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SAN GIUSEPPE...

 
GIUSEPPE, PADRE NELLA FEDE DEL FIGLIO DI DAVIDE

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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GESÙ VERO UOMO
La conoscenza di Dio prospettata nell'Antico Testamento non è solo questione speculativa o di ragione, ma l'uomo nella sua interezza - carne, anima e spirito - nella libertà, vi accede inoltrandosi in un cammino spirituale.
Tale cammino di fatto è pari a un "fidanzamento", soli... nel "deserto" con Dio come fece l'antico Israele, nel corso del quale si matura amore, rispetto e conoscenza fino al livello d'adesione completa e volontaria, il sì matrimoniale a Dio, ove è espresso esplicitamente il desiderio della personale trasformazione, necessaria per la propria creazione che Dio stesso, a sì ricevuto, è pronto a completare in quanto la libertà personale che viene coinvolta e chiamata in gioco Dio non la vuole costringere.

Ora, per il cristiano è verità di fede che Gesù è vero Dio e vero uomo, vale a dire ha in pienezza sia la natura umana, sia la natura divina.
L'umana, in effetti, è quella dell'uomo primigenio di cui parla il libro della Genesi nei capitoli 1-3, prima della trasgressione, quindi, senza peccato "originale".

Gesù, invero, per volontà decisionale divina ha preso sulle proprie spalle tutte le conseguenze del peccato come se anche lui l'avesse compiuto tanto che, come ogni uomo, ma ingiustamente, subì la "morte", addirittura per mano degli stessi uomini e con un massimo d'atrocità.
È quindi da ritenere che per decisione celeste nessun vantaggio rispetto agli altri uomini ebbe a godere nella sua vita terrena dell'avere anche la natura divina.
Se Gesù avesse avuto la prescienza come uomo, vale a dire conoscenza a priori d'essere Dio, sarebbe come un eroe, un semidio dei pagani e il proprio sacrificio spontaneo parrebbe una pantomima, ma in senso umano, come spetta a ogni uomo, accettò la fede e la maturò nel tempo prima del sacrificio finale sulla croce.
È vero Gesù è "autore e perfezionatore della fede" (Ebrei 12,2), autore come Dio che ha fatto nascere l'ebraismo e perfezionatore perché ha presentato il credente che rispetta i comandamenti fino a mettere in secondo piano la propria vita perdonando i propri uccisori tanto che da Lui la fede stessa ha preso vigore e ha aperto orizzonti non praticati come l'amore al nemico.
Quale vero uomo però non avrebbe potuto accendersi da solo la fede, perché questa è frutto di un'iniziazione, di una maturazione e di una rivelazione di qualcuno già acceso e non dipendente da sapienza terrena.
In Gesù, quale uomo, pare, infatti, potersi scorgere dai Vangeli che ebbe a crescere in modo graduale la fede d'essere Figlio di Dio.
Al riguardo, propongo questa sequenza di fatti:

  • a 12 anni ripeteva e, sembrava una profezia, quello che stava evidentemente imparando per la "bar" "mitzvah" ossia per divenire "figlio del precetto"; infatti, ai genitori che lo "trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava" disse "...Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?" (Luca 2,49); del resto Dio in Esodo 13,2 aveva prescritto "Consacrami ogni primogenito" e certamente come "figlio del precetto" ne avrà considerato i vari aspetti;
  • ormai da adulto, maturata la fede fino a sentire una chiamata, forse a 33 anni, al momento del battesimo nel Giordano, che segna l'inizio del ministero terreno, udì una voce dal cielo, come segnala il Vangelo di Luca 3,21-23 (Matteo 3,17 e Marco 1,11): "Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento. Gesù, quando cominciò il suo ministero, aveva circa trent'anni ed era figlio, come si riteneva, di Giuseppe...";
  • fu quindi portato dallo Spirito Santo nel deserto ove fu messo alla prova e superò le tentazioni come precisano i Sinottici e queste tentazioni le superò da vero uomo e non perché fosse anche Dio; anzi il demonio gli pone il dubbio..." se sei figlio di Dio" (Matteo 4,3.6);
  • prima della "passione" la sua fede era divenuta salda e certa, come risulta da questo brano del Vangelo di Giovanni: "Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita" (Giovanni 13,1-4).
L'essere vero uomo comporta che deve aver subito tutte le conseguenze che lo legano alla natura umana, ivi compreso il fatto che se pur con l'intelligenza disposta all'apprendimento al massimo livello, per giustizia, almeno una volta deve pur aver ricevuto l'intero insegnamento della Torah da un altro uomo.

I Vangeli al riguardo segnalano (Matteo 13,54s; Marco 6,2s) "...venuto nella sua patria insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli? Non è egli forse il figlio del carpentiere?" e quel carpentiere era Giuseppe.

