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LA GRANDE PESCA PER IL REGNO DEI CIELI

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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IMPEDITI A CAMMINARE
Al verbo "camminare" la Bibbia annette una grande importanza ed è definito dal radicale , ove la = e si usa a fine delle parole che in ebraico si leggono da destra a sinistra .

Ora, quelle lettere sono anche delle icone che rappresentano:

  • la "he" , 5a lettera dell'alfabeto ebraico, pari al numero 5, è un recinto aperto e suggerisce l'entrare, l'uscire, uno spazio, un campo aperto, il mondo;
  • la "lamed" , 12a lettera, pari al numero 30, è il solo segno dell'alfabeto ebraico che si alza sugli altri 22 e rappresenta un potente, il Potente, e nell'accezione negativa chi vuol così essere o apparire, quindi, un serpente che alza la testa e che guizza;
  • la "kaf" = , 11a lettera, pari al numero 20, raffigura il palmo di una mano, liscia, scabra, senza peli, che tende al concavo, una coppa, un vaso che riceve, per traslato un retto e la rettitudine, quindi, un andare liscio, in piano.
Quei segni nella grande allegoria che presenta la Bibbia che intende indirizzare l'uomo alla "giusta" vita, suggeriscono che un corretto modo di procedere, ossia di camminare per il sentiero della propria esistenza, certamente è far entrare Dio, il Potente per antonomasia, nella propria vita, quindi, presentarsi a Lui come un vaso, una coppa pronta a riceverlo per cui, "entri il Potente nel nostro vaso " e si ognuno "apra al Potente le mani a coppa ".

In definitiva, un giusto procedere è vigilare e pregare, che Dio si riveli e dia un senso a ciò che altrimenti non trova senso.

La PRIMA VOLTA che si trova nella Bibbia quel verbo "camminare" è nel racconto del "peccato originale" in Genesi 3,14 quando Dio al serpente che è riuscito con le sue menzogne a ingannare e a far peccare l'uomo, dice: "Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita."

Questo dire rivela un retro pensiero da tenere presente: il non camminare, lo strisciare, l'essere impediti a stare eretti e a muoversi con libertà suggerisce la maledizione e l'inganno del serpente e una schiavitù, in definitiva, propone una limitazione della vita che non riesce a dispiegarsi a pieno.

La SECONDA VOLTA che si trova il verbo "camminare" è in Genesi 5,21-24 nel racconto dei patriarchi prima del diluvio ove si trova: "Enoc aveva sessantacinque anni quando generò Matusalemme. Enoc camminò con Dio; dopo aver generato Matusalemme, visse ancora per trecento anni e generò figli e figlie. L'intera vita di Enoc fu di trecentosessantacinque anni. Enoc camminò con Dio, poi scomparve perché Dio l'aveva preso."

Mentre per tutti gli altri patriarchi è detto "poi morì" questa è l'unica volta che tale dire non è usato, ma il testo riporta "camminò con Dio" e lo sottolinea, ripetendolo due volte, come a segnalare c'è camminare e camminare e se lo si fa in un certo modo la morte non ha effetto, ma è solo una scomparsa dalla terra... e si può ricomparire in Cielo, "perché Dio l'aveva preso".

La TERZA VOLTA che si trova il verbo "camminare" è quando Noè che "camminava con Dio" fu l'unico salvato dal diluvio con la sua famiglia, com'è raccontato in Genesi 6,9-12 ove dice: "Questa è la discendenza di Noè. Noè era uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio. Noè generò tre figli: Sem, Cam e Iafet. Ma la terra era corrotta davanti a Dio e piena di violenza. Dio guardò la terra ed ecco, essa era corrotta, perché ogni uomo aveva pervertito la sua condotta sulla terra."
Noè era giusto e "integro", in ebraico "tamim"; ricordiamoci questo termine, condizione di vita che poi Dio chiederà ad Abramo.
Morale del discorso del camminare sino a questo momento: l'unico modo proficuo di camminare è camminare con Dio, altrimenti si muore!

