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SUL TIMORE DEL SIGNORE
di Alessandro Conti Puorger

RAPPORTI CON L'IGNOTO E COL DIVINO
Terrore, panico, spavento, paura, timore, rispetto sono reazioni incontrollate o poco o affatto controllabili che misurano il grado d'esperienza che ha l'uomo quale essere razionale davanti ad altro uomo, animale o fenomeno che gli si manifesti.
L'altro è a priori ignoto e le sensazioni che riceve dai propri organi sensoriali e induttivi debbono venire elaborate; inizialmente l'istinto di conservazione subito le valutata come pericolose fino a trovare forme d'adattamento con lo sviluppo dell'esperienza specifica.
È un po' come si verifica nei sistemi complessi di segnalamento per i treni.
Alla presenza di un'anomalia, che il sistema non è in grado di valutare tra quelle programmate, il segnale va al "rosso" - via impedita - ed il treno si ferma.
Del pari, l'uomo ha un sistema d'intimi avvisatori sensoriali che provoca reazioni spontanee.
Queste superano la ragione, se impreparata o non educata all'evento.
Sono spontanee incontrollate risposte, con eventi somatici che arrivano alcune volte addirittura anche a paralizzarlo senza che in quel momento nessuna voce razionale sia più in grado di raggiungerlo.
Il sistema di percezione umano ha vari gradi di controllo e, seguendo l'allegoria del treno, il segnalamento è come avesse più livelli di avviso.
Oltre ai colori semplici rosso e verde è come se disponesse del rosso/giallo, del giallo e del giallo/verde.
Il verde totale, ossia via libera, è lo stadio finale della perfetta conoscenza della perfetta disponibilità del rapporto treno-infrastruttura e si passa dallo star fermi ad un avanzamento con cautela e ad una marcia a vista, ma comunque con un certo movimento di progressione.

Essendo l'uomo un essere dotato di ragione quelli - terrore, panico, spavento, paura, timore, rispetto - sono i vari gradi con cui man mano che si sviluppa la conoscenza si razionalizza il fenomeno che in quel momento ci investe e ce se ne fa una ragione.
Un abisso, un oceano, un deserto, una distesa di ghiaccio, fenomeni naturali poderosi quali terremoti, maremoti, uragani, tifoni, sono di per sé, in generale, fonte per l'uomo di un senso di impotenza, che provoca un disagio più o meno profondo.
La mente oscilla tra sensazioni incontrollabili del perdersi, del disperdersi, dell'essere nulla e dell'essere annullato.
Ciò che ha in sé qualcosa di grande d'ignoto e di potente, che l'uomo "normale" in definitiva sente che non può dominare, fa insorgere in lui paura.
Tutte quelle situazione o quei fenomeni fisici oggettivi danno luogo, di fatto, allo scatenarsi irrefrenabile più o meno intenso della paura della morte.
A seconda delle manifestazioni di tale ignoto la paura vira poi in spavento, panico e terrore.
Pure il più "ateo" degli uomini poi è soggetto alla propria psiche.
Sa che sussistono questioni non tangibili, ma che del pari possono avere prese psicologiche e psichiche tali che provocano sensazioni di grande irrequietezza ed instabilità che lo portano altresì a forti stress con effetti di concrete sensazioni di profonda inadeguatezza che provocano egualmente spavento e addirittura panico.
Anche in tal caso è la non piena conoscenza di sé che provoca il senso di impotenza e consciamente ci si sente instabili appena si valuta che di fatto si convive con un essere al proprio interno che quando si risveglia non si è in grado di controllarlo a pieno e di prevederne tutte le mosse.
La stesso fenomeno "religioso" poi abbraccia un gran gamma di relazioni col proprio Dio, che per antonomasia è nell'ambito del non conoscibile del non controllabile, libero, etereo e non prevedibile.
Nelle religioni tribali e primitive si passa poi in tutti i gradi della superstizione e dei rapporti di paura e terrore del terribile e delle sue manifestazioni numinose.
L'uomo cerca di "addomesticare" l'incognito rendendoselo più familiare e il divino viene considerato, così, presente ovunque, nelle piante, nei fiumi, nella terra, in cielo, negli animali, in ogni manifestazione fisica.
Nelle religioni dei popoli primitivi, infatti, solo lo sciamanesimo consente il contatto diretto con le divinità.
Occorre cioè un intermediario, stregone - sacerdote, che sia in grado d'interloquire e d'interpretare le manifestazioni che vengono attribuite a quella entità.
Nelle religioni più evolute la fede che coinvolge i fedeli e porta a rapporti complessi con la divinità, la paura vira gradualmente a timore e sacro rispetto.
Nelle religioni rivelate la rivelazione stessa fa poi da primo intermediario e ci porta a svelare una parte dell'incognito facendoci conoscere quanto lui, Il divino, intende di sé portarci alla conoscenza.
Ciò fa sviluppare un rapporto personale e un circolo virtuoso d'emozioni e risposte che tendono ad allontanare dalla paura e appunto fanno entrare nella sfera del timore, ambito questo diverso della paura e che nel campo religioso ha un proprio specifico valore e significato.
È questo l'effetto delle rivelazioni contenute dalle Sacre Scritture delle religioni abramitiche.
La mistica, dal greco "mystikòs" ossia misterioso - arcano da "myein" "che tace, che è chiuso", è contemplazione del sacro che cerca di superare l'approccio logico - discorsivo e pervenire ad una esperienza diretta.
Coinvolti in questa ricerca del divino, per avvicinarsi alla divinità alcuni fedeli delle fedi più disparate, tentano o sono soggetti a sperimentare vie personali che danno luogo in alcuni casi ad estasi mistiche, risultato d'un progressivo distacco provocato o spontaneo dal sensibile e dal razionale.
Il soggetto perde il proprio io in un tutto, la Verità ultima, che l'assorbe completamente tanto che, al limite, può non sentire nemmeno provocazioni fisiche e, si dice, che sarebbero state alterate addirittura anche leggi fisiche con fenomeni che hanno del paranormale.
Queste estasi in effetti, possono essere artificiali perché provocate da vino, alcolici, allucinogeni, ma anche essere spontanee, cioè senza cause apparenti, per una profonda meditazione, o inspiegabili, anche con soggetti estremamente semplici come fanciulli, vedansi ad esempio i casi di Fatima e Lourdes.
A queste si aggiungono i momenti e i segni delle manifestazione iniziali d'un grande fondatore di religioni.
Si parla addirittura di fenomeni di levitazione (San Giuseppe da Copertino 1603 -1663) e di bilocazione (San Pio da Pietralcina).
Mistici si trovano infatti:
  • nel cristianesimo sin dalle origini come gli stiliti vivevano sulle colonne, i Padri del deserto, l'esicasmo, la preghiera del cuore con personalità come San Francesco, Santa Chiara, Teresa d'Avila, Giovanni della Croce.
  • nell'ebraismo, vi è l'approccio esoterico della cabbalah sviluppatasi a partire dal X sec. e poi il cassidismo nato in Polonia nel XVIII secolo.
  • nell'islam ricordo la corrente del sufismo.
Il massimo livello che toccano i mistici è la fede purissima ove il timore si trasforma in amore perfetto facendo un salto di qualità eccezionale.
Il rapportarsi ad una potenza o con un potente può, infatti, nascondere un interesse che fa ombra al rapporto che resta sempre tra un superiore e un inferiore e nasconde la possibilità d'un amore disinteressato che è l'unico che ha di fatto valore, perché libero.

NELLE SACRE SCRITTURE EBRAICHE DELLA BIBBIA
Prima di entrare nel vivo, preciso che nella trattazione mi sarà molto d'aiuto lo spezzare ed il leggere le parole ebraiche che incontrerò nella trattazione con lo strumento, formidabile per utilità, inserito nel mio articolo "Parlano le lettere" che applica in concreto con regole e significati l'idea che le lettere ebraiche siano anche veicoli di un'immagine grafica.
Al riguardo è utile la lettura nella rubrica "Lettere ebraiche e Codice Bibbia" dei seguenti articoli preparatori "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche" e "I primi vagiti delle lettere ebraiche nella Bibbia".
Ciascuna parola del vocabolario biblico può allora anche essere letta come una serie di immagini, tante quante sono le lettere che la compongono, e queste forniscono un predicato del significato della parola stessa.
Ciò, unito alle varie regole inserite in quella trattazione, fa pervenire a scoprire pagine di secondo livello nel testo sacro ebraico di cui ormai c'è una notevole quantità di esempi in questo mio sito.

La prima volta che nella Bibbia si trova la parola "paura" è al capitolo 3 del libro della Genesi, dopo che la prima coppia ha trasgredito al Signore mangiando dell'albero della conoscenza del bene e del male.
Adamo, alla domanda del Signore Dio che gli chiede "Dove sei?" rispose: "…Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto". (Genesi 3,10)
Per "ho avuto paura" viene usato "ira'" dal radicale del verbo aver timore, avere paura.
Con la paura, viene immediatamente la voglia di nascondersi, di fuggire.
Mi "sono nascosto" "'achabe'" è dal verbo "nascondersi".
Faccio notare che se volessi parlare di amore, quello primigenio originario come era prima del peccato tra l'uomo e Dio essendo il radicale ebraico del verbo amare per dire amo avrei scritto amo l'origine quindi .
Le lettere sarebbero quasi uguali a nascondersi.
C'è però una piccola differenza grafica, la lettera H interna nell'amore è aperta e nel nascondersi è chiusa .
Ritengo ciò voluto e pensato dall'autore sacro che ci sta dicendo con le lettere che l'uomo col peccato di fatto ritenne chiuso il rapporto d'amore con Dio.
La differenza grafica è minima eppure tutto è mutato.
Quella lettera H chiusa la troviamo in peccato "chata'" "chiudere il cuore all'Uno ".
La parola grano gli è molto vicina "chittah" perché dal suo luogo chiuso , il suo guscio, buccia - scorza - tegumento da cui si ricava la crusca, c'è un cuore prezioso che deve uscire , come ricorda Gesù: "In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto." (Giovanni 12,24)
Proseguendo su questo pensiero vado a cercare quando esce per la prima volta la parola "timore", il che si verifica dopo il diluvio.
Dio dà una lezione all'uomo, il timore e il terrore è istinto da animali, infatti, nei loro riguardi dice a Noè: "Il timore e il terrore di voi sia in tutte le bestie selvatiche e in tutto il bestiame e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono messi in vostro potere." (Genesi 9,2)
Per terrore e spavento viene usato "chat" o "chittah" e le lettere ci parlano della sensazione della claustrofobia:
  • sentirsi "chiuso completamente " o "in luogo chiuso confinato ";
  • "in luogo chiuso confinato entrare ".
Altro modo per "terrore, spavento" è "pached" in cui c'è una idea di soffocamento, perché le lettere dicono "la bocca chiusa da una mano ".
Inoltre "pached" è "una rovina alla porta ", perché "pach" è "rovina laccio, trappola", infatti, con le lettere "una bocca si chiude ".
Purtroppo spesso nelle traduzione per quei termini si usa tradurre anche con timore e si ingenera confusione, perché è ben diverso timore da terrore o spavento.
Il versetto 1 del Salmo 27 ci istruisce, perché aver paura e timore, in effetti terrore di Dio, visto che è la mia lampada e mi salva? "Di Davide. Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò (timore) paura? Il Signore è difesa della mia vita, di chi avrò (terrore) timore?"

