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ATTESA DEL MESSIA...

 
SUL TIMORE DEL SIGNORE

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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"TIMOR DI DIO" FUORI D'ISRAELE - ABRAMO E ISACCO E ABIMELECH
Ho avuto modo di presentare nell'articolo in .pdf "Le Miriam nella Bibbia e nella tradizione" (1 parte e 2 parte) nella rubrica "Vangeli e Protovangeli" l'importanza che secondo la tradizione ebraica ha avuto la profetessa Maria, nella storia della nascita di suo fratello Mosè il liberatore dall'Egitto del popolo ebraico, quando, secondo un midrash, convinse il padre che preoccupato per l'editto del Faraone contro i nascituri maschi ebrei non voleva più figli lo scosse dicendogli più o meno: "Sei peggio del faraone perché così non farai nascere nemmeno le femmine."
La nascita dei figli maschi prima era stata però ostacolata dal Faraone con una disposizione interna al "corpo sanitario" delle levatrici.

Il racconto nel libro dell'Esodo riporta che "…il re d'Egitto disse alle levatrici degli Ebrei, delle quali una si chiamava Sifra e l'altra Pua: Quando assistete al parto delle donne ebree, osservate quando il neonato è ancora tra le due sponde del sedile per il parto: se è un maschio, lo farete morire; se è una femmina, potrà vivere. Ma le levatrici temettero Dio: non fecero come aveva loro ordinato il re d'Egitto e lasciarono vivere i bambini. Il re d'Egitto chiamò le levatrici e disse loro: Perché avete fatto questo e avete lasciato vivere i bambini? Le levatrici risposero al faraone: Le donne ebree non sono come le egiziane: sono piene di vitalità: prima che arrivi presso di loro la levatrice, hanno già partorito! Dio beneficò le levatrici. Il popolo aumentò e divenne molto forte. E poiché le levatrici avevano temuto Dio, egli diede loro una numerosa famiglia." (Esodo 1,15-21)

Del Faraone non ci viene detto il nome, ma delle due levatrici invece sì.
Sono nominate perché sono donne sante e giuste… temettero Dio a rischio della propria vita.
La crescita del popolo e poi del salvatore Mosè si conseguono grazie a donne giuste, che trasgrediscono decreti del Faraone.
Due donne coraggiose, le due levatrici ebraiche, Sifra e Puah .
Forse non erano ebree o forse erano ebree e quelli erano soprannomi che si erano messe per camuffarsi; infatti, è verosimile che il Faraone non si sarebbe rivolto ad ebree, ma alle levatrici, sottinteso egizie, degli ebrei.
C'è chi dice che fossero proprio la Madre e la sorella di Mosè, i cui nomi poi sono quelli di donne ricordate nel libro.
Nel Talmud si trova: "Rav e Shemuel: uno diceva erano madre e figlia, l'altro diceva: nuora e suocera. Chi diceva madre e figlia, (ritiene che fossero) Jokheved e Miriam, e chi diceva nuora e suocera (ritiene che fossero) Jokheved e Elisheva (moglie di Aharon)". (TB Sotà 11b)
Quei nomi delle levatrici, se sono soprannomi allora sarebbero egizi e sarebbero proprio da vedere come geroglifici ebraici.
I maestro Rashi, infatti, spiega che si tratta di soprannomi: Shifrà - perché abbelliva il bambino (il nome si può far derivare dal radicale ebraico Sh-p-r "ornare") - Puà perché ripeteva il verso onomatopeico che fanno le donne ai bambini quando piangono.
Questi nomi, pensando alle funzioni proprie delle levatrici, con le lettere lette come geroglifici ci dicono:

  • Puah "il volto porta agendo ad uscire ", prepara all'uscita;
  • Sifra "un nudo () corpo esce ", cioè tira fuori il neonato dal corpo della madre.
Una Midrash dice che Sifra e Puah avevano organizzato un gruppo per pregare per le donne incinte, preparavano medicine, nascondevano i bambini quando i soldati venivano a controllare.
Dopo aver verificato l'impossibilità di ottenere risultati con quella procedura sulle levatrici il Faraone rincarò la dose, infatti: "Allora il faraone diede questo ordine a tutto il suo popolo: Ogni figlio maschio che nascerà agli Ebrei, lo getterete nel Nilo, ma lascerete vivere ogni figlia." (Esodo 1,22) e Myriam che per la tradizione convinse il padre a non desistere da avere ulteriori figli, salvò poi suo fratello Mosè appena venuto al mondo facendolo adottare dalla figlia del faraone (Esodo 2,1-10).
In definitiva sembra proprio che solo le donne poterono fare qualcosa a reazione alle vessazioni del Faraone.
Costellata di eventi connessi al timore di Dio è tutta la storia d'Israele.
Il Dio d'Israele però è Dio dell'universo e il sacro timore di Lui e delle sue leggi eterne sono scritti nei cuori degli uomini nella misura in cui gli stessi si sono interrogati sul perché della esistenza del creato e della loro stessa esistenza, perché è un Dio che se lo cerchi si fa incontrare.
In "Mangiare dell'albero della vita", nel paragrafo "Gli invitati", ho riportato la decriptazione della seconda faccia del brano Esodo 1,11-22.
In "San Giuseppe" l'articolo in .pdf "Carpentieri giusti per l'Arca che entra nell'ottavo giorno" ho riportato poi la decriptazione di capitolo 2 del libro dell'Esodo.

