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RACCONTI A SFONDO BIBLICO...

 
IL GIUSTO CAMMINO DELLA VERITÀ

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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L'OMBELICO DEL MONDO »
NEL DEDALO DI GERUSALEMME CON LA CROCE »
CENNI STORICI SULLA "VIA CRUCIS" »
LE STAZIONI, PRIMA DELLA CONDANNA A MORTE »

LE STAZIONI PRESSO PILATO
Sono le tre stazioni nell'ambito della Torre o Fortezza Antonia, complesso fortilizio che sorgeva presso il lato settentrionale del Tempio, sede della guarnigione romana, Pretorio del procuratore della Giudea che vi risiedeva se era a Gerusalemme, mentre la sede permanente era in Cesarea Marittima.

5a - Gesù è giudicato da Pilato
Il racconto si sviluppa in Matteo 27,11-26 parallelo a Marco 15,1-15.
L'unica differenza è che Matteo riferisce anche che la moglie di Pilato aveva avuto un sogno che l'aveva turbata. (Claudia Procula è il nome che la tradizione ha attribuito alla moglie di Pilato, riconosciuta santa dalla Chiesa Orientale.)

L'accusa era che quell'uomo da giudicare si dichiarava Re dei Giudei, ma non aveva forze sovversive per pretendere il potere o dare fastidio, era per Pilato, quindi, accusato solo per una bega religiosa, insomma un arzigogolo giudaico.
Pilato, già da solo s'era reso conto che non c'era materia per il giudizio in quanto Gesù era ingiustamente accusato per invidia dei notabili.

Solo il Vangelo di Matteo 27,24 riporta il gesto di Pilato di lavarsi le mani come atto plateale per mostrare che quello di Gesù per lui era sangue innocente di cui non voleva sporcarsi, atto però che dimostra solo la sua debolezza.
La nota proposta "Gesù o Barabba" gli parve risolutoria per liberarlo, ma per l'ostinazione del popolo ad arte istigato, condannò a morte Gesù, dimostrando in tale l'inconcludenza propria e la serietà solo di facciata della jus romana.

Paul Claudel nel suo commento alla Via Crucis con acume osserva: "Con Dio è finita: l'abbiamo giudicato, l'abbiamo condannato a morte. Non vogliamo aver più a che fare con Gesù Cristo: ci dà fastidio. Non abbiamo altro re che Cesare, altra legge che il sangue e il denaro. Appendetelo alla croce, se proprio lo volete, ma liberateci della sua ingombrante presenza: qualcuno lo conduca via. 'Tolle! Tolle!' E se dunque si deve scegliere, impiccate lui e liberateci Barabba!"

"Barabba si trovava in carcere insieme ai ribelli che nel tumulto avevano commesso un omicidio." (Marco 15,7-Luca 23,19) onde Gesù gli salvò la vita e prese su sulle proprie spalle la sua pena, segno che in tal modo prendeva la condanna di tutti i colpevoli, ossia con la propria morte libera dalla morte totale tutti gli uomini.

Il Vangelo di Luca sviluppa il racconto del processo in parallelo agli altri due sinottici in due tempi, Luca 23,1-7 e 13-25, perché nei versetti 23,8-12 inserisce la narrazione dell'invio di Gesù da Pilato a Erode Antipa per cercare di scrollarsi di dosso il problema, ma il fatto si mostrò utile solo per altre umiliazioni a Gesù.
In Giovanni il racconto si articola in 18,28-40 e in 19,1-16, in modo molto più esteso, anche se l'accusa è la stessa "Sei tu il re dei Giudei?"
(Vedi: il paragrafo "Cristo re e i 144.000" in "Numeri nei Vangeli e nell'Apocalisse: Annunci del Messia")

In sintesi nel colloquio molto intenso tra i due "Rispose Gesù: Il mio regno non è di questo mondo"... "io sono re." (Giovanni 18,36.37)
Era un re annunciato da secoli, la profezia era chiara, "Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele." (Numeri 24,17) e Gesù non poteva tacerla a un pagano e per atto d'amore disse a Pilato: "Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce."

