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di Alessandro Conti Puorger
 

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NELLE SACRE SCRITTURE EBRAICHE "DIO PADRE E FIGLIO DI DIO"
Nelle Sacre Scritture ebraiche della Tenak espressioni come Dio Padre e Figlio di Dio o termini simili che colpiscono per l'aspetto antropomorfico mi sono chiesto se sono solo definizioni espressive che indicano un rapporto particolare o vogliono in taluni casi dire di più.
Sussiste, cioè, pur sempre un distacco di natura tra le due entità padre e figlio, essendo questo ultimo termine riferito comunque ad un essere umano creato, oppure quelle dizioni indicano che i due sono della stessa sostanza e natura, non creati?
Ad esempio quando con riferimento a Dio è detto: "Padre degli orfani e difensore delle vedove è Dio nella sua santa dimora" (Salmo 68,6) è chiaro che lì s'intende dire che Lui si comporta con loro come un padre, ma restano pur sempre uomini e donne soggetti alla morte; cioè Dio, di fatto, fa da Padre agli orfani e da marito alle vedove.
Nella Tenak o Bibbia canonica ebraica il termine Padre in genere è usato non perché la divinità ha trasmesso in qualche modo la sua caratteristica, natura o sostanza o abbia generato fisicamente come accade in religioni politeiste con l'unione con una dea-madre.
È Padre, in genere, un termine traslato, perché Dio è creatore del mondo:

  • "Così ripaghi il Signore, o popolo stolto e insipiente? Non è lui il padre che ti ha creato, che ti ha fatto e ti ha costituito?" (Deuteronomio 32,6)
  • "Non abbiamo forse tutti noi un solo Padre? Forse non ci ha creati un unico Dio?" (Malachia 2,10)
C'è poi secondo quelle Sacre Scritture una predilezione per un figlio che ritiene come primogenito, perché gli si è rivelato, l'ha formato e lo corregge e da lui sarà fatto conoscere agli altri popoli come redentore:
  • "Voi siete figli per il Signore Dio vostro... il Signore ti ha scelto, perché tu fossi il suo popolo privilegiato, fra tutti i popoli che sono sulla terra." (Deuteronomio 14,1s)
  • "...io sono un padre per Israele, Efraim è il mio primogenito..." (Geremia 31,9)
  • "il Signore corregge chi ama, come un padre il figlio prediletto." (Proverbi 3,12)
  • "Signore sei nostro padre noi siamo argilla e tu colui che ci dà forma." (Isaia 64,7)
  • "Signore tu sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore." (Isaia 63,16)
Il termine padre in ebraico "'Ab" ci parla di uno che è "l'origine della casa ", ma potrebbe anche vedersi come avere "l'origine-l'Unico dentro " vale a dire essere con Lui una cosa sola, come quando Gesù dice: "Io e il Padre siamo una cosa sola". (Giovanni 10,30, Giovanni 17,11 e 21-22)

Dopo queste premesse, solo una prova tangibile di una paternità più stretta potrebbe essere risolvente.
La paternità di Dio sarebbe palese se avesse passato ai propri figli la propria natura ed elemento dirimente a tale riguardo sarebbe la prerogativa del vivere in eterno.
Quella di avere una vita eterna come la Sua sarebbe sicuramente indice di cambiamento di natura, perché quella dell'uomo è mortale.
Solo per Dio, infatti, si può dire "Il tuo trono, Dio, dura per sempre; è scettro giusto lo scettro del tuo regno." (Salmo 45,7)