Il timore di Dio o degli dèi lo "ira'ah" o "ira't 'Elohim" il testo biblico lo segnala anche che sono da rispettare da parte degli stranieri.
Vi sono, infatti, leggi legate all'essere umano che sono considerate diritti inalienabili, quali il diritto alla vita, al cercare di salvarsi dai pericoli, di avere un minimo di sostentamento per la vita da parte di chi può, e il negarli corrisponde a non avere timor di Dio.
È così chiaro perché è citata come colpa di Amalek (Esodo 17,8-16) e di Edom (Numeri 20,14-21) di non avere rispettivamente avuto timor di Dio aggredendo deboli in viaggio di trasferimento lungo una "strada internazionale" o impedendo l'accesso a una via "Regia" di collegamento che godeva di un diritto di extraterritorialità non ancora scritto. (Deuteronomio 25,18).
È sul Timor di Dio che dovrebbe essere basato il diritto internazionale e il rispetto straniero.
Sono, infatti, numerosi i comandi della Torah del rispetto e sull'amore per lo straniero evitando ogni discriminazione: "Avrete un'unica legge per lo straniero e per il nativo del paese". (Numeri 9,14b e 15,15-16)

Vi sono due interessanti capitoli nel libro della Genesi che riguardano episodi simili, il capitolo 20 che riguarda Abramo Sara e Abimelech e il 26 su Isacco Rebecca e Abimelech.

Al capitolo 20, dopo l'episodio di Sodoma e Gomorra, Abramo con la moglie Sara si portò nel Negheb, e si stabilì a Gerar ove regnava un certo Abimèlech.
Là disse che Sara non era la moglie bensì la sorella.
Il re mandò a prendere Sara, ma: "Dio venne da Abimèlech di notte, in sogno gli disse: Ecco stai per morire a causa della donna che tu hai presa; essa appartiene a suo marito…restituisci la donna di questo uomo: egli è un profeta."
Abimelech era divenuto impotente e non si era ancora "accostato a lei" e il Signore aveva reso sterili tutte le donne della casa.
Abramo si giustificò dicendo: "Io mi sono detto: certo non vi sarà timor di Dio in questo luogo e mi uccideranno a causa di mia moglie. Inoltre essa è veramente mia sorella, figlia di mio padre, ma non figlia di mia madre, ed è divenuta mia moglie."
Abimèlech prese greggi e armenti, schiavi e schiave, li diede ad Abramo, gli restituì la moglie Sara e lo lasciò abitare ovunque volesse.

Al capitolo 21 riappare un episodio tra Abramo e Abimelech su un pozzo d'acqua , ma ciò che è interessante che quel re riconosce: "Dio è con te in quanto fai" (Genesi 21,22) che sancisce ormai il timor di Dio in quel re.

Al capitolo 26, dopo vari anni e peripezie, forse più di 40 anni dopo, il figlio di Abramo, Isacco con la moglie Rebecca dal Negheb ove abitavano per una carestia andarono a Gerar presso Abimèlech, re dei Filistei.
Là il Signore apparve a Isacco e rinnovò le promesse già fatte ad Abramo.
I filistei interrogarono Isacco intorno alla moglie ed egli disse: "È mia sorella; infatti aveva timore di dire: È mia moglie, pensando che gli uomini del luogo lo uccidessero per causa di Rebecca, che era di bell'aspetto." (Genesi 26,7)
Abimelech, però si accorse che Rebecca era la moglie d'Isacco e lo rimproverò.
Isacco si scusò col fatto della paura e Abimèlech diede l'ordine a tutto il popolo: "Chi tocca questo uomo o la sua moglie sarà messo a morte!"
Il racconto diviene poi molto articolato sui rapporti con gli abitanti del luogo per i pozzi d'acqua e sull'alleanza fatta da Isacco con loro, che in definitiva riconobbero: "Tu sei ora un uomo benedetto dal Signore". (Genesi 26,29)
Cioè anche negli stranieri grazie a Abramo e ad Isacco era venuto il timore del Signore.

Di questi due capitoli, per le visioni che contengono suggeriscono l'idea di racconti con due facce e la decriptazione fornisce un testo esauriente sul Messia come risulta dalla decriptazione di quei due capitoli che presento tutta di seguito.
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