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di Alessandro Conti Puorger
 
 

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IL CRISTO ETERNO
Nel mondo laico si dibattono due tesi: Cristo storico o Cristo mito.
Coppia di sottotesi poi è: il Cristo del mito ha trovato un personaggio reale che lo incarnasse totalmente o su un personaggio storico si è fatto calare anche con forzature l'intero personaggio del mito.
Tali idee peraltro si dibattono e si combattono tra loro sin dalle origini del cristianesimo e in lungo e in largo sono state approfondite le varie tesi in modo variamente felice.
Certamente è da supporre che anticamente un'idea extrabiblica di un salvatore dell'umanità fosse un poco in tutte le culture.
La posizione cristiana è che il Cristo è un personaggio in carne e ossa, vissuto in uno specifico periodo storico, ma questo personaggio, e qui v'è l'aggancio al Cristo eterno, era profetizzato nelle Sacre Scritture, dette Bibbia.
Questo testo era allora scritto in ebraico senza segni di vocalizzazione, ma vi erano anche traduzioni in greco, che però sono solo una foto, un aspetto perché molto di più c'è nell'originale ebraico.
I più attenti esegeti cristiani, seguendo passo per passo il testo biblico, sono in grado di riferire in modo più o meno calzante tanti versetti alla figura del Cristo storico manifestatosi nel personaggio Gesù di Nazaret, vissuto 2000 anni fa, ucciso in croce, ma risorto dai morti.
Ciò è fatto con particolare riguardo al testo in greco detto "Septuaginta" o al testo ebraico della Tenak che ormai ha l'indicazione della vocalizzazione delle consonanti ebraiche nelle varie parole secondo una lettura tradizionale che si fa nella liturgia sinagogale.
Il fatto che sono o sarebbero molte le profezie più o meno esplicite che si possono attribuire a Gesù, il Cristo, fa pensare che latente nel testo biblico, non scritto da una sola mano, ma da più autori e in un arco di almeno 1000 anni, ma con unico "ispiratore", v'è tracciata la figura del Cristo eterno, il Messia.
I testi più antichi ebraici, peraltro, possono consentire separazioni in parole diverse di quelle considerate dai testi della tradizione e significati diversi alle parole se si cambiano rispetto a quelle lette usualmente alcune vocali che in origine mancavano totalmente.
C'è poi un alone arcano sulle singole lettere ebraiche che le fanno considerare principi archetipi con significati intrinseci capaci di descrivere come una scene l'episodio in modo molto più efficace di una singola parola, perché la lettera-icona evoca una più ampia sfera di idee.
La traccia esteriore delle lettere ebraiche, cioè la loro forma grafica, volutamente conserva l'ombra, a modo appunto d'icona, di un significato più ampio, come un embrione di geroglifico.
D'altronde l'alveo dell'origine delle scritture senza vocali è l'egiziano antico e la tradizione biblica dice di sé che è nata in Egitto.
Da queste semplici considerazioni è scaturita l'idea che gli autori dei testi sacri adottassero una tecnica raffinata nell'uso delle parole e delle lettere ebraiche in grado di produrre testi che avessero un senso secondo una lettura tradizionale, ma che per gli iniziati fossero in grado di significare anche altro, attraverso una lettura con regole semplici ricorrendo pure ai significati intrinseci delle lettere.
Il testo sottostante avrebbe però come soggetto il tema fondamentale, proprio quello del Cristo eterno, di cui era attesa l'incarnazione, insomma il Messia dei cristiani.
Sono partito da una intuizione, un lampo tanti anni fa, mi pare nel 1980.
Vidi, veramente, per la prima volta le lettere ebraiche in un "Seder lePesach", cioè un libro che contiene l'ordinamento ebraico per la festa di Pasqua.
Qualcosa si mosse in me.
Per me fu certo oltre che lettere erano messaggi grafici.
Poi mi sono portato sulla strada meticolosa della sperimentazione e ad anni di verifica, passo, passo come per scalare una montagna.
È come costruire un grande puzzle, il risultato è frutto di tanta pazienta condita dal sapore della assoluta novità e dalla curiosità d'aprire quei versetti antichi come stanze di tesori.

Questa idea ardita l'ho sviluppata in questo mio sito, di cui cito i primi passi fondamentali:

A questi fanno seguito i tanti e tanti articoli presentati nel sito stesso che dimostrano come effettivamente s'ottengono pagine messianiche integrali da una lettura del genere applicata agli scritti della Bibbia ebraica detta Tenak.
Questa idea può essere una chiave per l'esegesi e per riannodare dissapori antichi avendo con questa un ulteriore elemento per verificarle la questione.
Il Cristo storico è figura consolidata ed il Cristo atteso che s'ottiene dall'esegesi biblica anch'esso è delineato con le tante profezie che più o meno calzanti s'estraggono dalla lettura di primo livello del testo biblico.
Questa lettura dei testi biblici che propongo, che definisco di secondo livello, può però aiutare sia a verificare se vi siano state forzature o se invece quanto appare nella lettura di superficie del testo ebraico sia solo un'immagine di un Cristo totalizzante che pervade l'intera scrittura, come peraltro asserisce Gesù di Nazaret quando dice: "...scrutate le scritture... sono proprio esse che mi rendono testimonianza." (Giovanni 5,39)

C'è poi tutta la problematica dei Vangeli dell'infanzia in cui spiccano le figure di Giuseppe, omonimo del Giuseppe vice faraone, e di Maria, l'annunciazione della incarnazione di un angelo a questa, i sogni di Giuseppe, che peraltro fa più sogni, una luce sulla casa ove nacque il Cristo, l'uccisione dei primogeniti, la fuga in Egitto.
Questa pagina di Giuseppe del capitolo 41 della Genesi, che appunto riguarda i sogni del faraone, tanto che la parola - sogno, sogni, sognò è ripetuta 16 volte nella traduzione - sotto l'aspetto di questa storia nascosta sul Messia potrebbe contenere qualche scorcio, profilo profetico di proto vangelo raccolto poi come racconto preparatorio all'incarnazione in quello di Matteo.
Ho quindi proceduto alla decriptazione dei 57 versetti che formano il capitolo applicando integralmente le regole del mio già detto metodo.

A titolo d'esempio di come opero riporto la decriptazione di un versetto, il Genesi 41,43.

Genesi 41,43 - Lo fece salire sul suo secondo carro e davanti a lui si gridava: Abrech. E così lo si stabilì su tutta la terra d'Egitto.




Genesi 41,43 - Portò a stare in un corpo la rettitudine dentro . Venne () a portarsi sulla casa la "mercabah" () (il carro di fuoco di Ezechiele) segno al mondo del salvare (). Angeli uscirono sul primogenito con una luce . Nel corpo l'accompagnavano () al portarsi e il diletto primogenito si portò . Il Potente in persona () fu a portarsi nel primogenito benedetto (). E inviò ad indicarlo ed angeli vennero () a portarsi in alto . Dalla sposa () la luce ( = ) scese , visse giù nel corpo , stette con la madre .

Nel capitolo successivo c'è il testo continuativo di tutta la decriptazione.
vai alla visualizzazione stampabile di tutto l'articolo

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