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LETTERE EBRAICHE E CODICE BIBBIA...

 
LE PAROLE EBRAICHE, REBUS PARLANTI,
PORTANO AL MESSIA

di Alessandro Conti Puorger
 

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PAROLE E IMMAGINI »
IL SANGUE DELL'UOMO VECCHIO E DELL'UOMO NUOVO »
LA CONOSCENZA E L'ETERNITÀ »

GLI INNAMORATI
I Vangeli sinottici, secondo la traduzione C.E.I. del 2008, riportano che una voce dal cielo chiama Gesù "l'amato" da Dio Padre, precisamente al momento:

  • del battesimo al Giordano, " Ed ecco una voce dal cielo che diceva: Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento". (Matteo 3,17; Marco 1,11; Mrco 4,22)
  • della Trasfigurazione sul monte Tabor, "Ed ecco una voce dalla nube che diceva: Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo." (Marco 17,5)
Quel "l'amato" è l'equivalente di "il prediletto" della traduzione C.E.I. del 1975.
Lo stesso termine di "prediletto", comunque, è conservato dall'ultima traduzione C.E.I. nell'ambito del seguente versetto del libro del Deuteronomio che riguarda quelli di Beniamino nelle benedizioni di Mosè alle 12 tribù: "Per Beniamino disse: Prediletto del Signore, Beniamino, abita tranquillo presso di lui; egli lo protegge sempre e tra le sue spalle dimora." (Deuteronomio 33,12)

Nel testo ebraico quel "prediletto", che poi sarà detto da Dio Padre nei riguardi di Gesù è "iedid" o "iadid" .
Gesù è veramente il nuovo Adamo, l'Unigenito, il prediletto, l'amato dal Padre.
Quel termine di prediletto in ebraico comporta una mano o un braccio con una mano o un braccio , insomma, sono proprio due per mano o due abbracciati.
L'immagine, pertanto, che sottende quel rebus di "iadid" è "sono con la mano a stare nella mano ", ed è quella di due persone che sono innamorate uno dell'altro.

Il Vangelo di Giovanni propone chiaramente che a quel rapporto d'amore esclusivo tra Gesù e il Padre sono chiamati a partecipare tutti gli uomini come Gesù stesso ebbe a dire: "Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore." (Giovanni 15,9)
Nell'affrescare il Giudizio Universale della Cappella Sistina ben ha interpretato Michelangelo l'atto di amore nel momento della formazione di Adamo col presentare e porre in evidenza le due mani, di Dio e dell'uomo, a cui Dio stesso sta passando tutto il proprio vigore.


La mano di Dio e la mano di Adamo - Cappella Sistina

Adamo, l'uomo, infatti, è l'amato da Dio e Dio non ha mai abbandonato il suo progetto d'amore nei suoi riguardi nonostante la risposta negativa, infatti, nel libro del profeta Isaia si trova che il Signore ha detto "Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani..." (Isaia 49,15s)

Ed ecco che si trova che "dod" , da cui il nome proprio David "la mano che ti conduce per mano ", è l'amato, il diletto, il fidanzato, l'amore.
Significa anche zio, e al femminile "dodah" vuol dire anche zia.
E "dodi" è amore mio, mio amore, amato mio, il mio amato, come in Cantico dei Cantici 1,13-14 ove dice "L'amato mio è per me un sacchetto di mirra, passa la notte tra i miei seni. L'amato mio è per me un grappolo di cipro nelle vigne di Engàddi."

In quel Cantico l'amato mio è invocato, esaltato, lodato tante e tante altre volte in 1,16; 2,3.8.9.10.16.17; 4,16; 5,2.4.5.6.8.10.16; 6,2.3.11.12.14, 7,14 e 8,14.

Si trova anche come in Cantico dei Cantici 7,13 ove canta "Di buon mattino andremo nelle vigne; vedremo se germoglia la vite, se le gemme si schiudono, se fioriscono i melograni: là ti darò il mio amore! " e del pari la C.E.I. del 2008 traduce "tuo amore" quanto nello stesso poema si trova scritto per due volte al 4,10 inteso come il mio amore, tuo , per te.