Ed ecco l'esclamazione di Pilato "Che cos'è la verità?" (Giovanni 18,36-38) non gli poteva venire in mente che la verità potesse essere una persona!
Solo Dio può valutare se la risposta di Pilato fu di uno scettico o la difesa personale, come a dire non la conosco!
I fatti rivelano comunque che Pilato era un opportunista, un uomo del potere, non sapeva che pesci prendere, era combattuto, comprese che davanti a sé c'era una persona eccezionale, ma non perseguì la verità, che, in effetti, aveva in persona davanti, e scelse la via che ritenne più semplice, condannare a morte un innocente... per ragioni di Stato.
La verità in ebraico è "'oemoet" e il significato intrinseco delle lettere si verificò puntualmente in Gesù, perché è il Messia, e Cristo è la verità, infatti, fu:

"il primo a rivivere dalla croce ".
Circa, infine il titolo di Re e il famoso "titulus" messo sulla croce; si veda il paragrafo "Cristo Re" del mio articolo "Gerusalemme la città del gran re".

Il Vangelo di Giovanni 19,19 precisa: "Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto Gesù il Nazareno, il re dei Giudei"; quella, infatti, era l'accusa formale nel processo in cui Gesù era stato condannato.

I notabili dei giudei non erano d'accordo, non potevano accettare che un romano crocefiggesse il proprio re, se lo fosse stato veramente, infatti, loro aspettavano il Messia come un liberatore politico - si pensi solo a Simon Bar Kokeba proclamatosi e accolto dal popolo come Messia e alla terza guerra giudaica dal 132 al 135 d.C. - quindi provarono a dire a Pilato: "Non scrivere: il re dei Giudei ma che egli ha detto: Io sono il re dei Giudei", ma Pilato pragmaticamente tirò corto e si tolse un sassolino dalla scarpa con "Quello che ho scritto ho scritto" (Giovanni 1921s).
Pilato non poteva consentire di passare negli annali per la condanna di un millantatore, ma questi doveva risultare un pericoloso nemico di Cesare come dicevano i Giudei, "Se liberi costui, non sei amico di Cesare!" (Giovanni 19,12)
Un erudito ebreo ha avanzato l'ipotesi che il titulus riportasse queste parole: "Gesù il Nazareno e il Re dei Giudei", quindi, "Yeshua haNotzri u-Melech haYehudim", cioè avesse una lettera waw = e = che si legge u in aggiunta a quanto hanno riportato nel Vangelo di Giovanni.





Le iniziali delle 4 parole che ho scritto volutamente separate e in verticale per far veder meglio corrisponderebbero allora esattamente al tetragramma sacro di IHWH (Vedi: "Ma tu chi sei, Gesù?" di Carsten Peter Thiede - Paoline Edizione 2005).

Le lettere di quelle 4 parole mi danno questo spunto: "da Gesù Uscirà l'energia che a risollevare i corpi Sarà e il Regno Aprirà ; risarà nello splendore chi fu Vivente ."

6a - Gesù è flagellato e coronato di spine
Lo Stabat Mater attribuito a Iacopone da Todi XIII secolo propone: "Pro peccatis suae gentis vidit Iesum in tormentis et flagellis subditum", ossia "A causa dei peccati del suo popolo Ella vide Gesù nei tormenti, sottoposto ai flagelli."

In Matteo 27,26 e in Marco 15,15 è detto che la decisione della flagellazione ci fu dopo che il popolo aveva scelto di far liberare Barabba.
Il Vangelo di Luca non ne parla, ma è da ricordare che la crocifissione romana era solitamente fatta precedere dalla flagellazione, come pure non riferisce ciò che secondo Matteo 27,27-31 e Marco 15,16-20 avvenne subito dopo, ossia l'episodio delle beffe da parte dei soldati romani con la corona di spine, il mantello rosso e le percosse con la canna.
Il Vangelo di Giovanni 19,2s ne parla al versetto 19,1 e in 19,2 dice della corona di spine e dei beffeggiamenti: "I soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano: Salve, re dei Giudei! E gli davano schiaffi."