La vita eterna è strettamente connessa al concetto di "essere giusto", come del resto appare anche dal citato versetto.
Altro concetto che avvicina alla giustizia o ad atto di giustizia è il credere.
La fede viene così contata come atto di giustizia, come emerge per Abramo, il padre nella fede: "Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia." (Genesi 15,6)
Appena ci si avvicina alla giustizia ci si avvicina alla sfera d'eternità, solo Lui è il Giusto che vive in eterno.
Se Dio si facesse conoscere, cioè rendesse capace l'uomo di essere giusto sarebbe come donargli la vita eterna, ossia la sua natura.
Questa, infatti, è la preghiera di chi vuol seguire le sue vie:
  • Salmo 119,137 - "Tu sei giusto, Signore, e retto nei tuoi giudizi.
  • Salmo 119,138 - Con giustizia hai ordinato le tue leggi e con fedeltà grande...
  • Salmo 119,142 - La tua giustizia è giustizia eterna e verità è la tua legge...
  • Salmo 119,144 - Giusti sono i tuoi insegnamenti per sempre, fammi comprendere e avrò la vita." sottinteso... per sempre.
L'uomo, però, non ha consistenza non può reggere davanti al giudizio del Signore, perché ogni uomo è soggetto al peccato:
  • "Che cos'è l'uomo perché si ritenga puro, perché si dica giusto un nato di donna? Ecco, neppure dei suoi santi egli ha fiducia e i cieli non sono puri ai suoi occhi; quanto meno un essere abominevole e corrotto, l'uomo, che beve l'iniquità come acqua." (Giobbe 15,14-16)
  • "Non chiamare in giudizio il tuo servo: nessun vivente davanti a te è giusto." (Salmo 143,2)
  • "Non c'è infatti sulla terra un uomo così giusto che faccia solo il bene e non pecchi." (Qoelet 7,20)
Nemmeno Abramo. con cui Dio fece un patto, pare salvarsi dal destino dell'uomo di subire la morte, generale e tipica fine della condizione umana e resta relegato tra gli uomini che in definitiva peccano e perché anche lui subì la morte e la corruzione del corpo legata a questa e così Isacco e Giacobbe, prova ne è che questo ultimo fu imbalsamato (Genesi 50,2) e portato alla grotta di Macpela dov'era il corpo di Abramo, di Sara e di Isacco.
Anche lui, Abramo, resta come uno dei primi, un privilegiato, ma comunque ancora separato dalla divinità che ha fatto con lui una alleanza.
In effetti, se si va a fondo ci si rende conto che il rapporto Dio-Abramo fu molto stretto tanto che Isaia (41,8), il profeta, li considera tra loro amici: "Ma tu, Israele mio servo, tu Giacobbe, che ho scelto, discendente di Abramo mio amico..."
In questo versetto nella Bibbia ebraica per "mio amico" è usata la parola "'ahbaì" dal radicale di amare , quindi, anche "amore mio", "mio amore".
A questo punto aggiungerei che non si lascia un amico morire e lo si lascia nella tomba se è in nostro potere evitarlo, ma lo si farà compartecipe del nostro stato di salute di benessere, se in nostro potere.
Su Abramo, Isacco e Giacobbe, i patriarchi, perciò, questa alleanza che si esplica con una promessa adombra un progetto che non si ferma solo al mondo presente, ma lo lega al mondo a venire e, perché si compia ci sarà un momento chiave e risolvente.
È qui da aprire una parentesi che estraggo dal mio studio "Dallo she'ol, inferi o ade, al regno dei risorti".
Per gli antichi, deposto il cadavere nella tomba, l'anima come ombra va nello She'ol (inferno, abisso) che non era il cielo, ma un "di sotto" nella terra (Proverbi 15,2; Ezechiele 31,18 e 32,21), luogo di pene (Salmo 18,5; 88 e Isaia 38) da cui non si torna (Giobbe 7,9); v'erano giusti (Giobbe 14,13; Genesi 37,34s) ed empi (Proverbi 5,3-5 e 7,27; Giobbe 24,19; Salmo 31,17) come v'è conferma nel racconto del ricco epulone e del povero Lazzaro in Luca 16,23s anche se là Abramo ha una posizione di privilegio.
I credenti dell'Antico Testamento non erano senza speranza: Dio, per tradizione il Messia, discenderà nello Sheol per redimerli (Salmi 16,10 e Salmi 49,15s) e seguiranno le sorti di Enoch che "camminò con Dio, e non fu più perché Dio l'aveva preso" (Genesi 5,24) - e di Elia "...ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco... Elia salì nel turbine verso il cielo" (2Re 2,11b).
È questo dello She'ol un termine indifferenziato, diverso dall'idea d'inferno del mondo cristiano ed è tradotto con inferi, citato varie volte nei Salmi; ad esempio: "Volgiti Signore a liberarmi, salvami per la tua misericordia. Nessuno tra i morti ti ricorda. Chi negli inferi canta le tue lodi?" (Salmo 6,5.6)
Con l'idea del giudizio e della pena o della ricompensa, lo She'ol assunse colorazioni differenziate con pene più gravi nelle profondità e così lo vede anche Dante nella Divina Commedia.
Per la tradizione ebraica (vd.Alan Unterman) alla fine dei giorni, "acharit ha yamim", età del Messia, ci sarà la Resurrezione dei morti, "techiyyat hametim" che Elia sul Monte degli Ulivi l'annuncerà col suono della grande tromba, lo "shofar gadol", e tutti i morti per canali sotterranei arriveranno in Israele ove saranno risuscitati e vi sarà il Giorno del giudizio "jom ha-din".