La QUARTA VOLTA ci parla di un "camminare indietro" dalla tenda che fanno in Genesi 9,23 i figli di Noè, Sem e Iafet, che fuggono dal tentatore che suscitando l'ebrezza, aveva provocato un fatto causa di maledizione: Cam aveva visto la nudità del padre e quando la Bibbia parla di "scoprire la nudità" o "vedere la nudità" di qualcuno si tratta quasi sempre di incesto o di altri peccati sessuali.
(Vedi: "Vino nella Bibbia: causa d'incesti e segno del Messia")

Appena l'uomo si ferma dal suo "camminare", quindi, dal suo "progredire" nella conoscenza di Dio, insegna la Bibbia, l'uomo certamente sbaglia.
Lo indica chiaramente ancora lo stesso libro del Genesi con il racconto al capitolo 11,1-9 detto de "La torre di Babele", quando "Emigrando dall'oriente, gli uomini capitarono in una pianura nella regione di Sinar e vi si stabilirono".

Accadde che, camminando a ritroso, gli uomini s'allontanarono dall'oriente, dove sorge la luce e si fermarono, come denuncia quel "si stabilirono", ed ecco ci fu Babele "confusione" che Dio provò a frenare per dare del tempo per riflettere disperdendo l'umanità su tutta la terra, finché non avverrà una nuova globalizzazione allorché ci sarà "di nuovo un'unica lingua e uniche parole" come inizia quel racconto profetico.
Il verbo "camminare" si ritrova poi con la chiamata di Abramo in Genesi 12,1-5 e questi camminerà verso dove Dio gli indicherà.

Nel mondo ci sono quelli che sono impediti, che non riescono a camminare con le proprie gambe, gli zoppi, i paralitici o paraplegici e attorno ad essi c'è, soprattutto nei Vangeli una tensione per la loro guarigione.

"Ti sono rimessi i peccati" e "Alzati e cammina", dice Gesù in Matteo 9,5-6 a un paralitico e "...perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere in terra di rimettere i peccati: alzati, disse allora il paralitico, prendi il tuo letto e va a casa tua" e collega strettamente il non camminare con il peccato, non per dire che chi non cammina ha peccato, ma per far intendere che il non camminare davanti a Dio è assai peggio che essere paralitici, equivale a essere morti.

A chi è paragonabile chi non cammina?
Esseri che non camminano sono i serpenti e i vermi che strisciano sulla terra, mentre anche gli uccelli che volano hanno le gambe e piedi per camminare sulla terra, per cui coloro che sono veramente impediti sono i pesci che, in genere, hanno pinne remiganti, caudali e dorsali per muoversi e dirigersi nell'acqua, ma sono impediti a camminare sulla terra.

Del resto, in ebraico il "pesce" è detto "dag" e si scrive , plurale "degi" o "degim" , da cui "dagah" per "pescagione, pescato o pesce" e quelle lettere "dag" con il loro simbolismo grafico suggeriscono:
  • la "dalet" , 4a lettera dell'alfabeto, pari al numero 4, come dice anche il nome è una "porta" o meglio un battente, una mano aperta che si presenta come un "alt", che impedisce, che batte, sbatte, o anche come una mano che aiuta;
  • la "ghimel" , 3a lettera, pari al numero 3, pare proprio qualcuno che cammina, quindi, un camminare, uno scorrere, un fuggire, uno sfuggire, un accorrere.
Ecco, che si spiega quel bi-letterale "dag" per "pesce", in quanto, allude a chi è "impedito a camminare ", "si dibatte per camminare ", e allegoricamente è un uomo che deve essere "aiutato a camminare ".

"Dagon" , peraltro, era un dio dei filistei come uomo-pesce e tramite i fenici passò ai greci che lo chiamarono Tritone; questi è citato in Giudici 16,23; 1Samuele 5 (9 volte); 1Cronache 10,10 e nel deuteronomico 1Maccabei in 10,83-84 e 11,4, infine, in Giosuè 15,41 e 19,27 nominando la città "Bet Dagon".