Potrebbe però non essere giusto tradurre per "mio amore" perché la finale di "dodi" potrebbe non valere come pronome "mio", bensì come plurale generico, allora starebbe per atti amorevoli, atti d'amore... passaggi con le mani.

La precedente traduzione C.E.I. per "dodi" , infatti, scriveva carezze: "Quanto sono soavi le tue carezze, sorella mia, sposa, quanto più deliziose del vino le tue carezze. L'odore dei tuoi profumi sorpassa tutti gli aromi."

Da mani a manici il passo è breve ed ecco che gli oggetti che si prendono per manici, come le pentole, i canestri, le ceste, i paioli, le marmitte, "i manicati" sono ancora tutti , ma si pronuncia "dud" e l'immagine è "con le mani si portano per i manici ".
Le mammelle sono come manici anche perché sono come le ante di una porta che sbattono, quindi, "dad" .
L'immagine della mano che sbatte appare poi chiara nel termine usato per "pesce" "dag" da cui "la pesca" e con l'immagine del rebus che è "sbattendo , cammina ", come fa appunto il pesce muovendo le pinne e la coda nell'acqua.

Tornando al Cantico dei Cantici al versetto 7,14 vi si dice: "Le mandragore mandano profumo; alle nostre porte c'è ogni specie di frutti squisiti, freschi e secchi: amato mio, li ho conservati per te."

Qui, vicini al momento conclusivo d'amore del Cantico sono ricordate le mandragore, i "duda'im" .
Soltanto in un'altra occasione questo termine è richiamato nella Bibbia e per ben cinque volte in un brano del capitolo 30 del libro della Genesi, due volte in ciascuno dei versetti 14 e 15 ed una nel 16.

È l'episodio in Genesi 30,14-17, quando Rachele consente che Giacobbe si corichi nuovamente con la prima moglie, Lia: "Al tempo della mietitura del grano, Ruben uscì e trovò delle mandragore, che portò alla madre Lia. Rachele disse a Lia: Dammi un poco delle mandragore di tuo figlio. Ma Lia rispose: Ti sembra poco avermi portato via il marito, perché ora tu voglia portare via anche le mandragore di mio figlio? Riprese Rachele: Ebbene, Giacobbe si corichi pure con te questa notte, ma dammi in cambio le mandragore di tuo figlio. La sera, quando Giacobbe arrivò dalla campagna, Lia gli uscì incontro e gli disse: Da me devi venire, perché io ho pagato il diritto di averti con le mandragore di mio figlio. Così egli si coricò con lei quella notte. Il Signore esaudì Lia, la quale concepì e partorì a Giacobbe un quinto figlio."

Giacobbe visse anche in Egitto prima della XVIII dinastia dei faraoni.
A questa pianta mandragora o mandragola, appartenente alle solanacee, in effetti, erano attribuite proprietà afrodisiache ed era ritenuta anche utile per la cura della sterilità e dotata di proprietà magiche.
Per le sue radici, con le sembianze antropomorfe che si biforcano come le gambe di un omino, tante sono state le fantasie su questa pianta.


Esempio di radice di mandragore



Donna con in mano frutti di mandragora
Tomba di Nakht

La ninfea azzurra che cresceva sul Nilo associata alla mandragora è presente nella letteratura e nell'iconografia amorosa ed erotica egizia per il suo uso afrodisiaco in riti ben auguranti per le sorti del faraone dopo la morte.
Si riteneva che il faraone potesse entrare nell'altro mondo con una nuova nascita, grazie ad una copulazione "astrale" con l'archetipo delle Grandi Madri protostoriche, la dea Hathor (la dea al tramonto mangia il sole figura di Horus per restituirgli la vita poche ore dopo) e "partoriva" il defunto nell'aldilà.
Questa concezione filosofico-religiosa spiega la frequente presenza di scene erotiche e sensuali raffigurate nelle tombe, in particolare in quelle private della XVIII dinastia 1543-1292 a.C..