Si parlò nei testi di un'alleanza eterna, ma questa non sembra riferirsi ad un cambiamento di natura, ma solo a favori che riserverà Dio a chi è partecipe della sua alleanza e alla discendenza di chi gli è stato alleato.
Certo però che se viene il Messia quella alleanza ha un seguito!
Dio riconobbe giusto e salvò dal diluvio Noè, ma anche questi morì, infatti, lo riconobbe più giusto di tutti gli uomini che allora vivevano e lo salvò con la sua famiglia, ma nel libro della Genesi (8,21) concluse che tutti gli uomini sono portati al male: "Non maledirò più il suolo a causa dell'uomo, perché l'istinto del cuore umano è incline al male fin dalla adolescenza; né colpirò più ogni essere vivente come ho fatto".
Promulgò una prima alleanza con tutti gli esseri della terra: "L'arco sarà sulle nubi e io lo guarderò per ricordare l'alleanza eterna tra Dio e ogni essere che vive in ogni carne che è sulla terra." (Genesi 9,16)
L'alleanza fatta con i patriarchi anche se definita un'alleanza eterna, pare pur sempre legata ad un tempo: "Ricorda sempre la sua alleanza: parola data per mille generazioni, l'alleanza stretta con Abramo e il suo giuramento ad Isacco. La stabilì per Giacobbe come legge, come alleanza eterna per Israele: Ti darò il paese di Cànaan come eredità a voi toccata in sorte." (Salmo 105,8-11)
Manca ancora il salto di natura, ma nell'evolversi della produzione dei testi biblici viene ad iniziare a presentarsi la figura di un giusto che riscatterà l'intera umanità.
Prova che ci sarà il salto di natura è se ci sarà la sua risurrezione!

Mi riferisco ai canti detti del "servo di Iahwèh", "il servo giusto" che si trovano nel libro del profeta Isaia, un giusto che farà il servizio di giustificare con la sua morte ingiusta nonostante fosse giusto.
Scrive Platone (428-348 a.C.), il grande filosofo greco che pare prendere proprio spunto da Isaia vissuto nell'VIII secolo a.C., l'uomo sommamente giusto deve essere "(...) un uomo semplice e generoso che, dice Eschilo, vuole non apparire, ma essere onesto. E l'apparire bisogna appunto eliminare. Se infatti vorrà apparire, potranno derivarne onori e vantaggi, appunto perché appare giusto. E non si potrà allora scorgere se è giusto per causa di giustizia o per causa di vantaggi e d'onori. Ecco, di tutto facciamolo ignudo. Sola in lui giustizia... Effigiamolo dunque opposto al precedente e pur non commettendo nessuna ingiusta azione abbia sicura fama di ingiustizia . Così sarà fatta prova del suo amore per la giustizia, se davvero non si lascia flettere da cattiva fama e da conseguenze che da quella derivano. Incrollabile andrà sino alla morte, per tutta l'esistenza sembrando ingiusto, mentre è un giusto... il giusto sarà flagellato, sarà torturato, posto in ceppi sarà, gli si bruceranno gli occhi, da ultimo, sottoposto ad ignominia estrema, sarà impalato." (Platone, La Repubblica o Politéia, libro II°, Rizzoli 1953, p. 122-123)