Dio quando inizia parlare con l'uomo dice una frase rituale "non temere".
Dio parla così ai patriarchi e l'introduce ad un nuovo concetto del "temere":
  • ad "Abram in visione: Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande." (Genesi 15,1b)
  • ad Isacco quando andò a Bersabea: "E in quella notte gli apparve il Signore e disse: Io sono il Dio di Abramo, tuo padre; non temere perché io sono con te. Ti benedirò e moltiplicherò la tua discendenza per amore di Abramo, mio servo." (Genesi 26,24)
  • a Giacobbe/Israele: "Riprese: Io sono Dio, il Dio di tuo padre. Non temere di scendere in Egitto, perché laggiù io farò di te un grande popolo." (Genesi 46,3)
È evidente che Dio sa che è il peccato che impedisce all'uomo un rapporto spontaneo con lui.
Volendo recuperare l'uomo, nell'avvicinarsi e nel chiamare i primi fedeli del monoteismo, pedagogia che però segue con tutti, gli spiana la strada facendogli comprendere che vuole il suo bene e ammonisce subito "'al tira'", ossia "non temere".
Ad Abramo iniziò a parlare (Genesi 12) facendogli promesse e solo quando Abramo cominciò a realizzare con Dio un rapporto il testo esprime il "non temere" da parte di Dio.
Ogni uomo che comincia a prendere atto dell'esistenza di Dio, infatti, non può non sentirsi che peccatore, inadeguato, e indegno davanti a Lui ed ha bisogno d'un conforto.
Isacco e Giacobbe cresciuti nella famiglia di Abramo avevano imparato dalla prassi della vita familiare qualcosa di Lui e, prima di procedere ad una conoscenza diretta più avanzata nel manifestarsi loro, Dio s'esprime in quello stesso modo "non temere".
Fin qui abbiamo notato che Adamo, e i patriarchi temevano Dio perché in qualche modo l'avevano conosciuto, perciò il temerlo è un primo passo dopo il peccato per redimersi.
Il contrario di ciò è il non temerlo che è in definitiva una dichiarazione implicita dell'aver concluso che non esiste.
Vale a dire essere ateo nel senso stretto, cioè essere senza alcun Dio.

All'inizio della storia di Mosè, nel libro dell'Esodo, si viene a sapere che il liberatore d'Israele in giovinezza commise una grave colpa.
Uccise un egiziano che era stato violento verso i fratelli ebrei.
Il racconto in particolare ci pone quanto segue all'attenzione: "Voltatosi attorno e visto che non c'era nessuno, colpì a morte l'Egiziano e lo seppellì nella sabbia." (Esodo 2,12)
Non c'era nessuno!
Vuol dire forse che nella sua mente non c'era per nulla l'idea che Dio lo guardava comunque?
Non ebbe paura di commettere un omicidio, però, ma quando il giorno dopo voleva dividere due ebrei che si stavano azzuffando si sentì dire da uno di questi: "Pensi forse di uccidermi, come hai ucciso l'Egiziano? Allora Mosè ebbe paura e pensò: Certamente la cosa si è risaputa." (Esodo 2,14b)
La paura viene a Mosè quando assoda che qualcuno per lui in quel momento "reale" l'ha visto compiere il male e non prima.
Nel momento dell'omicidio o non gli è venuto nemmeno nella mente che era sotto lo sguardo di Dio, o forse gli sarà venuto, ma allora deve aver concluso "non esiste" che era un essere immaginifico e non sentì paura.
Nel caso di Adamo che Dio conosceva bene e ci parlava faccia a faccia, invece, la paura venne subito dopo il peccato e così la coppia primigenia si nascose.
Mosè, il giorno dopo però, comprendendo che un uomo l'ha visto commettere l'omicidio ed ha paura.
Il fatto rivela che Mosè non credeva ancora in Dio, ne aveva sentito parlare, ma evidentemente l'aveva catalogato tra le nozioni che servivano per comprendere i fratelli ebrei, ma dava alla loro divinità lo stesso credito che dava alle divinità egizie, cioè praticamente nulla, una superstizione.
Fugge Mosè in Madian, passano anni di solitudine e di maturazione, ove avrà anche rimuginato sulla propria colpa.
Nel deserto, come pastore delle pecore di Ietro, incontrò Dio al roveto che ardee senza consumarsi e Dio dal fuoco tra l'altro gli disse: "Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe. Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio." (Esodo 3,6)
Gli ricordò in concreto, citando i patriarchi, che ciò di cui gli parlavano i fratelli ebrei in Egitto, ossia del loro Dio, era vero; così Mosè poté credere che ciò che gli si presentava con quel fenomeno straordinario era una manifestazione concreta di quel Dio.
La situazione ora è la stessa d'Adamo nel giardino dopo il peccato.
La prima reazione allora che ha è la paura, sia del fatto fisico miracoloso che non comprende, sia perché si sente in colpa del peccato commesso davanti a un Dio che non poteva non essere anche giustizia infinita.

Egualmente il popolo d'Israele ha paura al momento della teofania sul monte Sinai e da quel giorno in poi demanderà a Mosè di parlare lui per loro con Dio.
Mosè disse al popolo: "Non abbiate timore: Dio è venuto per mettervi alla prova e perché il suo timore vi sia sempre presente e non pecchiate". (Esodo 20,20)
Dal libro del Deuteronomio sinteticamente estraggo: "Mosè convocò tutto Israele e disse loro: Ascolta, Israele, le leggi e le norme che oggi io proclamo dinanzi a voi: imparatele e custoditele e mettetele in pratica. Il Signore nostro Dio ha stabilito con noi un'alleanza sull'Oreb. Il Signore non ha stabilito questa alleanza con i nostri padri, ma con noi che siamo qui oggi tutti in vita. Il Signore vi ha parlato faccia a faccia sul monte dal fuoco, mentre io stavo tra il Signore e voi, per riferirvi la parola del Signore, perché voi avevate paura di quel fuoco e non eravate saliti sul monte. Egli disse… (Deuteronomio 5,1-5) …e seguono, per istruirli, le 10 parole del Decalogo.
Il Signore osservò che quel timore era benefico, evidentemente perché partiva dalla considerazione da parte di quegli uomini che seguivano Mosè che Dio c'era e in loro era un bene che si consolidasse l'idea che li vedeva in qualsiasi azione loro facessero.
Disse, infatti, così a Mosè: "Oh, se avessero sempre un tal cuore, da temermi e da osservare tutti i miei comandi, per essere felici loro e i loro figli per sempre." (Deuteronomio 5,29)
La storia della salvezza narrata nella Bibbia continuò e il "non temere" fu detto prima da Mosè a Giosuè (Deuteronomio 31,8 e Giosuè 1,9) e poi Dio stesso lo dirà in Giosuè 8,1: "Il Signore disse a Giosuè: Non temere e non abbatterti."

Guardando nella Bibbia le seguenti parole si trovano con l'indicata frequenza:
  • "non teme, non temere non temete" e simili 124 volte di cui 21 volte nel Nuovo Testamento;
  • "timor, timore, timori, aver timore, timorato, timorata, timorato, intimorito, intimoriti intimorire", 218 volte di cui 154 nell'Antico Testamento e 64 nel Nuovo Testamento;
  • "paura, aver paura, impaurito, impaurita" e simili, 152 volte di cui 38 nel Nuovo Testamento;
  • "Temer, temerà, temere, ecc." 136 volte di cui 20 nel Nuovo Testamento;
  • "Terrore/spavento" 158 volte di cui 8 nel Nuovo Testamento.
IL TIMORE DEL SIGNORE E IL VEDERE DIO
Sono poi andato a cercare la frequenza di queste altre espressioni:
  • "Timore del Signore" 38 volte di cui 3 nel Nuovo Testamento;
  • "Timor/timore di Dio" 19 volte di cui 3 nel Nuovo Testamento.
Dopo quelle considerazioni con quelle idee nella mente ho guardato le lettere ebraiche del radicale del verbo temere, aver paura.
Quelle tre lettere ebraiche le provo a leggere coi significati che do con la mia chiave di lettura delle icone di quelle lettere "'al tira'", il "Non temere".
Vado però subito a considerare, visto che in Dio non c'è negazione, quel biletterale non come = no, ma come = "Dio" e la lettera come "indica/indicazione".
(Vedi: "Parlano le lettere".)
Accade così che "Dio indica " le lettere , cioè il temere.
È peraltro da considerare che la lettera è la lettera radice del verbo essere e le due lettere sono "veduta, vista" dal radicale "vedere" che è un senso che consente a un oggetto esterno "nella testa/mente iniziare ad entrare ".
l temere con le sue lettere, così, nasconde e fa associare anche questi pensieri:
  • un "sei visto " cioè ti tengo d'occhio per proteggerti";
  • "sia nella testa/mente l'Unico ", cioè un consiglio, tieni sempre presenti che io ci sono con te;
  • "stai a guardare ()", cioè abituati a vedere con occhi nuovi.
Così, infatti, dice Mosè a Giosuè quando gli dice di non spaventarsi davanti al compito di guidare gli Israeliti alla conquista della terra promessa: "…perché è con te il Signore tuo Dio, dovunque tu vada". (Giosuè 1,9b)
Il timore di Dio comporta che il fedele sente che vive sempre sotto lo sguardo del Signore, e cerca di piacere più a lui che agli uomini.
Si sottopone in pratica costantemente al giudizio di Dio e compie le proprie azioni pensando se a Lui sono accette e gradite e secondo la sua volontà.
Dio, infatti, per lui è un padre che desidera il bene del proprio figlio.
Si legge in Genesi al capitolo 22,13-14 nell'episodio del sacrificio di Isacco: "Abramo andò a prendere l'ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. Abramo chiamò quel luogo Il Signore vede ; perciò oggi si dice: Sul monte il Signore si fa vedere ."

Il libro deuterocanonico del Siracide scritto in greco inserito solo nella Bibbia cristiana il capitolo 1 presenta un panegirico sul "Timore del Signore" che sunteggio solo con i versetti strettamente relativi al tema:

"Ogni sapienza viene dal Signore ed è sempre con lui
la elargì a quanti lo amano
Il timore del Signore è gloria e vanto, gioia e corona d'esultanza.
Il timore del Signore allieta il cuore e dà contentezza, gioia e lunga vita. Per chi teme il Signore andrà bene alla fine, sarà benedetto nel giorno della sua morte.
Principio della sapienza è temere il Signore; essa fu creata con i fedeli nel seno materno... (Siracide 1,12 Vedi: in "Attesa del Messia" l'articolo in .pdf "Acqua viva, fonte, sorgente per lavare il peccato".)
Pienezza della sapienza è temere il Signore; essa inebria di frutti i propri devoti…
Corona della sapienza è il timore del Signore; fa fiorire la pace e la salute…
Radice della sapienza è temere il Signore; i suoi rami sono lunga vita…
Il timore del Signore è sapienza e istruzione, si compiace della fiducia e della mansuetudine.
Non essere disobbediente al timore del Signore e non avvicinarti ad esso con doppiezza di cuore…il Signore svelerà i tuoi segreti e ti umilierà davanti all'assemblea, perché non hai ricercato il timore del Signore e il tuo cuore è pieno di inganno."

