angelo la donna dal corpo alla luce in cui il vigore le entrò. Il Potente, di quegli illuminati si portò nella famiglia. Il Potente si riversò per strappare via il serpente dal mondo ove sta ed alla fine al serpente recò il rifiuto. Un fuoco nel mondo originerà; ad accenderlo sarà una donna da cui un corpo/popolo/Chiesa uscirà. Per amore dei viventi l'Unigenito al mondo con la rettitudine fu. Scelse di portarsi in azione in una casa del mondo Lui stesso. Il Potente in una persona fu. Il Signore si portò per rifiutare totalmente il peccato. Venne in terra in un primogenito per bruciare nei corpi. ove c'è la perversità il maledetto. Nel mondo ci risarà della rettitudine l'energia. Il drago nel cammino per l'energia s'ammalerà.

Deuteronomio 24,5 - Retto fu a prendere l'uomo quella donna, che in modo aperto nel mondo l'aiutò. L'illuminato nel mondo del Potente nel primogenito fu giù il padre. Giù nella famiglia desiderò il Potente da primogenito stare. Tra gli ebrei l'Altissimo si portò in cammino. A nascere in un corpo puro fu. Fu al mondo, fu ad entrare in una casa che era stato a scegliere. Si portò per rinnovare il mondo. In un fratello scelse di portarsi e gli accese le midolla. Venne dalla donna che aveva scelto e nella donna nel corpo il Potente si versò di nascosto.

Deuteronomio 24,6 - Il Potente in un primogenito fu a chiudersi dentro. Il Potente in un corpo visse per il cambiamento. A spengere con la rettitudine sarà l'angelo orgoglioso con la perversità delle origini che racchiuse dentro da serpente.

Deuteronomio 24,7 - La rettitudine fu la forza della vita che scese all'origine dagli uomini rubata dall'angelo superbo che nelle midolla fu a portarsi. Di una madre il Figlio fu ad essere acceso nel corpo da Dio e lo portò al mondo la prescelta. In azione a vivere nel corpo in un casa si portò e la madre l'Agnello recò, lo portò in un uomo nel mondo. Li rapirà dal mondo Lui e li riporterà a casa. Il nemico finirà, uscirà il male. Nei viventi per l'Agnello ri - abiterà la rettitudine.

Deuteronomio 24,8 - Entrerà un fuoco nei viventi. Dalle moltitudini l'angelo (ribelle) fuggirà. Per l'azione fuori scenderà. Il male finirà. Il serpente brucerà nei viventi nei corpi. Nei viventi ove dall'origine l'essere impuro per il serpente agisce, bruciato si porterà da tutti dalla rettitudine. Di tutti quel primogenito risorgerà i corpi. Saranno a riportarsi con i corpi che portavano. Verranno retti i viventi fuori. Spento l'angelo (ribelle) sarà reciso e saranno i viventi così felici a rialzarsi. A portarsi saranno integri tutti i risorti. D'essere ribelle che portavano per il serpente che aveva agito la risurrezione avrà recato la fine.

Deuteronomio 24,9 - Innocenti si porteranno alla vista, tutti felici per l'azione della risurrezione. Usciti, nel Signore Do ad entrare saranno. Tutti i viventi nel corpo gli saranno a vivere dentro. Alla via per a casa salire verranno così i viventi. Vivi i viventi saliranno in alto.

Deuteronomio 24,10 - La rettitudine sarà dal Crocifisso risorto ad uscire da dentro il corpo in azione. Con la rettitudine a salvarli venne tra i viventi desiderando che dai viventi uscisse il negativo. Dalla croce da dentro originò la divinità da dentro. Fu il Crocifisso a recare la potenza in azione da dentro il cuore; gli agì dentro al cuore un'asta (lo trafissero).

Deuteronomio 24,11 - Dentro racchiusi porterà su tutti i risorti e dal mondo gli uomini felici verranno dagli angeli. Il risorto dal mondo a casa li condurrà. Saranno su a stare uniti in Dio essendo retti rivenuti per l'azione dentro portata nei cuori. Dal mondo nell'assemblea li porterà su ad entrare.

