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LETTERE EBRAICHE E CODICE BIBBIA...

 
LA SCRITTURA

di Alessandro Conti Puorger
 
 

I 22 SEGNI DELLA TORAH
Le Sacre Scritture, almeno quelle riconosciute come tali sia dai giudei, sia dai cristiani - ossia la Tanak degli ebrei, completamente entrata nella parte chiamata Antico Testamento tra i libri della Bibbia cristiana - com'è noto, hanno la prerogativa di riportare le prime rivelazioni da parte del "Creatore".
Tali rivelazioni cominciarono a essere colte da testimoni considerati affidabili, antenati degli Israeliti, tra cui Dio, fattosi conoscere, ispirò gli autori che produssero quelle scritture per oltre 1000 anni - tra il XIII e il II secolo a.C., ossia da XXXIV a XXIV secoli fa - in ebraico, con minime parti in aramaico, ma tutte con lo stesso sistema di scrittura, cioè usando i segni dell'alfabeto ebraico.
Le vicende del testo sono state tante, molte mutazioni di forma sono intervenute con cambiamento dei materiali di supporto e delle lettere (pur lasciando traccia dell'originaria grafica), che nei testi più antichi erano tutte separate tra loro, spaziate nello stesso modo, senza la definizione di parole complete, come se ogni lettera, peraltro tutte solo consonanti, avesse valore autonomo.
Possiamo considerare garantita la conservazione integrale del testo delle Sacre Scritture certamente a partire da qualche secolo prima di Cristo, visto il rispetto con cui sono trattate: prova di tale religiosa attenzione sono i rotoli trovati a Qumran sul Mar Morto, già monastero di Esseni, che per il contenuto non presentano variazioni apprezzabili rispetto a quelli usati oggi nelle liturgie sinagogali.

La TNK o Tanak è formata dalle tre parti seguenti, per complessivi 28 libri, ma parte essenziale della rivelazione, motore delle altre due, è la prima parte:
  • 1° "Torah" o Legge - 5 libri;
  • "Nevi'im" o Profeti - 10 libri (di cui in uniti in uno unico si trovano 12 profeti minori);
  • 3° "Ketuvim" o Altri scritti -13 libri.
A questi testi nell'Antico Testamento della Bibbia i cristiani cattolici aggiungono, fino a pervenire al complesso di 46 libri, i deuterocanonici in greco tutti nella Bibbia dei LXX - Giuditta, Tobia, Maccabei 1 e 2, Sapienza, Siracide (o Ecclesistico) e Baruk - assieme a parti di quella, pure in greco, aggiunte in libri della Tanak.
I credenti di entrambi le religioni sostengono che Dio con il documento scritto, il "Sofer" della "Torah", e poi con gli altri pure da Lui ispirati, ha rotto il silenzio per farsi conoscere nel mondo che con i fatti sin dai primordi l'ha rifiutato.
Per parlare con l'uomo usò evidentemente modi efficaci atti alla comunicazione col soggetto che poi l'ha captata, stante che qualsiasi tipo di trasferimento ha bisogno di definire prima una convenzione comune ai due che interloquiscono.
Il messaggio vocale, che implica una presenza fisica, o immaginata quando avviene nel sogno o sotto ipnosi, ossia il "parlare", è il modo primordiale insito con la natura e le possibilità umana di comunicare pensieri, basato su una convenzione o "lingua" che associa suoni a idee per creare corrispondenti immagini nella mente di colui con cui si desidera o è necessario interloquire, e il risultato è soddisfacente se chi parla può avere in qualche modo una riprova che le idee suscitate nell'altro paiono il più possibile analoghe a quelle proprie.
La scrittura è anch'essa il risultato di una convenzione per cui gli uomini con segni prestabiliti, "alfabeti, immagini, geroglifici, icone...", su supporti materiali riportano messaggi che, se inviati con un qualsiasi mezzo o scritti con modalità durature, riescono a superare i limiti di distanza e di tempo che impediscono di udire il messaggio vocale, ma il messaggio sarà incomprensibile a chi non conosce quella convenzione.
Vi possono perciò essere infinite convenzioni, sia per trasmettere messaggi vocali, sia per trasformarli in scritti.
Quando nell'ambito di una vigente convenzione di "scrittura" non si vuol far comprendere il messaggio a tutti, lo scritto viene "criptato", ossia è adottato un nuovo e diverso sistema di scrittura predefinito allo scopo e noto solo alla persona o al gruppo con cui si vuole interloquire, in modo che terzi siano esclusi e non comprendano il vero senso del messaggio.
Ogni scrittura, di fatto, è una criptatura o crittografia, così si definisce l'unione di - "kryptós" che significa "nascosto" e - "graphía", ossia in greco proprio "scrittura", in quanto, questa è comunque nascosta per chi non ha cognizione della convenzione di base e/o non è autorizzato a leggerla.

