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SE L’UOMO VIENE DAL CIELO LÀ TORNA

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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UOMO PERSONA INSCINDIBILE IN CORPO E ANIMA »

ALLE RADICI DELLE PAROLE BIBLICHE DELL'ANIMA
L’uomo, persona integrale inscindibile o invece dissociabile in corpo e anima, è perciò un tema molto ampio che ha risposte diverse perché trovano la loro radice nell’idea antropologica che hanno dell’uomo le varie religioni.
Tra queste per noi però ha particolare interesse comprendere e recepire come il concetto si sia sviluppato nell’ebraismo, nel cristianesimo e nell’islam, cioè nelle tre religioni monoteiste che si rifanno all’Antico Testamento; tutto ciò ovviamente a partire dall’ebraismo che fu l’origine delle altre.
Ricordo che alla base c’è una rivelazione, cioè una manifestazioni spontanea, ritenuta extraterrestre, del Dio del roveto ardente e del Sinai, che ha riversato conoscenza che hanno portato frutto.
In primis è da porre attenzione sul termine che definisce "l’anima", per il quale nell’ebraico biblico si hanno due termini:

  • noepoeshn, dallo stesso radicale npsh, respirare, alito, respiro, anima di uomini e animali, animo come sede dei sentimenti, desideri affetti;
  • nishamah - nishamat, dal radicale ansare , alito soffio, spirito, anima, essere vivente.
Ora, la storia d’Abramo, il padre della fede, al quale si rifanno le tre le religioni monoteiste, è narrata nel libro del Genesi, ed è là, allora, che è da cercare la chiave di volta dell’idea "sull’anima".
Questa idea viene poi avvalorata dalla constatazione che, scrutando tutti i libri che costituiscono il canone ebraico della Bibbia, esce in modo inconfutabile il fatto singolare, senz’altro voluto, e perciò d’eccezionale interesse, che l’unico versetto in cui entrambi tali due termini e si trovano impiegati assieme è nel Capitolo 2 della Genesi, proprio al versetto 7 in cui è descritto il modo particolare con cui Dio creò l’uomo e lo pose nel paradiso terrestre, che così recita:

"(allora) plasmò il Signore Dio



l’uomo con la polvere della terra (rossa)



e soffiò nelle sue narici un alito di vita



e divenne l’uomo un essere vivente." (Gen. 2,7)



Le precedenti volte che si trova sono in:
  • Gen. 1,20 al momento della creazione dei primi animali, pesci e uccelli (5° giorno);
  • Gen. 1,21 alla creazione dei mostri marini;
  • Gen. 1,24 alla creazione del bestiame (6° giorno);
  • Gen. 1,30 quando Dio parla di tutti gli esseri viventi eccetto l’uomo.
Cioè si trova a caratterizzare l’aspetto della vita primitiva del regno animale soggetto all’uomo, mentre la prima volta che si trova è proprio nel versetto Gen. 2,7 quando è formato l’uomo, e la volta successiva è in Gen. 7,22 al momento del diluvio, quando è raccontato che morirono tutti gli esseri viventi, animali e uomini compresi, salvo i salvati nell’arca.
Inoltre c’è un atto di Dio specifico: soffiò.

È perciò indiscutibile la volontà dell’autore del libro del Genesi d’evidenziare una peculiarità dell’uomo rispetto agli animali, per la presenza d’una esplicito atto di Dio che l’ha dotato di parte del proprio respiro che è espressione antropomorfica per riferire il disegno d’includere l’uomo nella sua Santità e nella sua Luce, come è antropomorfica l’immagine di Padre e Figlio, che così in termini umani presentano realtà altrimenti incomprensibili.

L’autore del Genesi pone, peraltro, in evidenza che "plasmò il Signore Dio l’uomo con la polvere della terra", che cioè usò materiale preesistente, ma nel contempo tiene ad evidenziare che ci fu un vero e proprio atto creativo.
È così nel Genesi si può captare l’uomo quale essere particolare, in cui pur se esiste "un’anima - un respiro" come negli animali, cioè plasmato dalla terra, da Dio è stato evoluto fino a dotarlo di un’anima specifica , "un alito divino" unico, proprio solo dell’uomo, in quanto chiarirà il Genesi: "Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò." (Gen. 1,27)
Per lo "creò" usa ed i segni, che dicono di più sulla parola, suggeriscono "da dentro la mente (testa) l’originò ".
Cioè lo progettò e l’attuò!

E per riallacciarmi ad idee espresse prima e come vedremo più avanti: "con l’energia il Nome li segnò", "con l’energia che accende la vita li segnò."
(Tra l’altro la parola Adamo = Adam = può separarsi in = A = Uno = Unico e dam = = () = "essere simile", quindi all’Uno simile.)