Deuteronomio 24,12 - Condurrà dall'Unico i viventi; quel primogenito Gesù ad inviarli sarà. Lui il negativo avrà finito. Con la risurrezione l'avrà spento. A casa (con Lui) si vedranno abitare, dal cuore li porterà.

Deuteronomio 24,13 - Nel mondo, nel sabato (nel settimo giorno della creazione) la risurrezione ci sarà. Dentro potente di porterà. Verrà in azione da dentro a recare da cuore la rettitudine Da dentro porterà dell'Unico al mondo il fuoco che salverà e risorgendo spengerà dentro, bruciandolo, il serpente. I morti si riporteranno. Portandola dentro i corpi la rettitudine avrà arso il serpente, così tutti ad uscire saranno nel mondo giusti. Uscito il serpente dalle persone sarà da IHWH la maledizione ad uscire riessendo retti.

Deuteronomio 24,14 - Il negativo finire si vedrà nel fuoco ove rovesciato vi brucerà. Così sarà il cattivo tra i lamenti condotto. Ricomincerà dentro la colomba (Spirito Santo) nei viventi. Fratelli saranno stati per la rettitudine all'Unigenito portati con i viventi stranieri così felici per la risurrezione. Le moltitudini della terra avendo spento con la risurrezione il nemico saranno rette.

Deuteronomio 24,15 - Dentro un giorno porterà la fine al dragone la risurrezione che l'Agnello recherà. Gli recherà il rifiuto finale. Dentro si riporterà quel primogenito dall'alto. Sarà a riportarsi al mondo il Risorto per salvare. Col fuoco della rettitudine spazzerà l'angelo (ribelle). Sarà Lui a recare la divinità. Sarà a recare Lui l'energia per la distruzione. Verrà l'angelo superbo a bastonare ed il serpente guai rovesciarsi vedrà. L'Altissimo affliggerà il serpente essendo stato la perversità a recare al mondo; (infatti) fu ad uscire da dentro la rettitudine per il peccato.

Deuteronomio 24,16 - I potenti (sottinteso spinti dal serpente) quel primogenito un giorno in croce portarono. Dal Padre si portò il Crocifisso. Innalzato il Figlio fu tra i viventi. A riportarsi il Figlio sarà in pienezza. Un giorno il Crocifisso si riporterà, in azione il rifiuto dentro recherà finale. Negli uomini dentro il peccare portato in quel giorno alla fine porterà.

Deuteronomio 24,17 - In potenza riverrà per amore al mondo per salvarli il Verbo. Per amore a correre nel corpo saranno. Nel Crocifisso si porteranno i viventi e potenti gli verranno a chiudersi nel cuore per correre volando dal Potente. Vivi tra gli angeli entreranno.

Deuteronomio 24,18 - E dalle ferite dell'Agnello in croce la rettitudine fu dal Servo ad uscire. Fu la forza del Crocifisso da dentro con l'acqua giù in irrigazione. Dai viventi a portarsi fu per liberarli il Signore. Dio al mondo fu con la rettitudine a salvare i viventi. L'innalzato una retta bella inviò. Gli apostoli così furono con la madre a scendere. Recò a tutti a sentire che risorto si riportò il Crocifisso. Venne per parlare fuori questa nel mondo.

Deuteronomio 24,19 - Con la rettitudine che fu dal Crocifisso versata giù dal corpo per la fine ci fu un corpo/popolo/Chiesa di retti che in casa il demonio arde accendendo il vigore del Cristo nei popoli. Dalle moltitudini il demonio esce, con la potenza che viene dal Risorto portata, consumato. Versano nelle assemblee il Crocifisso, ne portano la potenza agli stranieri. Al serpente è per il Crocifisso portata la recisione. Dio nella vita per gli apostoli entra; è ad esistere il Potente in seno agli apostoli che sono stati benedetti con la rettitudine dal Signore. La maledizione sono a spegnere. Una sposa dal seno di risorti esce che sono, per l'aiuto che c'è stato, retti.

