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LETTERE EBRAICHE E CODICE BIBBIA...

 
CONOSCERE IL PADRE

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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FIGLI O CREATURE DI DIO? »
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LA CONOSCENZA DEL SIGNORE
Nel libro della Genesi, il primo della Bibbia, si trovano lunghe genealogie di patriarchi con i nomi dei loro figli ove per la durata delle loro vite sono proposti valori considerevoli in numero di anni, in genere oltre 900 per quelli che sono vissuti prima dell'evento del diluvio, durate comunque improponibili per la biologia dell'uomo per le condizioni di vita di quei tempi, fino poi ad arrivare ai valori più contenuti, durate che si riducono fino ai 175 anni con Abramo, e poi ancora, fino a quelle dei giorni odierni.
Su tali durate, penso che il progressivo ridursi della vita sia proposto per insinuare il pensiero che la causa relativa fu il progredire e dilagare del peccato; ma è solo ciò che vuole dire l'autore ispirato di quel libro?
Tali dati sono da riguardare forse anche sotto una particolare angolatura e vogliono illuminare qualche altro aspetto?
Sono reali o servono a schematizzare a spiegare ed esemplificare l'evolversi nel tempo della formazione di culture e di nazioni, tribù, lingue varie in tutto il mondo allora conosciuto?
È condivisibile perlomeno l'idea che quelle lunghe elencazioni forniscono informazioni orientative su quale fosse la conoscenza dell'autore ispirato degli eventi e delle influenze che le culture precedenti avevano portato ai fatti storici più "recenti" al momento cui voleva riferirli, nell'arco dei tempi ragionevoli di trasmissioni di tradizioni orali, avvenute nella migrazione, formazione e interrelazione dei popoli.

Il calendario ebraico, usato nella liturgia e nello Stato d'Israele, in base alle indicazioni della Bibbia dedotte dalle genealogie di Adamo (Genesi 5) e di Noè (Genesi 11), conta gli anni dalla data della "creazione" del mondo e dell'uomo, che la tradizione rabbinica deduce come avvenuta nel 3.760 a.C.; ossia, per la tradizione rabbinica Adamo sarebbe stato creato il primo giorno del mese di Tishri corrisponderebbe al 6 ottobre del 3.760 a.C. e non esistendo l'anno zero, l'1 d.C. è il 3761 dalla creazione e... il nostro 2015 è l'anno ebraico 5775.
Certamente questa data della "creazione" oggi appare improponibile come verità scientifica, perché per l'antropologia e per la biologia ben assai prima di 6.000 anni fa l'uomo è apparso sulla terra.
Che resta allora da dedurre da tale informazione?

L'autore sacro in base alle sue conoscenze, sia pure ispirate, informa che in quell'epoca circa 6.000 anni orsono per lui certamente ci fu una prima illuminazione dell'umanità essenziale per lo sviluppo completo ulteriore dell'uomo e che fu poi la premessa necessaria alla storia del popolo d'Israele.
Il racconto del libro della Genesi porta a ritenere che per la prima volta, nel 3.760 a.C., da parte di Adamo, ossia di una prima coppia, maschio - femmina di esseri umani, scelti dalle creature e dagli elementi della terra, fu acquisita nel profondo del loro essere in modo sensibile e concreto la testimonianza dell'esistenza di un Dio Unico.
Da tale verità furono formati, quindi "creati" come progenitori di una nuova specie, quella dei credenti in un unico creatore del cielo e della terra e di tutto quanto contiene, mentre il resto dell'umanità al riguardo viveva ancora nell'oscurità del vero.
Quella fede certa fu la luce della nuova "creazione".

Questa prima coppia, secondo il racconto biblico, poi evidentemente raccontò d'essere stata posta in un luogo particolarmente favorevole a far crescere al meglio la specie, il Gan Eden o Paradiso Terrestre.
Questa prima coppia di creature umane fu quella che dai fatti che gli accadde compresero d'essere figli di Dio, mentre tutto il resto del mondo esistente era su un altro livello e pensava agli dei, alla superstizione, alla magia bianca e nera e a riti di sciamani.
I progenitori che ritennero d'essere vissuti in un territorio mitico nel Giardino dell'Eden un tempo non breve, anche se non definito, alla scuola del Signore, intendono far sapere che hanno avuto accesso alla sua conoscenza diretta, ma interrotta bruscamente a seguito della loro stessa decisione d'indipendenza che in definitiva prevalse, come adeguamento al mondo circostante che si presenta loro come un serpente tentatore.
Tutti i figli della coppia nacquero dopo la "cacciata", e la raccontarono in forma "midrashica" ai loro figli e figlie che poterono sentire e conoscere del Signore solo quanto fu riferito loro.

