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LETTERE EBRAICHE E CODICE BIBBIA...

 
ODIO E AMORE

di Alessandro Conti Puorger
 
 

ODI ET AMO
I tanti studenti delle scuole liceali di un tempo che hanno attinto nei propri studi giovanili anche alla letteratura e alla lingua latina certamente ricorderanno il poeta Gaio Valerio Catullo ("Gaius Valerius Catullus"), vissuto nel I secolo a.C. (Verona 84 a.C. - Roma 54 a.C.), morto assai giovane, nella cui opera postuma, il "Liber", formato da 116 "Carmi", al n° 85, costituito da un solo distico elegiaco, c'è l'epigramma più noto di tale autore.
Quel carme inizia con le parole "Odi et amo".
Con tale espressione il poeta sostiene di sentire in contemporanea dentro di sé due impulsi che riassume in quel "io odio e io amo".
Tale constatazione, pur se alla prima impressione pare costituire una curiosa provocazione, alla prova dei fatti ha in sé il merito di essere una verità vissuta con lucida percezione.
Quel carme 85, che in una discussione con amici di recente mi si è ripresentato; è tutto qui: Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

Tradotto in italiano, recita: Odio e amo. Per quale motivo io lo faccia, forse ti chiederai. Non lo capisco, ma sento che accade e mi trovo in croce.

Nel rivisitarlo sono rimasto colpito che nel parlare di odio e di amore Catullo usi quel verbo "excrucior" in cui all'idea dell'amore appare unita quella del supplizio della croce.
La croce fu il supplizio cui proprio per amore e odio un secolo dopo a Gerusalemme, su suggerimento di potenti ebrei che sobillarono il popolino, fu condannato da Pilato, pretore romano della Giudea, Gesù di Nazaret.
Quel Gesù che la subì per mano di soldati Romani fino a morirne è il Cristo, che per i cristiani, stante la prova della risurrezione, evento unico avvenuto nella storia dell'umanità con la Sua ascesa al cielo, è il Figlio di Dio, il Messia, che tornerà alla fine dei tempi, come peraltro atteso dall'ebraismo stesso.
Volle, infatti, subire quell'atroce supplizio e morì sulla croce per l'amore dell'umanità la quale invece per odio atavico che la permea, in definitiva, glielo inflisse assieme a numerose altre sofferenze fisiche e spirituali.
L'amore vince la morte e fu così che morì per colpa dell'odio ma risorse proprio per l'amore e da quel fatto pasquale è nato il cristianesimo che ha tanto inciso sulle sorti dell'umanità negli ultimi XX secoli.

Tornando a quel carme, in effetti, quelli dell'odio e dell'amore sono sentimenti forti che paiono essere in completa antitesi, eppure in taluni casi possono coesistere tanto da sembrare provenire da uno stesso ceppo.
Sì, invero, sono sentimenti contrastanti la cui contemporaneità sorprende l'autore di quel carme, come non voluta; infatti, non ne capisce il perché, ma è anche come impossibilitato a evitarli.
Questo contrasto mi fa andare con la mente a quanto dice San Paolo nella lettera ai Romani ove evidenzia come lui senta, "mutatis mutandi", qualcosa del genere quando parla del coesistere in sé di bene e male, per cui asserisce: "Io so, infatti, che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: in me c'è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti, io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio" (Romani 7,18s)

Da tutto questo che ho per ora appena accennato, nasce la mia sensibilità e il mio interessamento a questa tematica dell'odio e dell'amore con riferimento alle vicende più generali della "storia della Salvezza" di Dio con l'uomo.

Ecco che nel presente articolo mi soffermo a presentare delle considerazioni, ovviamente appoggiandomi allo scrutare di quanto al riguardo suggeriscono i libri della Bibbia.
"L'amore e l'odio non sono ciechi, bensì abbagliati dal fuoco che essi stessi apportano", è un aforisma del filosofo nichilista del XIX secolo Friedrich Nietzsche che, nel sostenere in pratica l'irrazionalità di sentimenti del genere, sottolinea indirettamente l'ineluttabilità che questi sorgano negli uomini.
Del resto Catullo è solito evocare sentimenti ed emozioni profonde nel lettore.
Il poeta certamente parla però di qualche cosa d'altro rispetto alle forme d'odio assoluto più conosciute, come quelle, non razionalmente motivate, della repulsione ingiustificata e ingiustificabile quale ad esempio misoginia, misandria, omofobia, misantropia e di forme di razzismo e di radicalismi vari.
Vi sono, infatti, tanti tipi di odio, in quanto, convergono sotto tale definizione dei mix psicologici complessi, come negazione dell'altro, da classificare in un odio bollente, oppure moti di rabbia o paura, vale a dire un odio caldo o, infine, legato al disprezzo, ossia un odio freddo.