Fa comprendere come sia ben lontano questo timore dalla paura.
A questo punto chi ha questo dono è passato di fatto a costatare la presenza del Signore nella propria vita.
È come se il "Non temere" "'al tira'" sia diventato carne della propria carne.
È come se da lui "Dio finalmente fosse stato visto ()".
Si può fare anche un'altra considerazione su quelle lettere.
Dio è una idea che entra nella mente, ma non può più restare solo lì come idea; troppo grande è, incontenibile è la gioia che proromperà da tutti i pori.
Chi ha di Lui ricevuto un idea è evidente che si fa in sé un immagine, un progetto di Lui.
In ebraico il verbo "lanciare, tirare" ha come radicale le lettere .
Col mio modo di vederle come icone quelle lettere danno luogo al lanciare fisico di un oggetto "con forza un corpo esce ", ma anche al lancio di una idea da uno all'altro.
Di fatto Dio ha come lanciato un progetto in una persona, ossia Dio gli "è nella tesa/mente entrato ".
Se ciò è accaduto l'uomo non è come prima, non può trattenere più quel progetto che è come un seme che cresce.
Prima o poi quel uomo, quella comunità, quel popolo inizierà a uniformare a questo progetto tutta la propria vita, lancerà nel mondo quel progetto che in definitiva è opera di Dio.
Effettuerà un vero e proprio lancio di un'idea come un progetto ingegneristico, "è dalla testa/mente ad uscire " per arrivare a segno.
Si pensi che nell'ebraismo la parola "Torah" deriva da quel radicale come se fosse "lanciata" ed è il progetto prestazionale della persona secondo Dio che deve cercare per essere Santa ad Imitatio Dei di rispettare la Torah legata a quel radicale, che con i segni si può leggere: "un segno portare col corpo/testa nel mondo ".
Sulla Torah che è donata il libro del Deuteronomio al capitolo 6 nel passo dello Shema' è detto tra l'altro: "Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte." (Deuteronomio 6,6-9)

La Torah è quel pendaglio perché è un segno portato tra gli occhi, cioè è sulla fronte, quindi su e dentro la testa nel mondo .
Dio tramite il testo del profeta Isaia (66,19) dice: "Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle genti…essi annunzieranno la mia gloria alle nazioni" e quel segno è la Torah.
Pare proprio che siamo entrati grazie a quelle lettere nel vivo del pensiero biblico ebraico, infatti, il Talmud - "Sèder Eliàhu rabbà", 26 - al riguardo di quel passo dello Shema' della Torah e del progetto che il fedele porta nel mondo dice:

"Amerai il Signore tuo Dio (Deuteronomio 6,5) fa' sì che il Cielo sia amato dagli uomini, che lo riconoscono nel tuo modo di commerciare, dal tuo comportamento per strada e dal tuo modo di fare affari con gli uomini. Quando un uomo riconosce il tuo modo di commerciare, il comportamento per strada e il modo di fare affari con i suoi simili, e legge la Torah e studia, le persone che lo vedono dicono: Beato il tale che ha studiato Torah, è un peccato che mio padre non mi abbia insegnato la Torah: il tale ha studiato la Torah, e guardate come sono piacevoli le sue azioni, come sono belli i suoi comportamenti! In nome del Cielo, studiamo Torah e insegniamo ai nostri figli Torah: così, attraverso di lui, verrà santificato il nome del Cielo. Ma quando l'uomo non lo riconosce nel modo di commerciare e dal comportamento per la strada e dal modo di fare affari con i suoi simili, ma legge la Torah e studia, le persone che lo vedono dicono: Povero quel tale che ha studiato Torah, beato mio padre che non mi ha insegnato Torah: il tale ha studiato Torah, ma guardate quanto sono brutte le sue azioni, quanto sono sbagliati i suoi comportamenti, in nome del Cielo! non studiamo Torah e non insegniamola ai nostri figli così, per suo mezzo, il nome del Cielo è profanato. La Torah è stata data proprio per questo, per santificare il suo grande nome, com'è detto (Isaia 49,3): Mi disse: tu sei il mio servo Israele, per mezzo del quale mostrerò la mia gloria... La Torà è stata data proprio per questo, per santificare il suo grande Nome: Darò loro un segno e invierò alcuni dei loro superstiti verso le nazioni..." (Isaia 66,19), e cosa dice alla fine del verso? Essi annunceranno la mia gloria tra le nazioni".

Il commercio e gli affari sono ovviamente esemplificativi, ma il timore deve essere presente in tutte le attività, ed al riguardo cito ad esempio il giudicare: "…il timore del Signore sia con voi; nell'agire badate che nel Signore nostro Dio non c'è nessuna iniquità; egli non ha preferenze personali né accetta doni…Voi agirete nel timore del Signore, con fedeltà e con cuore integro…" (2Cronache 19,7.9)
Lo stesso pensiero del timore di Dio da tenere da premessa nel comportamento si trova nel libro di Neemia ove ebbe a rimproverare i reduci per gli esosi interessi sui prestiti con queste parole: "…quello che voi fate non è ben fatto. Non dovreste voi camminare nel timore del nostro Dio per non essere scherniti dagli stranieri nostri nemici? Anch'io, i miei fratelli e i miei servi abbiamo dato loro in prestito denaro e grano. Ebbene, condoniamo loro questo debito!" (Neemia 5,9-10)
La Torah in definitiva è un modo per apprendere tale timore:
  • "Il timore del Signore è il principio della scienza; gli stolti disprezzano la sapienza e l'istruzione. Ascolta, figlio mio, l'istruzione di tuo padre e non disprezzare l'insegnamento di tua madre, perché saranno una corona graziosa sul tuo capo e monili per il tuo collo." (Proverbi 1,7-9)
  • "Fondamento della sapienza è il timore di Dio, la scienza del Santo è intelligenza." (Proverbi 9,10)
Accade allora che quelle lettere di "Non temere" "'al tira'" hanno allora ulteriori letture:
  • in senso positivo di avvertimento "Dio un segno a lanciarti () inizia";
  • come esortazione "di Dio il segno a lanciare () inizia !"
Abbiamo così compreso che in ebraico il verbo vedere ha un significato più ampio del solo senso della vista.
Il profeta è anche chiamato vedente e veggente "ro'oe" (ad esempio: Isaia 30,10) e così è detta la visione (Isaia 28,7) cioè una persona che vede cose così in profondità che altri non possono vedere.
Il "Non temere" "'al tira'" diviene così anche una profezia su chi viene pronunciato da Dio, perché "Dio indica : sarai un profeta/un vedente ()".
D'altronde, chiunque entra in un serio rapporto col divino diviene un profeta e un veggente, perché vede oltre le contingenze degli eventi e guarda i fatti che accadono con un po' della sapienza che viene dal conoscere come Dio opera nella storia e nella vita delle persone.

Il radicale del verbo "apprendere, imparare" in ebraico è .
Sono queste le tre lettere che compongono il nome della 12a lettera dell'alfabeto ebraico, la lettera lamed e il salmo alfabetico 34 al versetto 12 recita: "Lamed. Venite, figli, ascoltatemi; v'insegnerò il timore del Signore."
(Vedi: "Poemi alfabetici nella Bibbia; messaggi sigillati".)
Sant Ilario di Poitiers (315-367 d.C.), vescovo, padre e dottore della Chiesa, l'Atanasio dell'occidente, venerato come santo dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa Ortodossa e dalla Comunione Anglicana, l'Atanasio dell'occidente, sull'imparare il "Timor di Dio" nel "Tractatus super Psalmos", con riferimento al Salmo 127,1-3 ebbe a scrivere:

«"Beato l'uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie..." (Salmi 127,1) si comprende l'essenza e la perfezione del timor di Dio come sappiamo da quanto è detto nei Proverbi di Salomone: "Se appunto invocherai l'intelligenza e chiamerai la saggezza, se la ricercherai come l'argento e per essa scaverai come per i tesori, allora comprenderai il timore del Signore." (Proverbi 2,3-5). Vediamo da ciò per quanti gradi si arriva al timore di Dio. Anzitutto, chiesto il dono della sapienza si deve affidare tutto il compito dell'approfondimento al dono dell'intelletto, con il quale ricercare e investigare la sapienza. Solo allora si potrà comprendere il timore del Signore. Certamente il modo comune di ragionare degli uomini non procede così circa il timore. Infatti il timore è considerato come la paura che ha l'umana debolezza quando teme di soffrire ciò che non vorrebbe gli accadesse. Tale genere di timore si desta in noi con il rimorso della colpa, di fronte al diritto del più potente, o all'attacco del più forte, a causa di una malattia, per l'incontro con una bestia feroce o, infine, per la sofferenza di qualsiasi male. Non è questo il timore che qui si insegna, perché esso deriva dalla debolezza naturale. In questa linea di timore, infatti, ciò che si deve temere non è per nulla oggetto e materia di apprendimento, poiché le cose temibili si incaricano da se stesse a incutere terrore. Del timore del Signore invece così sta scritto: "Venite, figli, ascoltatemi; v'insegnerò il timore del Signore." (Salmi 33,12). Dunque si impara il timore del Signore, perché viene insegnato… Ascoltiamo dunque la Scrittura che dice: "Ora, Israele, che cosa ti chiede il Signore tuo Dio, se non che tu tema il Signore tuo Dio, che tu cammini per tutte le sue vie, che tu l'ami e serva il Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l'anima, che tu osservi i comandi del Signore e le sue leggi, che oggi ti do per il tuo bene." (Deuteronomio 10,12). Molte poi sono le vie del Signore, benché egli stesso sia la via. Ma quando parla di se stesso si chiama via, dando anche la ragione per cui si chiami così: "Nessuno", dice, "viene al Padre se non per mezzo di me..." (Giovanni 14,6) Vi sono infatti vie nella legge, vie nei profeti, vie nei vangeli, vie negli apostoli, vie anche nelle diverse opere dei maestri. Beati coloro che camminano in esse col timore di Dio

NON TEMERÒ MAI - SALMO 27 e ISAIA 12
Il Salmo 27, di cui ho già citato il primo versetto, nella traduzione della Bibbia C.E.I. edizione Dehoniane "la Bibbia di Gerusalemme" in effetti, è proprio intitolato "Con Dio nessun timore".
È completamente in tema: chi ha "timore di Dio" non ha nessun timore!
Egualmente in Isaia si trova al capitolo 12, versetto 2: "Ecco, Dio è la mia salvezza; io confiderò non temerò mai, perché mia forza e mio canto è il Signore; egli è stato la mia salvezza."
Entrambi associano il non aver paura con la salvezza.