Maschio e femmina ; non uomo e donna, ma entrambi uomo (come essere umano); vale a dire che il progetto di Dio è lo stesso ed il sesso è un accidente non fondamentale, ma contingente all’esistenza (tanto che la tradizione ebraica pensa che Adamo, prima d’essere separato da Eva, fosse un essere androgino).
Così, è inequivocabile, entrambi, uomo e donna, hanno l’anima (tra l’altro in Gen. 1,27 è usato due volte creò), checché volesse insinuare l’illuminismo attribuendo alla Chiesa dubbi su questo tema, mai da questa seriamente avuti, come ben chiarisce nel testo "L'anima delle donne" di Vittorio Messori.
Il fatto poi che l’anima fu infusa da Dio in Adamo prima della separazione di Eva dal suo costato ha provocato l’idea della ricerca dell’anima gemella.
Se si vuol proprio dividere l’uomo in componenti vi è allora chiara traccia non di due, ma almeno di tre elementi, come rileva San Paolo nella lettera I Tessalonicesi (5,23) quando dice:

"Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che vostro,
spirito (pneuma),
anima (yuch) e
corpo (swma),
si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo."

In questo filone, in cui l’anima rappresenta la parte divina dell’essere umano, immagine di Dio nell’uomo, s’inserirono però aspetti della concezione greca.
Chiaro avviso di ciò è nel libro della Sapienza (non canonico per l’ebraismo, ma per il cattolicesimo) scritto da un ebreo alessandrino del I° secolo a.C. in cui pare apparire un dualismo "un corpo corruttibile appesantisce l’anima." (Sap. 9,15)
Per contro in tutta la descrizione della creazione del libro del Genesi non è usata la parola corpo, geviyyah, che indica corpo vivo o morto anche d’animale, bensì è usata la parola bashar tradotto in genere con carne, ma "ogni carne" in ebraico è usato per dire anche "ogni individuo", "ogni uomo", che è ben più che sola carne.
Tra l’altro è di più di in quanto quest’ultimo è vicino a carcassa o a strumento di puro lavoro (come l’uso che si faceva dei corpi degli schiavi), con un accenno dispregiativo (popolo pagano si scrive con le stesse lettere).
La parola appare per la prima volta nel versetto Gen. 2,21, e poi nel 23 (due volte) e nel 24, proprio quando da Adamo, fatto addormentare, Dio trasse fuori Eva, la prima donna, madre di tutti i viventi.
Anche i termini uomo (Gen. 2,23) e donna (Gen. 2,22) appaiono per la prima volta in questi versetti:
  • Gen. 2,21 "Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormento: gli tolse una delle sue costole e richiuse la carne al suo posto."
  • Gen. 2,22 "Il Signore Dio plasmò con la costola che aveva tolto all'uomo, una donna () e la condusse all'uomo."
  • Gen. 2,23 "Allora l'uomo () disse: Questa volta essa è carne della mia carne e osso delle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall'uomo () è stata tolta."
  • Gen. 2,24 "Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne."
La parola carne riapparirà (Gen. 6,3-12-13-17-19) al momento della decisione del diluvio universale, perché la carne s’era corrotta:
  • "Allora il Signore disse: Il mio spirito non resterà sempre nell’uomo perché egli è carne () …" (Gen. 6,3)
  • "Allora Dio disse a Noè: È venuta per me la fine di ogni uomo (di ogni carne, dice letteralmente in ebraico) perché la terra a causa loro, è piena di violenza." (Gen. 6,12)
Questa carne corruttibile fu dal platonismo considerata contrapposta ad un’anima immortale (Sap. 3,1-3).
Tale dualismo, che può implicare una superiorità dell’anima sul corpo, l’ebraismo cercò di evitarlo ed il pensiero che questi ha dell’anima traspare dalla seguente preghiera recitata al mattino al risveglio:

"Mio Dio l’anima (nishamah) che mi hai dato è pura.
Tu l’hai plasmata in me, con il Tuo alito l’hai ispirata in me e tu la custodisci in me; un giorno tu la riprenderai, per rendermela in un futuro di cui siamo in attesa.
Per tutto il tempo in cui l’anima resterà in me, ti ringrazierò, o Signore, mio Dio e Dio dei miei padri, sovrano di tutti i mondi, Signore di tutte le anime.
Sii benedetto Signore che rendi le anime ai corpi morti." (da Berachot 60 b)

Per far soppesare la consistenza dell’idea unitaria corpo-anima pensata nell’ebraismo propongo invece la parabola di Rabbi Jehuda ha-Nasi, che evidentemente si riferisce al racconto del giardino dell’Eden:

"Un guardiano storpio e un guardiano cieco dovevano custodire un frutteto.
Disse quindi lo storpio al cieco: Vedo della frutta primaticcia nel frutteto, vieni, prendimi in spalla e raccogliamola per mangiarla.
Il guardiano storpio salì quindi sulle spalle del cieco, raccolsero la frutta e la mangiarono, ma quando giunse il padrone del frutteto capì cosa avevano fatto i due guardiani; fece sedere lo storpio sulle spalle del cieco e li giudicò come una sola persona. In tal guisa anche il Santo, benedetto Egli sia, riconduce l’anima nel corpo e li giudica come una sola cosa." (Sanhedrin 91 a - b)

