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DECRIPTAZIONE BIBBIA...

 
VISIONE SU ABELE, IL PASTORE GRADITO AL SIGNORE

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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ABELE PRIMOGENITO DI ADAMO? »
SI PREPARA LA TRAGEDIA »
CAINO E ABELE »
GIUDIZIO SU CAINO - PRIMA ISTANZA - INDAGINE E DIFESA »
GIUDIZIO SU CAINO - PRIMA ISTANZA - SENTENZA »
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ISAIA 52,13 - 53,12 - QUARTO CANTO DEL SERVO - TESTO E DECRIPTATO »
GENESI 4,1-26 - DECRIPTATO CON RIFERIMENTO AL MESSIA »

CONCLUSIONE
Secondo la Bibbia il primo uomo che morì nel mondo fu Abele.
Il libro della Sapienza annota (2,24): "la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo"; sottolinea cioè che:

  • l'omicidio di Abele fu mosso da invidia;
  • Caino era in quel momento invasato dal demonio.
Quel versetto del libro della Sapienza prosegue "...(della morte) fanno esperienza coloro che gli appartengono" come ha dire Abele non è morto, infatti, subito dopo: "Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero; la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza è piena di immortalità. Per una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé: li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi come un olocausto." (Sapienza 3,1-6)
La sintesi che si trae da questo episodio di Caino ed Abele è perciò ben tratteggiata da: "La vita dell'uomo è sacra perché è stata creata da Dio ed ha come scopo principale quello di tornare a Dio. Solo Dio è il Signore della vita dal suo inizio alla sua fine; nessuno, in nessuna circostanza, può rivendicare a sé il diritto di distruggere direttamente un essere umano innocente" (Catechismo Chiesa Cattolica n. 2258).

Concludo questa rivisitazione della figura di Abele andando a verificare le citazioni che lo riguardano nel Nuovo Testamento.
In modo esplicito si verifica in Mt. 23,25 / Lc. 11,51 ed in Ebrei 11,4 e 12,24.
Le prime due citazioni, in effetti, sono "sinottiche" e relative a quando Gesù (Mt. 23,35 / Lc. 11,49-51) ricorda Abele nelle invettive agli scribi e farisei ipocriti facendo intravedere che sono meritevoli di "guai" per la sorte che hanno riservato ai profeti e ricorda: "...ricada su di voi tutto il sangue innocente versato sopra la terra, dal sangue del giusto Abele..."
Nel discorso della montagna si trova però questo apoftegma: "Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi 'Non uccidere'; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna. Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono." (Mt. 5,20-24)
Se si considerano Caino e Abele prototipi di fratelli contendenti tale parola pare valida anche nella loro storia, come se di Caino non fosse stato gradito il dono perché in lite col fratello, mentre, per lo stesso criterio, Abele doveva aver cercato riconciliazione per eventi pregressi, magari per sconfinamenti del gregge nei campi di Caino.
Quel comando applicato testimonia la fede di colui che l'attua, perché "Non chiunque mi dice Signore, Signore, entrerà nel Regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli" (Mt. 7,21) e la lettera agli Ebrei (11,4) conclude: "Per fede Abele offrì a Dio un sacrificio migliore di quello di Caino e in base ad essa fu dichiarato giusto, attestando Dio stesso di gradire i suoi doni; per essa, benché morto, parla ancora."
C'è però un altro accenno nel Vangelo di Luca, nella celebre parabola del "figlio prodigo" (Lc. 15,11-32), ove il fratello "maggiore" è invidioso della grazia trovata presso il padre e il racconto nota "Il figlio maggiore si trovava nei campi" (Lc. 15,25a) il che fa ricordare il fratello maggiore di Abele.

La teologia che accosta il Cristo ad Abele è più sviluppata nella lettera agli Ebrei di cui appena sopra ho già riportato la citazione di Ebrei 11,4.
La critica moderna soprattutto per lo stile non ritiene tale lettera (scritta forse prima del 70 d.C., non cita la conquista di Gerusalemme) di Paolo, ma di un ebreo convertito.
Al riguardo c'è chi propende per Apollo di Alessandria citato negli Atti degli Apostoli (18,24-28): "Arrivò a Efeso un Giudeo, chiamato Apollo, nativo di Alessandria, uomo colto, versato nelle Scritture. Questi era stato ammaestrato nella via del Signore e pieno di fervore parlava e insegnava esattamente ciò che si riferiva a Gesù, sebbene conoscesse soltanto il battesimo di Giovanni. Egli intanto cominciò a parlare francamente nella sinagoga. Priscilla e Aquila lo ascoltarono, poi lo presero con sé e gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio. Poiché egli desiderava passare nell'Acaia, i fratelli lo incoraggiarono e scrissero ai discepoli di fargli buona accoglienza. Giunto colà, fu molto utile a quelli che per opera della grazia erano divenuti credenti; confutava infatti vigorosamente i Giudei, dimostrando pubblicamente attraverso le Scritture che Gesù è il Cristo."
Pare cogliersi che questo Apollo, cultore delle Scritture, arrivava a tratteggiare il Cristo e le sue vicende direttamente dalle Scritture come se in queste in qualche modo, come sostengo io in modo criptato con le lettere, vi fosse profetizzata TUTTA la sua storia.
Tale autore della lettera agli Ebrei sviluppa, infatti, un confronto tra Gesù e Abele: "Voi vi siete invece accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all'adunanza festosa e all'assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, al Mediatore della Nuova Alleanza e al sangue dell'aspersione dalla voce più eloquente di quello di Abele." (Ebrei 12,22-24).
La lettera agli Ebrei conclude ancora con un parallelo tra Cristo e il primo pastore: "Il Dio della pace che ha fatto tornare dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un'alleanza eterna, il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen." (Ebrei 13,20s)

a.contipuorger@gmail.com

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