Ora, il Creatore, che l'uomo non può captare nella Sua intera essenza, nelle Scritture che ha suscitato ovviamente parla attraverso proprie emanazioni, direttamente con apparizioni, in visioni luminose e numinose, colonne di nubi e di fuoco, con aspetto anche umano e in sogni profetici, che contengono e trasferiscono la Sua energia in grado di venire colta dall'uomo.
Tali emanazioni di energia divina, di fatto, sono i suoi messaggeri o "angeli", "Malak", , la cui massima espressione, vale la Sua "presenza" captabile al massimo livello delle emissioni divine, è l'"Angelo del Signore", in ebraico "Malak IHWH", , epiteto con cui è definito 60 volte nell'Antico Testamento.

Nel libro dei Giudici 13,18, quando il padre del futuro Sansone incontrato tale Angelo chiese quale fosse il Suo nome "L'Angelo del Signore gli rispose: Perché mi chiedi il nome? Esso è misterioso"; in Isaia 45,15 poi c'è questa espressione: "Veramente tu sei un Dio nascosto, Dio di Israele, salvatore."

Ecco che queste tipiche considerazioni sono il risultato di un'esperienza provata dalla valutazione degli autori fisici di quei testi, di come Dio trasmette i propri messaggi ai "profeti" che sono da interpretare e da "decriptare", ossia da svelare, e di come da questi sono riportati cogliibili a pieno solo da parte di alcuni e non da tutti, una specie di lingua dei profeti.
Del resto, parlare per parabole ed enigmi è un metodo oratorio semitico che ha riflessi anche nella scrittura; è usato come tecnica esegetica dai rabbini nel Talmud avvertendo "non leggere come è scritto" passi della Bibbia, specie quando pur se non pare del tutto necessario qualche parola è ripetuta in modo ridondante come a destare l'attenzione di farla leggere pure in altro modo.

Rabbi Akiva, martirizzato a Tiberiade dai Romani nel 137 d.C., sapiente dell'epoca della "Mishnah", ritagliava la parola dei testi ebraici proprio in senso fisico con il metodo "'al-tikrei", "leggere in altro modo - non leggere" per dare al testo della Bibbia ebraica non ancora vocalizzato una diversa vocalizzazione o una diversa forma rispetto alla usuale, ma senza alterare l'ordine delle lettere.
L'uso di "'al tikrei'" non esclude in ogni caso la lettura originaria del testo, perciò, è un "non leggere questo passo solo in modo usuale, ma anche in altro modo".
Tale procedimento permette così una nuova interpretazione, perfino quando le leggi grammaticali e di sintassi proporrebbero lecita la sola lettura tradizionale.
L'uso di questa tecnica trae origine dal versetto: "Dio ha detto questo una volta, ma io ho ascoltato questo due volte." (Salmo 62,12) e si può concludere che le parole della Bibbia ebraica si prestano ad altri significati rispetto al tradizionale" (Dizionari. Usi e Leggende Ebraiche Alan Unterman-Laterza), significati che però restano ingessati, quindi, non captabili nelle traduzioni in altre lingue.

Il metodo che uso personalmente, di cui poi parlerò, è un "'al tikrei" a tappeto, in cui ogni lettera può anche leggersi a se stante, in base della stretta rosa di significati che nel tempo del suo sviluppo risulta essere restato persistente nella grafica della singola lettera che ritengo d'aver individuato anche con l'ausilio di accostamento con alcuni geroglifici e segni sinaitici.

Del resto nel libro del profeta Isaia 29,11s si trova: "Per voi ogni visione sarà come le parole di un libro sigillato: si dà a uno che sappia leggere dicendogli: Per favore, leggilo, ma quegli risponde: Non posso, perché è sigillato. Oppure si dà il libro a chi non sa leggere dicendogli: Per favore, leggilo, ma quegli risponde: Non so leggere", il che fa intuire anche l'esistenza di testi nascosti o di secondo livello estraibili oltre la rituale lettura per chiarire le visioni.