L'intuizione filosofica di Platone coincide in modo impressionante col IV Canto del Servo del Signore del libro del profeta Isaia; ne riporto il brano:

"Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui diletto. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dá salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua sorte? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per l'iniquità del mio popolo fu percosso a morte. Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in espiazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà la loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha consegnato se stesso alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori." (Isaia 53,2b-12)

Questo uomo, servo del Signore, godrà dopo la sua ingiusta morte della conoscenza di Dio, vedrà la luce, godrà veramente della vita eterna.
Questi, perciò, cambierà la propria natura o era di natura diversa?
Entra nell'idea dei profeti che "Ecco, soccombe colui che non ha l'animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede." (Abacuc 2,4)
Come è possibile che sia entrata questa visione?
Chi è questo personaggio?

È da ricordare che la Torah nel libro del Levitico propone la figura di un ponte tra il popolo e Dio, il Sommo Sacerdote.
Tale esercizio sacerdotale iniziò con un'unzione che Mosè effettuò per conto e su ordine del Signore: "Farai indossare queste vesti ad Aronne, tuo fratello, e ai suoi figli. Poi li ungerai , darai loro l'investitura e li consacrerai, perché esercitino il sacerdozio in mio onore." (Esodo 28,41).
Questi, uno unto "Meshiach" , del Signore, può rendere colpevole il popolo, infatti: "...se chi ha peccato è il sacerdote che ha ricevuto l'unzione e così ha reso colpevole il popolo..." (Levitico 4,3).
Un tale pensiero implica però anche il concetto di reciprocità e ne consegue che se questa persona consacrata fosse un giusto redimerebbe il popolo.
La stessa Bibbia ci dice poi che un paio di secoli dopo il Signore ordinò al profeta Samuele di ungere re prima Saul e poi Davide, da cui poi iniziò l'epoca dei re.
Fu così che nel campo delle possibilità apparve un altro unto, consacrato del Signore, che poteva accentrare su di sé meriti e demeriti del e per il popolo.
Ecco che negli scritti apparve una promessa a Davide e da quel momento inizia ad apparire l'attesa di un re giusto:
  • "Ora dunque riferirai al mio servo Davide: Così dice il Signore degli eserciti... Quando i tuoi giorni saranno compiuti... renderò stabile il suo regno... Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio... La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me e il tuo trono sarà reso stabile per sempre." (2Samuele 7,8-16)
  • "...questa parola di Dio fu rivolta a Natan: Va' a riferire a Davide mio servo: Dice il Signore: ...Quando i tuoi giorni saranno... susciterò un discendente dopo di te, uno dei tuoi figli, e gli renderò saldo il regno. Costui mi costruirà una casa e io gli assicurerò il trono per sempre. Io sarò per lui un padre e lui sarà per me un figlio..." (1Cronache 17,3-13)
  • "Ecco, verranno giorni - dice il Signore - nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra." (Geremia 23,5)
I Salmi, elaborazioni poetico-teologiche, portarono tale idea nell'immaginario collettivo con i canti nelle grandi assemblee:
  • "Insorgono i re della terra e i principi congiurano insieme contro il Signore e contro il suo Messia... Annunzierò il decreto del Signore. Egli mi ha detto: Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato." (Salmo 2,2.7)
  • "Tu sei il più bello tra i figli dell'uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia, ti ha benedetto Dio per sempre ...Ami la giustizia e l'empietà detesti: Dio, il tuo Dio ti ha consacrato (unto ) con olio di letizia, a preferenza dei tuoi eguali." (Salmo 45,3.8)
Il Messia ama la giustizia è lui l'atteso il più bello dei figli dell'uomo è Lui il Figlio dell'Uomo, ma che ha anche l'impronta della giustizia divina, quindi ha pure una diversa natura, perché nessun uomo è giusto.

