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SAN GIUSEPPE...

 
GIUSEPPE - UN PRAGMATICO UOMO DEI SOGNI

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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GIUSEPPE IL SOGNATORE
Come il libro della Genesi apre sulla creazione del mondo e prepara gli sviluppi della storia di salvezza per tutti gli uomini, gli altri 4 libri della Torah, a partire del libro dell'Esodo, presentano il racconto della creazione del popolo prescelto per l'inizio della rivelazione da cui ha avuto origine l'attesa della venuta del salvatore dell'umanità.
Questo popolo, il più piccolo tra tutte le nazioni, come dice Deuteronomio 7,7, fu tratto fuori con braccio potente da Dio stesso dalla schiavitù dell'Egitto.
Su tali eventi i racconti della Bibbia non paiono dare indicazioni univoche, forse perché molti eventi sono stati dimenticati e/o all'epoca che furono scritti vari elementi della storia contemporanea ai fatti furono omessi o dati per scontati essendo del tutto noti.
Ecco che con i riferimenti proposti è importante definire quando quel fatto avvenne per far uscire dai veli del dubbio quanto per vari aspetti reca ancora molti a valutare quella storia solo come un mito.
Chiave di volta di tutto questo sono due personaggi, interpreti del volere divino:

  • Giuseppe, figlio di Giacobbe/Israele che fu ponte tra i patriarchi della Genesi e il popolo nuovo dell'Esodo, un ebreo della linea dei patriarchi, Abramo, Isacco, Giacobbe che fu al massimo livello d'inculturazione egizia come viceré di quel popolo ove poi furono oppressi i figli dei fratelli che aveva accolto;
  • Mosè, personaggio ebreo e egizio, perché adottato dalla figlia di un faraone, che liberò i discendenti d'Israele che lo vollero seguire.
La storia di Giuseppe, figlio di Giacobbe - Israele e primogenito di Rachele è narrata nel primo libro della Torah, in ebraico il "Ber'shit" e in italiano Genesi, storia tutta costellata da sogni, suoi e di altri che lui interpreta con sapienza e con soluzioni che a lungo andare si manifestano essere precise onde Giuseppe è profeta.
Tale potere gli viene direttamente da Dio, anzi Dio stesso parla attraverso di lui quando li interpreta.
Al coppiere e al panettiere, infatti, che in prigione gli avevano detto: "Abbiamo fatto un sogno e non c'è chi lo interpreti." Giuseppe replicò: "Non è forse Dio che ha in suo potere le interpretazioni? Raccontatemi, dunque." (Genesi 40,8)

Negli stessi termini rispose Giuseppe al faraone "Non io, ma Dio darà la risposta per la salute del faraone!" (Genesi 41,16) quando gli raccontò: "Ho fatto un sogno e nessuno sa interpretarlo; ora io ho sentito dire di te che ti basta ascoltare un sogno per interpretarlo subito."

Quel Dio di cui dice Giuseppe nel testo è "'Elohim" , termine che pare un plurale e che in pratica sta a indicare: "l'assemblea degli dei".
Da Giuseppe, in effetti, fu omesso il "Nome" del Presidente di quell'assemblea celeste, nome del resto che lui stesso al completo, come IHWH non conosceva, ma che sapeva bene che era l'Unico, l'Essere assoluto che i suoi padri chiamavano appunto "'El-Shaddai" vale a dire Dio Onnipotente.

Il faraone che aveva tanti dei non si scandalizzò e ritenne che Giuseppe in desse il merito al dio Toht (rappresentato da un Ibis il cui becco pare una falce di luna e sotto forma meno frequente di un babbuino), la divinità egizia della sapienza, della scrittura, della magia, della misura del tempo, della geometria e della matematica che nella teogonia di Ermopoli aveva anche il rilevante ruolo dato alla luna quale divinità creatrice del mondo associata al "sole morto" ossia nascosto.
La luna IaH e Toth, peraltro, nella teologia egizia sono tra loro alternativi.
La Luna era l'espressione di una divinità particolare che ha sul capo le corna e il disco Iah cui erano associate le regine, mogli di faraoni, simbolo di Iside, in genere aiutata da Thot che fu considerato anche il regolatore di rituali religiosi ed eventi civili della società egiziana in quanto connessi ai cicli lunari.
Ciò porta a evidenziare la dinastia faraonica che dette particolare importanza proprio alla luna e al dio Thot ossia la XVIII, 1543-1292 a.C..
Questo sognare e interpretare i sogni in Giuseppe si manifestò presto.