Nel cristianesimo dei primi secoli parve prendere spazio l’idea platonica per travisamento di pensieri di S.Paolo, che però intendeva attestare la "carne" solo quale ambito e non causa del peccato.
Perciò poi ci soffermeremo a cercare di capire cosa intendesse Paolo con "carne", che non è da confondere semplicemente con "corpo".
È innegabile, infatti, l’unità fondamentale del corpo (carne) - anima per il cristianesimo che a riprova propone la risurrezione nel corpo glorioso del Cristo, che asserisce con autorità assoluta la sintesi eterna che si esplicita poi nel credo apostolico con "la risurrezione della carne" per la vita eterna.
Il credo cioè recepisce la profonda differenza tra corpo e carne ed asserisce la risurrezione di questa.
Per l’anima nel corpo fu poi definitivamente sintetizzata la formula di San Tommaso d’Aquino "anima unica forma corporis", onde anima e corpo sono principi distinguibili solo metafisicamente e non fisicamente, appartenenti ad un unico ente.
È così inconcepibile un corpo vivo senza anima, né un’anima che viva senza un corpo (sia pure diverso per glorificazione di quello d’origine); come afferma lo stesso San Paolo, e se si pensa che il tempo dopo morti non esiste, ma ha senso solo per chi è vivo nel mondo, si verifica che:
  • "Si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale. Se c’è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale, poiché sta scritto che il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita." (I Cor. 15,44s)
  • "In un istante in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati." (I Cor. 15,52)
Per avere un’idea di come i cristiani di 1400 -1500 anni fa pensavano l’anima, riporto il brano (VI.1-10) della "Lettera a Diogneto", fatta risalire al VI secolo d.C., che in forma apologetica contro i pagani, propone un paragone della funzione dell’anima nel corpo come quella dei cristiani nel mondo:
  1. A dirla in breve, come è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani.
  2. L'anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra.
  3. L'anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo.
  4. L'anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile; i cristiani si vedono nel mondo, ma la loro religione è invisibile.
  5. La carne odia l'anima e la combatte pur non avendo ricevuto ingiuria, perché impedisce di prendersi dei piaceri; il mondo che pur non ha avuto ingiustizia dai cristiani li odia perché si oppongono ai piaceri.
  6. L'anima ama la carne che la odia e le membra; anche i cristiani amano coloro che li odiano.
  7. L'anima è racchiusa nel corpo, ma essa sostiene il corpo; anche i cristiani sono nel mondo come in una prigione, ma essi sostengono il mondo.
  8. L'anima immortale abita in una dimora mortale; anche i cristiani vivono come stranieri tra le cose che si corrompono, aspettando l'incorruttibilità nei cieli.
  9. Maltrattata nei cibi e nelle bevande l'anima si raffina; anche i cristiani maltrattati, ogni giorno più si moltiplicano.
  10. Dio li ha messi in un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare.
Ovviamente si parla dell’anima perfetta, nishmat, soffiata da Dio che risorgerà la carne purificandola col fuoco della risurrezione.
Molte di queste idee si trovano peraltro anche nella seguente parabola ebraica, di cui in qualche modo sono simili le forme, che dimostra la continuità di pensiero in questo campo delle due spiritualità che hanno lo stesso fondamento:

"Come il Santo, Benedetto Egli sia,
colma il mondo intero, così l’anima colma tutto quanto il corpo;
Come il Santo, Benedetto Egli sia,
vede e non è visto, così anche l’anima vede e non è vista;
Come il Santo, Benedetto Egli sia,
nutre il mondo intero, così l’anima nutre tutto quanto il corpo;
Come il Santo, Benedetto Egli sia,
è puro, così anche l’anima è pura;
Come il Santo, Benedetto Egli sia,
dimora nelle stanze più interne, così anche l’anima dimora le stanze più interne.
Venga dunque colei che raccoglie in sé queste cinque qualità e lodi Colui che raccoglie in se queste cinque qualità." (in Berachot 10a)

E c’è il senso dell’amata che attende l’amato, perché sono un’anima sola.
Non a caso l’idea di fondo della parabola (midrash) tracciata dal Genesi è di Adamo ed Eva in una carne sola.
Eva, tratta da Adamo ha per la logica del racconto la stessa anima d’Adamo, perché Dio non risoffiò su Eva, ma "Il Signore Dio plasmò con la costola che aveva tolto all'uomo, una donna e la condusse all'uomo." (Gen. 2,22)

Per l’Islam, sotto l’influsso greco l’anima (dall’arabo nafs, vicina al noepoesh ebraico) è incorporea, "non è racchiusa nel corpo", né gli sta vicina, essa gli sta attaccata come l’amante lo sta alla sua amata, "è creata, quando i corpi sono completi, ma è immortale" (Al Baydawi); l’anima lascerebbe il corpo nel sonno, quando si sogna. (Ibn Qayyim al Diawzziyya)
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