Dall'episodio di Caino e Abele è poi chiaro che l'educazione data dai genitori ai due fu riconosciuta dagli stessi che era stata piena di falle, visto come l'onorare il Signore almeno da parte di Caino era basato su un criterio falso.
Tale fatto comunque segnala che Adamo ed Eva, i primi che ebbero in embrione il dono della fede in un Dio Unico, avevano cominciato a comprendere il proprio errore e avevano suggerito ai figli di cercare di ringraziarsi Dio in qualsiasi modo, perché evidentemente poi avevano compreso che il buon esito della riuscita nella vita era in qualche modo di aderire di nuovo al Signore e sfuggire all'influenza del demonio tentatore che aveva influenzato i comportamenti degli uomini e anche di loro stessi.
Il Signore parlò a Caino prima dell'assassinio del fratello (Genesi 41-16) chiedendo di dominare l'istinto cattivo.
Caino era troppo indurito per mutare il proprio atteggiamento e avvenne che mentre i due erano "in Campagna ", posseduto dall'ira provocata dall'invidia uccise il fratello Abele ritenendo che Dio lo preferisse a lui.
Quella "campagna", nel testo ebraico, in effetti, è la steppa "shadoe" , parola in cui spicca evidente l'intenzione dell'autore di far presente la possessione demoniaca da parte di Caino.
"Shed" , infatti, è "demonio, spirito maligno" (come in Deuteronomio 32,17 e Salmo 106,37), quindi "in Campagna ", sta a velare il fatto che "dentro il demonio gli entrò ."
Dio, come aveva fatto col serpente, maledisse Caino, ma lo segnò per evitare la vendetta e ne sancì la condizione di ramingo e fuggiasco.
Alla nascita di Set (Genesi 5) è segnalato che "'Adam" aveva 130 anni e che poi visse altri 800 anni, per un totale di complessivi anni 930 ed, ecco, ebbe ancora una pienezza di tempo, 800 anni, per pentirsi.
A Set, all'età di 105 anni, nacque il primogenito Enos e il testo sacro segnala: "A quel tempo si cominciò a invocare il nome del Signore." (Genesi 4,26)

L'uomo aveva preso atto dell'impotenza contro l'avversario che l'aveva intrappolato facendolo aderire all'idea pagana del mondo che lo schiavizzava e si rendeva conto dell'errore fatto e di come dura era la vita senza che fosse operante l'alleanza con Dio, l'unico capace di vincere quello spietato avversario che opera con un'energia pervicacemente ribelle al Signore.
La prima coppia non avendo saputo dominare l'istinto non mise a frutto come doveva questa verità, che Dio c'è ed è Unico, ma pur se poi fu caccia da quel luogo, ebbe vari discendenti, buoni come Enoch, Matusalemme e Noè assieme a cattivi, come la discendenza di Caino, (Genesi 4) ...finché venne il diluvio.

In particolare Enoch, l'ottavo dei primogeniti a partire da Adamo, nato, come si deduce dal testo, quando Adamo aveva 622 anni, trovò grazia presso Dio e il testo annota: "Enoch camminò con Dio; dopo aver generato Matusalemme, visse ancora per trecento anni e generò figli e figlie. L'intera vita di Enoch fu di trecentosessantacinque anni. Poi Enoch cammino con Dio e non fu più perché Dio l'aveva preso." (Genesi 5,22-25)

Quando accade tale evento che fa intravedere un'apertura di Dio a concedere il perdono, purtroppo Adamo era morto da 57 anni (622+365-930), ma Set era ancora vivo e sarebbe vissuto altri 55 anni.
La fede nel Dio Unico, pur con tutti gli errori e le limitazioni frapposte, cominciava a dare anche qualche buon frutto e il Signore, col prendere con se Enoch, evidentemente intese far scorgere come il bagliore di un nuovo possibile giorno invitando a seguire i buoni esempi in modo che i patriarchi potessero accendere una speranza nelle generazioni. Enoch, quindi, era profeta, aveva parlato con Dio e aveva accolto la Sua volontà.

La lettera di Giuda (15) suggerisce che Enoch avrebbe avvertito quelli della sua generazione che il Signore sarebbe venuto: "...con migliaia e migliaia dei suoi angeli per sottoporre tutti a giudizio, e per dimostrare la colpa di tutti riguardo a tutte le opere malvagie che hanno commesso e a tutti gli insulti che, da empi peccatori, hanno lanciato contro di lui", giudizio che di fatto comportò poi la venuta del diluvio.

Seguendo quanto propone la Bibbia si può poi ricostruire che il diluvio, da intendere come preannuncio profetico della propensione di Dio al perdono, ci fu nell'anno 1656 dalla nascita d'Adamo, quindi, appena nel 2104 a.C.

Secondo il versetto Genesi 7,6: "Noè aveva 600 anni, quando venne il diluvio, cioè le acque sulla terra".
(Vedi: "Cosa nasconde il racconto di Noè e del diluvio?")