Quando aveva 17 anni (Genesi 37,2) fece questi due sogni: "Ascoltate il sogno che ho fatto. Noi stavamo legando covoni in mezzo alla campagna, quand'ecco il mio covone si alzò e restò diritto e i vostri covoni si posero attorno e si prostrarono davanti al mio. Gli dissero i suoi fratelli: Vuoi forse regnare su di noi o ci vuoi dominare? Lo odiarono ancora di più a causa dei suoi sogni e delle sue parole. Egli fece ancora un altro sogno e lo narrò ai fratelli e disse: Ho fatto ancora un sogno, sentite: il sole, la luna e undici stelle si prostravano davanti a me. Lo narrò dunque al padre e ai fratelli. Ma il padre lo rimproverò e gli disse: Che sogno è questo che hai fatto! Dovremo forse venire io, tua madre e i tuoi fratelli a prostrarci fino a terra davanti a te?" (Genesi 37,5-10)

I sogni riportati dalla Torah sono in generale veicoli di profezie, infatti, "sogno" in ebraico è "chalom" e si può interpretare "quanto nascosto il Potente porta ai viventi ", in linea con il metodo di decriptazione in "Parlano le lettere" e i significati delle stesse sulle schede che si ottengono cliccando sui loro simboli ebraici a destra delle pagine di questo mmio Sito.

I fratelli di Giuseppe che, invero, erano dei "fratellastri", perché figli di altra madre, li considerarono pensieri di predominio espressi nei loro confronti; infatti "nemo profeta in patria".
Ecco che s'aggravarono invidia e inimicizia e lo valutarono come un arrivista che pensava in futuro di dominali e i loro sentimenti si mutarono in odio che causò poi la sua vendita ai mercanti di schiavi.
Questi due sogni si compresero meglio poi quando i fratelli furono costretti dalla storia a rivolgersi a lui come vice faraone.
Quei sogni, peraltro, riguardavano:
  • covoni, beni della terra;
  • sole, luna e stelle, beni celesti che sottendono fatti spirituali.
Giuseppe, era scritto, avrebbe unito i due aspetti, corpo e spirito, facendone un unico essendo questo il solo giusto modo di crescere per un uomo e avvicinarsi a Dio che l'ha voluto persona dotata d'entrambi tali componenti.
Questo principio Giuseppe l'aveva ben compreso e l'avrebbe fatto proprio in tutte le vicende della sua vita.
Alla lunga fu evidente che quei sogni, non solo implicavano quanto riguardava la propria famiglia, ma anche ciò che sarebbe accaduto durante tutta la sua lunga vita; Giuseppe, infatti, sarebbe stato il motore di una grande rivoluzione materiale e spirituale.
Della prima, la materiale, la Bibbia parla, infatti, nel libro della Genesi ove attribuisce a Giuseppe il merito di una grande riforma agraria in Egitto, ma della seconda, pure prodotta in Egitto, parla la storia ed era data per scontata dall'autore materiale della Torah.

A causa della forza maggiore che si stava profilando per i 7 anni di carestia, che Giuseppe previde interpretando i sogni del faraone, tutti i terreni d'Egitto e le loro produzioni, di fatto, venivano a cadere sotto il diretto controllo del faraone che avrebbe curato la raccolta e la conservazione delle eccedenze del prodotto. Dopo la spiegazione dei sogni, infatti, Giuseppe disse: "Il faraone pensi a trovare un uomo intelligente e saggio e lo metta a capo della terra d'Egitto. Il faraone inoltre proceda a istituire commissari sul territorio, per prelevare un quinto sui prodotti della terra d'Egitto durante i sette anni di abbondanza. Essi raccoglieranno tutti i viveri di queste annate buone che stanno per venire, ammasseranno il grano sotto l'autorità del faraone e lo terranno in deposito nelle città. Questi viveri serviranno di riserva al paese per i sette anni di carestia che verranno nella terra d'Egitto; così il paese non sarà distrutto dalla carestia." (Genesi 41,33-36)