Pare allora poter ritendere che tra le comunicazione di Dio verso i "profeti" vi sono anche parti nascoste e misteriose che non tutti sono stati in grado di comprendere con la lingua "ufficiale".
Ciò detto, torno al campo della fede dei giudei e dei cristiani che considerano "Sacre Scritture" quanto è nei libri scritti in ebraico della Bibbia.
Nel libro del Genesi, il primo della "Torah" o Pentateuco dopo che:
  • Genesi 2,7 - Dio in terra e con la terra fece l'uomo, "Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente".
  • Genesi 1,27 - "maschio e femmina li creò".
  • Genesi 1,28 - li benedì "...e Dio disse loro... Siate fecondi e moltiplicatevi..."
Ecco che il primo atto di Dio con la prima coppia umana fu di parlare con loro.
In definitiva, Dio, padre e madre dei progenitori, come in genere fa il padre e la madre terrena col proprio figlio, insegnò loro a parlare e diede elementi per trasferire la propria volontà con suoni o immagini che presentava facendoli associare con idee nelle loro menti.

Ciò è confermato dal successivo racconto quando riferisce "...il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici..." (Genesi 2,19s)

In ebraico "e disse" è "vai'omoer" e le lettere paiono dire che alla prima coppia Dio: "a portare fu a iniziare alla vita le teste - menti ".

Tra Dio e l'uomo, insomma, ci fu un modus di comunicazione che secondo la tradizione biblica fu proprio secondo i suoni della lingua ebraica che sarebbe la "lingua" degli angeli che usavano nel Paradiso terrestre prima d'essere cacciati.
La Bibbia insinua che questa è la lingua liturgica che secondo la tradizione Adamo imparò dal Creatore e la trasmise ai propri discendenti e rimase nella memoria dei primogeniti di Sem, fu passata a Noè con cui Dio parlava e da questi a Eber, quindi, ad Abramo, Isacco e, infine, a Israele.
Il colloquiare di Dio con l'uomo e viceversa poi si mutò anche in "scrittura".
Furono traslitterati con lettere i suoni, almeno questo è il processo logico che si pensa in termini umani del passaggio da un linguaggio a una scrittura convenzionale, o forse per analogia al mondo egizio, furono trasformati in mini immagini, in icone, dei concetti che ne costruiscono altri per associazione come elementi di un "meccano".
Questo è sicuramente il modo più semplice e universale, far vedere al bimbo il l'oggetto o il disegno dell'oggetto e vocalizzare un nome.

Per la Sacra Scrittura, il rotolo della Torah scritto con i 22 segni dell'alfabeto ebraico che fa presente il progetto di Dio sin dagli inizi, la tradizione fa risalire entrambi - Torah e segni - ai tempi di Mosè, un ebreo egizio nato XXXIV secoli orsono, quando la scrittura fenicia e cananea erano ancora di là da venire.
Quel rotolo che esalta uno stretto collegamento tra parola, scrittura e realtà, riferisce e rende concreta la creazione di tutto quanto esiste, iniziata e in coso, grazie al pronunciare da parte di Dio di parole che hanno potere di divenire realtà, da Mosè riportate e arrivate fino a noi.
Nella "Torah", infatti, grazie alla scrittura, tramite le lettere usate, si legge una parola che, detta da Dio, divenne e viene creata tanto che riappare efficace e nuova nella mente del lettore con un potere diverso rispetto a quello di ogni altro testo di origine terrena.
Ecco che la tradizione in questo modo annette un grande potere alle lettere dell'alfabeto ebraico che sono state capaci di sintetizzare per gli uomini di ogni tempo le parole del Signore che realizzarono la "creazione" in quanto così, se si crede a quelle Sacre Scritture, volle il Signore stesso.

Ora, le lettere originarie del primo rotolo della "Torah" non si sa quali e come realmente fossero, perché non ci sono state tramandate, ma è certo che se si da fede alla tradizione quelle che poi 4 secoli dopo, verso il 1000 a.C., divennero la prima forma di alfabeto ebraico hanno perlomeno conservato un barlume della traccia grafica originaria, in quanto le primitive erano più di lettere e numeri e suoni, ma erano vere e proprie immagini.
Del resto, stando a quei testi, a quel tempo solo gli ebrei avevano una cultura del "libro" col comando di leggere continuamente il contenuto dell'alleanza per cui da loro in qualche modo poteva venire la nascita dell'alfabeto che divenne poi lo strumento pratico dei mercanti fenici con l'aggiunta di vocali e la perdita di alcune consonanti quali , , , e , la "a", la "e", la "i", la "o" e la "u".