Per la gente comune un figlio di carpentiere poteva non avere una grande istruzione nelle Sacre Scritture, ma Giuseppe che fa il falegname e si guadagna onestamente da vivere col lavoro delle proprie mani oltre che "uomo giusto" è pure un discendente davidico, ossia tra i suoi antenati annovera dei re d'Israele.

Nell'iconografia gli artisti in genere gli mettono in mano un bastone fiorito a significare che era stato prescelto da Dio per un incarico del singolare, come lo fu Aronne scelto per il servizio del Tabernacolo (Numeri 17,16-26).
Del resto sul tema dell'istruzione di Gesù anche il Vangelo di Giovanni riporta gli interrogativi della gente: "Quando ormai si era a metà della festa, Gesù salì al tempio e vi insegnava. I Giudei ne erano stupiti e dicevano: Come mai costui conosce le Scritture, senza avere studiato?" (Giovanni 7,14s)
Questo versetto segnala che per i farisei che tenevano tali scuole era certo che Gesù non aveva seguito studi rabbinici particolari, ma i Vangeli ciò nonostante segnalano che lo chiamavano "Rabbi, Rabbunì e Maestro" sia i propri discepoli, sia scribi, farisei e i dottori della legge.
Si trova, infatti, così chiamato in:
  • Vangelo di Matteo, 8,18; 9,11; 12,38; 17,24; 19,16; 22,16.24.30; 23,7.8.10 e 26,17.25.49;
  • Vangelo di Marco, 4,38; 5,35; 9,5.17.38; 10,17.20.35.51; 11,21; 12,14.19.32; 13,1 e 14,14.45;
  • Vangelo di Luca (lo chiamano solo Maestro) 5,5; 7,40; 8,24.45.49; 9,33.38.49; 10,25; 11,45; 12,13; 17,13; 18,18; 19,39; 20,21.28.39; 21,7 e 22,11;
  • Vangelo di Giovanni, 1,38; 3,1; 6,8; 11,28; 13,13-14 e 20,16.
Sono in particolare da segnalare i seguenti versetti in cui Lui stesso dice:
  • Matteo 23,10 - "E non fatevi chiamare "maestri", perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo."
  • Giovanni 13,13 - "...mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono."
Che dire al riguardo del come acquisì umanamente la dottrina se non ricordare proprio la preghiera dello "Shema'" che fa comprendere come ebbe a iniziare la sua istruzione: "Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do', ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte." (Deuteronomio 6,4-9)

Nell'ebraismo i genitori avevano e hanno il dovere d'insegnare ai figli, fino al "bar mitzvah", comandamenti, gesti e i riti culturali della loro fede per cui è da ritenere che Gesù ebbe dai genitori terreni il giusto insegnamento e in particolare dal carpentiere, il "tecton" Giuseppe, rampollo di eminenti re, cultori della parola, quali Salomone, Ezechia e Giosia che con i sacerdoti dei propri tempi furono tenutari delle Sacre Scritture, come risulta da vari brani dei libri delle Cronache e dei Re che sapevano leggere in tutti i modi.
Del resto Gesù è ebreo e la sua fede è ben radicata nell'ebraismo di Giuseppe cui era stato affidato e conosce perfettamente tutte le norme e i dettagli.
Giuseppe, insomma, accese il primo fuoco della fede in Gesù per incarico di Dio Padre conseguente alla scelta che fosse sposo di Maria allo scopo di ben radicare nell'ebraismo il Figlio; perciò Giuseppe assieme a Maria sua sposa a pieno titolo sono da considerare padri e madri nella fede dell'uomo Gesù di Nazaret.

Giuseppe e Maria che secondo i Vangeli di Matteo e di Luca entrambi avevano avuto annunci dagli angeli di Dio erano, peraltro praticanti e ben accesi nella fede d'Israele, in grado, quindi, d'illuminare e accendere, per quanto umanamente serviva, il figlio messo nelle loro mani e così evidentemente fecero.
Si può allora concludere che Giuseppe, padre putativo, per aver sposato la fidanzata Maria incinta per opera dello Spirito Santo, diviene padre vergine di Gesù visto che ha inserito correttamente il figlio ricevuto in dono sia, come vedremo, nella discendenza davidica, sia nella fede d'Israele.
(Vedi: "San Giuseppe - Vergine padre")

Gesù si appella alle Sacre Scritture e con autorità ai contemporanei che lo contestano sostiene: "Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita... Se, infatti, credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?" (Giovanni 5,39-47)

E allora da ritenere che approfondì le Sacre Scritture fin da fanciullo sotto la guida dei genitori e che abbia frequentato regolarmente dopo la "bar mitzvah" i riti sinagogali onde come ebreo ligio e osservante ne avrà discusso con parenti e amici e le scrutò attentamente in modo personale tra le pareti domestiche, andando alle radice del messaggio delle stesse ed estraendone un'universalità non altrettanto palese per tutti i coetanei, forte nel pensiero che l'amore di Dio non fa preferenze di persone.

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