La corona di spine fa presente IHWH nel roveto ardente e l'agnello o ariete che sostituì Isacco nel sacrificio sul monte Moria che Abramo trovò impigliato con la testa in un cespuglio.
La flagellazione, dal latino "flagellum", era una punizione dolorosissima portata sul dorso del condannato piegato in avanti su una mezza colonna bassa.
Il "flagellum" usato dai romani era costituito da più filacci di cuoio che portavano legate all'estremità piccole ossa o palline di piombo che provocavano lacerazioni, sì che il condannato poteva anche non sopravvivere.
(L'uomo dell'immagine della Sindone di Torino reca i segni di una flagellazione del genere.)

Nei versetti successivi il Vangelo di Giovanni fa intendere che, in effetti, Pilato fece flagellare Gesù per dare soddisfazione e sedare il disordine provocato dagli avversari che lo accusavano e per impietosire il popolo, ma solo dopo la loro ulteriore negativa reazione, intimorito, Pilato emise la condanna a morte che, infatti, uscì fuori di nuovo davanti alla folla e disse loro: "Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna. Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: Ecco l'uomo! Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: Crocifiggilo! Crocifiggilo!" (Giovanni 19,4-6)

Gesù aveva il mantello color porpora, era rosso di sangue per la flagellazione e per la corona di aguzze spine battutagli sulla testa.
Pilato per farsi capire certamente pronunciò in aramaico, "Ecco l'uomo!" "hinneh ha'adam" prendendo spunto dal fatto che in ebraico Adamo=uomo e "rosso" hanno le stesse lettere , e queste sono dense di significato teologico in quanto certificano che la punizione caduta sul Cristo era quella per le colpe dell'uomo, del primo uomo quindi per il peccato originario.
Il Messia, infatti, avrebbe offerto la salvezza a tutta l'umanità:
  • "Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato, poiché sul monte Sion e in Gerusalemme vi sarà la salvezza, come ha detto il Signore..." (Gioele 3,5)
  • "...perché ha consegnato se stesso alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori." (Isaia 53,12)
7a - Gesù è caricato della croce
Lo predisse il profeta Isaia: "...fu annoverato tra i malfattori". (Isaia 53,12)
Che Gesù fu caricato della croce non è detto esplicitamente dai Vangeli sinottici, infatti, il Vangelo di Matteo semplicemente annota: "Dopo averlo deriso... lo condussero via per crocifiggerlo". (Matteo 27,31)

Egualmente laconico è il Vangelo di Marco in 15,24.
Luca 23,26 dice che mentre lo conducevano via incontrarono Simone di Cirene.
Tutti e tre quei Vangeli riportano l'episodio di Simone di Cirene, ma non ne parla quello di Giovanni.
Al riguardo di Gesù che portò la croce il più esplicito è il Vangelo di Giovanni, perché riferisce che: "...portando la croce (in greco 'stauros' stauron), si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota..." (Giovanni 19,17) ove 'stauros' stauron ha significato sia di palo sia di croce, ma in un supplizio romano era di certo una croce latina e c'è la tesi che il condannato portasse solo l'asse trasversale, perché il palo era già infisso sul Golgota.
Nell'ebraico biblico non c'è la parola "croce" che si dice "saleb" .

Nel mio articolo "Per ricordarsi dove sono le nostre radici", al paragrafo "Le radici del nostro albero", ho riportato il testo di un'antica omelia pasquale sulla croce gloriosa nel quale tra l'altro si legge "Alla sua ombra ho posto la mia tenda" che è proprio la decriptazione di "croce" "saleb" ; infatti, in ebraico è anche "ombra", e B = è graficamente sia casa, che tenda, quindi "Alla sua ombra ho posto la mia tenda ".

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