Ecco che, infatti, viene spontanea la domanda: come e quando ha avuto inizio la traslitterazione di parole della lingua ebraica con le lettere dell'attuale alfabeto per riportare suoni e concetti di quella lingua?
Quanto al riguardo su tale argomento dice il "Sefer Torah" , suggerito da Dio, scritto da parte del profeta Mosè, e lo stesso Gesù non l'ha negato, è importante.
Questo testo esplicitamente riferisce che Dio stesso fornì quelle che furono le molecole delle parole per formare il "Sefer" della Torah, 4 secoli prima, o giù di lì, di quando apparvero le prime scritture storiche in ebraico.
Vediamo di chiarire.
In primo luogo tale "Sefer" dice di sé che:
  • riporta, in svariati passi, le parole esatte di quanto è stato detto da Dio stesso e che vuole sia trasferito agli Israeliti;
  • proprio Dio, a Mosè vissuto nel XIV - XIII secolo a.C. in Egitto e nel territorio di Madian nel Sinai, conoscitore di geroglifici e segni sinaitici, per rendere comprensibile il proprio volere a tutto il popolo che lo seguiva, fornì il sistema di traslitterazione del proprio pensiero con lo scrivere direttamente le dieci "parole" del Decalogo su tavole di pietra che poi tutti gli Israeliti compresero.
Con gli stessi tipi grafici di quel modello, secondo la tradizione, Mosè scrisse poi tutto il "Sefer Torah" riportando quanto il Signore gli aveva detto sul Sinai e nei 40 anni di cammino nel deserto e quegli stessi segni furono usati poi negli altri scritti dagli altri autori dei libri che formano il "Tanak" o Bibbia ebraica.

In definitiva, per scrivere la "Torah" nel "Libro dei Libri", il "Sefer" , Dio stesso portò i segni, come del resto suggerisce in ebraico il termine di "segno", che si dice e si scrive "'ot" , e dice: "l'Unico portò i segni ".

A tale riguardo è da ricordare quando: "Il Signore impose a Caino un segno ("'ot" ), perché nessuno, incontrandolo, lo colpisse." (Genesi 4,15b)

Quel "Sefer" è il Libro assoluto che rende pienamente merito sulla concezione e finalità dei segni originari che formano il termine di Sefer e di ciò che contiene, infatti, le lettere suggeriscono: "Riempie del Verbo - Parola le menti - teste ".

Ecco che le lettere di "Sefer Torah" in modo criptico sono espressive del seguente pensiero circa le stesse lettere ebraiche del messaggio di Dio, sono: "recipienti - riempiti dal Verbo - Parola , di corpi indicazione per portare i corpi nel mondo".

Nella "Torah", infatti, si legge:
  • Esodo 32,16 - "Le tavole erano opera di Dio, la scrittura era scrittura di Dio, scolpita sulle tavole."
  • Deuteronomio 5,22 - "Sul monte il Signore disse, con voce possente, queste parole a tutta la vostra assemblea, in mezzo al fuoco, alla nube e all'oscurità. Non aggiunse altro. Le scrisse su due tavole di pietra e me le diede."
Con il che, per chi crede in Dio e nelle Sacre Scritture, è assodato che proprio Lui sul Sinai fu l'ideatore di un modo innovativo per scrivere poi la "Torah", e non era ancora l'alfabeto ebraico, storicamente nato assai più tardi, ma consegnò dei segni che ebbero effetto e furono compresi da gente che usciva dall'Egitto.
(Vedi: "I più antichi reperti di scrittura ebraica" e il paragrafo " I più antichi reperti di scrittura ebraica")

Due sono i Decaloghi nella Torah, divergono per poche parole e sono in Esodo 20 e in Deuteronomio 5 e due sono le volte che il Signore le consegnò a Mosè, prima e dopo il peccato del "vitello d'oro".
Le feste principali d'Israele sono tutte imperniate su eventi della "Torah" e commemorano:
  • Pesach, il 15 di Nissan, il giorno in cui gli ebrei uscirono dall'Egitto;
  • Shavuot, il 6 di Sivan, il giorno in cui il Signore dette le prime tavole;
  • Rosh ha-shanà, il primo di Tishrì, il giorno in cui fu creato l'Uomo;
  • Jom Kippur, Il 10 di Tishrì, il giorno in cui Signore riconsegnò le Tavole;
  • Sukkot, il 15 di Tishrì, la festa che in Israele dura 8 giorni, festeggia il raccolto e ricorda la vita del popolo nel deserto.
Rashì, ossia Rabbi Shlomo Yitzhaqi commentatore biblico dell'XI secolo su Esodo 31,18 scrive: "Il 17 di Tamuz furono spezzate le Tavole ( per il peccato del vitello d'oro) e nel giorno di Kippur il Santo Benedetto si riconciliò con Israele" e nel commento a Esodo 33,11 scrive: "Il 17 di Tamuz le Tavole furono spezzate, il 18 (Mosè) bruciò il vitello e giudicò i colpevoli, il 19 salì (sul monte Sinai) e lì stette 40 giorni per chiedere misericordia (per il popolo); Rosh Chodesh Elul (il primo di Elul) gli fu detto di salire di nuovo per ricevere le seconde tavole e Mosè vi trascorse 40 giorni... Il 10 di Tishrì il Santo Benedetto si riconciliò con Israele con gioia e con integrità di cuore, disse a Mosè di aver perdonato e gli consegnò le seconde tavole; poi (Mosè) discese."

