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LETTERE EBRAICHE E CODICE BIBBIA...
IL KÉRIGMA DI CRISTO RISORTO NELL'ANTICO TESTAMENTO
di Alessandro Conti Puorger
I TESTIMONI
Il "cristianesimo", secondo le Sacre Scritture del Nuovo Testamento (N.T.) ha una precisa data di "nascita", quella della prima manifestazione pubblica della Chiesa degli apostoli che, come è noto, avvenne a Gerusalemme.
Il libro degli Atti degli Apostoli informa che tale manifestazione ci fu il giorno di "Pentecoste" dello stesso anno in cui a Gerusalemme Gesù di Nazaret fu processato da Ponzio Pilato e condannato alla crocifissione.
Ponzio Pilato era il quinto prefetto romano della prefettura della Giudea, in carica tra gli anni 26 e 36, ed ormai è opinione comune che la Pasqua di Gesù sia avvenuta l'8 aprile 30 d.C..
Tenuto conto che la prima manifestazione della Chiesa fu in concomitanza della Pentecoste ebraica di quel anno, 50 giorni dopo la Pasqua, nel primo giorno di una settimana, quello che oggi è detto Domenica, la data dell'evento "Cristianesimo" può individuarsi per il 28 maggio del 30 d.C..
Nell'ebraismo la Pentecoste o festa delle settimane, detta di "Shavuot", è celebrata sette settimane dopo la Pasqua ebraica, iniziando a contare dal secondo giorno di Pasqua, il 16 di Nisan.
La festività di Pentecoste nell'ebraismo è legata alle primizie del raccolto ed alla teofania sul Monte Sinai, dove Dio donò la Torah al popolo ebraico ed è una delle tre feste, assieme alla Pasqua ed a quella delle Capanne o "Sukkot", dette "Shalosh regalim", perché comportano il pellegrinaggio a Gerusalemme.
Essendo appunto in corso una festa di pellegrinaggio erano convenuti a Gerusalemme da tutte le parti anche da fuori la Palestina, come sottolinea il libro degli Atti degli Apostoli quando specifica che vi si trovavano assieme: "Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi". (Atti 2,9-11)
Dopo l'evento pasquale, per 40 giorni prima che il Signore risorto ascendesse al cielo, furono in molti degli apostoli e dei discepoli a vederlo.
Questi, uniti dalla stessa esperienza, s'adunavano in preghiera nella prima "domus Ecclesiae", il cenacolo dell'ultima cena.
La sera del 28 maggio del 30 d.C. erano circa 120 (Atti 1,15) e lì ci fu una potente manifestazione dello Spirito.
Così è narrata dal libro degli Atti degli Apostoli: "Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo..." (Atti 2,1-4)
Quel gruppo di 120 persone, tra cui c'erano i 12, riconosciuti come testimoni affidabili, era l'embrione della Chiesa.
Pietro, infatti, aveva cooptato un discepolo a sostituire Giuda Iscariota che nel frattempo s'era suicidato.
Definì con le seguenti caratteristiche dell'apostolo tipo: "Bisogna dunque che, tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto fra noi, cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo, uno divenga testimone, insieme a noi, della sua risurrezione." (Atti 1,21s)
Condizione essenziale della scelta fu quindi l'essere in grado di essere testimoni della risurrezione di Gesù per averne fatto esperienza col corpo e con la spirito, perché solo avendo cambiato il proprio cuore si può incidere sulla vita di altri uomini a cui si è mandati.
Secondo il Talmud, infatti, solo "Le parole che escono dal cuore, giungono al cuore" e il cuore di Gesù Cristo aveva effuso tutto il suo amore come poterono constatare vedendo aperto il cuore del Risorto per loro.
Paolo di Tarso, già nemico e persecutore della Chiesa di Cristo, avuto un incontro col Risorto fu a testimoniarlo e lo fece con quello che è definito un Kérigma: "Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono l'infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio." (1Corinzi 15,3-9)
Quella manifestazione della prima Pentecoste cristiana con lingue di fuoco, avvenuta nel cenacolo, pare proprio stare ad indicare che quel gruppo di persone là convocate, definita la Chiesa nascente, è da considerare come il nuovo "roveto ardente" che Dio propone al mondo alla stregua di quello che XIII secoli prima aveva fatto nei riguardi di Mosè.
Gli apostoli, testimoni della resurrezione, come il nuovo Mosè sono chiamati a far uscire l'umanità intera dalla terra del peccato e della morte per portarla alla porta della terra Promessa, consegnandola così a Gesù per il seguito del viaggio di ritorno a Dio.
Lui Gesù è la vera la porta, la porta delle pecore: "In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore... Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo." (Giovanni 10,7-9)
È quindi la Chiesa il posto fisico che il Signore ha eletto come suo Tempio, capace di costituire veicolo di teofania per tutti quelli che s'avvicinano a vedere quanto vi si manifesta.
Tale accostamento induce ad una serie di considerazioni.
Gli apostoli e i discepoli sono la materia prima che sprigiona un fuoco, il fuoco è del Signore e Lui, il Signore, è con loro.
Considerato che "il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava" (Esodo 3,2), ne consegue che, del pari, si può pensare che anche quel fuoco, che scaturisce dalla Chiesa, non si spengerà.
Ciò è in perfetta linea col mandato di Gesù che assicura la vittoria sul male: "E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli". (Matteo 16,18s)
Il combustibile eterno è lo Spirito Santo, l'amore che ha preso sede nel cuore dei fedeli, perché "forte come la morte è l'amore, tenace come il regno dei morti è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma divina! Le grandi acque non possono spegnere l'amore né i fiumi travolgerlo." (Cantico 8,6s)
Spinti dal vento dello Spirito quei 120 uscirono dal "Cenacolo" e nelle piazze si misero a parlare con lingue comprensibili a tutti, anche agli stranieri, ed ecco che "Tutti erano stupefatti e perplessi, e si chiedevano l'un l'altro: Che cosa significa questo? Altri invece li deridevano e dicevano: Si sono ubriacati di vino dolce." (Atti 2,12s)
Pietro in mezzo agli 11 prese la parola e dopo aver chiarito che il profeta Gioele (3) annunziava proprio per quegli ultimi tempi l'evento di una chiara effusione dello Spirito profetico, la prima cosa che proclamò fu: "Uomini d'Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nazaret - uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene - consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l'avete crocifisso e l'avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere." (Atti 2,22-24)
Questo fu il primo "Kérigma" che aprì la strada al Cristianesimo.
Il Kérigma porta al battesimo chi l'ascolta e l'accoglie.
La conclusione di quel primo annuncio ebbe un risultato prodigioso.
"Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno furono aggiunte circa tremila persone." (Atti 2,41)
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