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RICERCHE DI VERITÀ...

 
IL PERDONO

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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MAI DISPERARE DELL'AMORE DI DIO
Nei Vangeli è detto dell'apostolo di Gesù, Giuda Iscariota, che per trenta denari tradì con un bacio il suo maestro, ma perseguitato intimamente dalla colpa si suicidò, come racconta il Vangelo di Matteo.

Disperò quindi della possibilità di poter ricevere il perdono.
Eppure la Bibbia propone casi di perdono divino per peccati enormi, come per il noto peccato di Davide che, colpevole di adulterio, si macchiò anche di omicidio provocando in modo proditorio la morte di Uria, il marito di Betsabea, la donna con cui aveva peccato che poi sposò e da cui nacque anche Salomone.

Altra storia poco nota, veramente ai limiti, è quella di Manasse che all'età di 12 regnò su Giuda per 55 anni, successore di Ezechia nel Regno del Sud, prima in una co-reggenza con la madre Chefsiba e poi da solo dal 687 a.C. al 642 a.C..
Il regno di Giuda si trovava in una situazione di estremo vassallaggio nei riguardi degli Assiri, con minima libertà d'azione.

La Scrittura dice che Manasse "Fece ciò che è male agli occhi del Signore, secondo gli abomini delle nazioni che il Signore aveva scacciato davanti agli Israeliti. Costruì di nuovo le alture che suo padre Ezechia aveva demolito, eresse altari ai Baal, fece pali sacri, si prostrò davanti a tutto l'esercito del cielo e lo servì. Costruì altari nel tempio del Signore... Eresse altari a tutto l'esercito del cielo nei due cortili del tempio del Signore." (2Cronache 33,3-5)

Addirittura sacrificò alcuni dei propri figli agli idoli!
Del resto anche il libro 2Re 21,16 conferma tale fatto: "Manasse versò anche sangue innocente in grande quantità...", infatti, "Fece passare i suoi figli per il fuoco nella valle di Ben-Innòm, si affidò a vaticini, presagi e magie, istituì negromanti e indovini. Compì in molte maniere ciò che è male agli occhi del Signore, provocando il suo sdegno. Collocò l'immagine dell'idolo, che aveva fatto scolpire, nel tempio di Dio... spinse Giuda e gli abitanti di Gerusalemme a fare peggio delle nazioni che il Signore aveva estirpato davanti agli Israeliti." (2Cronache 33,6-9)

Il passo parallelo in 2Re 21 informa pure che "...il Signore parlò per mezzo dei suoi servi, i profeti, dicendo: Poiché Manasse, re di Giuda ha compiuto tali abomini, peggiori di tutti quelli commessi dagli Amorrei prima di lui, e ha indotto a peccare anche Giuda per mezzo dei suoi idoli, per questo... Ecco, io mando su Gerusalemme e su Giuda una sventura tale che risuonerà negli orecchi di chiunque l'udrà." (2Re 21,10-12)

Pare che per un atto di ribellione contro gli assiri Manasse nel 648 a.C., fu esiliato e fece diversi mesi di prigionia, ma secondo le scritture si sarebbe convertito, infatti, dice il 2° libro delle Cronache: "Allora il Signore mandò contro di loro i comandanti dell'esercito del re assiro; essi presero Manasse con uncini, lo legarono con catene di bronzo e lo condussero a Babilonia. Ridotto in tale miseria, egli placò il volto del Signore, suo Dio, e si umiliò molto di fronte al Dio dei suoi padri. Egli lo pregò e Dio si lasciò commuovere, esaudì la sua supplica e lo fece tornare a Gerusalemme nel suo regno; così Manasse riconobbe che il Signore è Dio." (2Cronache 33,11-13)

Rientrato a Gerusalemme, Manasse tornò sui propri passi e cercò di riparare agli errori fatti, purificò il Tempio dagli elementi di altri culti che prima proprio lui stesso aveva messo nel Tempio, rimosse gli dei degli stranieri e restaurò l'altare del Signore.
Nulla è impossibile a Dio e mai è da disperare della sua misericordia.