Riporto il testo C.E.I. del Salmo 27 con alcune sottolineature.

Salmo 27,1 - "Di Davide. Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura? Il Signore è difesa della mia vita, di chi avrò timore?

Salmo 27,2 - Quando mi assalgono i malvagi per straziarmi la carne, sono essi, avversari e nemici, a inciampare e cadere.

Salmo 27,3 - Se contro di me si accampa un esercito, il mio cuore non teme; se contro di me divampa la battaglia, anche allora ho fiducia.

Salmo 27,4 - Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore ed ammirare il suo santuario.

Salmo 27,5 - Egli mi offre un luogo di rifugio nel giorno della sventura. Mi nasconde nel segreto della sua dimora, mi solleva sulla rupe.

Salmo 27,6 - E ora rialzo la testa sui nemici che mi circondano; immolerò nella sua casa sacrifici d'esultanza, inni di gioia canterò al Signore.

Salmo 27,7 - Ascolta, Signore, la mia voce. Io grido: abbi pietà di me! Rispondimi.

Salmo 27,8 - Di te ha detto il mio cuore: Cercate il suo volto; il tuo volto, Signore, io cerco.

Salmo 27,9 - Non nascondermi il tuo volto, non respingere con ira il tuo servo. Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi, non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.

Salmo 27,10 - Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha raccolto.

Salmo 27,11 - Mostrami, Signore, la tua via, guidami sul retto cammino, a causa dei miei nemici.

Salmo 27,12 - Non espormi alla brama dei miei avversari; contro di me sono insorti falsi testimoni che spirano violenza.

Salmo 27,13 - Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi.

Salmo 27,14 - Spera nel Signore, sii forte, si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore."

Questo testo m'ha colpito oltre che per il primo versetto che riguarda il tema del timore, perché parla di un segreto e di un nascondere (versetti 5 e 9) e, perché parla di salvezza; quindi se non si guarda i segni di vocalizzazione ebraica della parola salvezza parla in modo nascosto di Gesù.
Ho provato a decriptare col mio accennato metodo proprio il versetto 9 e ne riporto il risultato con la giustificazione lettera per lettera e poi l'ottenuto tutto di seguito.

Salmi 27,9 - Non nascondermi il tuo volto, non respingere con ira il tuo servo. Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi, non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.




Salmi 27,9 - La divinità dalla croce da un foro il crocifisso per guarire () inviò . Fu la rettitudine con la madre ai viventi . Inviata fu la divinità dalla croce dal cuore . Da dentro l'originò col soffio . Dal servo retto la forza dal corpo in croce fu ad uscire . Era a stare nel Crocifisso Dio . Il Crocifisso dal cuore alla luce l'energia fu a recare . Il maledetto () che in croce si vide , questi Figlio era di Dio che nel mondo era stato ; in Gesù era stato .

Salmi 27,9 - La divinità dalla croce da un foro il crocifisso per guarire inviò. Fu la rettitudine con la madre ai viventi. Inviata fu la divinità dalla croce dal cuore. Da dentro l'originò col soffio. Dal servo retto la forza dal corpo in croce fu ad uscire. Era a stare nel Crocifisso Dio. Il Crocifisso dal cuore alla luce l'energia fu a recare. Il maledetto che in croce si vide, questi Figlio essere di Dio che nel mondo era stato; in Gesù era stato.

È evidente che trattasi di pagina da cui si estrae un annuncio messianico di salvezza escatologica, com'è evidente dalla decriptazione completa dei 14 versetti che costituiscono questo salmo.

Salmi 27,1 - In un neonato si portò per aiutare il Signore. Desiderò in un corpo stare. A portarsi in Gesù fu a vivere. Nella madre fu dall'Unico lanciato. Da primogenito il Signore nel seno portò. Questi a vivere fu nella madre. Della Madre fu il primogenito, il Verbo dell'Uno.

Salmi 27,2 - Dentro si versò in un corpo ad abitare l'Altissimo. In un vivente nel corpo ad agire fu la pienezza. Nel carcere scelse della carne stare. Giù in un corpo fu a portarsi dal nemico. Fu la potenza a stare nel mondo in un vivente. Entrò la rettitudine che per bruciare il serpente recò e ad aborto lo porterà.

Salmi 27,3 - In un primo uomo a chiudersi l'energia entrò dell'Altissimo. In un vivente la grazia entrò del Potente. I guai che sono nei corpi per la maledizione che ad abitarli fu all'origine dagli uomini a rovesciare porterà. Dal seno la potenza che c'è della vita da pane uscirà. Da dentro di questi verrà dell'Unico il frutto. Lo portò nel cuore racchiuso.

Salmi 27,4 - L'origine del terrore a bruciare Dio alla fine sarà. Ai viventi venne il Signore con quel primo a portare un segno al mondo che il Padre avrebbe versato la risurrezione per lo stare in esilio finire. Sarà nell'intimo ove sta a finire la forza della perversità del maligno che nei viventi sta a vivere. Sarà la potenza dal petto a portare dalla croce. Da dentro l'energia si vedrà ai viventi il Signore portare dal cuore. La verserà alle moltitudini. Ad uscire sarà la rettitudine che la potenza riporterà.

Salmi 27,5 - La rettitudine sarà la forza che insidierà l'angelo (ribelle). L'energia sarà dentro ad avvolgerlo spengendolo, sarà a portare dai viventi il male ad uscire da dove sta nascosto. Frutto pieno alla fine nel corpo lo splendore riporterà dentro. A rialzare porterà i corpi, sarà nei corpi a riportare ai viventi la vita angelica che c'era.

Salmi 27,6 - Li porterà dal tempo ad uscire pur stando nei corpi in cui porterà la vita dal corpo (quel) primo. La risurrezione che spazzerà il serpente nemico sarà a riempirli. Dentro a chi è ad abitarli porterà la fine (quando) sarà portato quel primogenito in sacrificio nel mondo. Da dentro dell'Unico uscirà la potenza, la porterà (quando) ucciso sarà in croce. Dal corpo porterà in azione nel mondo una donna che era nel corpo di Lui. Da una ferita con l'acqua dal corpo uscirà, guizzerà dal Signore.

Salmi 27,7 - Ad ascoltarla sarà il mondo. A portare nel mondo la voce sarà per l'Unico. Versata dal corpo dell'Unico portare la grazia. L'energia sarà a portarla nel sentirla. Con gli apostoli inviata fu.

Salmi 27,8 - Nel cammino iniziò a vivere un corpo ove il Potente abita. Furono da casa a riversarsi simili al Verbo gli apostoli che erano stati da quel primo scelti. Dal Verbo inviata fu la rettitudine. Il Signore sul Padre riversò l'illuminazione.

Salmi 27,9 - La divinità dalla croce da un foro il crocifisso per guarire inviò. Fu la rettitudine con la madre ai viventi. Inviata fu la divinità dalla croce dal cuore. Da dentro l'originò col soffio. Dal servo retto la forza dal corpo in croce fu ad uscire. Era a stare nel Crocifisso Dio. Il Crocifisso dal cuore alla luce l'energia fu a recare. Il maledetto che in croce si vide, questi Figlio essere di Dio che nel mondo era stato; in Gesù era stato.

Salmi 27,10 - La rettitudine che c'è nel Padre fu a recare per primo ai viventi, era (quella) la forza che dentro portava. L'energia fu a recare il Signore. Era l'Unico che in pienezza in una persona stava.

Salmi 27,11 - La perversità nei corpi che per l'angelo (ribelle) c'è il Signore sbarrerà nei corpi con la rettitudine che arderà l'angelo. La grazia ci risarà dentro dell'Unico, misericordia ci sarà. A bruciare porterà nei corpi il serpente che in seno da angelo insidiatore sta.

Salmi 27,12 - Dio finirà il drago che per l'angelo (ribelle) fu dentro con l'energia della superbia a scendere nei corpi. Sarà la rettitudine obbedienti i viventi riportare. Da dentro lo spazzerà. Il basta al mentitore porterà. Lo soffierà via con violenza.

Salmi 27,13 - Al serpente porterà il rifiuto nel mondo. L'amen finale ci sarà per il serpente. Con i corpi all'Unico porterà tutti dentro al cuore. Ve li porterà dentro il Signore ad abitare. Nell'Unigenito nel corpo saliranno; a vivervi staranno i viventi.

Salmi 27,14 - A versare li porterà dal mondo in Dio. Il Signore dal petto a riversare li porterà, un fiume gli scenderà dal cuore, retti li condurrà. Spera nel Signore!

Spinto da quella associazione salvezza=Gesù e col non avere timore ho decriptato anche l'intero breve capitolo di Isaia 12 di cui riporto il testo C.E.I. e la decriptazione.

Isaia 12,1 - "Tu dirai in quel giorno: Ti ringrazio, Signore; tu eri in collera con me, ma la tua collera si è calmata e tu mi hai consolato.

Isaia 12,2 - Ecco, Dio è la mia salvezza; io confiderò, non temerò mai, perché mia forza e mio canto è il Signore; egli è stato la mia salvezza.

Isaia 12,3 - Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza.

Isaia 12,4 - In quel giorno direte: Lodate il Signore, invocate il suo nome; manifestate tra i popoli le sue meraviglie, proclamate che il suo nome è sublime.

Isaia 12,5 - Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose grandiose, ciò sia noto in tutta la terra.

Isaia 12,6 - Gridate giulivi ed esultate, abitanti di Sion, perché grande in mezzo a voi è il Santo di Israele."

Isaia 12,1 - E iniziò a vivere col corpo, con l'arca un giorno uscì al mondo, si portò l'Unigenito, l'Unico lo porto ad essere fiaccato. Del Signore così è l'adirarsi, all'oppressione è a dimorare, inizia così la Parola, si porta completamente per convertire, inviata è.

Isaia 12,2 - Al mondo la sostanza/l'energia esce di Dio, in Gesù tutto è stato dal Padre il cuore racchiuso. Porta al serpente antico/delle origini dell'Unico la Parola racchiusasi, infiacchitasi è (la Kenosis), la forza è portata da questi al ribelle. È uscito Iahwèh, portatosi è al mondo, è di notte che il fuoco gli ha portato in azione al mondo.

Isaia 12,3 - Ha portato il fuoco il Padre alla pura Madre: era la Madre in casa, una luce per illuminarla portò. Inviata la vita al seno invita fu, uscì Gesù al mondo.

Isaia 12,4 - Ed iniziò a vivere nel corpo della pura, dentro fu portato alla Madre, uscì al mondo l'ha portata l'Unico fuori per portare aiuto, l'ha portato il Potente; il Signore si versa nel corpo, inizia a portare dentro la luce in vita, porta lo splendore ad essere oscurato, si vede in vita essere dalla Madre. Agì di notte, il segno fu portato al mondo, puro fu il corpo portato. Così furono d'angeli una luce in alto, l'illuminazione ai viventi portarono.