Dal decalogo o "dieci parole" di Deuteronomio 5 si deducono le 22 lettere dell'alfabeto ebraico, mentre da quello in Esodo 20 se ne ricavano solo 21 in quanto vi manca la 9a lettera, la la "tet", che invece appare in Deuteronomio 5,16 che recita: "Onora tuo padre e tua madre, come il Signore, tuo Dio, ti ha comandato, perché si prolunghino i tuoi giorni e tu sia felice () nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà."

Quei 22 segni, ritenuti tutti col valore di consonanti, sono più che lettere, sono anche numeri e soprattutto immagini, che vengono invece poco considerate, capaci di aiutare in pieno a portare in vita in modo completo nella mente le parole che Dio intende far arrivare all'uomo.
Del resto all'origine pare proprio potersi sostenere che non erano suoni, mancando, di fatto, in quei 22 segni le vocali capaci di rendere sonore le consonanti.
Quelle "due Tavole" scritte da Dio furono, infatti, la prima parte certa di "Sacra Scrittura" che fornì il modello da usare per riportare il messaggio completo.
Le ho chiamate "molecole" della parola, ma sono piuttosto dei recipienti pieni della volontà divina per la realizzazione di quel concetto nella creazione e capaci anche di accendere le idee nella mente dell'uomo in modo indimenticabile, in quanto, colpiscono vista, udito, intelletto, insomma mente e cuore.
Ecco che quei 22 segni che hanno costituito la base della Torah e della creazione dalla tradizione ebraica sono considerate proprio delle ampolle d'energia divina chiamate "Sefirot" "ampolle - recipienti - riempiti dal Verbo lanciati () portati da segni ".

A queste 22 "Sefirot" la tradizione o Qabalah nel XII secolo nel "Sefer Yetzirà", il "Libro della Formazione" associò altre 10 Sefirot relative ai doni da portare all'uomo perfetto pensato a immagine e somiglianza di Dio, con il che si perviene a un numero complessivo di "Sefirot" pari 32, corrispondente al valore numerico della parola "leb" ( = 30 e = 2) che significa "cuore, mente, volontà" (sottintesa divina) e l'insieme porterà "la pienezza che il Verbo sarà ai corpi a recare alla fine " del progetto da considerare, ora, nella fase terminale del settimo giorno.
(Vedi: "Tensione dell'ebraismo ad una Bibbia segreta" e "Vincere il rifiuto")

Il nome dell'alfa-beto ebraico di ventidue lettere contiene il nome delle due prime lettere "Alef" e "Bet" e queste in ebraico definiscono la parola di "'ab" ossia di "Padre" e il valore grafico delle lettere stesse suggeriscono "inizio della casa ", da intendere come una casa nuova che il Creatore intende portare avanti e che, come le altre 20, ha riempito di energia = per pervenire a tutto ciò che intendeva creare; in definitiva sono delle proprie e vere "pietre", in ebraico "'aben" , per la costruzione.
Tramite la sapiente combinazione di tali 22 porzioni di energia che, ripeto, non sono solo lettere di un alfabeto, il Verbo di Dio pronunciando delle parole le ha emesse portando all'esistenza tutto ciò che esiste.
Lo scritto di quelle Sacre Scritture ora nelle varie traduzioni sembra essere solo fatto di vane parole se le si affrontano con animo beffardo, ma leggerle non è mai invano, c'è in loro il potere di coinvolgere il lettore positivamente o negativamente, mai con indifferenza, e a maggior ragione ciò accade se si attinge al testo in ebraico in quanto attinge a quelle lettere originarie che hanno una energia non insita negli altri alfabeti.

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