Nel coacervo dei sentimenti di empatia e antipatia che muovono gli uomini, l'odio e l'amore, quando superano la melassa dei sentimenti deboli e tendono a superare quei livelli di guardia considerati convenzionalmente razionali, tendono a estremi limiti, però pur se tra loro sembrano non conciliabili possono in taluni casi anche coesistere.
Si pensi quando amore e odio si confondano in un unico sentimento che può annebbiare la volontà come è ad esempio il caso della gelosia che, se esasperata, in alcuni casi può sfociare nel campo irrazionale e comportare anche fatti orrendi.
In rapporti più pacifici e contenuti una qual certa forma d'odio, pur se in misura dominabile, tende a spuntare e forse proprio di questo parlava Catullo.
Certamente nel suo carme Catullo si riferisce a quel sentimento complesso particolare che, appunto, chiama col termine generico di odio in contemporanea presente con l'attrazione tra due soggetti che sono strettamente legati da sentimenti di "amore" in cui ovviamente entrano passione e l'eros.

L'amore spontaneo tra due persone implicante il desiderio di rapporti che coinvolgono la sfera sessuale, infatti, certo non è aliena agli intenti descrittivi e al pensiero di Catullo.
Si tratta di quel rapportarsi che fa cercare l'intimità esclusiva, che pur se vissuto con semplicità, inevitabilmente comporta un mutuo servire l'altro, il cercare di non fare quanto possa dispiacergli, anzi di piacergli, che si esaurisce in rapporti fisici e romantici che soddisfano entrambi, ma non viene sfiorato ancora il concetto di amore disinteressato.
Se si va più a fondo, insomma, comunque trattasi in qualche modo di un vincolo alla propria libertà, che pure l'uomo e la donna finché possono sempre desiderano piena.
Nasce perciò un involontario contrasto che in ciascuno, a secondo delle proprie attitudini, provoca una sofferenza più o meno acuta, che chi n'è preso in condizioni normali cercherebbe d'evitare e come il fumo negli occhi non sopporterebbe.
In questa situazione, dalla letteratura spesso considerata quale uno stato di guerra tra i due amanti, come del resto rivela il proverbio, "in amore e in guerra tutto è lecito", uno dei due in genere è soccombente.
Si dice, infatti, che chi più ama più soffre.
Chi ritiene di amare di più, allora, sentendosi parte debole del rapporto, inevitabilmente e inconsapevolmente odia il vincolo di questa propria subita situazione da cui non riesce a liberarsi perché, ne è in qualche modo schiavo e, nello stesso tempo lo desidera.

L'uomo e la donna del mondo civilizzato, come accadeva allora, e oggi ancor di più, sotto l'influsso illuminista e della globalizzazione, spinti a cercare di liberare la menti da ignoranza e superstizione con l'apporto di ragione e scienza, in genere desidera ormai anche in forme esagerate l'affermazione di sé.
Questi, allora, solitamente in misura diversa mal sopportano vincoli che in qualche modo li limitano, ma che invece non possono che gioco forza subire e accettare quando in loro scocca l'infatuazione che poi evolve in quello che si dice "amore", sentimento umano di amplissimo significato tra passione e dedizione assoluta il cui ago oscilla tra il massimo dell'egoismo e dell'altruismo.

L'odio come l'amore rende vivo e acceso l'individuo con un sentimento opposto all'insensibilità, all'indifferenza e all'apatia nei rapporti umani.
Almeno sotto tale aspetto questa situazione, che definirei "magica", rende l'individuo vivace, reattivo e lo fa uscire dal piattume di sentimenti in cui generalmente vive.
In tale accezione odio e amore del resto sono moti dell'animo non del tutto razionali e coinvolgono aspetti dell'io non del tutto esplorati.
Sotto il profilo etico o anche di pura logica un sentimento complesso come quello descritto, che è il sentimento classico degli amanti di questo mondo in cui si mescola amore e odio, è un moto dell'animo in cui l'essenza dell'amore è unita in qualche modo al desiderio di avere e di possedere.
Nell'individuo l'odio, in effetti, è parente della paura di dover dare troppo, perché amare senza condizioni è difficile per l'uomo che non può farlo oltre un certo limite altrimenti il timore di perdere la propria riserva di vita, che sa limitata, avrebbe il sopravvento e lo paralizzerebbe e si desta un sentimento d'attenzione e di cautela, quello che poeticamente il Catullo registra come una forma d'odio in contrasto con l'amare assoluto.
Si deve perciò in definitiva convenire che quell'amore non è puro, ma è il minimo sindacale terreno con cui si definisce il sentimento tra due amanti che solo altri fatti che esulano dal campo materiale possono purificare dal "do ut des" - "io do affinché tu dia" - ed elevare da mero sentimento o forte empatia terrena a "amore" completo e incondizionato che desidera il bene per l'altra persona.

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