Dagon - Il dio dei Filistei

Il pesce "dag" nel pensiero ebraico può ben essere paragonato a chi è trattenuto da lacci e laccioli di questo mondo che gli impediscono di camminare con Dio, o perché serve un idolo ed è impacciato e prigioniero dei grandi mostri marini presentatisi che nel 5° giorno della creazione sulla terra, cui appartiene a capo di tutti il Leviatano, che rappresenta il mostro del male, il drago per antonomasia.
(Vedi: "Il midrash della pesca gloriosa")

Se s'invertono le lettere ebraiche di "pesce" "dag" si ottiene "gad" che è il nome di una tribù d'Israele e vuol dire "fortuna" come si evince da Genesi 30,11 quando Zilpa, la schiava di Lia, partorì a Giacobbe un figlio. "Lia disse: Per fortuna! e lo chiamò Gad", si trova anche in Isaia 66,11 e si può intendere che "accorre in aiuto ".

"Gad" è anche il "coriandolo", "Coriandrum sativum", un'erba delle ombrellifere con foglie simili al prezzemolo e ciuffetti di piccoli fiori bianchi o rosa con semi sferoidali bianco grigiastri del diametro di 1-3 mm contenenti un olio aromatico dal sapore gradevole usati come spezia e come rimedio per disturbi di stomaco.
La Torah lo cita due volte con riferimento alla manna, dono di Dio dal cielo:
  • Numeri 11,7 - "Ora la manna era simile al seme del coriandolo e aveva l'aspetto della resina odorosa."
  • Esodo 16,31 - "La casa d'Israele la chiamò manna. Era simile al seme del coriandolo e bianca; aveva il sapore di una focaccia con miele."
Il pane che fornisce Dio è una fortuna "gad" che a "camminare aiuta ".
Questo pensiero fa venire alla mente il profeta Elia quando, perseguitato da chi voleva la sua morte, si ritira nel deserto e desidera morire, ma Dio non si dimentica è con lui in quella solitudine e in modo miracoloso gli fa avere il nutrimento necessario che gli permetterà di giungere alla montagna di Dio, l'Oreb, ove trova nuova forza e vigore per compiere la missione che il Signore gli ha affidato; si trova, infatti, in 1Re 19,4-8: "In quei giorni, Elia s'inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto una ginestra. Desideroso di morire, disse: Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri. Si coricò e si addormentò sotto la ginestra. Ma ecco che un angelo lo toccò e gli disse: Alzati, mangia! Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia, cotta su pietre roventi, e un orcio d'acqua. Mangiò e bevve, quindi di nuovo si coricò. Tornò per la seconda volta l'angelo del Signore, lo toccò e gli disse: Alzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino. Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l'Oreb."

È poi da tenere presente che queste lettere di "fortuna" si trovano nel nome "Engaddi" vale a dire "A'in gadi" "fonte della fortuna", oasi sulla sponda occidentale del Mar Morto tra Qumran e Masada, citata in Giosuè 15,61, in Ezechiele 47,10 e 1Samuele 24,1-3 o Rocca dei Caprioli ove abitò Davide fuggito da Saul, in 2Cronache 20,2 e in Cantico dei Cantici 1,14 "Il mio diletto è per me un grappolo di cipro nelle vigne di Engaddi" e in Siracide 20,14.

Convertire il "pesce", in termini di lettere, quindi, passare da "dag" a "gad" è fortuna, un dono celeste, un lavoro doveroso per portare idolatri al vero Dio.

Tutto ciò era nell'immaginario sul pesce per l'ebreo.

I Vangeli, come vedremo, raccoglieranno queste tensioni e si proporranno di mettere in cammino chi è impedito o impossibilitato, per cui Gesù il grande taumaturgo e salvatore si fa aiutare da "pescatori" e a San Pietro da "una mano per camminare sul mare ".

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