Il nome ebraico "duda'im" ricorda l'amore e gli aspetti magici, in quanto, le sue lettere, paiono dire che la mandragora suscita "l'amore che origina un essere vivente ".
In "Vino nella Bibbia: causa d'incesti e segno del Messia" ho riportato la decriptazione con il mio metodo di "Parlano le lettere" di Genesi 30,14-24 di quel brano da cui si evince una bella pagina sul Messia.
L'intero capitolo 30 è costituito da 43 versetti; quelli che mancano rispetto ai precedenti li riporto decriptati in Appendice.

Il famoso Cantico dei Cantici della Bibbia pare proprio avere la veste di un poemetto amoroso sul tipo erotico come i componimenti egizi che sono stati rinvenuti, quali ad esempio, quelli nel Papiro Harris 500 (rotolo di 20 cm x 143 cm) del periodo dei ramseti, XIX e XX dinastia, papiro ora conservato nel British Museum di Londra.
In quel papiro c'è un canto amoroso "La stanza degli amanti", dove peraltro è ricordata più volte anche la mandragora e vi sono commenti sulla bellezza e sulle sensazioni da parte dei due amanti.
Riporto alcuni brevi brani:
  • La fanciulla cerca di trattenere l'amato che vuole andare a pranzo.
    "Tu sei con me e tu fai che il cuore si esalti quando cerchi di accarezzare le mie gambe, allora il mio seno freme... Ma tu vuoi partire perché pensi a mangiare? Sei fino a questo punto schiavo del tuo ventre? Vuoi partire perché vuoi dei panni da indossare? Ho un panno di lino. Vuoi andare perché hai sete? Prendi dunque per te i miei seni, il cui il latte che fluisce ti disseterà. Meglio un giorno nell'abbraccio di mia madre che dieci mila miriadi... È sacro il giorno della nostra unione. Possa esso durare in eternità."
  • La fanciulla si riferisce nel seguente modo al suo amato.
    "Il tuo amore è mescolato alle mia membra come il miele mescolato con acqua come la mandragora mischiata con la gomma della resina o la miscela della farina con il sale. Sbrigati a visitare tua sorella come un destriero corre al campo di battaglia, come un... alle sue piante... mentre il paradiso ti aspetta come quando all'arrivo di un soldato, mio amore."
  • lui elogia la propria donna con paragoni vegetali.
    "Le piante della palude confondono: la bocca di mia sorella è un fiore di loto, i suoi seni mandragore, le sue braccia membra di un albero, le sue... il suo capo una trappola d'amore in legno e io sono l'oca che vi è andata. Di corda è il mio... i suoi capelli sono l'esca nella rete che mi ha intrappolato..."
  • desiderio dell'amplesso.
    "Piante di portulaca sono là. Il mio cuore è in armonia con te e faccio per te ciò che esso vuole. Che io possa essere tra le tue braccia, è la preghiera che trapela dai mei occhi! Il contemplarti illumina i mei occhi mentre ti sono vicina. A rivedere il tuo amore, padrone del mio cuore. È bella la mia ora se essa si prolunga per me in eterno fintanto che io giaccio con te. Riprenditi, cuore mio, nel dolore e nella gioia, non abbandonarmi!"
Il Cantico dei Cantici che si presenta invero come un cantico d'amore terreno inserito tra i libri sapienziali della Bibbia, al primo versetto recita "Cantico dei Cantici, di Salomone", quindi, dice di sé d'essere stato scritto da Salomone stesso che regnò a Gerusalemme, figlio e successore di Davide e da Davide era e dall'ebraismo è atteso, il Messia, quindi è da molti ritenuto come un cantico d'amore, ma sull'attesa messianica.

In questo Cantico si vivono situazioni agresti, vigne, fiori, gigli, nardo, mandragore, mirra, olezzanti, odori e profumi afrodisiaci: "paradiso di melagrane, con i frutti più squisiti, alberi di cipro e nardo, nardo e zafferano, cannella e cinnamòmo, con ogni specie di alberi d'incenso, mirra e àloe, con tutti gli aromi migliori" (Cantico 513,14).