Questo diluvio, pur se si collega ad antiche credenze e miti, in effetti, è un "midrash"ico, vale a dire una ricerca "daresh" , "aiuta la testa ad illuminarsi ", ossia, in definitiva, è una parabola che intende palesare l'intenzione divina di usare la propria misericordia con gli uomini.
Questi non saranno considerati più solo colpevoli da punire, ma tutti potenzialmente figli di un solo uomo nuovo Noè, tanto è vero tutti gli altri col diluvio muoiono.
Le successive generazioni, allora, sono tutte figlie di Noè, che fu trovato giusto davanti agli occhi del Signore; infatti. si legge in Genesi 6,9: "Noè era uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio."

Questa è profezia di qualcosa che deve avvenire e Noè è il "giusto" che deve giustificare tutti.
Il racconto palesa la misericordia "racham" del Signore che è come "l'utero" di una madre, infatti, tale è anche il significato di "racham" , "corpo che racchiude la vita - acqua ", capace di creare un uomo nuovo che sarà profezia di una generazione futura di figli, i coeredi di Cristo.
Le viscere di misericordia "rachamim" ossia l'essere proprio del Signore in modo criptico erano state preconizzate come + il cui Spirito "ruach" era sulle acque "maim" al momento della creazione come dice: "In principio Dio creò il cielo e la terra... lo spirito di Dio aleggiava sulle acque ." (Genesi 1,1s)

Il diluvio, sotto tale aspetto prefigura, allora, un evento futuro che Dio intende realizzare, anzi è in corso a partire dalla venuta del Cristo, una nuova creazione da cui verranno "nuove creature", "i coeredi di Cristo".
Noè dopo il diluvio visse 350 anni (Genesi 9,28) e morì nell'anno assoluto 2006.
Il 10° primogenito a contare da Noè fu Abram cui Dio si rivelò quando aveva 75 anni; era allora il 2023 ossia 17 anni dopo la morte di Noè.
Abramo, quindi, ebbe tutto il tempo di ricevere insegnamenti da quel giusto.
Il libro della Genesi si sofferma a precisare come il Signore si fece conoscere direttamente dai patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe.
Gli altri quattro libri della Torah, a partire da quello dell'Esodo, informano come ci fu la rivelazione e quindi la conoscenza diretta di Dio da parte di un intero popolo con cui fece una prima alleanza dopo averli salvati dalla schiavitù del faraone, figura di ogni forma di schiavitù, compresa quella atavica esistenziale al servizio del nefasto serpente che è rappresentato come serpente ureo sulla testa dei faraoni e che è sintetizzato nella lettera ebraica "lamed" che graficamente corrisponde alla "rosh" con sopra una energia .
(Vedi: "Il vestito di Adamo")


Nell'articolo "La durata della Creazione" ho messo in evidenza che l'inizio del 7° giorno della creazione ha coinciso proprio con la consegna della Torah a Mosè, 50 giorni dopo il passaggio del Mar Rosso; cioè Dio, con la teofania a Mosè, e con i lampi e tuoni che videro gli Ebrei sotto il Sinai, che rappresentano il segno dell'inizio della luce del 7° giorno, riparlò agli uomini con la Torah che consegnò agli Ebrei con il dono della scrittura sacra.

Grazie a queste Sacre Scritture, sviluppate poi dai profeti e con altri scritti, si può arrivare a una prima conoscenza del Signore, del resto "Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona." (2Timoteo 3,16)

Il Signore, infatti, fece una prima alleanza eterna col popolo d'Israele, inalienabile che resta piena di effetti e il Signore stesso poi interverrà nella vita di quel fedele che ardentemente lo desidera e gli si rivelerà nel corso della vita in un modo personale e totale.
Finì, così, la collera del Signore e iniziò il 7° giorno in cui terminerà la creazione che Dio aveva preparato nei sei giorni precedenti e porterà alla fine colui che l'ha intralciata.
La conoscenza del Signore che hanno avuto i patriarchi e poi Mosè e il popolo d'Israele e i profeti è stata acquisita sempre e solo per iniziativa dello stesso Signore, vale a dire per rivelazione in modi diversi, nel roveto, sul Sinai, in sogni e visioni personali.

Il prologo del Vangelo di Giovanni 1,17 ci dice: "Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo."
Il che suggerisce che la verità in pienezza non era stata ancora rivelata in modo esteso, come pure non era stata aperta e rivelata da Dio la porta attraverso cui gli uomini possono ottenere da Lui la grazia che attendono.

Tutto era in preparazione di una rivelazione che si sarebbe dovuta realizzare al momento opportuno che Dio stava preparando, momento definito nelle lettere di San Paolo come "pienezza del tempo o dei tempi" di cui si parla in Efesini 1,10; Galati 4,4 e Ebrei 9,26.