Cosi fu fatto... con grande guadagno del faraone!
Questi, infatti, comprese subito che ventilando la causa di forza maggiore che si stava avvicinando, presentandosi al popolo quale gestore del regno come "buon pastore", oltre le grandi proprietà terriere del regno che già aveva, sarebbe, di fatto, divenuto perenne proprietario del 20%, in luogo del precedente 10%, anche di tutti gli altri terreni d'Egitto e il grano ammassato poi negli anni di carestia sarebbe stato poi possibile venderlo agli egiziani stessi come precisa Genesi 41,56 e poi 42,6.
Sulla politica agraria di Giuseppe è da leggere con attenzione il brano di Genesi 47,13-26 ove è detto più o meno quanto segue:
  • nel primo anno di carestia raccolse per il faraone tutto il denaro che si trovava in terra d'Egitto e in terra di Canaan in cambio del grano che acquistavano.
  • nel secondo, i bisognosi cedettero cavalli, pecore, buoi e asini per il grano.
  • nel terzo acquistò le loro terre in cambio del pane e del seme; così del faraone fu tutto il terreno dell'Egitto col patto che i venditori lo seminassero col seme che gli dava il faraone stesso e in futuro dessero un quinto del raccolto al faraone.
Soltanto i terreni dei sacerdoti non divennero proprietà del faraone.
Il faraone, ciò è a suo merito, immediatamente comprese che un uomo del genere doveva essere valorizzato e gli disse: "...ti metto a capo di tutta la terra d'Egitto. Il faraone si tolse di mano l'anello e lo pose sulla mano di Giuseppe; lo rivestì di abiti di lino finissimo e gli pose al collo un monile d'oro. Lo fece salire sul suo secondo carro e davanti a lui si gridava: Abrech. E così lo si stabilì su tutta la terra d'Egitto. Poi il faraone disse a Giuseppe: Io sono il faraone, ma senza il tuo permesso nessuno potrà alzare la mano o il piede in tutta la terra d'Egitto. E il faraone chiamò Giuseppe Safnat-Panèach e gli diede in moglie Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di Eliòpoli. Giuseppe partì per visitare l'Egitto. Giuseppe aveva trent'anni quando entrò al servizio del faraone, re d'Egitto." (Genesi 41,41-46)

Circa quel "Safnat-Panèach" richiamo il paragrafo "Giuseppe il gran visir" del mio articolo "Giuseppe vice faraone d'Egitto".

Su "Abrech" posso aggiungere che, cercando tra i geroglifici nel "A concise Dictionary of Middle Egyptian" di R.O.Faulkner ed. 1986 Griffith Istitute Asmolean Museum - Oxford in egizio 'AB-RH con riferimento alla consonanti traslitterate in egizio si trova:

'AB pag. 2 "stare, tardare, cessare";
RH pag. 51 "l'uomo saggio".

Quindi, appunto, "attenzione", sottinteso, passa "il sapiente"!
Poi, il nome ebraico "Iosef", avendo le consonanti IW-SP in scrittura egiziana antica danno il senso di ciò che faceva Giuseppe, infatti:

IW pag.11 verbo essere, quindi "è colui che...";
SiP pag. 212 "ispezionare, esaminare, destinare, organizzare"

Il faraone lo fece secondo per potere, suo vice, gli dette l'anello col proprio sigillo per validare documenti aventi effetti sull'intero regno, gli diede un nome egiziano e lo fece sposare: "...prima che venisse l'anno della carestia, nacquero a Giuseppe due figli, partoriti a lui da Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di Eliòpoli. Giuseppe chiamò il primogenito Manasse, perché - disse - Dio mi ha fatto dimenticare ogni affanno e tutta la casa di mio padre. E il secondo lo chiamò Èfraim, perché - disse - Dio mi ha reso fecondo nella terra della mia afflizione." (Genesi 41,50-52)

Il testo ebraico dice di Asenat figlia di sacerdote di On, nome con cui in greco chiamavano Eliopoli, in egizio "Iunu" città che era sita 11 km a nord dell'attuale Cairo in zona centrale del delta ove c'era la maggior parte della produzione di cereali e là prese evidentemente residenza Giuseppe, quindi, non lontano dall'accesso della via del mare e dal territorio ove poi avrebbe fatto insediare i fratelli.


Geroglifico di Eliopoli

La principale divinità adorata, inizialmente, ad Eliopoli fu il dio Atum, a cui fu dedicato il più antico tempio conosciuto: "Per-Aa" grande casa detto anche "Per-Atum" - Casa di Atum il dio che emerse come collinetta dal Nun, il dio origine di tutte le energie della creazione.
Il nome Asenat della moglie di Giuseppe significa appartenente alla dea Neith la dea del cielo, nata da Atum che produsse secondo il mito Geb la terra Neith, (NuT) appunto il cielo, in cui c'era l'orcio pieno d'energia, idea del vino ebraico di "iain" e del pane sul tavolino del "firmamento".


Geroglifico della dea NuT

Durante il periodo di Amarna il re definito "eretico" Akhenaton introdusse proprio in quella città il culto di Aton, il disco solare con somma irritazione da parte dei sacerdoti di Amon.
Chi era, insomma, il faraone che nominò viceré un prigioniero fatto uscire dalle carceri perché gli aveva rivelato il significato dei sogni?
Vari commentatori ritengono che quel faraone fosse un re Hyksos della XVI o XVII dinastia parallela, coeva e coesistente nel nord, ossia nel delta del Nilo con quella dei faraoni autoctoni che si dovettero ritirare e insediare nel regno del sud, perciò tali commentatori anticipano di molti anni l'evento Giuseppe e lo stesso "Esodo".

