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RACCONTI A SFONDO BIBLICO...

 
IL GIUSTO CAMMINO DELLA VERITÀ

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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IL LABIRINTO »

L'OMBELICO DEL MONDO
Com'è noto l'ombelico è ciò che resta come cicatrice sul corpo umano della recisione praticata al cordone ombelicale al momento della nascita.
È quindi comprensibile come sin dai tempi antichi l'uomo religioso, arrivato alla conclusione che la terra e i suoi abitanti sono un prodotto dell'Eterno, si sia domandato se, alla stregua di quanto ha legato l'uomo alla madre, ossia il cordone ombelicale, non vi fosse traccia di un posto del collegamento con l'aldilà, da cui ritiene di provenire, e dove risiede il "Genitore" Creatore.
Nel mondo greco ad esempio la Pizia, o Pitia, detta anche Pitonessa, era la sacerdotessa che pronunciava oracoli in nome di Apollo nel santuario di Delfi ai piedi del monte Parnaso, luogo che da quella cultura era detto "ombelico del mondo" (una pietra l'"omphalos" l'indicava) invasato dal demone Python e Pitone, figura della mitologia greca, drago-serpente enorme, figlio di Gea, ucciso da Apollo che s'impossessò dell'oracolo e chiamò col nome di "Pizia" la sacerdotessa Pitonessa.


Omphalos - ricostruzione - all'aperto, nel complesso del santuario


Alle pendici meridionali del "sacro" monte Parnaso, a circa 600 metri di altitudine, vi sono le rovine del grande centro spirituale e di pellegrinaggio.
Il complesso cultuale si snodava su terrazze ed ha un elemento fondamentale legato al sacro per la presenza di una sorgente d'acqua, chiamata Castalia, che era incanalata e condotta fino alla roccia dove la Pizia emetteva i suoi oracoli.
Se entriamo nel mondo della Bibbia e ci domandiamo ove potesse essere pensato un luogo del genere non si può che andare con la mente in un altro posto dove c'era la sorgente della vita e dove fu posta la prima coppia.

Dice il testo sacro: "Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino..." (Genesi 2,10) da dove con Adamo ed Eva, secondo il libro della Genesi, uscirono tutte le generazioni e là incontrarono un serpente che li indusse in errore.
Quindi per la cultura ebraica in quel giardino, "mutatis mutandis", ossia con le dovute variazioni per quella cultura, si poteva pensare esistere l'ombelico del mondo, infatti, c'era "...l'albero della vita in mezzo al giardino..." (Genesi 2,9)

C'è poi in 1Samuele 28,3-25 il racconto su Saul, unto primo re d'Israele dal profeta Samuele, trovato poi indegno che, per una battaglia incombente, essendo morto Samuele, sentitosi a mal partito, si rivolse a una pitonessa.
Saul non si dava pace e cercò di risolvere il destino con le proprie mani... non è importante che Dio si opponga... vediamo che dice una negromante!
È il tipico uomo che vuole cavarsela da solo indipendentemente da Dio, prototipo di Adamo e del peccato d'origine.

La negromante in 1Samuele 28,7 è "'eshet ba'lat 'aob", quindi, come una moglie "'eshet" di Baal, , una pitonessa di quell'idolo che interroga gli spiriti dei defunti, gli "'aob", e li fa rialzare dal mondo dei morti.
Questa donna abitava un posto con un nome evocativo "Èin Dor" .
"Èin" è "fonte sorgente" e "Dor" è "generazione", quindi, quel posto ricorda la "fonte/sorgente delle generazioni", una specie di "ombelico del mondo", come a Delfi, dove c'era la pitonessa del dio Apollo, ma quel posto "Èin Dor" evoca un altro luogo dove c'era la sorgente della vita, evidentemente proprio quello dove vissero con Dio i progenitori Adamo ed Eva.
A questo punto è da ricordare un importante passo del libro della Genesi, il capitolo 28, quando Giacobbe va a cercare moglie tra i parenti di Abramo.
Il testo dice: "Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran. Capitò così in un luogo, dove passò la notte, perché il sole era tramontato; prese là una pietra, se la pose come guanciale e si coricò in quel luogo." (Giacobbe 28,10s)

I rabbini al proposito hanno osservato che, in effetti, non è detto "in un luogo", bensì il testo ebraico, non usando l'articolo determinativo, scrive solo "bammaqom" "nel luogo", e pare indicare un posto noto... il luogo per antonomasia.
Ecco che quei rabbini ritengono che fosse proprio il monte Morià (Talmud Pessakhim 88a Rashi) dove Abramo legò Isacco per il sacrificio ("Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va' nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò." Genesi 22,2) e dove poi in Gerusalemme sorse il Tempio del Santo; infatti, Salomone costruì il Tempio sul monte Moria ("Salomone cominciò a costruire il tempio del Signore a Gerusalemme sul monte Moria, dove il Signore era apparso a Davide, suo padre, nel luogo preparato da Davide sull'aia di Ornan il Gebuseo." 2Cronache 3,1).