Sembrano essere tutte esplicite allusioni a rapporti erotici tanto più che vi si parla di seni, di carezze, di un auspicato godimento di lei con "l'amato mio" e il tutto porta a desiderare l'incontro completo nella stanza vuota, la cella del vino:
  • Cantico 2,4 - "...e il suo vessillo su di me è amore" dove si celebra il triplice mistero della conoscenza erotica, psichica e spirituale;
  • Cantico 8,6 - un amore totalizzante che supera la morte "Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l'amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore!"
Questo amato, in effetti, non è uno qualsiasi, ma è un re come si legge al capitolo 1 del Cantico:
  • Cantico 1,4 - "Attirami dietro a te, corriamo! M'introduca il re nelle sue stanze: gioiremo e ci rallegreremo per te, ricorderemo le tue tenerezze più del vino. A ragione ti amano!"
  • Cantico 1,12 - "Mentre il re è sul suo divano, il mio nardo effonde il suo profumo."
L'amato mio , in effetti, è colui che "da Davide sarà " vale a dire l'atteso Messia.
L'amata è Israele nel suo complesso e nello specifico ogni fedele che attende con fede la sua venuta, l'evento messianico, e Questi le canta "Alzati, amica mia, mia bella, e vieni!" (Cantico 2,10)
Di lei Lui dice "Come la torre ("migdal" ) di Davide il tuo collo, costruita a guisa di fortezza. Mille scudi vi sono appesi, tutte armature di prodi." (Cantico 4,4)
(Quella torre in ebraico è "migdal" e fa andare il pensiero a Maria di Magdala)

Costei è certamente Israele "...che sale dal deserto, appoggiata al suo diletto?" (Cantico 8,5); sì proprio lui, il Signore in persona, l'ha strappata dalla schiavitù di tutti i faraoni.

L'alcova è coperta di legni di cedro come l'interno del Santo dei Santi ove c'è Lui "Come sei bello, mio diletto, quanto grazioso! Anche il nostro letto è verdeggiante. Le travi della nostra casa sono i cedri, nostro soffitto sono i cipressi." (Cantico 1,16-17)

Vi si parla anche di mura, delle guardie di una città di una mano che entra nella fessura di una porta, di un mancamento, di non trovare e di un non trovarsi, di fughe e di ricerche notturne, di una sfinitezza mortale di un domandarsi dove sei?
"Ho aperto allora al mio diletto, ma il mio diletto già se n'era andato, era scomparso. Io venni meno, per la sua scomparsa. L'ho cercato, ma non l'ho trovato, l'ho chiamato, ma non m'ha risposto. Mi han trovato le guardie..." (Cantico 5,6-7)

Di tutto ciò appare un sottile richiamo nel Vangelo di Giovanni ove la parola chiave che porta al Cantico è proprio il profumo di nardo richiamato in un episodio di un banchetto, ove c'è il Messia, Gesù di Nazaret evidentemente sdraiato sul divano di un triclinio e di una donna che tanto nella sua vita aveva creduto di amare, ma che ora aveva trovato l'amore vero che vince la morte.
Il Vangelo di Giovanni ci parla, infatti, di una festa, quindi come di un re su un divano, di una donna che spande il suo profumo costosissimo di nardo sui suoi piedi e li asciuga con i propri capelli.
L'episodio dell'unzione con il profumo avviene da parte di Maria di Betania e da parte una peccatrice, il fatto avviene a casa di Simone il lebbroso, a Betania, in Giudea (Giovanni 12,1-11 e Matteo 26,6-13) e l'episodio della peccatrice avviene in casa di un Fariseo di nome Simone (Luca 7,36-40).
Non è assodato che Maria di Betania sorella di Lazzaro e Maria Maddalena siano la stessa persona, ma a sostegno dell'ipotesi che si tratti della stessa figura c'è che:
  • nel caso di Maria, Gesù è il festeggiato di una cena in casa di Simone il lebbroso, nel caso della peccatrice Gesù è in casa di uno che si chiama Simone;
  • è improbabile che per due volte in due luoghi differenti Gesù sia stato unto con una quantità di olio di nardo avente esattamente lo stesso valore con stesse critiche da parte dei presenti.
"Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell'aroma di quel profumo." (Giovanni 12,3)

