SETTE SIGILLI E SETTE TROMBE
IL GIORNO DEL SIGNORE
di Alessandro Conti Puorger
CENNI SULLA VITA DOPO LA MORTE PER GLI EGIZI
Nel complesso dei libri sacri della Bibbia circolano pensieri che paiono comuni o provenire da un bagaglio comune preesistente.
È il caso ad esempio delle idee d'una esistenza e d'un giudizio dopo la morte.
Queste, infatti, sono presenti nelle idee egizie perché fanno parte dell'insieme di quanto creduto per l'oltretomba da quella civiltà dalla cui schiavitù fisica l'ebraismo storico sostiene d'essere sfuggito nel XIII secolo a.C. e precedono la Torah di Mosè pur se questa cambia i connotati di quelle idee e nega quella cosmogonia.
Riporto qualche cenno sulle credenze egizie al riguardo.
L'uomo era considerato composto da più elementi:
- il Kha, il corpo mortale terreno;
- il Ka anima individuale che è nel Kha;
- il Khaibit, o corpo emotivo, simile a fantasma impronta della vita psichica;
- il Ba, l'anima cosmica, nel caso dell'uomo umana, comune a tutti gli esseri dello stesso tipo;
- l'Akh il corrispondente del corpo in cielo.
Il pensiero egizio è che l'anima Ba subisca mutamenti di tipo alchemici in relazione a quanto è operato in terra; "come in terra così in cielo".
Il defunto, perciò è giudicato su come ha condotto il Ka che trasforma il Ba.
Accade così che l'individuo appena morto è preparato con la mummificazione ed è munito di amuleti e del libro dei morti per il viaggio nell'oltretomba.
Per entrare nell'aldilà passa dalla Porta Amenti (occidentale) ed entra nella Duat (termine che fisicamente indica il passaggio da notte a giorno e in modo figurato il mondo intermedio) ove è giudicato, presenti le sue coscienze individuale Ka e cosmica Ba, da Anubi il dio sciacallo.
Questi, custode della bilancia per pesare le anime, confronta l'anima individuale con la piuma Maat e se supera il giudizio è ammesso da Thoth alla presenza di Osiride per la difesa da 42 colpe che gli contesteranno 42 giudici.
Il defunto se condannato dimorerà per un tempo più o meno lungo nella Duat, se giustificato, sarà Iakhu, cioè uno spirito santificato o Uomo Perfetto, sarà una stella e raggiungerá Ra per navigare assieme a lui nel cielo.
L'idea degli uomini "santi" che sono come stelle nel cielo è rimasta nel pensiero delle civiltà successive e nell'immaginario biblico.
Nel mio articolo in "
Le benedizioni di Giacobbe e di Mosè" ho tra l'altro evidenziato che idee egizie hanno permeato il Pentateuco ed ho fornito la decriptazione anche di Deuteronomio 32 e 33 "
Cantico e benedizioni di Mosè".
In tale articolo ho tra l'altro portato un accostamento tra quegli scritti poetici sul letto di morte di Mosè e di Giacobbe come un Libro dei morti, testamenti spirituale di ciò in cui credevano.
Il
Libro dei morti, chiamato dagli antichi egizi
libro del ritorno nel giorno, era infatti un papiro su cui con i geroglifici era riportato per iscritto il bagaglio spirituale con cui il defunto affrontava il viaggio nell'aldilà.
C'erano formule magiche e racconti sul viaggio del Dio sole e della sua lotta con le forze del male tra cui il serpente Apofi che tenta nottetempo di fermarlo per non farlo risorgere al mattino e dai decriptati dell'articolo ("
Le benedizioni di Giacobbe e di Mosè") la lotta profetizzata del Cristo con le forze del male è, infatti evidente, e questa lotta può essere avvicinata con i dovuti distinguo a quella allegoria.
Il testo del libro dei morti preparava al defunto la testimonianza della propria condotta da rendere nel giudizio di Osiride.
Il papiro era poi posto nella tomba, o nel sarcofago.
Ancor prima i testi venivano riportati nella camera sepolcrale.
Al tempo dell'uscita dall'Egitto del popolo ebraico raccontato da Mosè, cioè durante la dinastia dei ramessidi, il Libro dei morti era scritto nelle anticamere delle tombe nella Valle dei Re (es. Merenptah, XIX Dinastia, tomba KV8).