Con i criteri già citati di "Parlano le lettere" quel "bammaqom" si può decriptare così: "dentro i viventi Sorsero ", e come profezia, perché l'evento messianico avverrà proprio con inizio da Gerusalemme, "dentro/luogo dove i viventi Risorgeranno !"
In quel luogo Giacobbe: "Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco, gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa." (Giacobbe 28,12)
Il Signore gli stava davanti e in sogno gli parlò: "Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo. Ebbe timore e disse: Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo." (Giacobbe 28,16s)

Vale a dire quello non era un posto qualsiasi, ma l'ombelico del mondo da cui si poteva arrivare al cielo perché in comunicazione con la terra, tanto che gli angeli salivano e scendevano.
Per quei rabbini è il luogo del Santuario di Dio per mettersi in comunicazione con Lui, perché là le preghiere arrivano direttamente in cielo (Targum Yonatan).

Secondo il Midrash (in Bereshit Rabba' 69.7; Targum Yonatan; Talmud Yerushalmi Berakhot 4.5) il Santuario celeste corrisponde a quello terreno, ossia si trova in cielo nello stesso luogo in cui si trova quello di Gerusalemme (Rashi).

"Giacobbe si alzò, prese la pietra che si era posta come guanciale, la eresse come una stele e versò olio sulla sua sommità. E chiamò quel luogo Betel, mentre prima di allora la città si chiamava Luz." (Giacobbe 28,18s)

Quel termine Luz ci riporta alla risurrezione.
Il tredicesimo articolo della fede Ebraica, secondo il Maimonide, è, infatti, la Tchiath Hametim, ovvero la Resurrezione, ossia la vita futura dei morti.

Come avverrà la Resurrezione?
Un pensiero ebraico al riguardo: "In futuro il Santo non creerà dei nuovi corpi per i morti, ma resusciterà i loro corpi originali; poiché quando il corpo di una persona si decompone nella terra, c'è un solo osso che rimane intatto, e questo osso non si decompone mai." (Shaar HaLikutim).
Ritiene la tradizione ebraica che il Creatore ricomporrà i corpi a partire da questo osso che è chiamato "Luz"; alcuni interpreti lo identificano con il coccige, altri con un osso che si trova nel cranio.
Molto più semplicemente il messaggio è che la risurrezione sarà lanciata da Gerusalemme, l'antica Luz, là sul Moria, dal Monte del Tempio che per l'ebraismo collega il cielo alla terra.

Un interessante studio ("Greco labyrinthos, ebraico debir") di Francesco Aspesi de Dipartimento di Scienze dell'antichità della Università degli Studi di Milano associa l'ebraico "Debir", parola che è usata per definire il Sancta Sanctorum del Tempio di Salomone con il termine "labirinto" laburinqV, in quanto nelle tre tavolette provenienti da Cnosso che parlano del famoso labirinto, attraverso una corretta traslitterazione, si perviene a "da-pu-ri-to" e quindi ad una base dabur per "labirinthos", tenuto conto che il suffisso "inthos" ha funzione di toponimo, "luogo di".

Ora da "dabur" a "debir" il passo è breve e il "Debir" era il luogo più sacro del Tempio di Salomone; non aveva finestre (1Re 8,12) e come riferisce 1Re 6,16-28 e 8,6 era la sala interna, appunto, il "Sancta Sanctorum" del Tempio.
Era un cubo, misurava 20 cubiti in lunghezza, larghezza e altezza, era rivestito in legno di cedro, i muri ed il pavimento rivestiti d'oro, conteneva due cherubini in legno d'olivo, ciascuno alto 10 cubiti e ognuno con ali aperte larghe 10 cubiti affiancati, ciascuno toccava una parete e le ali si incontravano al centro, una porta a due battenti lo divideva dal "Lechal" il Luogo Santo (2Cronache 4,22) con un "velo" di lino blu, porpora e scarlatto (2Cronache 3,14).

Su tre lati era circondato da tre piani di celle non comunicanti col "Lechal".
("Il Tempio del Messia e la città di Dio")

Il labirinto rimanda a costruzioni in pietra e a ipogei propri dell'isola di Creta, a grotte e anfratti che portano all'idea di connessioni col nascosto e col "sacro"; infatti, a Creta sul Monte Ida c'è la mitica grotta dove, secondo il mito, sarebbe nato Zeus.