Deuteronomio 24,20 - Così sono del Crocifisso a racchiudere dentro l'amore in quelli che sono del Crocifisso la sposa a venire. Per il Verbo originano un corpo di fratelli. Nel corpo/popolo/Chiesa sono della sposa (anche) gli stranieri in cui dal serpente è per il Crocifisso recata la recisione. La divina vita per gli apostoli entra a stare nell'esistenza.

Deuteronomio 24,21 - La rettitudine che c'era nel Crocifisso da dentro scese dal corpo dell'Agnello dalle piaghe da rifiuto del Crocifisso all'iniquità del serpente. I fratelli irrigati tutti in cammino il corpo del Potente sono, del Crocifisso portano la vita e il rifiuto vivente all'angelo (ribelle) che dall'esistenza sarà ad uscire.

Deuteronomio 24,22 - Portano un innocente corpo per il Crocifisso di retti che (il maligno) spazzano dentro. Aiutandolo nel mondo sono la forza del Crocifisso dentro la terra. Dentro la luce scende nei viventi. Dalle angustie sono i viventi a rialzare, così l'energia di "Io sono" nei viventi scende. Portano tutti a sentire della risurrezione ed a tutti vengono nel mondo a parlare di Questi.

UN'OPINIONE PERSONALE
Premetto un succinto inciso sulla storia del sacramento del matrimonio.
Nei primi mille anni della Chiesa il matrimonio non fu un sacramento.
Venivano riconosciute dalla Chiesa le unioni secondo la legge ebraica ed anche romana, e poi del diritto germanico rivestendole con la propria visione etico-religiosa sulla vita matrimoniale con il rifiuto al ripudio o divorzio e del concubinato accanto al matrimonio principale.
Nell'attesa degli ultimi tempi gli scrittori cristiani affermavano il primato del celibato e della verginità e il matrimonio era quasi una concessione fatta a chi non sapeva vivere in castità a "remedium concupiscentiae".
Tale posizione fu già di San Paolo che scrisse "Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io; ma se non sanno vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere." (1Corinzi 7,8s)
Nella lettera agli Efesini 5,21-33, però il matrimonio fu poi idealizzato dallo stesso San Paolo e presentato come un simbolo dell'unione di Cristo con la Chiesa:
"Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo. Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola".

Dopo l'editto di Milano (313) la Chiesa volle alcune modifiche al diritto vigente, in particolare l'introduzione del divieto di divorzio e di secondo matrimonio dei vedovi che poi non fu più in vigore, infatti, il vincolo del matrimonio secondo le leggi ecclesiastiche, decade se è sopraggiunta la morte del coniuge.
La Chiesa fece poi rientrare il matrimonio sotto l'egida del diritto canonico e il clero era tenuto ad accertare e far evitare consanguineità fino al quarto grado.
Nel Concilio Lateranense IV, 1215, la Chiesa cattolica regolamentò tra l'altro la liturgia per il matrimonio e gli aspetti giuridici relativi ad esso e nel 1439 nel Concilio di Firenze fu esplicitato chiaramente che il matrimonio doveva essere considerato dai fedeli come un sacramento.
Nella XXIV sessione (novembre 1563) il Concilio di Trento definì solennemente la natura sacramentale del matrimonio, condannando le dottrine protestanti che l'avevano invece negata.

Il primo matrimonio fu secondo Dio.
Fu un patto eterno a tre e non potrà mai finire da parte di Dio.
Questo patto, come del resto lo stesso Dio, fu rinnegato da parte dell'umanità.
Come rimedio per evitare che la rottura fosse eterna subentrò la morte fisica che sancisce la fine del peccare dell'uomo.
Ora, per tradizione la Torah è considerata coeterna a Dio.
La Torah però non sono solo le 10 Parole dei comandamenti o le 613 "mitzvot" da osservare che ne ricavano gli ebrei.
Questa parte di Torah è quella che vige per il tempo della vita mortale dell'uomo, perché relativa al tempo del peccato, e finirà con la morte dell'uomo.
La Torah, però è molto di più, infatti, è il contrassegno, la password di Dio, quanto del suo Nome Dio ha rivelato alla umanità tramite il popolo ebraico con cui fece alleanza con la Torah stessa, alleanza che ha valore eterno.
C'è, infatti, in essa la legge eterna dell'amore che vince la morte.
Quindi si può sostenere che il primo matrimonio fu un matrimonio secondo la Torah alla stregua dell'alleanza che Dio poi ripropose ad Israele.
Nel contempo, questa alleanza fu sigillata prima del peccato originale e prima della cacciata dal Gan Eden.
Tra i principio di fede ebraica di Maimonide viene affermano che: "La Torah è stata data dal Cielo; non cambierà in alcun tempo..."

