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DECRIPTAZIONE BIBBIA...

 
DALLE LETTERE EBRAICHE PENSIERI SUL PREGARE

di Alessandro Conti Puorger
 
 

L'UOMO E LA RELIGIONE
Ho trovato nel Talmud l'idea che anche "il Santo, benedetto sia il suo nome" prega ricavando il pensiero dal versetto Isaia 56,7 "li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera (tepillati )", perché, appunto, in effetti in ebraico è scritto "nella casa della mia preghiera".
La preghiera direbbe secondo R. Zotra ben Tobiah "Possa Io volere che la Mia misericordia sottometta la mia ira e possa la mia pietà prevalere sul Mio attributo di giustizia, affinché Io possa trattare i miei figli con pietà e intervenire in loro favore entro i limiti della stretta giustizia." (Vedi anche Ber. 7 a)
Ciò mi ha risvegliato il desiderio d'investigare in ebraico sulla preghiera.
Con questo articolo intendo avvicinare i termini che in ebraico riguardano il "pregare" e "la preghiera" andando a cercarli nel testo della Tenak o Bibbia ebraica, peraltro integralmente inserita nell'Antico Testamento della Bibbia cristiana, ma tradotta in greco.
Ciò lo farò con un criterio che parte dalle lettere ebraiche di quelle parole convinto del potere intrinseco delle 22 lettere ebraiche, tutte e solo consonanti, non solo d'essere capaci di produrre fonemi, se associate a vocali, come le consonanti degli alfabeti delle varie lingue, ma anche d'essere apportatrici di messaggi grafici capaci di vivificare i concetti descritti dalle parole che le contengono.
Le traduzione dei fonemi da una lingua all'altra e soprattutto la perdita dell'espressione grafica di quei segni ebraici può, infatti limitare la piena acquisizione dei concetti sottesi da quelle lettere.
Un disegno, infatti, dice molto di più di una parola e le parole ebraiche possono essere trattate come rebus di più figure quante sono le lettere che le compongono.
Su tale prerogativa di quelle lettere e del perché e del come nelle Sacre Scritture si possono attendere testi nascosti, esordii con "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche" e n'ho provato la veridicità in tanti anni di approcci fruttuosi con la ricerca riportata tutta in questo mio Sito.
Chi è interessato al riguardo può consultare i seguenti miei articoli:
Prima di iniziare questo breve percorso sui termini ebraici relativi alla preghiera ed al pregare e sulle idee che fanno sorgere le lettere relative presento alcune premesse.

Nell'essere pensante immerso nell'universo sorgono delle domande e, nel cercare le risposte, questi non può non prendere posizione, in quanto ne va della propria vita.
Ecco che nell'individuo nasce l'idea d'essere "creatura".
Nel cammino in questo mondo l'uomo è così dibattuto tra le due posizioni - c'è o non c'è Dio - perché a priori non può escludere l'esistenza di un "Creatore".
Sulla questione dotti, filosofi, sociologhi, psicologi, teologi e scienziati non sono in grado di dare una risposta univoca.
Per l'uomo tutta la propria esistenza avrebbe, però, una motivazione ben diversa nell'una o nell'altra evenienza e, per contro, il singolo non può restare fermo senza prendere posizione in attesa della fine o meno dei giochi.
Sorge, quindi, spontaneo l'atteggiamento "religioso", inteso come moto di tutto se stesso alla ricerca di un rapporto col motore di tutte le cose.
Questo uscire da sé col pensiero, con i sentimenti e con lo spirito, con atteggiamenti particolari del corpo, è il pregare, atto di religione, che può assumere anche dimensioni temporali totalizzanti, perché connaturato con la vita come può accadere ai semplici a contatto con la natura ed ai mistici.
Molteplici possono essere gli atteggiamenti di preghiera in relazione agli stati d'animo ed alle situazione soggettive del momento tanto e si possono presentare preghiere:
  • semplici;
  • di abbandono o lamentazioni;
  • con grida e lacrime;
  • di vera e propria adorazione.
Pare interessante a questo punto considerare l'aforisma di Edmund Burke, filosofo britannico del XVIII secolo, che così s'espresse:

"L'uomo è per costituzione un animale religioso."
(Edmund Burke, "Riflessioni sulla rivoluzione francese", 1790)

Edmund Burke, irlandese, definito il Cicerone britannico, cristiano anglicano, di madre cattolica, non intendeva svilire l'uomo definendolo animale, ma solo gli dava la connotazione in base alla scienza naturale.