L'archeologo inglese Arthur Evans ipotizzò la derivazione della parola labirinto dal Lidio "labrys", l'ascia bipenne a due lame, simbolo del potere reale a Creta e "labirinto" significherebbe "palazzo dell'ascia "labrys"", ma per le due possibili soluzioni delle lame calza bene anche con le scelte che si deve fare ad ogni bivio del "labirinto" mentale, e il Santo aveva due lati separati da un velo.


Bipenne Minoica


Jacques de Lacretelle scrittore francese nel 1930 in "Le demi-dieu ou le voyage en Grèce" descrive così il palazzo di Cnosso: "...asimmetrico e disarmonico in confronto ai templi greci; non esistono porte monumentali, né grandi scalinate, né colonnati imponenti. Lasciate alla propria destra la Corte occidentale e la sala di lustrazione, si accede al portico a pilastri e quindi attraverso un passaggio, alla Corte Centrale: tutt'intorno, un ginepraio di stanze."

Paolo Santarcangeli nel suo "Libro dei labirinti" per quanto riguarda la reggia di Cnosso osserva: "...queste costruzioni sono orientate, anziché verso l'esterno e l'alto, verso l'interno e il basso, verso le profondità della terra. Così la sala del trono del Minos è chiaramente la riproduzione di una caverna sacrale..."

In definitiva, intendeva, essere un sacro recesso pressoché inaccessibile.
Del pari un sacro recesso pressoché inaccessibile era il "Debir" o Santa Santorum del Tempio di Gerusalemme.
La prima parola della Torah nel libro del Genesi, "ber'eshit" , tradotta usualmente con "in principio", dai saggi d'Israele è stata letta in più modi e quelle sei prime lettere furono anche divise in "Bar'à" "creò" e "shit" "un fondamento", ossia la Pietra della Fondazione, "Even ha-Shetiyà".
Una pietra affiorava a Sion nel Santo dei Santi su cui fu posta l'Arca e la tradizione sostiene che fosse la pietra fondamentale sulla quale il mondo fu creato.
(Vedi: "Ritorno al Sinai")

Il Tempio era detto in ebraico "bet ha miqdash" , cioè casa del Santuario ed era costruito nella tradizione rabbinica sul monte Moria, il luogo dove Abramo stava per sacrificare il figlio Isacco.
Nella stanza più interna, detta il Santo dei Santi, nel "Debir", in cui il Sommo Sacerdote poteva entrare ogni anno una sola volta, c'era la pietra di fondazione del mondo, la "Even Shetiyyah" , quella su cui s'addormentò Giacobbe e sognò la scala che portava in cielo da cui salivano e scendevano gli angeli di Dio e su tale pietra, almeno nel primo Tempio, posava l'arca del patto.

Secondo la tradizione ebraica Adamo fu formato dalla polvere del monte Moria e quando fu espulso dal giardino dell'Eden si fermò là attorno, perché vicino c'era l'entrata per il paradiso e lì morì.
La tradizione cristiana, con Origene, scrittore e teologo cristiano del III secolo riteneva che il Golgota o Calvario fosse il luogo della sepoltura di Adamo il che tende a ribadire il ruolo di Gesù come "nuovo Adamo", fondatore della nuova umanità redenta (1Corinzi 15,21s).
Per questo motivo, l'iconografia cristiana nelle rappresentazioni della crocefissione, ai piedi della Croce è spesso raffigurato il teschio di Adamo.
Tale centro del mondo è considerato quindi come un ombelico e tale proprietà s'estende a tutta Gerusalemme.

In ebraico "debir" è e si può dividere in + e equivale a che vuol dire "pozzo" quindi è la porta = di un passaggio.
Per contro pure in ebraico ombelico è "tabbur" , quindi + "sigillato pozzo " ed anche in tal senso si trova collegamento tra labirinto-debir, debir-tabbur, tabbur-ombelico.

In definitiva il Santo dei Santi, dove scendeva la presenza o "Shekinah" del Signore, era l'arrivo di un labirinto, l'ombelico del mondo che collegava con Dio, padre e madre dell'uomo.
La nuova Gerusalemme dei cieli di cui parla il libro dell'Apocalisse corrisponde alla Gerusalemme di quaggiù e da Gerusalemme ascese al cielo Gesù, onde la soluzione del labirinto è stata trovata.
L'Unigenito, s'è ricollegato a Dio Padre e Madre.

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