Eppure le disposizioni date da Giuseppe da quel faraone valevano per tutto il paese d'Egitto, quindi era faraone del nord e del sud, infatti: "Il faraone disse a Giuseppe: Ecco, io ti metto a capo di tutta la terra d'Egitto." (Genesi 41,41) e quel "tutta la terra d'Egitto" poi è ripetuto tante altre volte nello stesso capitolo Genesi 41 e precisamente ai versetti 43.44.46.54.55, il che presuppone che riguardasse proprio sia il nord che il sud del paese.
Doveva perciò essere un faraone di pura origine egiziana e questi faraoni avevano Tebe per loro capitale!

C'è poi anche questa considerazione: quando i fratellastri tornarono in Egitto la seconda volta portando Beniamino il vero fratello di Giuseppe, perché della stessa madre, Giuseppe offrì loro un banchetto e il testo annota, "...ordinò: Servite il pasto. Fu servito per lui a parte, per loro a parte e per i commensali egiziani a parte, perché gli Egiziani non possono prender cibo con gli Ebrei: ciò sarebbe per loro un abominio." (Genesi 43,31s)

Ciò non sarebbe accaduto alla corte dei Re Pastori che avrebbero ritenuto accettabile stare a tavola con degli Hapiru, che erano noti nella loro terra d'origine in quanto vagavano tra Mesopotamia e Egitto.
La seconda rivoluzione, quella spirituale, fu certamente iniziata da Giuseppe, ma non era lui che doveva portarla a termine e la Torah non si sofferma a dire che Giuseppe fornì anche le basi per una riforma religiosa.
Ciò comunque era implicito con la rettitudine e la fede nel Dio dei suoi padri da parte di Giuseppe.
Tornando al primo sogno di Giuseppe, gli dei della cosmogonia egizia, sole e luna si sarebbero poi piegati all'idea di un unico dio, come informa la storia, sia pure presentato ancora in modo imperfetto, al tempo del faraone Akhenaton, infatti, un riflesso de pensieri e degli insegnamenti di Giuseppe sembrano proprio trovarsi nelle riforme di quel faraone:
  • adorare un solo dio Aton;
  • idoli e immagini bandite;
  • vietati i sacrifici di animali;
  • abolizione di magia e incantesimi;
  • monogamia;
  • le rendite degli altri dei dovevano confluire nel tesoro del dio unico.
A questo punto è da porre in evidenza la lungimiranza, la longanimità e la visione profetica di Giuseppe.
Giuseppe ha avuto oltre 20 anni di tempo per elaborare la storia del tradimento subito dai fratelli e li perdonò con queste parole: "Dio mi ha mandato qui prima di voi, per assicurare a voi la sopravvivenza nella terra e per farvi vivere per una grande liberazione. Dunque non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio. Egli mi ha stabilito padre per il faraone, signore su tutta la sua casa e governatore di tutto il territorio d'Egitto." (Genesi 45,7-8)

Questo "padre per il faraone" con cui si autodefinisce il nostro Giuseppe è considerato dagli esegeti quale titolo onorifico vale a dire di consigliere, amico e tutore come sostiene il Midrash Tankhumah.
Quel titolo "padre del faraone" è ritenuto fosse un modo di dire del tempo, peraltro usato, "mutatis mutandis", dal profeta Isaia per Eliakim in Isaia 22,20-23 quando dice: "In quel giorno avverrà che io chiamerò il mio servo Eliakìm, figlio di Chelkia; lo rivestirò con la tua tunica, lo cingerò della tua cintura e metterò il tuo potere nelle sue mani. Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme e per il casato di Giuda, Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide: se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire. Lo conficcherò come un piolo in luogo solido e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre."

"Padre del faraone" insomma pare fosse dato in Egitto a dignitari come il visir di corte, infatti, si definisce "padre di dio" il visir Ptahhotep durante il regno di Djedkara Isesi della V dinastia che regnò nel XXV secolo a.C. e il visir Yuya, di cui poi daremo qualche cenno, che servì la XVIII dinastia nel XIV secolo a.C. che proprio nel periodo storico di poco precedente al faraone Akhenaton, si dice "padre del faraone" e che sarebbe stato nonno di quest'ultimo in quanto pare fosse il padre della madre di costui, e in tal caso quel "padre" non era solo titolo onorifico.
Credo che tra Yuya e Ay già sacerdote di Aton sotto Akhenaton e poi faraone dopo Toutankamon ci fosse un legame di parentela.

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