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L'OPERA DELLE NOSTRE MANI
Prima della consegna della legge è ricordato dal testo volutamente da dove proveniva il popolo e precisamente: Levate le tende da Refidìm.
Refidim
,
essendo in ebraico
il radicale di "essere debole, infiacchire" e
"yadim" "le mani", può tradursi "mani fiacche", quindi il popolo aveva levato le tende da un "luogo dove ci si lascia cadere le braccia".
Cosa era accaduto?
Lì il popolo aveva, infatti, protestato.
Là pure si verificò il miracolo della roccia che battuta dal bastone di Mosè scaturì acqua.
Accadde poi che pure là subito dopo gli Amaleciti li attaccarono.
In quella occasione la battaglia risultava a favore d'Israele solo quando Mosè, seduto su un masso sulla cima di un colle, teneva sollevate le braccia in preghiera, aiutato in ciò da Aronne e da Cur.
In "Attorno al santuario vicino all'Oreb, la montagna di Dio" scrivevo più o meno quanto segue.
Rashì al riguardo di "in questo giorno", prendendo spunto dal Seder di Pesach commenta: "Ognuno di noi ha il dovere di considerare se stesso come personalmente presente nel giorno della promulgazione della Torah."
Il dire "In questo giorno" serve a far sentire tutti partecipi all'evento.
Il senso è che sei fai parte del popolo di Dio e sei un uomo libero, è perché devi arrivare "oggi" a ricevere nuovamente la Torah.
Tale discorso ci avvicina ad un luogo, a Massa e Meriba, a Meriba di Kades. Dice il Salmo: "Ascoltate oggi la sua voce: Non indurite il cuore, come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere. Per quaranta anni mi disgustai di quella generazione e dissi: Sono un popolo dal cuore traviato, non conoscono le mie vie; perciò ho giurato nel mio sdegno: Non entreranno nel luogo del mio riposo". (Salmo 95,8-11)
Il Midrash Mechiltà interpreta il nome "Refidim" come "Rafu Yedeem Min HaTorà" ossia in Refidim indebolirono le loro mani verso la Torah.
Secondo questa interpretazione la guerra contro Amalek e la sfiducia per mancanza d'acqua sono causati da un indebolimento di studio e osservanza della Torah detto "indebolimento delle mani", perché queste non compiono più le "mizvot", quando ciò che conta non è la pia intenzione, ma la loro attuazione.
Quello che conta nell'ebraismo, infatti, è l'azione e sono le mani che compiono le "mizvot"; è inutile proclamarsi favorevoli alla Torah a parole.
Questo è anche un pensiero cristiano: "Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità." (1Giovanni 3,18)
La guerra con Amalek è vinta, infatti, per un "rafforzamento" delle mani di Mosè che tiene, appunto, alte le mani con l'aiuto di due del popolo.
Il popolo allora lascia lo stato d'abbandono morale di Refidim e si pone nel deserto e "si accampò Israele di fronte al Monte "in grado così di ascoltare la Voce dell'Eterno che proclama la Legge.
Il popolo, infatti, a Mosè che proponeva le parole del Signore disse "Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!" (Esodo 19,8)
Ma ancora non basta!
Il popolo, infatti, non dice ancora che ascolterà.
Il solo "fare" può essere anche atto compiuto da mercenari.
L'ascoltare è condividere e, in libertà, fare ciò che s'è ascoltato implica di più, perché comporta un accoglimento, una comunione!
L'opera delle nostre mani è rafforzata dal Signore quando si opera il bene e con tale pensiero s'apre il concetto espresso nel Salmo 90 che per ben due volte mette in evidenza quell'opera: "Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio: rendi salda per noi l'opera delle nostre mani, l'opera delle nostre mani rendi salda." (Salmo 90,17)