Il filosofo francese Jacques Maritain (1882-1973) convertito al cattolicesimo, ispiratore di Paolo VI a cui questi consegnò, a chiusura del Concilio Vaticano II, il proprio messaggio agli uomini di scienza e di pensiero, propose anche lui un aforisma sul pregare:

"Il religioso perfetto prega così bene che ignora di pregare."
(Jacques Maritain, "Umanesimo integrale", 1936)

Sergej Bulgakov, filosofo russo (1871-1944) e prete ortodosso sul tema dell'uomo e della religione diceva:

"Non esistono persone non religiose, esistono solo persone pie e persone non pie, giusti e peccatori. Anche gli atei hanno una religione, anche se la loro confessione di fede è diversa da quella teista."
(Sergej Bulgakov, "Il prezzo del progresso", 1897-1913)

Dietrich Bonhoeffer (1906-1945) teologo luterano tedesco, protagonista della resistenza al Nazismo e martire aveva scritto prendendo atto dei tempi in cui viveva in quella società nazionalsocialista:

"Stiamo andando incontro ad un tempo completamente non-religioso; gli uomini, così come ormai sono, semplicemente non possono piú essere religiosi. Anche coloro che si definiscono sinceramente "religiosi", non lo mettono in pratica in nessun modo."
(Dietrich Bonhoeffer, "Resistenza e resa", 1951 - postumo)

Religione deriva dal latino "religio" ed è parola preesistente al cristianesimo, usata per definire un'esattezza morale e spirituale nel confronto d'usi, regole e comportamenti umani nel rapporto con se stesso, con le proprie cose, con gli altri e con gli dèi.
Per quanto riguarda la "religio" ci sono le tesi etimologiche di:
  • Cicerone (106-43 a.C.) da "relegere", con re intensivo, quindi da "legere", ossia una rilettura della realtà;
  • Lattanzio (Cecilio Firmiano retore e filosofo latino del III secolo d.C. convertitosi al cristianesimo) da "religare", pure con "re", intensivo quindi da "ligare", cioè essere vincolati essere stretti essere legati, essere uniti e nel caso specifico con gli dèi, con gli usi, le norme, i costumi.
Ed ecco che un atto di "religio" è il "precari" cioè il pregare con cui il soggetto religioso nel mondo pagano si raccomandava agli dèi, ai numi e penati tutelari della casa e della famiglia stando in piedi con le mani giunte e le braccia stese verso il cielo.
Col Cristianesimo il pregare fu atto che si compiva con vari atteggiamenti del corpo, ma rappresentativamente vari affreschi di "oranti" nelle catacombe presentano l'atteggiamento in piedi con le braccia e mani aperte per sottolineare l'attesa della risurrezione da parte dell'orante stesso.


Orante III secolo



Catacomba di Priscilla


Il "precari" latino è molto più vasto ed oltre al pregare riguarda il supplicare, l'invocare, il chiedere, il domandare, il desiderare, l'augurare fino all'imprecare, da cui "precator" l'intecessore e "precarius" e "precario" ottenuto per via di preghiere, per favore ecc..

È certo che la preghiera è nata con l'uomo ed è un atto spontaneo di questi verso il mistero di Dio.
Tracce che ci ricordano il loro pregare si trovano nelle pitture rupestri e nelle caverne preistoriche e con le statuette poste presso i templi antichi a testimoniare la preghiera perenne dell'offerente.

Si pensi che il segno di spazio aperto, "aprire", quindi di aprirsi, nei segni sinaitici, da cui ebbero origine gli alfabeti fenicio - cananei compreso l'ebraico, è rappresentato dalla figura stilizzata di un orante, cioè un omino con le braccia aperte e tale lettera corrisponde alla "he" ebraica.



Tenuto conto che il Tetragramma Sacro IHWH , il Nome ineffabile del Signore dei giudei cristiani, contiene due "he" , separate dalla lettera "vav" di collegamento e che la lettera "jod" è la lettera dell'Essere, si può anche leggere:

colui che a chi prega si porta nella preghiera ."

Quel Tetragramma si può così schematizzare come l'essere pregante, l'intercessore per eccellenza, una preghiera vivente che soddisfa le preghiere di chi l'invoca.



Narra il libro dell'Esodo, infatti, che quando al roveto ardente il Signore si presentò a Mosè col proprio vero nome - IHWH - disse, che aveva ascoltato le preghiere del popolo in Egitto con queste parole: "Il Signore disse: Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze." (Esodo 3,7)
La preghiera unita di tutto quel popolo prostrato da sofferenze fisiche e morali fu un grido che ebbe il potere di farlo intervenire.
E il Salmo 65, inno di ringraziamento, recita: "A te, che ascolti la preghiera, viene ogni mortale" (Salmo 65,3) e conferma che ogni uomo nel proprio intimo si rivolge al suo Dio che però è sempre lo stesso, Uno Solo, l'Unico, colui che ascolta la preghiera se è utile al fine ultimo di chi la propone.
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