Isaia 12,5 - Con questi la vita ad essere colma porta al mondo, la rettitudine è in cammino; l'Unico porta completamente in vista la luce, l'apre ai viventi, alla conoscenza indica questi che l'Unigenito completamente alla casa della sposa inizia col corpo a scendere.

Isaia 12,6 - Scende al mondo del serpente, ad esistere porta nel corpo l'energia/sostanza dell'Essere, è stato portato all'illuminata Figlia di Sion. Così è in cammino agli impuri il cuore, lo versa in un corpo al pianto, lo versa per trebbiare, è con il fuoco nel corpo l'Unigenito per il serpente.

"TIMOR DI DIO" FUORI D'ISRAELE - ABRAMO E ISACCO E ABIMELECH
Ho avuto modo di presentare nell'articolo in .pdf "Le Miriam nella Bibbia e nella tradizione" (1 parte e 2 parte) nella rubrica "Vangeli e Protovangeli" l'importanza che secondo la tradizione ebraica ha avuto la profetessa Maria, nella storia della nascita di suo fratello Mosè il liberatore dall'Egitto del popolo ebraico, quando, secondo un midrash, convinse il padre che preoccupato per l'editto del Faraone contro i nascituri maschi ebrei non voleva più figli lo scosse dicendogli più o meno: "Sei peggio del faraone perché così non farai nascere nemmeno le femmine."
La nascita dei figli maschi prima era stata però ostacolata dal Faraone con una disposizione interna al "corpo sanitario" delle levatrici.

Il racconto nel libro dell'Esodo riporta che "…il re d'Egitto disse alle levatrici degli Ebrei, delle quali una si chiamava Sifra e l'altra Pua: Quando assistete al parto delle donne ebree, osservate quando il neonato è ancora tra le due sponde del sedile per il parto: se è un maschio, lo farete morire; se è una femmina, potrà vivere. Ma le levatrici temettero Dio: non fecero come aveva loro ordinato il re d'Egitto e lasciarono vivere i bambini. Il re d'Egitto chiamò le levatrici e disse loro: Perché avete fatto questo e avete lasciato vivere i bambini? Le levatrici risposero al faraone: Le donne ebree non sono come le egiziane: sono piene di vitalità: prima che arrivi presso di loro la levatrice, hanno già partorito! Dio beneficò le levatrici. Il popolo aumentò e divenne molto forte. E poiché le levatrici avevano temuto Dio, egli diede loro una numerosa famiglia." (Esodo 1,15-21)

Del Faraone non ci viene detto il nome, ma delle due levatrici invece sì.
Sono nominate perché sono donne sante e giuste… temettero Dio a rischio della propria vita.
La crescita del popolo e poi del salvatore Mosè si conseguono grazie a donne giuste, che trasgrediscono decreti del Faraone.
Due donne coraggiose, le due levatrici ebraiche, Sifra e Puah .
Forse non erano ebree o forse erano ebree e quelli erano soprannomi che si erano messe per camuffarsi; infatti, è verosimile che il Faraone non si sarebbe rivolto ad ebree, ma alle levatrici, sottinteso egizie, degli ebrei.
C'è chi dice che fossero proprio la Madre e la sorella di Mosè, i cui nomi poi sono quelli di donne ricordate nel libro.
Nel Talmud si trova: "Rav e Shemuel: uno diceva erano madre e figlia, l'altro diceva: nuora e suocera. Chi diceva madre e figlia, (ritiene che fossero) Jokheved e Miriam, e chi diceva nuora e suocera (ritiene che fossero) Jokheved e Elisheva (moglie di Aharon)". (TB Sotà 11b)
Quei nomi delle levatrici, se sono soprannomi allora sarebbero egizi e sarebbero proprio da vedere come geroglifici ebraici.
I maestro Rashi, infatti, spiega che si tratta di soprannomi: Shifrà - perché abbelliva il bambino (il nome si può far derivare dal radicale ebraico Sh-p-r "ornare") - Puà perché ripeteva il verso onomatopeico che fanno le donne ai bambini quando piangono.
Questi nomi, pensando alle funzioni proprie delle levatrici, con le lettere lette come geroglifici ci dicono:
  • Puah "il volto porta agendo ad uscire ", prepara all'uscita;
  • Sifra "un nudo () corpo esce ", cioè tira fuori il neonato dal corpo della madre.
Una Midrash dice che Sifra e Puah avevano organizzato un gruppo per pregare per le donne incinte, preparavano medicine, nascondevano i bambini quando i soldati venivano a controllare.
Dopo aver verificato l'impossibilità di ottenere risultati con quella procedura sulle levatrici il Faraone rincarò la dose, infatti: "Allora il faraone diede questo ordine a tutto il suo popolo: Ogni figlio maschio che nascerà agli Ebrei, lo getterete nel Nilo, ma lascerete vivere ogni figlia." (Esodo 1,22) e Myriam che per la tradizione convinse il padre a non desistere da avere ulteriori figli, salvò poi suo fratello Mosè appena venuto al mondo facendolo adottare dalla figlia del faraone (Esodo 2,1-10).
In definitiva sembra proprio che solo le donne poterono fare qualcosa a reazione alle vessazioni del Faraone.
Costellata di eventi connessi al timore di Dio è tutta la storia d'Israele.
Il Dio d'Israele però è Dio dell'universo e il sacro timore di Lui e delle sue leggi eterne sono scritti nei cuori degli uomini nella misura in cui gli stessi si sono interrogati sul perché della esistenza del creato e della loro stessa esistenza, perché è un Dio che se lo cerchi si fa incontrare.
In "Mangiare dell'albero della vita", nel paragrafo "Gli invitati", ho riportato la decriptazione della seconda faccia del brano Esodo 1,11-22.
In "San Giuseppe" l'articolo in .pdf "Carpentieri giusti per l'Arca che entra nell'ottavo giorno" ho riportato poi la decriptazione di capitolo 2 del libro dell'Esodo.

Il timore di Dio o degli dèi lo "ira'ah" o "ira't 'Elohim" il testo biblico lo segnala anche che sono da rispettare da parte degli stranieri.
Vi sono, infatti, leggi legate all'essere umano che sono considerate diritti inalienabili, quali il diritto alla vita, al cercare di salvarsi dai pericoli, di avere un minimo di sostentamento per la vita da parte di chi può, e il negarli corrisponde a non avere timor di Dio.
È così chiaro perché è citata come colpa di Amalek (Esodo 17,8-16) e di Edom (Numeri 20,14-21) di non avere rispettivamente avuto timor di Dio aggredendo deboli in viaggio di trasferimento lungo una "strada internazionale" o impedendo l'accesso a una via "Regia" di collegamento che godeva di un diritto di extraterritorialità non ancora scritto. (Deuteronomio 25,18).
È sul Timor di Dio che dovrebbe essere basato il diritto internazionale e il rispetto straniero.
Sono, infatti, numerosi i comandi della Torah del rispetto e sull'amore per lo straniero evitando ogni discriminazione: "Avrete un'unica legge per lo straniero e per il nativo del paese". (Numeri 9,14b e 15,15-16)

Vi sono due interessanti capitoli nel libro della Genesi che riguardano episodi simili, il capitolo 20 che riguarda Abramo Sara e Abimelech e il 26 su Isacco Rebecca e Abimelech.

Al capitolo 20, dopo l'episodio di Sodoma e Gomorra, Abramo con la moglie Sara si portò nel Negheb, e si stabilì a Gerar ove regnava un certo Abimèlech.
Là disse che Sara non era la moglie bensì la sorella.
Il re mandò a prendere Sara, ma: "Dio venne da Abimèlech di notte, in sogno gli disse: Ecco stai per morire a causa della donna che tu hai presa; essa appartiene a suo marito…restituisci la donna di questo uomo: egli è un profeta."
Abimelech era divenuto impotente e non si era ancora "accostato a lei" e il Signore aveva reso sterili tutte le donne della casa.
Abramo si giustificò dicendo: "Io mi sono detto: certo non vi sarà timor di Dio in questo luogo e mi uccideranno a causa di mia moglie. Inoltre essa è veramente mia sorella, figlia di mio padre, ma non figlia di mia madre, ed è divenuta mia moglie."
Abimèlech prese greggi e armenti, schiavi e schiave, li diede ad Abramo, gli restituì la moglie Sara e lo lasciò abitare ovunque volesse.

Al capitolo 21 riappare un episodio tra Abramo e Abimelech su un pozzo d'acqua , ma ciò che è interessante che quel re riconosce: "Dio è con te in quanto fai" (Genesi 21,22) che sancisce ormai il timor di Dio in quel re.

Al capitolo 26, dopo vari anni e peripezie, forse più di 40 anni dopo, il figlio di Abramo, Isacco con la moglie Rebecca dal Negheb ove abitavano per una carestia andarono a Gerar presso Abimèlech, re dei Filistei.
Là il Signore apparve a Isacco e rinnovò le promesse già fatte ad Abramo.
I filistei interrogarono Isacco intorno alla moglie ed egli disse: "È mia sorella; infatti aveva timore di dire: È mia moglie, pensando che gli uomini del luogo lo uccidessero per causa di Rebecca, che era di bell'aspetto." (Genesi 26,7)
Abimelech, però si accorse che Rebecca era la moglie d'Isacco e lo rimproverò.
Isacco si scusò col fatto della paura e Abimèlech diede l'ordine a tutto il popolo: "Chi tocca questo uomo o la sua moglie sarà messo a morte!"
Il racconto diviene poi molto articolato sui rapporti con gli abitanti del luogo per i pozzi d'acqua e sull'alleanza fatta da Isacco con loro, che in definitiva riconobbero: "Tu sei ora un uomo benedetto dal Signore". (Genesi 26,29)
Cioè anche negli stranieri grazie a Abramo e ad Isacco era venuto il timore del Signore.

Di questi due capitoli, per le visioni che contengono suggeriscono l'idea di racconti con due facce e la decriptazione fornisce un testo esauriente sul Messia come risulta dalla decriptazione di quei due capitoli che presento tutta di seguito.

GENESI 20 - DECRIPTAZIONE
Genesi 20,1 - Portati saranno alla pienezza i popoli. Nella luce vivranno del Padre. Con i corpi usciranno vivi dalla terra. Dal mondo usciranno inviati in alto, portati ad abitare nella casa dove sono gli angeli santi. E dentro saranno agli angeli simili. Si sazieranno le afflitte moltitudini pellegrine nei corpi.

Genesi 20,2 - Portati saranno dall'Unigenito dall'amarezza nel Padre. Nel corpo entrerà la vita divina per la risurrezione nei corpi entrata, che l'Unigenito da bere avrà portato ai fratelli. Il Crocifisso era Lui! E fu della risurrezione la potenza nelle tombe dal Padre a stare per cui rifù tra i viventi in cammino. La vita del Potente per la rettitudine Gli scorse nel corpo. Con il corpo si portò per obbedienza nella tomba; venne risorto, con il corpo riuscì.