L'antenato Davide era certamente stato d'esempio a Manasse che come lui, nonostante i peccati di morte che aveva commesso, era rientrato nella grazia di Dio, prova ne era ancora il suo regno in qualche modo in piedi oltre tre secoli dopo la sua morte e il Signore ancora si curava del Santuario che il figlio Salomone aveva costruito a Gerusalemme.
Sapeva bene Manasse che non solo se stesso, ma tutto il regno di cui era responsabile e la città di Gerusalemme era in pericolo e si ricordò del suo antenato Davide e del suo Salmo quando dice: "Nella tua bontà fa grazia a Sion, ricostruisci le mura di Gerusalemme. Allora gradirai i sacrifici legittimi, l'olocausto e l'intera oblazione; allora immoleranno vittime sopra il tuo altare." (Salmo 51,20s)

Davide, pentito, aveva, infatti, lasciato un Salmo, il 51, nel cui il 1° e il 2° versetto che fungono da titolo hanno come espresso riferimento quella situazione di grave peccato: "Al maestro del coro. Salmo. Di Davide. Quando il profeta Natan andò da lui, che era andato con Betsabea".

Questo Salmo, in effetti, è come un succinto manuale da seguire per cercare la riconciliazione col Signore.
La speranza di perdono di Davide si fondò sulla certezza che aveva sulla misericordia di Dio.
Per prima cosa, Davide prese coscienza, riconobbe la gravità del proprio peccato davanti a Dio, comprese che giustamente doveva attendersi la correzione e chiese perdono e non solo, ma chiese anche il cambiamento radicale del cuore quindi dei sentimenti e dell'intero modo di pensare per agire secondo la volontà di Dio.

Queste sono le prime parole del Salmo: "Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro. Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto: così sei giusto nella tua sentenza, sei retto nel tuo giudizio." (Salmo 51,3-6)

Quel "rendimi puro" nel testo ebraico è "taherini", dal radicale da cui "stato di purità" è "taharah" ove le lettere che la formano con i loro significati grafici e spezzando il termine fanno intravedere la richiesta di "una rigenerazione del cuore ".

Questa rigenerazione è necessaria ed è anche un'attenuante nei riguardi del Signore che attende, appunto, la piena coscienza per intervenire; infatti, subito dopo il Salmo spiega perché serve quella rigenerazione: "Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre." (Salmo 51,7)

La neve con il suo candore è segno di purezza, mentre le pulsioni del sangue "dam" , che è rosso, richiama gli istinti e il peccato, nemico dell'uomo come Edom associato ad Esaù simbolo delle basse pulsioni interiori sull'essere umano è la personificazione del peccato ed è nemico d'Israele.

Ecco che David esclama: "Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza. Aspergimi con rami d'issopo e sarò puro; lavami e sarò più bianco della neve." (Salmo 51,8s)

Il profeta Isaia s'esprime proprio nello stesso modo: "Su, venite e discutiamo dice il Signore. Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana." (Isaia 1,18)

"Neve" in ebraico è "shaleg" e, osservano i Cabbalisti, due permutazioni di quelle lettere sono "galash" che vuol dire "bollire" e "shegal" che sta per "giacere immoralmente", "violare".

Dal punto di vista letterale si può dire:

  • neve "shaleg" , al fuoco (diviene) liquido "log" e, in modo figurato, vivere in pace () nel cammino ;
  • bollire "galash" globi () al fuoco ;
  • giacere immoralmente, "shegal" infiammato Rivelarsi ().
Osservano i Cabbalisti, che quei tre termini "shaleg" , "galash" e "shegal" hanno tutti il valore di somma delle lettere pari a 333 ( = 3 + = 30 + = 300) pari a quello che si ottiene da "Dor ha plaghah", che sta per "la generazione della dispersione".
Sinteticamente questo processo che pare alchemico, giacere - bollire - neve, è un'allegoria di quello della "Teshuvah", il ritorno salvifico a Dio, in quanto, dal peccato ossia dal giacere sconsideratamente - bollire è il pentirsi interiormente - si perviene alla neve vale a dire purificazione.

David nel Salmo 51 esalta le conseguenze del perdono e rinnova la richiesta di purità collegando il pensiero di questa alla salvezza: "Fammi sentire gioia e letizia: esulteranno le ossa che hai spezzato. Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. Rendimi la gioia della tua salvezza... con uno spirito generoso." (Salmo 51,10-14)

Davide dice, infine, di sapere che è inutile offrire al Signore sacrifici diversi, ma che Lui accetta solo un cuore veramente affranto e contrito, infatti, continua: "Tu non gradisci il sacrificio; se offro olocausti, tu non li accetti. Uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi." (Salmo 51,18s)

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