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VANGELI E PROTOVANGELI...

 
DA DISCEPOLI DELLA PAROLA
AD APOSTOLI DEL VERBO

di Alessandro Conti Puorger
 

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LE SACRE SCRITTURE E IL RAPPORTO DISCEPOLO MAESTRO »
IL CRISTIANESIMO E I DISCEPOLI »
TESTIMONI DELLA RISURREZIONE »

IL NUOVO ADAMO
Abbiamo fatto notare come le Sacre Scritture nel cristianesimo indichino quello tra maestro discepolo solo il modo più antico, per analogia all'ebraismo, ma alquanto inadeguato con la nuova realtà per rappresentare un rapporto che è molto più particolare tanto che il maestro stesso è lo scopo finale del cammino intrapreso dal discepolo.
Tale rapporto implica una questione d'amore.

Risuona nella mente il Cantico dei Cantici quando dice:
"Dimmi, o amore dell'anima mia,
dove vai a pascolare il gregge,
dove lo fai riposare al meriggio,
perché io non sia come vagabonda
dietro i greggi dei tuoi compagni." (Cantico 1,7)

È stato evidentemente colto da quei contemporanei che hanno seguito Gesù di aver trovato molto più di un maestro, ma anche il Pastore capace di pacificare la propria vita, colui senza il quale la vita non ha senso.
Dice, infatti, la lettera agli Ebrei: "Il Dio della pace che ha fatto tornare dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un'alleanza eterna, il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen." (Ebrei 13,20s)

Il succo di tutto ciò è quel "amore dell'anima mia."
Quale è il patto che possa esemplificare in questo mondo un'alleanza completa, pacificata, di totale comprensione un patto perfetto in cui i due si donano l'un l'altro in una collaborazione perenne?
Il matrimonio cristiano inteso nella sua pienezza, pur se soggetto a tante tentazioni, per grazia di Dio pare perdurare e rispondere al tipo di un patto del genere.

Dice ancora il Cantico dei Cantici:
"...quando trovai l'amore dell'anima mia.
Lo strinsi forte e non lo lascerò,
finché non l'abbia condotto nella casa di mia madre,
nella stanza di colei che mi ha concepito." (Cantico 3,4)

È così chiaro l'alleanza perfetta è quella che doveva esservi con il matrimonio perfetto!


Cattedrale di Otranto - Mosaico Adamo ed Eva 1164 d.C.


Il racconto di Genesi 3, quello detto della caduta, ci dice che la prima coppia fallì nel proprio intento a causa di un'intromissione che fece rompere l'alleanza.
Adamo che possiamo leggere "il primo sangue " o anche "all'Unico somigliante ()" fallì.
La sua figliolanza non fu conforme alle attese, perché nata tutta dopo il peccato, onde non fu più a somiglianza di Dio, ma solo di Adamo.

Di ciò si trova conferma quando il testo dice: "Quando Dio creò l'uomo, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò, li benedisse e li chiamò uomini quando furono creati. Adamo aveva centotrenta anni quando generò a sua immagine, a sua somiglianza, un figlio e lo chiamò Set." (Genesi 5,1-3)

Quando Adamo ebbe dopo Genesi 3 rapporti con Eva di fatto li ebbe solo come maschio con una femmina, ma con cuore diviso "Adamo conobbe Eva sua moglie, che concepì e partorì Caino e disse: Ho acquistato un uomo grazie al Signore."

È lei, infatti, contrariamente alla successiva tradizione che provvede all'imposizione del nome, prerogativa del marito.
Nacquero così Caino, Abele e poi Set, ma non tra un marito e una moglie in perfetta comunione; insomma, lui, Adamo era il maschio e non il marito e lei era la femmina e non la donna che in ebraico è anche sinonimo di moglie.
Il matrimonio però è un patto sacro a tre, i due sposi e Dio.
Ecco che c'è una tensione in attesa della Donna nuova e di un Figlio dell'Uomo perfetto.
Il matrimonio voluto da Dio, era stato ormai rotto e non più riconosciuto dallo sposo che così s'espresse incolpando la moglie "La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato". (Genesi 3,12)
Occorreva un matrimonio nuovo di un uomo nuovo e di una donna nuova.
Ci risiamo: una nuova creazione!

Occorreva uno sposo di sangue come evoca Zippora in modo criptico in Esodo 4,25s quando dice a Mosè: "Tu sei per me uno sposo di sangue. Allora il Signore si ritirò da lui. Ella aveva detto sposo di sangue a motivo della circoncisione ."

In ebraico sposo è HTN "chatan" è colui che "stringe la prescelta con energia ", ma in senso biblico è colui che "strapperà via () con energia " o "meglio strapperà () via (la moglie) dall'angelo (ribelle)" cioè lo reciderà, provvederà al vero scopo del segno della circoncisione "mulot" " nei viventi porterà il serpente a finire ".

In effetti come possiamo cogliere in Efesini di mezzo c'è un legame con Gesù "in virtù del sangue di un'alleanza eterna, il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen." (Ebrei 13,20s)

Figura dell'alleanza è il matrimonio legato dal sangue di un'alleanza eterna che vuole l'umanità proprio a sua somiglianza perfetta... Lui è lo sposo di sangue.

Il maestro in effetti chiarì subito quando: "Una folla numerosa andava con lui. Egli si voltò e disse loro: Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo." (Luca 14,25-27)

Nulla può venire prima di Lui, così, prima di iniziare la sequela invita chi lo segue a fare in anticipo bene i propri conti per non venire deriso se abbandona l'impresa.
Cioè il rapporto con lui supera anche quanto è il massimo di patto d'alleanza che può concepire l'uomo, occorre lo stesso amore che si ha per se stessi, anzi più della stessa propria vita, perché solo un amore che supera la barriera della morte è degno e confacente al Risorto.