Gesù stesso al riguardo della Torah ebbe a dire:
"Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge (Torah) o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto." (Matteo 5,17s)
Sono la Torah e le altre Sacre Scritture canoniche la profezia integrale che si deve compiere con cui Dio si rivelerà integralmente all'uomo per il matrimonio finale, sono anche il libro sigillato di cui dice l'Apocalisse il "Germoglio di Davide aprirà il libro e i suoi sette sigilli". (Apocalisse 5,5)
Tutti i matrimoni successivi furono matrimoni secondo la legge degli uomini e quelli nell'ebraismo secondo la Torah dei viventi con i precetti relativi che vedono il matrimonio come contratto che addirittura può interrompersi per l'adulterio ed in cui la legge dell'amore resta velata dalla legge degli obblighi.

La lettera ai Romani parla di ciò quando dice:
"O forse ignorate, fratelli - parlo a gente che conosce la legge - che la legge ha potere sull'uomo solo per il tempo in cui egli vive? La donna sposata, infatti, per legge è legata al marito finché egli vive; ma se il marito muore, è liberata dalla legge che la lega al marito. Ella sarà dunque considerata adultera se passa a un altro uomo mentre il marito vive; ma se il marito muore ella è libera dalla legge, tanto che non è più adultera se passa a un altro uomo." (Romani 7,1-3)

Ma in principio non fu così, il legame doveva essere eterno!

Prosegue San Paolo:
"Alla stessa maniera, fratelli miei, anche voi, mediante il corpo di Cristo, siete stati messi a morte quanto alla Legge per appartenere a un altro, cioè a colui che fu risuscitato dai morti, affinché noi portiamo frutti per Dio. Quando infatti eravamo nella debolezza della carne, le passioni peccaminose, stimolate dalla Legge, si scatenavano nelle nostre membra al fine di portare frutti per la morte. Ora invece, morti a ciò che ci teneva prigionieri, siamo stati liberati dalla Legge per servire secondo lo Spirito, che è nuovo, e non secondo la lettera, che è antiquata." (Romani 7,1-6)

Se la Legge fatta di prescrizioni è morta col battesimo e il matrimonio cristiano è un sacramento che lega gli sposi con Dio, c'è una ricostituzione con il primo matrimonio.
D'altronde è un sacramento del servizio come lo è il sacerdozio e "Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek". (Salmo 110,4b)

Come tale, il legame tende ad essere eterno anche se la morte fisica può dividere temporaneamente.
Ciò non pare essere stato recepito fino alle sue estreme conseguenze.
In definitiva il matrimonio cristiano come sacramento convoca al matrimonio stesso anche il Signore che non è solo testimonio, ma interviene anche con la sua grazia santificante, così il matrimonio diviene anche patto di alleanza a tre.
È così mia personalissima opinione che il matrimonio cristiano sia unico e perduri anche dopo la morte fisica di uno dei due coniugi.
È pur vero che nell'eternità ci ameremo tutti nello stesso modo e non vi sarà preferenze di persona, ma è pur vero che vi sarà la risurrezione della carne ed i due sono una carne sola, perché aldilà delle questioni di sesso, per amore, si sono reciprocamente plasmati come sono l'uno con l'altra ed in comune hanno fatto opere buone e l'uno parteciperà dei meriti dell'altra e viceversa perché uniti intimamente per volontà di Dio.
I due sono un'entità nuova ricreata ad hoc da Dio stesso nella fedeltà.
Gesù stesso, peraltro, ha detto "Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi". (Matteo 18,6)

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