Genesi 20,3 - A riportarsi fu a casa dall'Unico. Dio nel mondo era stato in un vivente!
Con Dio Padre rifù a regnare. Per lo schifo portare a recidere, che fu dal serpente al mondo recato, fu l'Unigenito a vivere nel corpo. Dal serpente si portò per ucciderlo. In un uomo dall'alto entrò; da una donna uscì. Ad una Donna nel corpo la potenza versò; che si racchiudeva l'indicazione Le portò. Nel mondo portò l'Unigenito al marito l'indicazione di sposarLa.

Genesi 20,4 - Portò al padre, che era da un re potente l'origine, che si sarebbe versato nel corpo. Dalla famiglia/casa Dio Iahwèh fu a dire che il Signore sarebbe uscito in cammino per portarsi dagli afflitti. La matrice d'un giusto scelto lo partorirà nel cammino.

Genesi 20,5 - Entrò il rifiuto alla perversità dell'Unico con l'Unigenito che vive nel corpo. Il serpente, che è nei fratelli, finito sarà da Lui e sarà il tristo, che la perversità originò agli inizi, dai viventi dai corpi ad uscire. L'originaria vita, per Lui, dentro tutti i viventi nei cuori ad abitare risarà e da dentro l'angelo (ribelle) vomiterà uccidendolo. Con il soffio lo spazzerà della risurrezione che ci sarà per tutti; sarà colpito dall'Unigenito in tutti.

Genesi 20,6 - E fu all'origine l'essere ribelle da Dio ad essere portato fuori. Maledetto fu. Per vivere dentro si chiuse il serpente nei viventi. Ad iniziare ad ucciderli fu. Fu a sbarrarsi nel tempo. Fu la rettitudine che stava dentro a finire nei viventi. Nei cuori dentro la rettitudine che agiva bruciata fu tutta. Questi venne a portare l'origine delle tenebre nel cammino dei viventi. Iniziò per l'angelo così ad esistere il desiderare. L'oppressione nei viventi a chiudere nel cuore portò il serpente. Per spazzare dal cammino l'angelo, il Potente l'Unigenito inviò. Indicata, scelta, fu la sposa nella quale l'energia a scorrere agì della divinità per stare nel mondo.

Genesi 20,7 - Per portarsi nel tempo del mondo uscì alla luce in una casa da una donna. Finalmente entrò in un uomo. In un vaso fu l'energia dentro a stare dell'Unico nel mondo, ed in un primogenito portò a stare tutto il soffio della potenza nel cuore. Dall'eternità così si portò nel mondo il Signore da primogenito d'una Madre. L'Unigenito gli oppressi con la rettitudine salverà. Sarà solo agendo rettamente tra chi è nella morte che la morte finirà. Venne a portarsi nella prigione per risorgere i corpi con la potenza della rettitudine.

Genesi 20,8 - Per portare ad essere illuminati sulla rettitudine i viventi, l'Unigenito dentro fu in un vivente con la potenza della rettitudine ad abitare. Si portò per obbedienza in un corpo Dio; per tutti servire fu a portarsi, e fu per aiutare dentro nel corpo a venire dalla sposa. In mano in una casa il corpo fu alla Madre. Nel mondo Dio uscì in una casa da primogenito. Da questi lamenti furono ad uscire.
Tra i viventi si portò a stare; fu alla vista a portarsi nel mondo. In un uomo fu a vivere. I viventi l'Unigenito aiuterà.

Genesi 20,9 - Si portò il diletto Unigenito del Padre a stare nel regno del serpente per la forza ad entrare nei viventi portare. Fu l'Unigenito a vivere in un corpo per accompagnare i viventi nel mondo. In azione della risurrezione sarà alla fine la potente energia a recare e la vita rientrerà nelle tombe. Nei cuori riverrà a stare la potenza della rettitudine. Per le bruciature entrate da dentro verrà alla vista il serpente che c'era. Si porterà dal nascosto, il regno finito sarà, il peccatore uscirà, la gloria rientrerà nei viventi. Dall'azione risorti saranno i viventi, beati, potenti. Dall'Unigenito sarà in azione la risurrezione recata che agirà da dono per tutti che risorti saranno.

Genesi 20,10 - E sarà l'originaria vita nei corpi del Padre a stare nei viventi. La potenza della rettitudine divina ricomincerà dentro i corpi ad entrare dei viventi. Dai viventi uscirà dai corpi l'origine che c'è dell'oppressione. Spazzato dalla risurrezione sarà in tutti. Verrà per l'aiuto mangiato; da questi uscirà.

Genesi 20,11 - A portarsi saranno nell'Unigenito vivi con i corpi. Nell'Unigenito dentro il corpo entreranno dalla piaga che ci fu prima dai viventi nel corpo (quando) crocifisso fu. Nel corpo gli si verseranno. Dall'Unico saranno inviati. Lanciati verranno in Dio. Ad entrare saranno i viventi dentro ad abitargli da vivi. Tra i risorti entreranno questi, dal mondo portati rigenerati. A camminare li porterà tra gli angeli. Saranno innalzati dalla mano che li creò. Risorti tutti saranno.

Genesi 20,12 - E camminando vivi in verità usciranno i fratelli dal corpo (del Crocifisso) per stare a casa tutti con il Padre. Lui, l'Unigenito dalla prigione a casa tutti all'Unico a vivere sarà a portarli. Finito nel mondo sarà stato il serpente, (a cui) sarà il rifiuto con la risurrezione ad uscire.

Genesi 20,13 - E saranno ad entrare, essendo retti, tra i beati per l'uscita completa del peccare, che venuto era per il maledetto, che nell'acqua bollente sarà finito. Del Padre sarà la potenza desiderata a riesserci; l'originaria vita nei corpi del Potente rientrerà. Questa rientrerà con il favore. Così beati tutti si vedranno tra i risorti stare i popoli per l'aiuto che ci sarà stato da Dio, che tutti fuori dalla putredine porterà i viventi. L'Unigenito, i risorti con il corpo da angeli dentro porterà nell'Unico. Nella luce a vivere entreranno per iniziare a vivervi con il corpo; potenti saranno, fratelli sono di Lui.

Genesi 20,14 - E saranno riversati nell'assemblea del Padre per stare a regnare. Su ad incontrarlo li porterà un mattino. Li porterà il Servo che sarà stato dai viventi, portando la risurrezione, con il soffio a strappare chi portato s'era. Il drago per il rifiuto da dentro i corpi uscirà. Nei viventi, portando a stare la risurrezione, la distruzione gli avrà portato. Verranno dal Principe dal mondo nell'Unico i risorti tutti condotti.

Genesi 20,15 - E saranno dell'Unico i viventi alla vista della casa; essendo stato nei viventi il serpente spento, da angeli v'entreranno. Dalla terra saranno dal Potente in persona a stare. Da retti dentro il cuore Gli si porteranno ad abitare. Dentro una fonte ci sarà della rettitudine per i risorti che vi abiteranno.

Genesi 20,16 - La portata potenza li avrà liberati dall'origine dell'amarezza che entrò per l'angelo (ribelle). Per l'entrata energia del Crocifisso finito sarà il maledetto; il soffio della rettitudine lo farà perire. Il serpente nei fratelli sarà spento dall'energia che uscirà da Lui. Potenti, retti al trono li porterà tutti. Nella rovina, tra i lamenti, vivo l'angelo in prigione bruciare si vedrà; completamente arso verrà. In tutti si porterà degli angeli il vigore nei corpi.

Genesi 20,17 - E ci sarà stata per la stoltezza il rifiuto che avrà mangiato nei viventi il maledetto. La divinità entrata a stare nei viventi li avrà portati ad essere guariti; per la divinità entrata saranno i viventi a venire dal Padre a stare nel Regno. E verrà la Donna con il Crocifisso a portarsi; (quella che) portò l'Unigenito, che con l'acqua fuori dalla croce fu portata e che fu al Potente aiuto a recare.

Genesi 20,18 - Così, spazzato il nemico, si vedranno su con il corpo con il Signore dentro l'eternità, tutti per misericordia. Nel cuore saranno con il Crocifisso del Padre per stare a regnare. Innalzati, insinuatisi nel corpo del Risorto, entreranno nell'Unico i risorti; tutti nel Padre con i corpi entreranno a vivere.

GENESI 26 - DECRIPTAZIONE
Genesi 26,1 - E fu nel mondo a stare il cattivo ad abitare. Dentro la terra in un vivente nel cuore si sbarrò. Per entrare il cattivo dentro al mondo nel corpo di una donna recò l'energia. Nella donna nel corpo entrò un carico. Nei giorni, all'origine, dentro il corpo entrò in un vivente e fu il serpente così a stare giù nascosto. Vomitato il serpente dall'Unico, dentro fu per regnare sui viventi nel cammino per distinguersi; da principe fu precipitato in un corpo nel mondo.

Genesi 26,2 - E gli lanciò l'Unico la maledizione essendo stato portatore nell'esistenza della perversità che fu ad iniziare a vivere nei corpi. La maledizione completamente nei corpi nel sangue scese. Nei corpi fu dei viventi ad entrare ad abitare. Dentro la terra dalla donna nel corpo iniziò a vivere. Nei corpi la maledizione ci fu così!

Genesi 26,3 - L'orgoglio in un corpo dentro la terra entrò; questo venne a portarsi all'origine nell'esistenza ad agire da piaga. E dell'Unico la benedizione, che per la rettitudine nel vaso era, nel cammino portandosi, il serpente colpì con il male. Ad affliggere tutti l'angelo (ribelle) venne nelle spose della terra; completa nel mondo la maledizione portò ad entrare nelle moltitudini. Per tutti fu a venire l'essere in esilio per l'agire nel mondo sulle donne nei corpi dall'angelo (ribelle). Lo stare in esilio nel tempo ci fu per il serpente (in quanto) la forza uscì dai viventi che dell'Unico dentro c'era.

Genesi 26,4 - Ed ad entrare nelle moltitudini fu completamente. Fu a venire a colpire con il male nei retti la rettitudine che vi ardeva. Così dentro fu uscito dal cielo a portarsi l'angelo (ribelle). In tutti alla fine fu del serpente il seme ad affliggere; la perfezione delle origini dai corpi scese. In tutti entrò la maledizione ed uscì la benedizione. E dentro così lo straniero agisce in tutti con l'orgoglio che è per esistere entrato in terra.

Genesi 26,5 - Agendo nel ventre delle donne, nei corpi bruciava in seno la forza. Uscivano viventi in cui dentro versatosi il serpente era, che portava ad essere accesa la vita d'un verme che bruciava con l'amarezza. Fra tutti la contesa era ad entrare, lo sperare a terminare era ed a tutti portava nei corpi la fine dell'esistenza.

Genesi 26,6 - E fu una schiavitù lo stare giù, imprigionati, riversati dentro da pellegrini nel corpo.

Genesi 26,7 - E fu la distruzione il serpente a recare agli uomini che furono ad entrare nella putredine. E la pienezza a bruciare completamente portò. E fu l'originaria vita nei corpi dell'Unico a strappar via dall'esistenza. La perversità iniziò così a stare nell'esistenza (in quanto) si vide il serpente ad iniziare a vivere nei corpi delle donne. Alla fine furono le persone a stare nel mondo con i corpi. Dal giardino, dov'erano gli uomini, furono nel mondo a vivere versati. Portate a male operare le moltitudine, ottuse alla rettitudine furono, l'amore che portavano dentro con la purezza si vide uscire per la perversità che iniziò.