Il nardo in ebraico è il "na'red" estratto dal "Nardostachis jatamansis" che cresce sulle montagne dell'India da cui viene un olio dal profumo intenso ed era considerato un lusso.
Il nardo puro si riconosce per la leggerezza, il colore rosso e l'odore soave.
L'uso più antico che conosciamo fu nell'Egitto dei faraoni per alcune anforette, trovate nelle tombe.
Le lettere di "na'red" possono essere letti in vari modi:
  • da "energia al corpo d'aiuto ";
  • da "energia al corpo alla porta ";
  • è come "una lampada in mano " che ti fa trovare la via giusta;
  • da "energia per signoreggiare/sottomettere ()";
  • e in senso apocalittico "l'angelo (ribelle) sottomettere ()".
Il verbo ebraico che ha per radicale , infatti, serve per definire il "signoreggiare, dominare, sottomettere, soggiogare, assoggettare, asservire" e per la prima volta si trova al momento della creazione della prima coppia in Genesi 1,26 e 28;
  • Genesi 1,26 - "Dio disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra."
  • Genesi 1,28 - "Dio li benedisse e disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra."
Tale verbo riguarda proprio così il signoreggiare auspicato da Dio per l'uomo nuovo, appena creato, di dominare i serpenti di questo mondo che si rivelerà profetico nei riguardi del serpente antico in Gesù di Nazaret in occasione del trionfo manifestato con la risurrezione.
Il Salmo 8, salmo messianico, al versetto 1 fa proprio questa profezia: "Oracolo del Signore al mio signore: Siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi."

Gesù stava per affrontare la sua passione che sarebbe terminata con la morte in croce sul monte di Gerusalemme e la "discesa agli inferi" per cercare di aprire una porta di uscita dalla morte come aveva profetizzato il profeta Isaia: "Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre che copriva tutte le genti. Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto; la condizione disonorevole del suo popolo farà scomparire da tutto il paese..." (Isaia 25,7s)

Aprì un varco nel mare nero della morte come a suo tempo nel Mar Rosso aprì la via della libertà agli antichi padri.
Questa volta fece passare con Lui nella definitiva libertà della vita eterna i santi patriarchi in attesa della liberazione di tutti con la definitiva vittoria, infatti: "Con Dio noi faremo prodigi: egli calpesterà i nostri nemici." (Salmo 60,14)

San Paolo in 1Corinzi prevede, in conformità alla profezia di Isaia, una vittoria finale contro i nemici che appunto verranno signoreggiati, sottoposti ai propri piedi, come comportava il segno del profumo di nardo versato dalla Maddalena, non sul capo, ma appunto sui piedi di Gesù Così scrive: "...poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza. Bisogna, infatti, che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi." (1Corinzi 15,24-27)

Il Vangelo di Giovanni, poi al riguardo mette in evidenza che lui, Gesù, morto in croce per amore, fu deposto in un giardino, infatti, "Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto". (Giovanni 19,41)

Il Vangelo di Luca ci informa che dopo la morte e la sepoltura di Gesù "Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono la tomba e com'era stato deposto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo secondo il comandamento." (Luca 23,55s)

Il Vangelo di Matteo (27,66), peraltro, informa che i sommi sacerdoti e i farisei "...assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia."

Si parla, quindi, di un'uscita all'alba fuori della cinta della città per andare in un luogo fuori delle mura: "Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio..." (Giovanni 20,1) cercava il corpo del Maestro per ungerlo di nuovo.
Là, trovò vuota la cella e domandò, accorata, al... guardiano del giardino... ma lo riconosce dalla voce e lui dice che sta fuggendo "sopra monti degli aromi" (Cantico 8,14), infatti, "Gesù le disse: Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va dai miei fratelli e di loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro". (Giovanni 20,17)

Il Cantico, in ebraico, per "sopra monti degli aromi" scrive e si può facilmente leggere "in alto entrerò con il corpo a stare ad abitare nei cieli e nel Vangelo di Giovanni Gesù annunciò alla Maddalena la sua prossima ascensione che San Luca racconta alla fine del suo Vangelo e con cui inizia il libro degli Atti degli Apostoli.

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