Gesù ne parla sinteticamente, ma evidentemente il tema era discusso e l'ambiente respirava un'esigenza ed un'attesa del genere tanto che l'evangelista Matteo ricorda queste parole di Gesù che per inciso parla del tema che allora era ben chiaro, quello dell'attesa della nuova creazione: "E Gesù disse loro: In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele." (Matteo 19,28; Luca 12,28)

La 2° lettera di Pietro conferma tale pensiero: "Poiché dunque tutte queste cose devono dissolversi così, quali non dovete essere voi, nella santità della condotta e nella pietà, attendendo e affrettando la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli si dissolveranno e gli elementi incendiati si fonderanno! E poi, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia." (2Pietro 3,11-13)

Chi siede alla destra del Re?
I Salmo 45,10 ci istruisce: "alla tua destra la regina in ori di Ofir."
Il cerchio dei dodici primi discepoli raffigura così la Chiesa che sarà la sposa di Cristo.

L'esempio del matrimonio calza perfettamente col mistero del rapporto di Cristo con la Chiesa, l'insieme dei suoi discepoli, come sottolinea San Paolo nella lettera agli Efesini: "Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto." (Efesini 5,22-24)

Il cerchio dei "Dodici" inoltre è come il nuovo sinedrio messo a "giudicare" il popolo di Dio, il nuovo Israele.
Questo giudicare, però, in ebraico sottende l'intercedere, il pregare per concedere una grazia, il che è conforme al mandato ai discepoli "Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati." (Giovanni 2,20-23)

D'altronde se la Chiesa è la nuova Eva, la nuova madre di tutti i viventi nella nuova creazione, come potrà condannare alla pena eterna i propri figli?

Tra l'altro la Scrittura dice:
  • Salmo 76,10 - "...quando Dio si alza per giudicare, per salvare tutti gli umili della terra."
  • Giovanni 3,17 - "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui."
Tale cerchio dei Dodici viene rimpinguato alla bisogna con altri discepoli, se testimoni della risurrezione di Cristo.
Accadde ciò dopo la defezione per tradimento di Giuda Iscariota, come s'evince dal noto episodio degli Atti degli Apostoli quando Pietro disse: "Bisogna dunque che, tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto fra noi, cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo, uno divenga testimone, insieme a noi, della sua risurrezione. Ne proposero due: Giuseppe, detto Barsabba, soprannominato Giusto, e Mattia. Poi pregarono dicendo: Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti, mostra quale di questi due tu hai scelto per prendere il posto in questo ministero e apostolato, che Giuda ha abbandonato per andarsene al posto che gli spettava. Tirarono a sorte fra loro e la sorte cadde su Mattia, che fu associato agli undici apostoli." (Atti 1,21-26)

Quel discorso di Gesù che si propone a guisa di sposo per i suoi discepoli si trova proprio anche in bocca di Gesù, infatti: "I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori? Gesù rispose loro: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano. Allora gli dissero: I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere, così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono! Gesù rispose loro: Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno." (Luca 5,30-35; Marco 2,15-20)

Lui è come il sole per i suoi discepoli:
"I cieli narrano la gloria di Dio,
e l'opera delle sue mani annunzia il firmamento...
Là pose una tenda per il sole
che esce come sposo dalla stanza nuziale,
esulta come prode che percorre la via." (Salmo 19,2-6)
(Vedi: "Amore, navicella dell'uomo nuovo, astronauta del cielo" ove tra l'altro ho decriptato il Salmo 19 con le regole di "Parlano le lettere")

Evidentemente Gesù, il cui nome vuol dire salvezza, col discorso dello sposo stava proponendo ai conoscitori della Bibbia, scribi e farisei, la profezia di Isaia:
"Per amore di Sion non tacerò,
per amore di Gerusalemme non mi darò pace,
finché non sorga come stella la sua giustizia
e la sua salvezza non risplenda come lampada.
Allora i popoli vedranno la tua giustizia,
tutti i re la tua gloria;
ti si chiamerà con un nome nuovo
che la bocca del Signore indicherà.
Sarai una magnifica corona nella mano del Signore,
un diadema regale nella palma del tuo Dio.
Nessuno ti chiamerà più Abbandonata,
né la tua terra sarà più detta Devastata,
ma tu sarai chiamata Mio compiacimento
e la tua terra, Sposata,
perché il Signore si compiacerà di te
e la tua terra avrà uno sposo.
Sì, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposerà il tuo architetto;
come gioisce lo sposo per la sposa,
così il tuo Dio gioirà per te." (Isaia 62,1-5)
(Vedi: "Vocazione irrevocabile del Popolo di Dio" ove tra l'altro ho decriptato l'intero capitolo Isaia 62)

Le nozze di Cana e la parabola del "...regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo." (Matteo 25,1-13) sono ulteriori prove di un pensiero diffuso al riguardo.

Del resto anche in bocca a Giovanni il Battista si trova la stessa idea dello sposo, sì che si definisce "l'amico dello sposo": "Andarono perciò da Giovanni e gli dissero: Rabbì, colui che era con te dall'altra parte del Giordano, e al quale hai reso testimonianza, ecco sta battezzando e tutti accorrono a lui. Giovanni rispose: Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stato dato dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che ho detto: Non sono io il Cristo, ma io sono stato mandato innanzi a lui. Chi possiede la sposa è lo sposo; ma l'amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire." (Giovanni 2,26-30)

Questa in definitiva è anche la visione di San Paolo che nella seconda lettera ai Corinzi dice: "Oh se poteste sopportare un po' di follia da parte mia! Ma, certo, voi mi sopportate. Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina, avendovi promessi a un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo." (2Corinzi 11,1s)
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