Dio, il Padre creatore, mosso dalla Sapienza dell'amore, avendo dato luogo alla creazione attraverso il proprio Verbo, definito il "Figlio Unigenito", finalmente l'inviò in terra per farsi conoscere, infatti, tutto ciò che è possibile conoscere di Dio da parte degli uomini s'identifica nel conoscere il Figlio manifestatosi in Cristo Gesù che, appunto, con autorità ebbe a dichiarare: "Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare." (Matteo 11,27; Luca 10,22)

Il Vangelo di Giovanni pure nel Prologo, infatti, al riguardo, ricorda: "Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato." (Giovanni 1,18)

S'è creata quindi una via preferenziale per gli uomini di conoscere il proprio Creatore e per godere la propria intimità con Lui divenendo figli della Chiesa di Gesù Cristo.

Sant'Ireneo del II secolo, vescovo di Lione, nel trattato "Contro le eresie" scrive sulla manifestazione del Figlio è la conoscenza del Padre: «Nessuno può conoscere il Padre senza il Verbo di Dio, cioè senza la rivelazione del Figlio, né alcuno può conoscere il Figlio senza la benevolenza del Padre. Il Figlio, poi, porta a compimento la benevolenza del Padre; infatti il Padre manda, mentre il Figlio è mandato e viene. Il Verbo conosce il Padre, per quanto invisibile e indefinibile per noi, e anche se è inesprimibile, viene da lui espresso. A sua volta, poi, solo il Padre conosce il suo Verbo. Questa mutua relazione fra le Persone divine ci è stata rivelata dal Signore. Il Figlio con la sua manifestazione ci dà la conoscenza del Padre. Infatti, la conoscenza del Padre viene dalla manifestazione del Figlio: tutto viene manifestato per mezzo del Verbo. Ora il Padre ha rivelato il Figlio allo scopo di rendersi manifesto a tutti per mezzo di lui, e di accogliere nella santità, nell'incorruttibilità e nel refrigerio eterno coloro che credono a lui. Credere a lui, poi, è fare la sua volontà. Il Verbo per la sua stessa natura rivela Dio creatore, per mezzo del mondo il Signore creatore del mondo, per mezzo della creatura l'artefice che l'ha plasmata, e per mezzo della sua condizione di Figlio rivela quel Padre che ha generato il Figlio. Certo tutti discutono allo stesso modo queste verità, ma non tutti vi credono allo stesso modo. Così il Verbo predicava se stesso e il Padre, per mezzo della Legge e dei Profeti, e tutto il popolo ha sentito allo stesso modo, ma non tutti hanno creduto allo stesso modo. Il Padre era manifestato per mezzo dello stesso Verbo reso visibile e palpabile, quantunque non tutti vi credessero allo stesso modo; ma tutti videro il Padre nel Figlio: infatti, il Padre è la realtà invisibile del Figlio, come il Figlio è la realtà visibile del Padre. Il Figlio, poi, mettendosi al servizio del Padre, porta a compimento ogni cosa dal principio alla fine, e senza di lui nessuno può conoscere Dio. Conoscere il Figlio è conoscere il Padre. La conoscenza del Figlio viene a noi dal rivelarsi del Padre attraverso il Figlio. Per questo il Signore diceva: "Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare." (Matteo 11,27). "Lo voglia rivelare": infatti, non fu detto soltanto per il futuro, come se il Verbo abbia cominciato a rivelare il Padre quando nacque da Maria, ma vale in generale per tutti i tempi. Infatti, fin da principio il Figlio, vicino alla creatura da lui plasmata, rivela a tutti il Padre, a chi vuole, quando vuole e come vuole il Padre. La nostra fede è questa: In tutto e per tutto non c'è che un solo Dio Padre, un solo Verbo, un solo Spirito e una sola salvezza per tutti quelli che credono nel Dio uno e trino.»

Ecco che la via tracciata da Gesù Cristo per arrivare al Padre è una sola ed è proprio e solo se stesso, che ha detto: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre..." (Giovanni 7,6s)

Importante su questo tema è la Dichiarazione "Dominus Iesus" sull'unicità e l'universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa, emessa il 6 agosto 2000 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede a firma dell'allora prefetto della Congregazione, il cardinale Joseph Ratzinger poi dal 19 aprile 2005 al 28 febbraio 2013 papa col nome di Benedetto XVI.

Non servono discorsi che s'inerpicano sulle montagne della teologia e della filosofia, ma occorre affidarsi fiduciosi al Signore come dice il Salmo 131: "Signore, non si esalta il mio cuore né i miei occhi guardano in alto; non vado cercando cose grandi né meraviglie più alte di me. Io invece resto quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è in me l'anima mia. Israele attenda il Signore, da ora e per sempre."

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