Questa del Figlio dell'Uomo è espressione particolare che è da approfondire, perché densa di significati. (Vedi "Geroglifici nella Bibbia: Gesù primo figlio dell'uomo e non di satana")
S trova nel libro del profeta Ezechiele, per ben 94 volte, e per 7 volte soltanto negli altri libri del così detto "Antico Testamento" di cui 1 volta nel libro di Daniele: "Egli mi disse: "Figlio dell'uomo, comprendi bene, questa visione riguarda il tempo della fine." (Daniele 8,17)
Daniele poi dirà: "...settanta settimane sono fissate per il tuo popolo e per la tua santa città per mettere fine all'empietà, mettere i sigilli ai peccati, espiare l'iniquità, portare una giustizia eterna, suggellare visione e profezia e ungere il Santo dei santi." (Daniele 9,24), profezia che coincide con la predicazione morte e risurrezione di Gesù di Nazaret.
Lui, infatti, nei Vangeli si darà quell'appellativo di Figlio dell'Uomo, che è ripetuto per ben 85 volte da tutti e quattro gli evangelisti.
Questo Figlio dell'Uomo ha il potere di rimettere i peccati: "Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va' a casa tua." (Marco 2,10s)
All'annuncio che i peccati gli erano perdonati gli astanti commentarono: "Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?" (Marco 2,7)

Il termine Figlio dell'Uomo con le lettere ci dice anche chi "dentro ha l'energia dell'Unico nel sangue " o che "dentro ha l'energia che all'Unico lo rende simile ()".

L'attesa divenne sempre più forte e negli scritti profetici cominciò ad essere palpabile il desiderio della fine del tunnel del vivere umano abbuiato dal velo della morte.
Le profezie nei testi più vari, sempre più con forza, parlavano di uno sbocco.
Ci sarà la "salvezza" e i più audaci compresero che Dio, se era amore, non poteva lasciare i suoi amici nella morte e intravedevano la gloria della risurrezione:
  • "Allora parlarono tra di loro i timorati di Dio. Il Signore porse l'orecchio e li ascoltò: un libro di memorie fu scritto davanti a lui per coloro che lo temono e che onorano il suo nome. Essi diverranno - dice il Signore degli eserciti - mia proprietà nel giorno che io preparo. Avrò compassione di loro come il padre ha compassione del figlio che lo serve." (Malachia 3,16s)
  • "Ma io per la giustizia contemplerò il tuo volto, al risveglio mi sazierò della tua presenza." (Salmo 17,15)
  • "Giusto è il Signore, ama le cose giuste; gli uomini retti vedranno il suo volto." (Salmo 11,7)
  • "Il giusto gioirà nel Signore e riporrà in lui la sua speranza, i retti di cuore ne trarranno gloria." (Salmo 64,11)
  • "Al passaggio della bufera l'empio cessa di essere, ma il giusto resterà saldo per sempre." (Proverbi 10,25)
  • "...se cammina nei miei decreti e osserva le mie leggi agendo con fedeltà, egli è giusto ed egli vivrà, parola del Signore Dio." (Ezechiele 18,9)
  • "Chi ha conosciuto il tuo pensiero, se tu non gli hai concesso la sapienza e non gli hai inviato il tuo santo spirito dall'alto? Così furono raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono ammaestrati in ciò che ti è gradito; essi furono salvati per mezzo della sapienza." (Sapienza 9,17s)
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