Genesi 26,8 - Portata che fu ad uscire la forza della rettitudine, che c'era all'origine, alla fiacchezza li portò il serpente, e la desolazione nel mondo nei giorni dei viventi recata fu. Ad affacciarsi il Padre fu sul regno (ove) vive il serpente. Del deprimere del serpente illuminato completamente fu. I viventi dentro vide sbarrati nel mondo, ad ammalare portati dall'angelo (ribelle) e fu nella mente a desiderare che dall'angelo nel mondo fosse a scendere, di nascosto a rovesciarsi per la lite nella prigione per vomitarlo completamente dalle moltitudini, versando nel mondo l'Unigenito che la risurrezione a tutti porterà.

Genesi 26,9 - Porterà il diletto l'Unico Padre a stare nel regno del serpente (da quelli) che sono giù nella prigione a sperare che fosse l'Unigenito a vivere nel corpo. Dell'Unico per spengere l'angelo entrerà in una donna per finire con la rettitudine la perversità, desidera con i guai di affliggerlo per la ribellione. L'Unigenito per strappar via la forza della perversità l'Unico porterà; sarà l'originaria vita nei corpi di Dio ad essere riportata. Sarà giù nella prigione a versare la rettitudine che c'era prima della ribellione, finito sarà il soffio dell'angelo che originò la morte; dall'azione il serpente sarà ad uscire.

Genesi 26,10 - A portare sarà l'Unigenito a vivere in un corpo il Padre. Sarà nel regno tra i viventi ad entrare Questi; verrà in azione con la risurrezione che ci sarà per tutti con la potente energia che porterà. La rettitudine in seno nei cuori riaccenderà, così dentro fratelli per l'aiuto usciranno. Per agire tra i viventi verrà da una Donna scelta per la rettitudine che Le porterà. E nel mondo dentro verrà l'Altissimo ad abitare da una Donna tra i viventi.

Genesi 26,11 - E sarà giù a portare il Padre a stare nel regno l'Unigenito. Da una scelta sposa uscirà. Si vedrà in pienezza vivere nel corpo nel mondo. Entrerà l'energia a scorrere in azione dentro un uomo. Entrerà Questi nel mondo per portare dentro dell'Unico la risurrezione a tutti; e dalla morte sarà a riportare gli uomini.

Genesi 26,12 - E sarà da questi il male, che c'è, a scendere. Nascosto nel ventre dall'origine, dai corpi scenderà. La perversità, con il desiderare che c'è nei viventi per le sozzure, dentro brucerà per l'energia uscita da Lui. Dai viventi per l'Unigenito uscirà bruciato il nemico. Sarà ai viventi riportata nell'esistenza la benedizione; la riporterà il Signore.

Genesi 26,13 - E sarà la gloria a rientrare nell'uomo e sarà la potenza della rettitudine, entrando, il serpente a portare ad ardere. Correranno liberi per sempre. Retti essendo saranno nella gloria a vivere sulla nube.

Genesi 26,14 - E sarà dal mondo, dove stanno, ad accompagnare i viventi riformati su dall'Unico ad abitare. Li riverserà tra gli angeli dal mondo un mattino. Porterà il Servo fuori le moltitudini dal mondo e sarà a riversarli nei pascoli e verranno portati al volto del Potente risorti tutti a stare a vivere.

Genesi 26,15 - E tutti entreranno dentro l'Unico dal corpo del Crocifisso. All'Unico i risorti con i corpi puri nel corpo porterà il Servo a stare. Dal Padre sarà a condurli. Dentro saranno i viventi a stare nel Padre. Con i corpi entreranno a vivere nell'Unico dentro. Saranno a portarsi nel foro del Crocifisso i viventi. Ed i viventi con il soffio potente della risurrezione, che saranno stati in vita riportati, saranno a riempirlo; gli si porteranno in seno dentro al corpo.

Genesi 26,16 - E saranno con l'Unigenito a vivere con i corpi nel Padre da (cui) sarà la potenza della rettitudine con la divinità a scendere nell'assemblea con la voce. Anelavano i popoli di abitarvi, così saranno a vederlo; su da vivi integri vivranno degli angeli la vita sulla nube.

Genesi 26,17 - E saranno stati dal serpente per la rettitudine salvati i viventi che saranno su nell'assemblea sperata riessendo per grazia figli. Si chiuderanno nel Potente da (cui) scorrerà nel corpo per saziarli l'essenza dentro del Nome.

Genesi 26,18 - E sarà l'essenza, che dentro sarà a scendere nelle tombe che rovesciandosi li porterà ad essere puri con i corpi per venire dentro l'Unigenito. Nel corpo del Crocifisso entreranno vivi a stare le centinaia dei risorti con i corpi. Nelle tombe il soffio dal corpo porterà dentro (per cui) sarà della vita a ristare la forza. Entrando la vita del Padre sarà a riportare e sarà riempiendoli a finire la morte. Per il potente soffio della risurrezione, del Crocifisso saranno i viventi fratelli. Nei corpi, che erano nella morte, la forza rientrerà della vita; la porterà il diletto. Della divinità entrerà l'energia con la risurrezione che dalla morte dentro risusciterà i morti; nell'Unigenito risorti con i corpi si verseranno. Con in corpo la divinità entreranno tra gli angeli; dal Padre saranno portati.

Genesi 26,19 - E saranno nello scavo a portarsi del Servo dove saranno a stargli giù chiusi nel ventre che li guiderà dal Potente e saranno i viventi su dall'Unico. Si porteranno nel risorto i viventi, nel pozzo d'acqua viva.

Genesi 26,20 - E sarà nel corpo a stargli il prodotto dell'azione che ci fu dal pellegrinare nel corpo. I popoli, che dal cattivo stavano, saranno su nell'assemblea riversati dal Potente Unico vivi, con un corpo potenziato per l'energia portata ad entrare nei viventi, che sarà stata con la vita portata dal Diletto Unigenito con la risurrezione. I viventi usciranno dentro l'originario corpo per l'azione della risurrezione che verserà la rettitudine che era uscita. Tutti, dall'oppressione (che il cattivo gli) portava; per l'azione vivi riporterà.

Genesi 26,21 - Ed essendo puri i corpi, riportati a casa dell'Unico si vedranno; chiusi nel corpo il Crocifisso li porterà. Lanciati saranno a casa, li porterà a scorrere in seno al Potente essendo stata la perversità, che c'era, rovesciata nei corpi dal colpevole, uscita per la risurrezione; nel cuore con gli angeli gli entreranno.

Genesi 26,22 - E fu nel tempo a rovesciarsi per salvare i viventi portandosi dove stanno in prigione. A far frutto dentro l'Unigenito si vide. Nella tomba il Crocifisso portò il serpente; l'Unico nel corpo dentro gli riportò ad agire la potenza, fu fuori a riportarsi e sarà a rovesciare dai corpi il peccatore fuori. Nel corpo in grembo li porterà; tutti porterà a stare dall'Unico vivi. Così saranno dal tempo ad uscire rigenerati, per vivere a casa con il Signore, potenti per l'energia portata. E il frutto tra gli angeli porterà da dentro la terra.

Genesi 26,23 - Portati saranno in alto salvati i viventi dal pozzo; l'aveva giurato.

Genesi 26,24 - Portati saranno a vedere Dio. Sarà a portarli il Signore fuori dalla perdizione del serpente. Dal mondo fuori Lui li porterà per stare dall'Unico. L'essere ribelle l'Unigenito ad uccidere sarà per la maledizione che ci fu dall'Unico (quando) dentro il corpo entrò dei viventi. Del Padre c'era la rettitudine; il maledetto la finì. Fu nel corpo l'Unigenito con la rettitudine a stare, venne ad affliggere l'angelo (ribelle). Per la rettitudine che era a portare dentro fiaccato in croce fu. Il retto, portato su un monte, dentro fu in croce e venne colpito dal cattivo; così dentro la caligine si portò dal corpo la forza fuori con la vita che nel Servo era.

Genesi 26,25 - Ma essendo il Figlio risorse in vita. Vivo dal sacrificio si riportò. Fu a riversargli nel corpo il Padre la risurrezione. La vita nel Signore a riportare fu nel cuore. Risorto, dai viventi, splendente si riportò. Fu la rettitudine che nel corpo portava a risorgerlo. In vita il Servo rifù; si rialzò dalla tomba, si riversò a casa l'Unigenito con il corpo.

Genesi 26,26 - A riportarsi dal Padre fu nel Regno, nel mondo (però) la potenza della rettitudine con la divinità fu a recare alla Madre a scorrere nel corpo. Dal corpo/Chiesa porterà fratelli per colpire completamente nei viventi il cattivo con la perversità che reca. A parlare fu a tutti della risurrezione dei corpi che giù dentro l'Unigenito porterà.

Genesi 26,27 - E sarà per l'Unigenito l'essere ribelle maledetto, che i viventi fu giù in prigione a riversare e che con l'essere impuro agisce dentro dall'origine, a finire di vivere. Il maledetto sarà portato a venire nei viventi bruciato dall'energia che verrà. La vita verrà ad essere riportata a tutti con la risurrezione. Per il vigore riportatosi l'angelo (ribelle), che è nei viventi dall'origine, finirà così di vivere.

Genesi 26,28 - E fu all'origine l'essere ribelle a portarsi nei corpi, desiderando nei corpi di annullare, portandosi, la rettitudine che c'era nell'esistenza. Il Signore ad agire nei viventi la rettitudine riporterà e l'angelo (ribelle) che dall'origine vive nei corpi finirà; uscirà l'opprimere originato dal maledetto. Da dentro sarà dall'energia portato a finire chi è ad abitare. Dentro sarà all'angelo l'opprimere a recargli e dentro sarà per l'energia ad ardere l'angelo per la rettitudine. Dai corpi finalmente uscirà. Dentro i corpi ci risarà alla fine ad agire nei viventi la rettitudine.

Genesi 26,29 - Per l'Unigenito dai morti si vedranno risorti uscire i popoli, l'angelo che ha portato il male uscirà afflitto. Liberati dal serpente, ricomincerà lo splendore ad agire. Per l'energia recata, arderà (il serpente) per la rettitudine dell'Unigenito che avrà riacceso nei corpi, che agirà da fuoco. Sarà l'energia a portare in azione dalla piaga. Dal corpo la verserà; nel cuore la portava dentro. Ed estirpato (il serpente) dalla prigione con la rettitudine, a casa in pace verranno. Dal tempo usciranno; dentro il corpo li porterà così il Signore.

Genesi 26,30 - Portato sarà alla vista arso il serpente fuori ai viventi; in un convito sarà per mangiare portato e l'essenza alla fine porteranno.

Genesi 26,31 - Portato che sarà stato (a termine) il disegno, i viventi saranno a casa un mattino, avendo portato la forza per bruciare dentro il peccare negli uomini del serpente, (tanto) che fratelli saranno portati. E saranno mandati vivi a stare su nell'assemblea sperata a stare dal Potente. Per la rettitudine portata i viventi verranno condotti a casa in pace.

Genesi 26,32 - Portati saranno dal mondo per stare a casa un giorno. V'entreranno con Lui e saranno ad abitare dall'Unico. A portarli il Servo sarà. Sarà su nell'assemblea a versarli. Ed alla maestà li porterà in alto sulla nube e tutti entreranno dentro per l'Unico vedere, risorti con i corpi innocenti. A saziarli li porterà, essendo l'Unico la vita ai corpi a recare. Al Potente li porterà (dopo) la lite ad incontrare. Li porterà vivi per starvi a vivere.

Genesi 26,33 - Ed il diletto Unigenito, dall'Unico, finito nel mondo il settimo (giorno), entreranno a vederlo. Potenti, per la rettitudine nell'anima, entreranno nella Città (la nuova Gerusalemme) dentro con l'Unigenito; dal corpo del risorto (ove) abitavano vedranno l'Eterno uscire, nel giorno che usciranno questi dal mondo.

Genesi 26,34 - E saranno ad uscire in forza dell'azione della risurrezione portata dal Figlio Unigenito che nel corpo per le preghiere a salvarli dall'angelo entrò. Si portò per obbedienza a chiudersi in una donna, venne in Giudea (ove) fu in croce dentro crocifisso. Da leone riuscì dalla tomba il Crocifisso; fu a portare l'Unico al Crocifisso dentro la risurrezione dai morti. Dentro al Crocifisso, che l'Unigenito era, la potente energia rientrò nella tomba. Il Crocifisso sarà…

Genesi 26,35 - …a riportarsi alla fine al mondo, sarà l'esistenza dell'angelo (ribelle) che vive nei corpi a finire. Dai corpi il portato ammalare sarà a scendere, le tombe rovescerà ed il serpente dalle moltitudini rovescerà fuori.

TIMORE DI DIO NEL CRISTIANESIMO
Ritorno per un attimo al paragrafo "Non temerò mai - Salmo 27 e Isaia 12", al primo versetto del Salmo 27 che preso alla lettera chiarisce il cambiamento epocale che si è verificato col cristianesimo.
Cercherò di chiarire questo pensiero.
Il cristianesimo è l'annuncio della venuta di Cristo e del suo tempo.
Un regime nuovo si è instaurato.
Preso radicalmente l'avvento nella storia di Dio in Gesù, vero Dio e vero uomo, porta a concludere che la speranza nella salvezza si è con Lui concretizzata.
Non c'è più maledizione, ma solo benedizione.
Il tempo che sta scorrendo è il tempo per istaurare il suo Regno d'amore sulla terra; un giudizio è in atto tra tenebre e luce.
Facevo notare in quel paragrafo che, tra l'altro, anche letteralmente, cioè per le lettere ebraiche che costituiscono quelle due parole, tra salvezza e Gesù c'è identità, come si vede chiaro dalle lettere indicate in rosso qui sotto.

Nel versetto Salmo 27,1 - Di Davide. Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura? Il Signore è difesa della mia vita, di chi avrò timore?




Propongo la dimostrazione della decriptazione di questo versetto perché troppo importante per sottacerla.

Salmi 27,1 - In un neonato si portò per aiutare il Signore . Desiderò () in un corpo stare . A portarsi in Gesù fu a vivere . Nella madre fu dall'Unico lanciato (). Da primogenito il Signore nel seno () portò . Questi a vivere () fu nella madre . Della madre fu il primogenito , il Verbo dell'Uno .

Quel versetto in definitiva porta a questa conclusione: si può temere chi ti salva? Si può temere chi ti dona la vita?
È come la mamma! Si può temere?
No, si può solo amare!
Questa è la svolta epocale, il sogno di Dio e di Adamo interrotto dal peccato.

Il "non temere" che Dio aveva pronunciato nei riguardi dei patriarchi dell'Antico Testamento lo troviamo subito all'inizio del Vangelo di Matteo rivolto a glorioso capo della Santa Famiglia: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo." (Matteo 1,20)
Il Vangelo di Luca poi lo riferisce anche a:
  • Zaccaria: "Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni." (Luca 1,13)
  • Maria: "L'angelo le disse: Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù." (Luca 1,30s)
  • Pietro: "Gesù disse a Simone: Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini". (Luca 5,10)
  • seguaci di Gesù: "Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno." (Luca 12,32)
Mosè e i profeti hanno portato le Sacre Scritture e hanno formato il popolo eletto in cui si è radicato il monoteismo e l'attesa del Messia.
Dalle Sacre Scritture la parola di Dio, come l'acqua che scende dal cielo, scendeva sul popolo nelle sinagoghe d'Israele e nelle assemblee dei proseliti, infatti così dice il profeta Isaia: "…così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata." (Isaia 56,11)
E nel libro del profeta Isaia era stato annunciato un matrimonio tra Dio e il suo popolo e tutti l'attendevano: "Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma tu sarai chiamata Mio compiacimento e la tua terra, Sposata, perché il Signore si compiacerà di te e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo architetto; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te. Sulle tue mura, Gerusalemme, ho posto sentinelle; per tutto il giorno e tutta la notte non taceranno mai." (Isaia 62,4-6a)
Nelle Sinagoghe si imbandiva un continuo banchetto, ma quel matrimonio non si compiva ancora!
Erano già trascorsi più di mille anni dalla liberazione dall'Egitto e l'attesa del Messia era divenuta molto forte, ma si stava perdendo allegria, un nemico s'era riaffacciato spengendo la libertà del popolo, le attese si affievolivano.
I maestri di tavola, cioè i ministranti delle sinagoghe si rendevano conto che quella parola sembrava stare perdendo mordente, stava scarseggiando il vino, ma arriva un rabbì che parla con autorità, propone la parola in modo nuovo, l'attualizza e la rende viva, dimostra con le opere, con i segni, e con la sua persona che è un giusto, muore da giusto per mano degli stranieri, viene riconosciuto che era retto, viene annunciato che è risorto e ha un tenace gruppo che l'ha seguito e che annuncia la sua morte e la sua risurrezione a remissione dei peccati di tutti, e che Dio ha mandato il suo Spirito Santo, sono tutti diventati profeti, i tempi del Messia in atto.
Quella parola, anche la più nascosta nelle stesse Sacre Scritture, ora si sta attuando, il Rabbì l'ha passata vivificata ad una piccola Chiesa nascente, Maria la madre con i suoi discepoli e inizia il miracolo della trasformazione dell'acqua in vino e imbandiscono banchetti nuovi…le nozze dell'Agnello.
Le nozze di Cana, quel miracolo con cui inizia il capitolo 2 del Vangelo di Giovanni, in effetti, pare proprio profezia dell'annuncio di una Nuova Alleanza e di un banchetto nuovo nello Spirito Santo.
Ciò che qualcuno intravedeva negli scritti e che leggeva come segreto di una storia fantastica poco credibile letta e non letta tra le lettere, l'avvento del Messia, era annunciata con forza. (Vedi paragrafo: "Chi legge doppio è brillo" in "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche".)
I detrattori avevano iniziato a dire che Gesù era un demonio, ma lui aveva premuniti, i suoi discepoli.
Come fece poi anche con i discepoli di Emmaus, Gesù aveva aperto loro l'intelligenza delle Scritture, anche evidentemente di quelle nascoste se c'erano, come penso, e al riguardo aveva detto loro: "Non li temete dunque, poiché non v'è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato. Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio predicatelo sui tetti. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna." (Matteo 10,26-28)
Nel cristianesimo il "timore di Dio" infatti è un dei sette doni dello Spirito Santo che serve per iniziare il rapporto con Lui e guidarlo alla pienezza: "Sapienza, Intelletto, Consiglio, Fortezza, Scienza, Pietà, Timore di Dio, perché fa parte appunto dello Spirito che caratterizza il Messia: "Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore." (Isaia 11,2)
Quel dono, appunto, come ricorda San Paolo ci serve per portare "…a compimento la nostra santificazione, nel timore di Dio". (2Corinzi 7,1)

La Chiesa nascente è tutta illuminata da quel dono: "La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samarìa; essa cresceva e camminava nel timore del Signore, colma del conforto dello Spirito Santo." (Atti 9,31)

Il timore di Dio è del tutto diverso dalla paura.
È il sentimento che riconosce la presenza e la santità di Dio nella storia e nelle vicende umane e lo riconosce nelle opere del creato e nelle creature.
Il Timore di Dio fa essere umili dinanzi alla grandezza di Dio ed implica adorazione, lode e ringraziamento.
È compagno e alleato dell'amore, perché fa nascere il rispetto ed il discernimento per evitare d'operare in modo che pensiamo a Lui dispiaccia, perché nasce il desiderio di evitare atti contrari al rapporto d'amore istaurato come nei riguardi di persona amata.
Il timore di Dio si impara nel corso del rapporto con Lui: "Venite, figli, ascoltatemi, dice un salmo; vi insegnerò il timore del Signore." (Salmi 33,12) mentre la paura sopraggiunge d'improvviso con gli eventi.
Il Salmo 25 ci fa comprendere il progressivo modo d'operare di questa istruzione: "Guidami nella tua verità e istruiscimi, perché sei tu il Dio della mia salvezza… Buono e retto è il Signore, la via giusta addita ai peccatori; guida gli umili secondo giustizia, insegna ai poveri le sue vie. Tutti i sentieri del Signore sono verità e grazia per chi osserva il suo patto e i suoi precetti. Per il tuo nome, Signore, perdona il mio peccato anche se grande. Chi è l'uomo che teme Dio Gli indica il cammino da seguire… Il Signore si rivela a chi lo teme, gli fa conoscere la sua alleanza. Vedi la mia miseria e la mia pena… e perdona tutti i miei peccati."

Nel rapporto con Lui le stesse paure tendono a svanire come c'insegna il Vangelo; infatti, Gesù dopo aver sedato la tempesta, chiede ai suoi discepoli: "Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?" (Marco 4,40).

La prima lettera di Giovanni fa una sintesi precisa dello sviluppo del cristianesimo nei riguardi del timore di Dio perché ci introduce in un rapporto paritario col Figlio inserendoci nello stesso rapporto filiale che ha Lui stesso col Padre: "Chiunque riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio. Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui. Per questo l'amore ha raggiunto in noi la sua perfezione, perché abbiamo fiducia nel giorno del giudizio; perché come è lui, così siamo anche noi, in questo mondo. Nell'amore non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell'amore. Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo." (1Giovanni 4,15-19)

Il Vangelo di Luca ci suggerisce che è quello del timore di Dio è il dono della chiave che apre la porta del Paradiso.
Uno dei due ladroni crocefissi con Gesù grazie al timore di Dio ebbe l'assicurazione dell'accesso nel Regno: "Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi! Ma l'altro lo rimproverava: Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male. E aggiunse: Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno. Gli rispose: In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso." (Luca 23,39-43)

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